
Tizia e Caia, avevano intrapreso un percorso di PMA in Spagna.
Caia partoriva la bambina il 4 dicembre 2020.
Entrambe le donne dichiaravano la nascita della piccola, indicandosi come madri, dinanzi all'Ufficiale dello
Svolgimento del processo
1.- F.L. e V.R., intrapresero un percorso di procreazione medicalmente assistita in Spagna, con il consenso informato scritto di entrambe; V.R., a seguito dell’intervento portò a termine la gravidanza fino alla nascita in Italia, in Lecco, di E., il 4 dicembre 2020.
Entrambe le donne dichiarano la nascita, indicandosi come madri, dinanzi all’Ufficiale dello stato civile di Lecco che accolse la domanda e formò l’atto di nascita in tal senso. L’atto venne inviato all’Ufficiale dello stato civile del Comune di Lierna, Comune di residenze delle odierne ricorrenti, che trascrisse parzialmente l’atto di nascita iscrivendo la minore come figlia della sola partoriente.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecco presentò ricorso chiedendo l’annullamento dell’atto di nascita che riconosceva ed attestava la doppia genitorialità.
Il Tribunale accolse il ricorso ed annullò l’atto di nascita formato dal Comune di Lecco, limitatamente alla parte in cui riconosceva ed attestava che la minore era figlia anche di F.L..
Il reclamo proposto da F.L. e V.R. è stato rigettato dalla Corte di appello di Milano con decreto pubblicato il 12 gennaio 2023, avverso il quale le stesse hanno proposto ricorso chiedendone la cassazione con due mezzi illustrati con memoria. La Procura Generale presso la Corte di cassazione e la Procura Generale presso la Corte di appello di Milano sono rimaste intimate.
È stata disposta la trattazione camerale.
Motivi della decisione
2.1.- Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 95 e 96 del D.P.R. n. 396/2000. Le ricorrenti contestano l’ammissibilità della procedura attivata dalla Procura presso il Tribunale di Lecco, ritenendo dirimente la differenza tra ciò che consente la formazione dell’atto, e dunque la costituzione dello status (titolarità sostanziale), e ciò che rappresenta invece la sua iscrizione o annotazione (e per altri aspetti la sua trascrizione) nei registri dello stato civile (titolarità formale). Sostengono che la controversia concerne lo status filiationis e avrebbe dovuto essere risolta con un procedimento a cognizione piena (azione di stato) e non con il procedimento di rettificazione dell’atto di nascita, instaurato dalla Procura ai sensi dell’art. 95 e ss. D.P.R. n. 396/2000.
2.2.- Con il secondo motivo, proposto in stretta connessione e sulle premesse prospettate con il primo motivo, si denuncia la nullità del procedimento sin dal primo grado e del decreto impugnato, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c.
2.3.- I motivi, da trattare congiuntamente, perché strettamente connessi, sono infondati e vanno rigettati.
2.4.- Come questa Corte ha più volte affermato, la rettificazione degli atti di stato civile non può ritenersi limitata alla sola correzione degli errori materiali che siano commessi nella formazione degli atti di stato civile, poiché, come è dato desumere anche dall'art. 454 c.c. (poi abrogato dal D.P.R. n. 396 del 2000, art. 110, comma 3) che applica il procedimento di rettificazione a casi che restano al di fuori dell'ambito della mera correzione degli errori materiali, l'espressione "rettificazione richiesta dall'interesse pubblico" (R.D. n. 1238 del 1939, ex art. 163, poi abrogato dal medesimo D.P.R.) non può essere intesa in senso stretto, né può essere limitata alla sola rettificazione di singoli atti, ma deve essere riferita in senso ampio alla tenuta dei registri dello stato civile nel loro complesso e può ricomprendere la cancellazione di un atto compilato o trascritto per errore, la formazione di un atto omesso, ed anche la cancellazione di un atto irregolarmente iscritto o trascritto (Cass. n. 16567/2021; Cass. n. 1204/1984).
A tal fine, l'autorità giudiziaria dispone di una cognizione piena sull'accertamento della corrispondenza di quanto richiesto dal genitore in relazione alla completezza dell'atto di nascita del figlio con la realtà generativa e di discendenza genetica e biologica di quest'ultimo, potendo, a tale limitato fine, avvalersi di tutte le risorse istruttorie fornitele dalla parte (Cass. n. 13000/2019).
Inoltre, questa Corte, ha ulteriormente chiarito, proprio nell'ambito di un giudizio che, come il presente, non traeva origine dall'impugnazione da parte di un interessato del rifiuto opposto dall'Ufficiale di stato civile alla richiesta di trascrizione dell'atto di nascita, ma dalla domanda, proposta dal Pubblico Ministero, ai sensi del D.P.R. n. 396 del 2000, art. 95, comma 2, di "cancellazione" della iscrizione già effettuata, in quanto fondata sull'allegazione della contrarietà della iscrizione alla disciplina dettata da disposizioni nazionali, che tale domanda trae origine da una difformità tra la situazione di fatto, quale dovrebbe essere nella realtà secondo la predetta disciplina, e quella annotata nel registro degli atti di nascita, causata da un errore asseritamente compiuto in sede di iscrizione, e non dà pertanto luogo ad una controversia di stato, ma proprio ad una delle controversie previste dal D.P.R. n. 396, art. 95 (cfr. Cass. n.7413/2022; Cass. n. 23319/2021; Cass. n. 21094/2009)
Applicando tali principi alla presente fattispecie, pertanto, deve ritenersi che l'unico strumento utilizzabile, ai fini della contestazione della legittimità della annotazione sull'atto di nascita operata dall'Ufficiale di stato civile, dev'essere individuato nel procedimento di rettificazione, la cui funzione, collegata a quella pubblicitaria propria dei registri dello stato civile ed alla natura dichiarativa propria delle annotazioni in essi contenute, aventi l'efficacia probatoria privilegiata prevista dall'art. 451 c.c., ma non costitutive dello status cui i fatti da esse risultanti si riferiscono, esclude peraltro l'idoneità della decisione ad acquistare efficacia di giudicato in ordine alla sussistenza del rapporto giuridico di filiazione (Cass. n.7413/2022).
2.5.- Peraltro, nella specie, oggetto dell'iscrizione contestata dal Pubblico Ministero è la dichiarazione di riconoscimento effettuata dalla madre intenzionale.
La decisione della Corte di appello è conforme alla giurisprudenza di legittimità che ha affermato in più occasioni che «In caso di concepimento all'estero mediante l'impiego di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, voluto da coppia omoaffettiva femminile, la domanda volta ad ottenere la formazione di un atto di nascita recante quale genitore del bambino, nato in Italia, anche il c.d. genitore intenzionale, non può trovare accoglimento, poiché il legislatore ha inteso limitare l'accesso a tali tecniche alle situazioni di infertilità patologica, fra le quali non rientra quella della coppia dello stesso genere; non può inoltre ritenersi che l'indicazione della doppia genitorialità sia necessaria a garantire al minore la migliore tutela possibile, atteso che, in tali casi, l'adozione in casi particolari si presta a realizzare appieno il preminente interesse del minore alla creazione di legami parentali con la famiglia del genitore adottivo, senza che siano esclusi quelli con la famiglia del genitore biologico, alla luce di quanto stabilito dalla sentenza della Corte cost. n. 79 del 2022.» (Cass. n.22179/2022; conf. Cass. nn. 3769/2024, 511/2024, 7668/2020, 6383/2022, 7413/2022).
Ne consegue che la decisione impugnata è immune da vizi ed il ricorso va respinto.
3. In conclusione, il ricorso va rigettato,
Oscuramento dati.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto (Cass. Sez. U. n. 23535/2019).
P.Q.M.
- Rigetta il ricorso;
- Dispone che, ai sensi del d.lgs. n. 196 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento;
- Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.