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5 marzo 2024
Concessa la rimessione in termini se la revoca della misura di accoglienza non viene tradotta in una lingua comprensibile al destinatario

La chiara conoscibilità dell'atto lesivo, quale elemento connaturato al diritto di difesa, comporta il diritto degli stranieri di ricevere gli atti amministrativi in una lingua comprensibile per il destinatario del provvedimento.

di La Redazione

A seguito di domanda per il riconoscimento della protezione internazionale per richiedenti asilo, Tizio veniva ammesso al sistema di accoglienza e temporaneamente collocato nel centro di accoglienza per stranieri.
A seguito di rinuncia di Tizio al ricovero presso altra struttura indicata dalla Prefettura, quest'ultima disponeva la revoca delle misure di accoglienza. L'atto, tradotto nelle lingue veicolari, è stato notificato a mani del ricorrente dalla Questura in pari data.
Il ricorrente impugnava con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica il provvedimento domandandone l'annullamento, previa sospensione della sua efficacia, per violazione della disciplina di settore e difetto dei presupposti (primo motivo), per mancata traduzione del testo nella propria lingua di origine od in una delle lingue c.d. veicolari (secondo motivo) e per omessa comunicazione dell'avvio del procedimento (terzo motivo).

L'Amministrazione eccepiva l'irricevibilità del ricorso perché presentato dopo i 120 giorni dalla notificazione dell'atto impugnato per la proposizione del ricorso straordinario.

L'eccezione è infondata. L'art. 9, c. 2, D.P.R. n. 1199/1971 fa decorrere il termine di 120 giorni dalla data della notificazione o della comunicazione dell'atto impugnato o da quando l'interessato ne abbia avuto piena conoscenza.
Nel caso di specie, l'atto impugnato è stato redatto in lingua italiana e privo di traduzione in lingua comprensibile all'interessato o in una delle lingue veicolari per cui lo stesso abbia espresso la preferenza: pertanto, è violato il diritto del destinatario alla conoscenza o conoscibilità del provvedimento amministrativo a lui indirizzato.

Secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale e del giudice amministrativo, la chiara conoscibilità dell'atto lesivo, quale elemento connaturato al diritto di difesa, comporta il diritto degli stranieri di ricevere gli atti amministrativi, in particolare quelli che restringono la libertà e incidono sul diritto al soggiorno nel nostro Stato, in una lingua comprensibile per il destinatario del provvedimento.
Seguendo tali insegnamenti, «la norma sui termini di impugnazione deve essere interpretata nel senso che, in assenza di traduzione in lingua conosciuta, i termini di decadenza dall'impugnazione non decorrono, a meno che l'Amministrazione non fornisca prova contraria circa l'avvenuta conoscenza o conoscibilità dell'atto».

Pertanto, «va riconosciuto il beneficio della rimessione in termini, qualora la revoca delle misure di accoglienza non sia stata tradotta in una lingua comprensibile al destinatario del provvedimento e non sia stata a quest'ultimo personalmente notificata, sì da garantire la piena conoscibilità del contenuto del provvedimento, garanzia necessaria all'effettività del diritto di difesa in giudizio, secondo l'art. 24 della Costituzione».

Passando ai motivi di ricorso, il Consiglio di Stato ritiene fondato il motivo con cui il ricorrente lamenta la carenza dei presupposti di fatto per l'emanazione del provvedimento impugnato. Consegue l'assorbimento dell'esame delle ulteriori censure mosse dal ricorrente.

Il Consiglio di Stato, con parere n. 258 del febbraio 2024, ritiene che il ricorso debba essere accolto.