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15 febbraio 2024
Il conflitto tra fratelli, in ordine ai beni del compendio, non deve essere trascurato
Infatti, nel caso di specie, la sussistenza di tale conflitto è idonea ad escludere che l'attività del ricorrente esercitata sul compendio possa essere basata sulla tolleranza del fratello.
La Redazione
La questione sottoposta all'attenzione della Suprema Corte concerne un ricorso per la cassazione della sentenza con cui la Corte territoriale di Venezia aveva respinto l'appello del ricorrente avverso la decisione reiettiva della originaria domanda di usucapione di un compendio immobiliare di proprietà di Caio per avere, il ricorrente, detenuto quale custode ex lege ai sensi dell'art. 559 c.p.c. e non posseduto il compendio in questione fino al 22 ottobre 1996, allorché, in esito a procedure esecutive promosse da terzi, il compendio era stato, con decreto del giudice dell'esecuzione, trasferito dal ricorrente esecutato all'odierno controricorrente, per non essere stata data prova da parte del ricorrente di aver, successivamente a quella data, posto in essere atti di “interversione” della detenzione in possesso e per essere stato il potere di fatto sul compendio mantenuto dal ricorrente dopo quella data con la tolleranza dell'odierno controricorrente.
Giunti in sede di legittimità, il ricorrente si duole del fatto che il Giudice del gravame aveva ritenuto che la non attivazione dell'odierno controricorrente per ottenere il rilascio del compendio potesse essere considerata indice di tolleranza laddove invece tale non poteva essere considerata in ragione della lunga durata della permanenza di esso ricorrente nella disponibilità del compendio e del fatto che i rapporti tra le parti erano stati caratterizzati da una controversia involgente i beni del compendio. 
«Segnatamente il ricorrente, richiamando anche un passaggio della sentenza impugnata in cui viene dato atto di una lunga lite tra le parti, che egli aveva agito per ottenere la “retrocessione” del compendio sul presupposto che il relativo acquisto in sede esecutiva era stato effettuato dal fratello, con denaro fornito dal ricorrente e quale suo “alter ego”, censura la Corte di Appello per avere assunto la sussistenza di una situazione di tolleranza sul solo presupposto del rapporto di parentela tra le parti e trascurando l'elemento indiziario contrario della conflittualità tra le stesse»
 
Per la Corte di Cassazione tale doglianza è fondata, pertanto, con l'ordinanza n. 4047 del 14 febbraio 2024 accoglie con rinvio il ricorso.
La Corte territoriale ha infatti escluso che la relazione di fatto mantenuta del ricorrente con il compendio nel periodo che interessa fosse qualificabile come possesso ritenendo che essa potesse essere stata tollerata dal controricorrente in ragione dello stretto rapporto tra le parti.
In particolare, secondo il Giudice del gravame, la persistenza della relazione non era «determinante perché il proprietario, fratello, può avere esercitato atti di tolleranza che non consentono l'usucapione».
La Corte d'Appello, come dedotto dal ricorrente, trascurando l'elemento della conflittualità tra le parti proprio in ordine al compendio de quo, ha finito per falsamente applicare gli art.1144 c.c. e l'art. 2727 c.c..
L'art.1144 c.c. prevede infatti che «gli atti compiuti con l'altrui tolleranza non possono servire di fondamento all'acquisto del possesso».
La norma è astrattamente applicabile al caso di specie, non ostandovi il fatto che prima del decreto di esproprio il ricorrente avesse già il possesso del compendio essendone proprietario, e rilevando invece, per gli effetti della norma, il possesso divenuto senza titolo dal momento del trasferimento del compendio al controricorrente.
La tolleranza consiste in una condizione di condiscendenza basata su rapporti ordinari di familiarità, di amicizia o di buon vicinato.

precisazione

Sebbene al fine di stabilire se un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o altro diritto reale sia stata compiuta con l'altrui tolleranza e sia quindi inidonea all'acquisto del possesso ex art. 1144 c.c., «la lunga durata dell'attività medesima possa integrare un elemento presuntivo nel senso dell'esclusione della tolleranza ove tra le parti vi siano rapporti non, come nel caso, di parentela ma di mera amicizia o buon vicinato giacché nei secondi, di per sé labili e mutevoli, è più difficile, a differenza dei primi, il mantenimento della tolleranza per un lungo arco di tempo». 

Nel caso in esame, tuttavia, sussisteva un elemento, ossia il conflitto giudiziario tra le parti in ordine ai beni del compendio che per il giustificarsi del ragionamento presuntivo non avrebbe dovuto essere trascurato, rappresentato dal ricorrente come elemento idoneo a rompere l'ordinarietà delle relazioni tra parenti e così da escludere che l'attività dal medesimo ricorrente esercitata sul compendio potesse essere basata sulla tolleranza.
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