
In tema di distanze delle costruzioni dal confine, le norme di un regolamento edilizio e dell'annesso programma di fabbricazione sono efficaci e possono applicarsi nei rapporti tra privati solo dopo la pubblicazione mediante affissione all'albo pretorio, essendo tale pubblicazione condizione necessaria per l'efficacia e l'obbligatorietà dello strumento urbanistico.
Svolgimento del processo
1. C.I. ha citato in giudizio V.C., deducendo di essere proprietaria di un terreno e che nel 1963 sul terreno era stato costruito il pianterreno munito di pareti finestrate e nel 1972 gli acquirenti divennero comproprietari del piano secondo anch'esso munito di pareti finestrate; che il terreno confina con il fabbricato della convenuta costruito senza rispettare le distanze di metri 10 dal confine e comunque dal preesistente fabbricato, in difformità rispetto a quanto stabilito dal piano regolatore generale del comune. L'attrice chiedeva quindi di condannare la convenuta alla demolizione delle opere in cui non era rispettata la distanza di metri 10 dal confine e in ogni caso di metri 10 dalle preesistenti pareti finestrate del proprio fabbricato e di condannarla a tutte le opere di ripristino dello stato dei luoghi. Il processo, poi riunito a quello vertente tra le stesse parti promosso dalla convenuta, è stato deciso dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Grotto con la sentenza n. 96/2016, che ha accolto parzialmente la domanda dell'attrice e ha condannato la convenuta alla corresponsione di euro 4.000, al fine di ricondurre all'uso i vani di proprietà dell'attrice; ha condannato altresì la convenuta all'effettuazione di tutte le opere necessarie al fine di chiudere il giunto tecnico nelle parti in cui era rimasto scoperto.
2. N.G. e F.G., quali eredi di C.I., hanno impugnato la sentenza, chiedendo di condannare gli eredi di V.C., A. e M.C., in solido alla demolizione di tutte le opere inerenti il fabbricato costruite in violazione del rispetto della distanza di metri 5 dal confine ovvero di metri 10 dalla preesistente parete finestrata frontistante il fabbricato delle appellanti. Si sono costituiti A. e M.C. proponendo appello incidentale, con il quale hanno chiesto di accogliere tutte le conclusioni e le domande proposte da V.C. nel giudizio di primo grado. La Corte d’appello di Messina ha rigettato il gravame principale e quello incidentale con la sentenza 18 settembre 2018, n. 800.
3. Avverso la sentenza N.G. e F.G. ricorrono per cassazione.
Resistono con controricorso A. C. e M.C..
Memoria è stata depositata dalle ricorrenti in prossimità della pubblica udienza.
Motivi della decisione
I. Il ricorso è articolato in tre motivi.
1) Il primo motivo denuncia “violazione dell'art. 9, comma 2 del d.m. n. 1444/1968, falsa applicazione dell'art. 873 c.c., violazione dello strumento urbanistico del Comune di Pace del Mela in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.”: la Corte d'appello, acriticamente recependo le argomentazioni degli appellati, ha ritenuto che il d.m. n. 1444 del 1968 non sarebbe applicabile alla fattispecie, perché il nuovo strumento urbanistico del Comune di Pace del Mela sarebbe stato adottato nel 1962, ancorché approvato il 29 gennaio 1969, e quindi prima dell'entrata in vigore del citato d.m. n. 1444; non è invece rilevante la data di adozione di uno strumento urbanistico, avendo invece rilievo solo la data relativa all'approvazione e all'epoca della costruzione, costruzione che nel caso in esame era avvenuta nel 1982; la previsione del piano regolatore generale del Comune non era quindi applicabile alla fattispecie, in quanto riferita alla distanza nelle zone residenziali del vecchio strumento urbanistico, mentre la costruzione C. ricadeva in zona agricola e non residenziale, e perché, in ogni caso, in contrasto con le previsioni del citato art. 9 del d.m. n. 1444/1968.
Il motivo è fondato. La censura - come ha precisato il pubblico ministero nelle sue conclusioni scritte - impone preliminarmente di verificare quale sia il momento nel quale un piano regolatore generale diviene efficace e successivamente di accertare la sorte di un piano regolatore generale divenuto efficace dopo il d.m. n. 1444/1968 e contenente disposizioni in contrasto con le prescrizioni contenute in quest'ultimo.
Quanto al primo profilo i giudici d'appello hanno considerato che, siccome il piano regolatore generale, che prevedeva una distanza di 6 metri, osservata nel caso di specie, era stato adottato nel 1962, le sue previsioni dovevano continuare ad essere osservate nei rapporti tra i privati nonostante l'intervento del citato d.m., contenente norme di azione esclusivamente indirizzate ai comuni nella creazione o revisione degli strumenti urbanistici. I giudici d'appello hanno errato: secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “in tema di distanze delle costruzioni dal confine, le norme di un regolamento edilizio e dell'annesso programma di fabbricazione sono efficaci e possono applicarsi nei rapporti tra privati solo dopo che siano state adottate dal consiglio comunale, approvate della giunta regionale e portate a conoscenza dei destinatari mediante pubblicazione da eseguirsi con affissione all'albo pretorio, essendo tale pubblicazione condizione necessaria per l'efficacia e l'obbligatorietà dello strumento urbanistico, senza possibilità di efficacia retroattiva dalla data di approvazione da parte dell'organo regionale, rimanendo, nel frattempo, applicabile la disciplina in materia di distanze dettata dal codice civile” (così Cass. n. 14915/2015). Considerata quindi la natura del procedimento di formazione dello strumento urbanistico, che è un atto complesso e che si conclude con l'approvazione da parte dell'organo di controllo, deve ritenersi che prima di tale momento esso sia del tutto improduttivo di effetti. Ne consegue che la circostanza che il piano regolatore generale sia stato adottato in data anteriore al d.m. n. 1444 del 1968 (che ha efficacia di legge dello Stato, essendo stato emanato su delega della legge n. 1150 del 1942, c.d. legge urbanistica, art. 41-quinquies) è irrilevante, posto che la normativa alla quale l'attività costruttiva doveva conformarsi era quella vigente al momento della sua approvazione. La sentenza impugnata ha quindi erroneamente ritenuto che essendo il piano regolatore preesistente all'entrata in vigore del d.m. n. 1444 del 1968 non trovassero applicazione le più restrittive norme in materia di distanze tra fabbricati previste dal suddetto decreto.
2) L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo e del terzo motivo, che rispettivamente denunciano “violazione dell'art. 873 c.c., violazione dello strumento urbanistico del Comune di Pace del Mela, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., omesso esame circa un punto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti relativamente allo invocato ius superveniens che avrebbe legittimato la costruzione della C.” e “violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 1226, 872 e 873 c.c., 99, 112 e 113 c.p.c., illegittimo rigetto della domanda di risarcimento dei danni per il periodo di abusività dell'opera, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.”.
II. Il ricorso va pertanto accolto in relazione al primo motivo e il provvedimento impugnato va conseguentemente cassato; la causa deve essere rimessa alla Corte d'appello di Messina che si atterrà al principio di diritto sopra ricordato; il giudice di rinvio provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti il secondo e il terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione.