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- era proprietario di un fondo in un Comune, posto a dislivello rispetto al piano della strada comunale; ...
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Svolgimento del processo
1. Nel 2012 P.I. convenne dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata il Comune di Gragnano e la Regione Campania, esponendo che:
-) era proprietario di un fondo nel Comune di Gragnano, posto a dislivello rispetto al piano della strada comunale “via (omissis)”;
-) il fondo era stato danneggiato dal crollo del muro di contenimento della strada, posto a monte rispetto ad esso;
-) i danni causati dal crollo erano stati risarciti dall’assicuratore del Comune, ma la ricostruzione dell’opera aveva arrecato al fondo ulteriori danni: in particolare, era stata occupata in modo permanente una porzione di terreno; era stata imposta illegittimamente una servitù di fatto attraverso la realizzazione di condutture di deflusso delle acque meteoriche; era stata compromessa la statica del terreno.
Concluse chiedendo la condanna delle amministrazioni convenute al risarcimento dei danni ed alla riduzione in pristino dei luoghi.
2. Regione e Comune si costituirono chiedendo il rigetto della domanda.
3. Con sentenza 9.4.2015 n. 679 il Tribunale di Torre Annunziata accolse in parte la domanda. Quantificò il danno in euro 78.148,75; ritenne che l’attore aveva sostituito la domanda di riduzione in pristino con una domanda di condanna al risarcimento per equivalente; rigettò tale ultima domanda sul presupposto che i lavori di riduzione in pristino, riguardando un’opera pubblica, non potevano essere eseguiti personalmente dall’attore.
4. La sentenza fu appellata da tutte le parti.
Con sentenza 6.12.2019 n. 5916 la Corte d’appello di Napoli in parte rigettò ed in parte dichiarò inammissibili tutti gli appelli.
Il giudice di secondo grado, in particolare, ritenne che:
-) correttamente era stata affermata dal Tribunale la responsabilità del Comune ex art. 2051 c.c., quale proprietario della strada, a nulla rilevando che le opere di ripristino asseritamente causa del danno erano state realizzate dalla Regione;
-) corretta era stata l’individuazione da parte del Tribunale del dies a quo del decorso degli interessi compensativi;
-) correttamente il Tribunale aveva ritenuto che la Regione avesse eseguito le opere di ripristino in modo imperito;
-) corretta era stata la stima del danno da parte del Tribunale.
Su quest’ultimo punto, tuttavia, la Corte corresse la motivazione del Tribunale. Secondo il giudice di secondo grado, infatti, effettivamente le ulteriori somme richieste da P.I. a titolo di risarcimento del danno, rispetto a quanto liquidato dal Tribunale, erano state chieste non per eseguire “lavori pubblici che solo la P.A. può realizzare” (come affermato dal primo giudice travisando la c.t.u.), ma erano state chieste per eseguire lavori di messa in sicurezza del terreno, da eseguirsi all’interno di questo e dunque su proprietà privata.
Tuttavia, la Corte d’appello negò che questi lavori fossero necessari e, quindi, che esistesse un danno risarcibile, così ragionando:
-) la necessità delle opere di consolidamento del fondo scaturivano dalla mancata irregimentazione delle acque reflue;
-) i lavori eseguiti dalla Regione avevano eliminato il rischio di dissesto;
-) dunque non v’era più necessità di eseguire i lavori richiesti da P.I..
5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da P.I. in via principale, con ricorso fondato su quattro motivi, e dal Comune di Gragnano in via incidentale, con ricorso fondato su due motivi.
La Regione Campania ha notificato controricorso per resistere al ricorso incidentale.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo del ricorso principale è denunciata la violazione del giudicato interno.
Sostiene il ricorrente che l’esistenza d’un danno, consistito nel costo necessario per costruire un muro in calcestruzzo di sostegno del fondo nella parte a valle della strada, era stata accertata dal Tribunale e non vi era stata impugnazione sul punto. La Corte d’appello, pertanto, non avrebbe potuto negare l’esistenza di tale danno.
1.1. Il motivo è infondato.
In primo grado, infatti, mancò qualsiasi statuizione circa la necessità o l’utilità dei lavori di costruzione del muro di sostegno a valle del fondo e ciò ha impedito la formazione di qualsiasi giudicato.
2. Col secondo motivo è prospettato il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo.
Il fatto trascurato dalla Corte d’appello, sostiene il ricorrente, è l’esistenza di “danni alla staticità” del proprio fondo.
Nell’illustrazione del motivo si sostiene che, anche ad ammettere che le opere già eseguite dalla Regione potessero avere escluso il rischio di un dilavamento del terreno in futuro, ciò non bastava a ripristinare la staticità del fondo, già compromessa dall’esecuzione dei lavori. In sostanza il ricorrente deduce che la ritenuta impossibilità che fenomeni erosivi o di dissesto potessero verificarsi in futuro, cionondimeno egli aveva pur sempre diritto ad essere risarcito del danno rappresentato dai costi necessari per rimediare ai fenomeni di dissesto già verificatisi prima dell’esecuzione delle opere di messa in sicurezza.
2.1. Il motivo è fondato.
Nel corso del giudizio di primo grado è stata disposta una c.t.u.. Il consulente concluse le proprie operazioni ritenendo necessario “ripristinare la stabilità e mettere in sicurezza il terreno”.
La Corte d’appello ha condiviso tale valutazione, accertando che “in passato il deflusso delle acque meteoriche ha peggiorato le condizioni geomorfologiche del fondo” (p. 14).
Ciò posto in punto di fatto, la Corte d’appello ha aggiunto che le opere di canalizzazione delle acque reflue già eseguite avrebbero impedito per il futuro il ripetersi di fenomeni erosivi, sicché non v’era bisogno di ulteriori opere di consolidamento.
2.2. Tuttavia, una volta accertato dal giudice di merito che “in passato il deflusso delle acque meteoriche ha peggiorato le condizioni geomorfologiche del fondo”, per escludere la sussistenza di qualsiasi danno risarcibile la Corte d’appello avrebbe dovuto accertare:
a) che in futuro il fenomeno erosivo non si sarebbe ripetuto (il che è stato fatto);
b) che le passate e “peggiorate condizioni geomorfologiche”, pur accertate in concreto, non necessitavano di opere di consolidamento (il che non è stato fatto).
La Corte d’appello ha dunque effettivamente omesso di considerare il fatto, astrattamente decisivo, rappresentato dal pregiudizio alle “condizioni geomorfologiche” del fondo, che essa stessa aveva dichiarato sussistente.
La sentenza va dunque su questo punto cassata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, affinché, sul presupposto che è ormai definitivamente accertato che le opere eseguite impediranno ulteriori dissesti in futuro, valuti in modo esplicito se le “alterate condizioni geomorfologiche” del fondo verificatesi prima del completamento dei lavori appaltati dalla Regione, e da essa stessa accertate, costituiscano un danno risarcibile.
3. Il terzo motivo ripete la medesima censura già prospettata col secondo, questa volta presentata come vizio di violazione di legge.
Esso resta assorbito dall’accoglimento del secondo.
4. Col quarto motivo è prospettato sia il vizio di omessa pronuncia, sia quello di nullità della sentenza per motivazione apparente.
Vi si deduce che la Corte non si è pronunciata sulla domanda di risarcimento del danno consistito nel costo delle opere necessarie per eliminare i danni già prodottisi prima della sentenza; e che comunque - se si ritenesse che pronuncia vi è stata - su questo punto non vi è motivazione.
4.1. Anche questo motivo resta assorbito dall’accoglimento del secondo motivo.
5. Col primo motivo di ricorso incidentale il Comune lamenta che erroneamente è stata affermata la sua qualità di custode e, con essa, la sua responsabilità di cui all’art. 2051 c.c..
Deduce di non avere né eseguito, né commissionato, i lavori da cui è derivato il danno, e conseguentemente non poteva risponderne ex art. 2051 c.c..
5.1. Il motivo è fondato.
La Corte d’appello ha accertato in punto di fatto che:
a) il danno causato dal crollo del muro di contenimento della strada pubblica era stato risarcito a P.I. dall’assicuratore del Comune;
b) gli ulteriori danni lamentati da P.I. erano stati causati dall’esecuzione delle opere di ripristino;
c) le opere di ripristino erano state appaltate non dal Comune, ma dalla Regione.
In punto di fatto dunque la Corte d’appello ha accertato che il danno oggetto del contendere non era quello arrecato dal crollo (già risarcito dall’assicuratore del Comune), ma quello arrecato dall’esecuzione dei lavori, dei quali il Comune non era committente.
5.2. Pertanto è fondata la censura di falsa applicazione dell’art. 2051 c.c.. Di tale norma mancava infatti il presupposto (il danno arrecato dalla cosa), perché i danni oggetto del contendere erano quelli causati dall’imperita ricostruzione, non dal crollo.
Né poteva venire in rilievo la giurisprudenza richiamata dal Tribunale in materia di appalto (Cass. 23442/18), dal momento che il Comune non era il committente delle opere, né avrebbe potuto impedirne l’esecuzione.
La responsabilità del custode, infatti, si fonda non su un titolo giuridico (la proprietà, un diritto reale, ecc.), ma si fonda su un rapporto di fatto: ovvero la possibilità per il custode di esercitare un “potere di fatto” sulla cosa stessa. Da ciò derivano due corollari.
Il primo è che, mancando la signoria sulla cosa, viene meno la qualità di custode e, con essa, la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c..
Il secondo corollario è che il custode, in quanto titolare del potere di fatto sulla cosa, risponde dei danni provocati da questa, ma non può essere chiamato a rispondere dei danni causati non già dalla cosa, ma dalle modalità con cui l’appaltatore, chiamato ad eseguire lavori di restauro o manutenzione, ha eseguito questi ultimi.
È noto, al riguardo, che la giurisprudenza di questa Corte è consolidata (tra le ultime, ove ulteriori riferimenti, Cass., ord. 16/11/2023, n. 31949) nella affermazione della responsabilità della Pubblica Amministrazione custode per le i danni causati dalle condizioni in cui versa la res in custodia anche quando questa sia modificata ed in quanto e come sia stata modificata, tranne il solo caso in cui la modifica sia avvenuta con modalità tali (immediatamente prima, ad esempio) da escludere oggettivamente la possibilità una qualsiasi pronta reazione; solo, davvero occorre stabilire se il danno è causato dai lavori alla res in custodia in costanza dei medesimi (ipotesi nella quale la simultaneità della condotta dell’esecutore dei lavori elide il nesso causale con la cosa, questa regredendo a mera occasione del sinistro), oppure se dipende dalla res in custodia come risultante all’esito dei lavori ed una volta questi cessati da tempo idoneo a consentire il ripristino di una oggettiva possibilità di intervento o adeguamento da parte del custode (nel qual caso torna pur sempre la cosa custodita, sia pure modificata o manomessa, ad essere ciò che cagiona il danno, regredendo i lavori e le modifiche a causa remota).
Così, nel caso di specie, l’invasione del fondo altrui con materiali di risulta, o l’imposizione di fatto d’una servitù di scolo delle acque reflue, non sono danni causati dalla “cosa”; sono danni causati dalle modalità di esecuzione dei lavori di ripristino della cosa.
Il ricorso incidentale va dunque accolto su questo punto, in applicazione del seguente principio di diritto:
“non è un danno arrecato “dalla” cosa, e come tale non legittima l’applicazione delle previsioni di cui all’art. 2051 c.c., il danno arrecato dall’appaltatore a terzi, e derivante immediatamente ed esclusivamente dalle modalità con cui ha scelto di eseguire i lavori di restauro della cosa oggetto dell’appalto”.
6. Col secondo motivo il Comune prospetta il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo.
Lamenta che la Corte non abbia tenuto conto del fatto che il danno lamentato dall’attore era quello causato dalle opere di ripristino eseguite dalla Regione, e non dal precedente crollo del muro di contenimento.
6.1. Il motivo è fondato in virtù di quanto esposto al § 5.1 che precede.
7. La fondatezza, per quanto di ragione, del ricorso principale e del ricorso incidentale impone la cassazione della gravata sentenza in relazione alle censure qui accolte, con rinvio alla medesima corte d’appello, in diversa composizione.
8. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
(-) accoglie il secondo motivo del ricorso principale; rigetta il primo; dichiara assorbiti gli altri;
(-) accoglie il primo motivo del ricorso incidentale; rigetta il secondo;
(-) cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.