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Sebbene al fine di stabilire se un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o altro diritto reale sia stata compiuta con l'altrui tolleranza e sia quindi inidonea all'acquisto del possesso |
Svolgimento del processo
1. M.D. ricorre, con sei motivi avversati da M.R. -fratello del ricorrente- con controricorso, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la Corte di Appello di Venezia ha respinto l’appello di esso ricorrente contro la decisione reiettiva della originaria domanda di usucapione di un compendio immobiliare di proprietà di M.R. per avere, esso ricorrente, detenuto quale custode ex lege ai sensi dell’art. 559 c.p.c. e non posseduto il compendio in questione fino alla data 22 ottobre 1996, allorché, in esito a procedure esecutive promosse da terzi, il compendio era stato, con decreto del giudice dell’esecuzione, trasferito dal ricorrente esecutato all’odierno controricorrente, per non essere stata data prova da parte del ricorrente di avere, successivamente a quella data, posto in essere atti di “interversione” (così, nella sentenza impugnata, pagina 6) della detenzione in possesso e per essere stato il potere di fatto sul compendio mantenuto dal ricorrente dopo quella data con la tolleranza dell’odierno controricorrente;
2. la causa perviene al Collegio a seguito di richiesta di decisione formulata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. a seguito di proposta di definizione del giudizio per inammissibilità o comunque manifesta infondatezza del ricorso;
3. le parti hanno depositato memorie;
Motivi della decisione
1. con il primo motivo di ricorso vengono lamentate “violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1141, 1142, 1144, 1158, 1164 c.c. e 2697 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c. per avere la Corte di Appello ritenuto che al ricorrente spettasse dare prova dell’ “interversione” della detenzione in possesso senza valutare che esso ricorrente, già, secondo la Corte d Appello, detentore qualificato fino alla data 22 ottobre 1996, era comunque divenuto da quella data -in cui era stato emesso il decreto di trasferimento a favore del fratello- automaticamente possessore del compendio;
2. con il secondo motivo di ricorso vengono lamentate “violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1141, 1142, 1164 c.c. e 2697 c.c.”, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c. per avere la Corte di Appello dato rilievo al periodo antecedente alla data 22 ottobre 1996 laddove invece avrebbe dovuto darsi rilievo solo al periodo successivo con la conseguenza che del tutto irrilevante avrebbe dovuto ritenersi la veste di detentore qualificato assunta dal ricorrente in pendenza delle procedure espropriative;
3. con il terzo motivo di ricorso vengono lamentate “violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1141, 1142, 1158 c.c. e 2697, 2727 e 2729 c.c.”, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c. per avere la Corte di Appello ritenuto che la non attivazione dell’odierno controricorrente per ottenere il rilascio del compendio potesse essere considerata indice di tolleranza laddove invece tale non poteva essere considerata in ragione della lunga durata della permanenza di esso ricorrente nella disponibilità del compendio e del fatto che i rapporti tra le parti erano stati caratterizzati da una controversia (terminata con il rigetto delle domande) involgente i beni del compendio. Segnatamente il ricorrente, richiamando anche un passaggio della sentenza impugnata in cui viene dato atto di una lunga lite tra le parti, che egli aveva agito per ottenere la “retrocessione” del compendio sul presupposto che il relativo acquisto in sede esecutiva era stato effettuato dal fratello, con denaro fornito dal ricorrente e quale suo “alter ego”, censura la Corte di Appello per avere assunto la sussistenza di una situazione di tolleranza sul solo presupposto del rapporto di parentela tra le parti e trascurando l’elemento indiziario contrario della conflittualità tra le stesse;
4. con il quarto motivo di ricorso viene lamentato, in riferimento all’art. 360, primo comma, n.5, c.p.c., che la Corte di Appello ha trascurato il fatto che il ricorrente era divenuto possessore dalla data del decreto di trasferimento del compendio al controricorrente;
5. con il quinto motivo di ricorso vengono lamentate “violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1141, 1142, 1158 c.c. e 2697 c.c. nonché degli artt. 2727 e 2729 c.c.”, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., per avere la Corte di Appello errato nel dare rilievo alla fase antecedente al decreto di trasferimento laddove invece avrebbe dovuto darsi rilievo solo alla fase successiva e per avere la Corte di Appello negato rilievo al pagamento di bollette e di somme relative alla pratica di condono per immobili del compendio laddove invece avrebbe dovuto essere attribuito a tali condotte un valore quantomeno di indici presuntivi di possesso;
6. con il sesto motivo di ricorso viene lamentato, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., che la Corte di Appello in relazione alla prova del “interversione” della detenzione in possesso ha trascurato il fatto che il ricorrente aveva realizzato interventi edilizi sui beni del compendio come attestato dalla sentenza n.2529/2014 della Corte di Appello di Venezia, allegata come documento 5 all’originaria citazione, resa nella causa proposta dal ricorrente avverso il controricorrente per ottenere “la retrocessione” del compendio;
7. in relazione a tutti i motivi va precisato, in primo luogo, che la ratio della sentenza in esame, al di là di riferimenti in essa contenuti alla posizione del ricorrente rispetto al compendio de quo nel periodo precedente al 22 ottobre 1996, data del decreto di trasferimento del medesimo dal ricorrente-esecutato al controricorrente, è centrata sulla posizione del ricorrente rispetto al compendio nel periodo successivo.
Del resto, in riferimento al periodo precedente, non avrebbe avuto senso discutere di possesso ad usucapionem da parte di soggetto - il ricorrente- il quale era ancora proprietario del compendio;
8. a ciò che precede consegue la inammissibilità, per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.), in quanto scollegati dalla ratio della decisione impugnata, del secondo e del quinto motivo di ricorso, quest’ultimo per la parte in cui si lamenta che la Corte di Appello avrebbe errato nel dare rilievo alla fase antecedente al decreto di trasferimento, laddove invece avrebbe dovuto dare rilievo solo alla fase successiva;
9. riguardo al periodo successivo al 22 ottobre 1996, la Corte di Appello ha affermato, da un lato, che il ricorrente non aveva dimostrato di aver posto in essere atti di “interversione” della detenzione in possesso -in particolare non potevano essere ritenuti tali il pagamento di determinate “bollette” inerenti beni del compendio, né il versamento di somme necessarie al perfezionamento di una pratica di condono riguardante beni del compendio, trattandosi di atti compatibili con la veste di detentore- , dall’altro lato, che il persistere del potere di fatto del ricorrente sui beni del compendio non era “determinante perché il proprietario, fratello [del ricorrente] può avere esercitato atti di tolleranza che non consentono l’usucapione”;
10. deve precisarsi che ogni riferimento nel caso di specie e riguardo all’art. 1141 c.c., all’ “interversione” è improprio e va corretto in termini di acquisto del possesso partendo da una situazione di detenzione. Di interversione può infatti propriamente parlarsi solo nel caso, di cui all’art. 1164 c.c., di modifica del possesso ad immagine di un diritto minore in possesso ad immagine di un diritto maggiore;
11. questa Corte ha affermato che nei trasferimenti conseguenti ad esecuzione forzata (a differenza di quanto avviene in caso di espropriazione per pubblica utilità, su cui v. Cass. SU n.651 del 2023) il provvedimento di aggiudicazione non determina automaticamente, per il solo fatto che esso venga pronunciato ed a prescindere dalla sua esecuzione, il mutamento dell’animus rem sibi habendi del proprietario espropriato, trasformandolo in animus detinendi alieno nomine (e cioè in nome dell’espropriante, cfr. Sez. 3, Sentenza n. 1716 del 02/07/1966), con la conseguenza che l’aggiudicazione trasferisce la proprietà e non il possesso e che l’espropriazione forzata dà luogo ad un acquisto a titolo derivativo (cfr. Sez. 2, Ordinanza n. 25926 del 02/09/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 20608 del 31/08/2017), rispetto al quale l’art.2919 c.c. fa salvo il possesso di buona fede;
11. ne consegue che il riferimento all’acquisto del possesso in evoluzione da una precedente situazione di detenzione (art. 1141 c.c.) è fuori luogo per assenza nel caso di specie di una situazione di detenzione originaria;
12. alla luce delle suddette precisazioni sono inammissibili per difetto di interesse (artt. 100 c.p.c.), in quanto scollegati dalla ratio decidendi, il primo, il quarto, il quinto motivo (per la parte residua rispetto a quella di cui al precedente punto 8.) e il sesto motivo di ricorso;
13. è fondato invece il terzo motivo.
13.1. La Corte di Appello ha escluso che la relazione di fatto mantenuta del ricorrente con il compendio nel periodo che interessa fosse qualificabile come possesso ritenendo che essa potesse essere stata tollerata dal controricorrente in ragione dello stretto rapporto tra le parti.
Precisamente, secondo la Corte di Appello, la persistenza della relazione non era “determinante perché il proprietario, fratello, può avere esercitato atti di tolleranza che non consentono l’usucapione”.
14. La Corte di Appello, come in sostanza dedotto dal ricorrente, trascurando l’elemento -di cui la stessa Corte di Appello ha dato conto- della conflittualità tra le parti proprio in ordine al compendio de quo, ha finito per falsamente applicare gli art.1144 c.c. e l’art. 2727 c.c.
14.1. L’art.1144 c.c. prevede che “gli atti compiuti con l’altrui tolleranza non possono servire di fondamento all’acquisto del possesso”.
La norma è astrattamente applicabile al caso di specie, non ostandovi il fatto che prima del decreto di esproprio il ricorrente avesse già il possesso del compendio essendone proprietario, e rilevando invece, per gli effetti della norma, il possesso divenuto senza titolo dal momento del trasferimento del compendio al controricorrente.
14.2. La tolleranza consiste in una condizione di condiscendenza basata su rapporti ordinari di familiarità, di amicizia o di buon vicinato.
Sebbene al fine di stabilire se un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o altro diritto reale sia stata compiuta con l'altrui tolleranza e sia quindi inidonea all'acquisto del possesso ex art. 1144 c.c., la lunga durata dell'attività medesima possa integrare un elemento presuntivo nel senso dell'esclusione della tolleranza ove tra le parti vi siano rapporti non, come nel caso, di parentela ma di mera amicizia o buon vicinato giacché nei secondi, di per sé labili e mutevoli, è più difficile, a differenza dei primi, il mantenimento della tolleranza per un lungo arco di tempo (Cass. Sez. 2, sentenza n.11277 del 29/05/2015), tuttavia, nel caso di specie, vi era -la Corte di Appello stessa ne dà conto- un elemento -il conflitto giudiziario tra le parti in ordine ai beni del compendio- che per il giustificarsi del ragionamento presuntivo non avrebbe dovuto essere trascurato, rappresentato dal ricorrente come elemento idoneo a rompere l’ordinarietà delle relazioni tra parenti e così da escludere che l’attività dal medesimo ricorrente esercitata sul compendio potesse essere basata sulla tolleranza;
la ricaduta dei cattivi rapporti fra i due fratelli sul concetto di tolleranza deve essere, di conseguenza, valutata dal giudice del merito, ovviamente tenuto conto delle complessive inferenze di causa, al fine di una corretta applicazione della norma;
15. in conclusione, il terzo motivo di ricorso deve essere accolto, gli altri motivi devono essere dichiarati inammissibili. In relazione al motivo accolto la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
la Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibili gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione.