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20 febbraio 2024
Riconosciuto l’assegno divorzile alla ex moglie che si è dedicata agli impegni casalinghi rinunciando alle occasioni professionali

Secondo la Cassazione, l'assegno può «essere riconosciuto, a prescindere dalla concordata rinuncia a occasioni professionali, anche nelle ipotesi di conduzione univoca della vita familiare, la quale (salvo prova contraria) esprime una scelta comune, anche se tacita, compiuta nei fatti dai coniugi».

di La Redazione
Il Tribunale dichiarava lo scioglimento del matrimonio contratto da Tizio e Caia, disponendo che il primo versasse alla seconda un assegno divorzile mensile di € 350 e contribuisse al mantenimento del figlio.
 
Presentata impugnazione da Tizio, la Corte d'Appello confermava la statuizione sull'assegno divorzile - tenuto conto dello squilibrio reddituale esistente fra i coniugi, della durata del rapporto matrimoniale e del contributo dato alla famiglia da Caia con la propria attività domestica e di accudimento prevalente della prole - ma disconosceva l'obbligo per l'uomo di provvedere al pagamento di un contributo per il mantenimento del figlio.
 
La questione giunge così davanti alla Corte di Cassazione. In tale sede, Tizio lamenta che la Corte territoriale non avrebbe considerato che il riconoscimento dell'assegno divorzile presuppone non solo uno squilibrio reddituale post divorzio, ma anche che tale disparità sia legata a scelte condivise nell'interesse della famiglia. Nel caso di specie, invece, Tizia non ha mai fatto riferimento a rinunce a eventuali possibilità di guadagno in conseguenza di scelte fatte nell'interesse familiare, cosicché l'espressione “scelte condivise” utilizzata dalla Corte è insufficiente e generica per supportare la decisione.
 
Con ordinanza n. 4328 del 19 febbraio 2024, la Prima sezione Civile dichiara il motivo in parte infondato, in parte inammissibile.
 
Riguardo al principio di solidarietà posto a base del diritto del coniuge debole, va richiamata la recente pronuncia 35434/2023 della Cassazione:

giurisprudenza

«l'autoresponsabilità deve .. percorrere tutta la storia della vita matrimoniale e non comparire solo al momento della sua fine: dal primo momento di autoresponsabilità della coppia, quando all'inizio del matrimonio (o dell'unione civile) concordano tra loro le scelte fondamentali su come organizzarla e le principali regole che la governeranno; alle varie fasi successive, quando le scelte iniziali vengono più volte ridiscusse ed eventualmente modificate, restando l'autoresponsabilità pur sempre di coppia. Quando poi la relazione di coppia giunge alla fine, l'autoresponsabilità diventa individuale, di ciascuna delle due parti: entrambe sono tenute a procurarsi i mezzi che permettano a ciascuno di vivere in autonomia e con dignità, anche quella più debole economicamente. Ma non si può prescindere da quanto avvenuto prima dando al principio di autoresponsabilità un'importanza decisiva solo in questa fase, ove finisce per essere applicato principalmente a danno della parte più debole».

L'assegno divorzile può certo essere funzionale a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per avere rinunciato, di comune accordo con l'altro coniuge, a realistiche occasioni professionali-reddituali al fine di contribuire ai bisogni della famiglia.
 
Il che non significa che «l'assegno non possa essere riconosciuto, a prescindere dalla concordata rinuncia a occasioni professionali, anche nelle ipotesi di conduzione univoca della vita familiare, la quale (salvo prova contraria) esprime una scelta comune, anche se tacita, compiuta nei fatti dai coniugi». 
 
Una tale definizione di ruoli all'interno della coppia «necessita nella fase post coniugale che sia assicurato, in funzione perequativa, un adeguato riconoscimento del contributo (esclusivo o prevalente) fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e, conseguentemente, alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge (anche sotto forma di risparmio), come espressamente prevede uno dei criteri pari ordinati previsti dall'art. 5, comma 6, l. 898/1970».
 
Pure in questo caso occorre riconoscere, in una misura congrua, l'incremento di benessere («attuale o potenziale, in atto o spendibile») concentratosi su uno solo dei due ex coniugi, grazie all'aiuto che egli abbia ricevuto dall'impegno familiare dell'altro.
 
Ciò presupposto, nel caso di specie, la Corte d'Appello ha accertato che Caia, nel corso del matrimonio, si era dedicata prevalentemente alla cura della casa e del figlio, consentendo al marito di svolgere la propria attività professionale con orari anche notturni e viaggi lontani e di raggiungere così livelli professionali e reddituali di tutto rispetto. Pertanto, si palese la necessità, data la rilevante disparità nella situazione patrimoniale degli ex coniugi, di un riequilibrio delle loro posizioni attraverso il riconoscimento di un assegno divorzile che assolva la funzione perequativa prevista dall'art. 5 cit..
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