
La Suprema Corte risponde al quesito con la sentenza in commento.
Con sentenza n. 9199 del 4 marzo 2024, la Cassazione è chiamata a pronunciarsi in un giudizio avente ad oggetto la condanna dell'imputato per il reato di
Tra i motivi di doglianza, il ricorrente deduce il vizio di...
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 6 dicembre 2022, la Corte d'appello di Catania, in parziale riforma della sentenza dell'11 maggio 2021 del Tribunale di Catania, appellata da R.G., rideterminava la pena inflitta al medesimo, previo riconoscimento del fatto di minore gravità di cui all'art. 609-bis, ultimo comma, cod. pen. in relazione al capo 3) della rubrica, in anni sette e mesi sei di reclusione, condannandolo alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, in quanto riconosciuto colpevole dei reati di violenza sessuale aggravato per essere stato commesso ai danni di minore infraquattordicenne (capo 1), di corruzione di minorenne ai danni della stessa minore (capo 2) nonché di altro reato di violazione sessuale commesso ai danni della figlia minore aggravato per essere stato commesso ai danni di minore infraquattordicenne (capo 3), contestati come commessi secondo le modalità esecutive e spazio temporali meglio descritte nelle imputazioni (nel corso dell'estate 2018, quanto ai primi due reati; nel 2012/2013 quanto al residuo reato sub 3).
2. Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il predetto propone ricorso per cassazione tramite il difensore, deducendo tre motivi, di seguito sommariamente indicati.
2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge processuale per essere stata emessa la sentenza di primo qrado con la partecipazione a quasi tutte le udienze dibattimentali, all'istruttoria,e alla decisione, di giudici onorari quali componenti del collegio del Tribunale di Catania, in violazione dell'art. 12, d. lgs. n. 116 del 2017, con conseguente nullità assoluta ex artt. 178, lett. a) e 179, comma 1 e 33 c.p.p.
In sintesi, rileva la difesa del ricorrente che dai verbali di udienza emerge come il processo di primo grado, per alcune udienze in cui si è svolta attività istruttoria nonché all'udienza di discussione in cui è stata pronunciata sentenza, il collegio giudicante risultava composto anche da un giudice onorario che non avrebbe potuto farvi parte in virtù del disposto di cui all'art. 12, d.lgs. n. 116 del 2017 (ud. 8.10.2020, con presenza del GOT C., nel corso della quale vennero ammesse le prove ed assunta la p.c. F.C:; ud. 21.01.2021, con presenza del GOT O., nel corso della quale vennero escussi alcuni testi; ud. 15.04.2021, con presenza del GOT O., nel corso della quale si procedette all'esame dell'imputato e all'escussione di un teste a difesa, con rigetto della richiesta di perizia psichiatrica avanzata dalla difesa; ud. 11.05.2021, con presenza del GOT C., nel corso della quale si procedette alla dichiarazione di chiusura del dibattimento ed alla discussione, con pronuncia della sentenza). Poiché, a norma del citato art. 12, non è consentita la presenza del GOT nei collegi relativi ai reati di cui all'art. 407, comma secondo, lett. a) cod. proc. pen., tra cui vi rientra, sotto il n. 7-bis, il reato sub 1 e quello sub 3, entrambi aggravati a norma dell'art. 609-ter, cod. pen., per il quale il ricorrente è stato condannato, ciò avrebbe determinato una nullità assoluta ed insanabile per vizio di costituzione dell'organo giudicante, che inficerebbe la sentenza di primo g1·ado e quella d'appello di cui si chiede l'annullamento.
2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di mancata assunzione di prova decisiva ex art. 606, lett. d) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 70, 85, 88 e 89, cod. proc. pen. per non avere la Corte d'appelllo violando il diritto di difesa ex art. 24, Cost, disposto perizia psichiatrica sull'imputato, prova decisiva volta a dimostrare la sua incapacità totale o parziale di intendere e di volere al momento della commissione dei reati di cui ai capi 1) e 2) della rubrica e correlato vizio di motivazione apparente sul punto.
In sintesi, premette che con il terzo motivo di appello si era impugnata l'ordinanza del 15 aprile 2021 con cui il Tribunale aveva respinto la richiesta di perizia psichiatrica sull'imputato finalizzata ad accertare la capacità di intendere e volere al momento dei fatti commessi nell'estate 2018, in particolare le patologie fisiche da cui è affetto, e se la contemporanea assunzione di farmaci per il controllo della glicemia, dell'ipertensione e dello scompenso cardiaco e di sostanze alcoliche potessero aver aggravato la presenza di tratti della personalità caratterizzati da atteggiamenti ossessivo compulsivi e di sindrome narcisistica, accertati in sede di CTU disposta dal tribunale per i minorenni di Catania il 14/09/2018 per valutarne la capacità genitoriale, tali da inibire gli istinti sessuali imminenti ed urgenti e se ciò potesse aver determinato l'incapacità di discernere gli atti posti in essere nei confronti della minore. La motivazione del riç11etto, fornita sul punto dai giudici, sarebbe censurabile (ritenendo che i tratti di personalità narcisistica non rientrassero nel novero delle malattie mentali e ritenendo che le patologie da cui il R. è affetto non incidessero sulla capacità di intendere e di volere, non potendo essere considerato rilevante l'uso di alcool riferito da una teste), atteso che si fonderebbe sul superato orientamento secondo cui solo le malattie mentali e non anche i disturbi della personalità sarebbero idonee a mettere in dubbio l'imputabilità dell'imputato, contrastando con quanto invece affermato sin a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite "Raso". I giudici territoriali, pertanto, senza alcuna specifica competenza, avrebbero invece valutato negativamente ed esclusivamente solo il disturbo della personalità ma non anche quello ossessivo - compulsivo ed avrebbero valutato solo le patologie fisiche ma non invece l'interferenza dei farmaci assunti dall'imputato per le patologie da cui è affetto con la contemporanea assunzione di sostanze alcoliche e dunque la relativa incidenza sul disturbo della personalità e sull'incapacità di trattenere gli impulsi sessuali devianti, così da comprenderne la gravità, il disvalore sociale e di conservarne il ricordo. Dunque, non sarebbero stati evidenziati gli elementi oggettivi sulla cui base i giudici di appello hanno escluso qualsiasi interferenza del disturbo da cui l'imputato è affetto rispetto alla sua capacità di autodeterminarsi durante i fatti avvenuti nell'estate 2018.
2.3. Deduce, con il terzo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 110, comma 3, DPR n. 115 del 2002, e dell'art. 12 preleggi, per essere stato condannato l'imputato, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, al pagamento delle spese processuali sostenuta dalla difesa di parte civile, anch'essa ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
In sintesi, richiamata la norma applicabile, si duole la difesa per essere stato l'imputato condannato a rifondere le spese processuali in grado d'appello in favore della parte civile costituita, nonostante sia egli che la parte civile, fossero stati ammessi al patrocinio a spese dello Stato, così determinandosi la violazione dell'art. 110 citato, come del resto già riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte, citando a tal fine alcune decisioni (quali Cass. 33013/2020 e Cass. 41009/2021).
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta del 29 novembre 2023, cui si è riportata nel corso della discussione svolta all'udienza odierna, ha chiesto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata e la sentenza di primo grado, disponendosi la trasmissione degli atti al Tribunale di Catania per l'ulteriore corso.
In sintesi, secondo il PG, il ricorso è fondato in relazione al primo motivo.
Si rammenta che la Corte di cassazione (Sez. 3, n. 39119 del 06/07/2023 Ud., dep. 26/09/2023, rv. 285112) ha recentemente affermato il seguente principio: "Il divieto, non derogabile, di destinazione del 9iudice onorario di pace a comporre i collegi che giudicano i reati indicati nell'art. 407, comma 2, lett. a), cod. proc. pen., introdotto dall'art. 12 d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, determina una limitazione alla capacità del giudice ex art. 33 cod. proc. pen., la cui violazione è causa di nullità assoluta ai sensi dell'art. 179 cod. proc. pen., in rel21zione all'art. 178, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., insanabile e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto viziata da nullità derivata ex art. 185 cod. proc. pen. la decisione della corte di appello, in ragione della nullità di quella di primo grado)".
Nella specie si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza di primo grado e della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti al Tribunale di Catania per nuovo giudizio.
4. In data 22 dicembre 2023, l'Avv. P.M.D. ha depositato conclusioni scritte e nota spese, chiedendo il rigetto del ricorso e la condanna alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel grado, da liquidarsi in favore dello Stato stante l'ammissione al gratuito patrocinio. Dette conclusioni e la relativa nota spese sono state nuovamente depositate dal difensore, sostituto processuale, Avv. M.B., presente all'udienza pubblica odierna.
Motivi della decisione
1. Il ricorso, trattato oralmente ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020 e successive modifiche ed integrazioni, è fondato.
2. Il primo motivo è fondato ed assorbente delle ulteriori censure proposte.
3. Ritiene infatti il Collegio di dover da re continuità al principio affermato da questa stessa Sezione con una recente sentenza (Sez. 3, n. 39119 del 06/07/2023, Rv. 285112), che ha affermato il principio secondo cui il divieto, non derogabile, di destinazione del giudice onorario di pace a comporre i collegi che giudicano i reati indicati nell'art. 407, comma 2,, lett. a), cod. proc. pen., introdotto dall'art. 12 d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, determina una limitazione alla capacità del giudice ex art. 33 cod. proc. pen., la cui violazione è causa di nullità assoluta ai sensi dell'art. 179 cod. proc. pen., in relazione all'art. 178, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., insanabile e rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto viziata da nullità derivata ex art. 185 cod. proc. pen. la decisione della Corte di appello, in ragione della nullità di quella di primo grado).
Risulta comprovato che il collegio del Tribunale di Catania, che ha celebrato il processo di primo grado ed emesso la sentenza impugnata, era composto da un GOT (la Dott.ssa C., sostituita per alcune udienze da altro giudice onorario, il Dott. O.).
4. La questione posta dal ricorrente attiene alla sussistenza o meno di una nullità della pronuncia (e di quella derivata ex art. 185 c.p.p. della sentenza impugnata) per difetto delle condizioni di capacità del giudice, nella fattispecie del Tribunale di primo grado composto con un magistrato onorario, per violazione degli artt. 33 c.p.p. e 12 D.lgs. n. 116/2017.
Il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati da Sez. 3, n. 9076 del 21/01/2020, Rv. 279942 - 01, Sez. 6, n. 9383 del 17/02/2021, non massimata, e Sez.3, n. 20202 del 2021, non massimata, secondo cui il divieto di destinazione del giudice onorario di pace a comporre i collegi del tribunale del riesame ovvero qualora si proceda per i reati indicati nell'art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, introdotto dall'art. 12 D.lgs. n. 13 luglio 2017, n. 116, integra una limitazione alla capacità del giudice ex art. 33 c.p.p., la cui violazione è causa di nullità assoluta ai sensi dell'art. 179 c.p.p.
Si è osservato che con il decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, è stata dettata una disciplina organica della magistratura onoraria che ha delineato uno statuto unico della stessa, applicabile ai giudici di pace, ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari, inserendo i primi due nell'ufficio del giudice di pace, a sua volta sottoposto ad un radicale ripensamento; è stata, poi, prevista l'intrinseca temporaneità dell'incarico, e si è provveduto alla riorganizzazione dell'ufficio del giudice di pace e, per quanto qui di rilievo, alla rideterminazione del ruolo e delle funzioni dei giudici onorari e dei vice procuratori onorari.
Nel disciplinare le assegnazioni dei giudici onorari di pace nei procedimenti penali e civili, l'art. 11 comma 6 del predetto decreto legislativo prevede: "Non possono essere assegnati, a norma del comma 1, ai giudici onorari di pace: a) per il settore civile: 1) i procedimenti cautelari e possessori, fatta eccezione per le domande proposte nel corso della causa di merito e del giudizio petitorio nonché dei procedimenti di competenza del giudice dell'esecuzione nei casi previsti dal comma 2 dell'art. 615 del codice di procedura civile e dal comma 2 dell'art. 617 del medesimo codice nei limiti della fase cautelare; 2) i procedimenti di impugnazione avverso i provvedimenti del giudice di pace; 3) i procedimenti in materia di rapporti di lavoro e di previdenza ed assistenza obbligatorie; 4) i procedimenti in materia societaria e fallimentare; 5) i procedimenti in materia di famiglia; b) per il settore penale: 1) i procedimenti diversi da quelli previsti dall'art. 550 del codice di procedura penale; 2) le funzioni di giudice per le indagini preliminari e di giudice dell'udienza preliminare; 3) i giudizi di appello avverso i provvedimenti emessi dal giudice di pace; 4) i procedimenti di cui all'art. 558 del codice di procedura penale e il conseguente giudizio.
Il successivo art. 12 (Destinazione dei giudici onorari di pace nei collegi civili e penali) così recita: "l. I giudici onorari di pace che sono inseriti nell'ufficio per il processo e rispetto ai quali non ricorrono le condizioni di cui all'art. 9, comma 4, possono essere destinati a comporre i collegi civili e penali del tribunale, quando sussistono le condizioni di cui all'art. 11 e secondo le modalità di cui al medesimo articolo. I provvedimenti di destinazione devono essere adottati entro la scadenza del termine perentorio di dodici mesi dal verificarsi della condizione di cui all'art. 11, comma 1, lettera a) ovvero, relativamente alle condizioni di cui alle lettere b),
c) e d) del predetto comma, dalla pubblicazione dei dati di cui al comma 9 del medesimo articolo. Ai giudici onorari di pace destinati a comporre i collegi possono essere assegnati esclusivamente procedimenti pendenti a tale scadenza. La destinazione è mantenuta sino alla definizione deii relativi procedimenti. Del collegio non può far parte più di un giudice onorario di pace. In ogni caso, il giudice onorario di pace non può essere destinato, per il settore civile, a comporre i collegi giudicanti dei procedimenti in materia fallimentare e i collegi delle sezioni specializzate e, per il settore penale, a comporre i collegi del tribunale del riesame ovvero qualora si proceda per i reati indicati nell'art. 4'07, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale".
Da quest'ultimo inciso appare chiaro che il Legislatore, nel porre un divieto assoluto abbia voluto indicare una limitazione alla capacità del giudice onorario di pace allo svolgimento di quelle funzioni collegiali.
Che questa sia l'interpretazione della disposizione di legge si ricava dalla circostanza che nel disciplinare i casi di sostituzione di un membro del collegio e la destinazione in supplenza del giudice onorario di pace, l'art. 13 del decreto medesimo, consente l'inserimento in supplenza "sebbene non ricorrano le condizioni di cui all'art. 11, comma l", mentre non richiama l'art. 12, cosicché il divieto posto a comporre i collegi penali individuato da tale ultima norma non può essere derogato con l'assegnazione in supplenza del giudice onorario di pace.
Ed ancora, ulteriore conferma della interpretazione qui propugnata, si ricava dall'art. 30 del medesimo decreto, nel disciplinare il regime transitorio, così stabilisce: "Per i procedimenti relativi ai reati indicati nell'art. 407, comma 2, lett. a) del codice di procedura penale, iscritti alla data di entrata in vigore del presente decreto, i divieti di destinazione dei giudici onorari di pace di cui al comma 5 nei collegi non si applicano se, alla medesima data, sia stata esercitata l'azione penale. (comma 6) "Per i procedimenti di riesame di cui all'art. 324 del codice di procedura penale il divieto di destinazione dei giudici onorari di pace di cui al comma 5 nei collegi non si applica se la notizia di reato è stata acquisita dall'ufficio di procura prima dell'entrata in vigore del presente decreto (comma 7), segno evidente che per i casi futuri il divieto di cui all'art. 12 è operante e non ammette deroghe. Il divieto di comporre i collegi qualora si proceda per i reati indicati nell'art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale) ovvero i collegi del riesame, da parte del giudice onorario di pace, non derogabile, introduce una limitazione alla capacità del giudice, ai sensi dell'art. 33 c.p.p. e determina una ipotesi di nullità assoluta prevista dall'art. 179 c.p.p. in relazione all'art. 178, comma 1 lett a) c.p.p.
5. Né può ricondursi, in presenza di un esplicito divieto, l'assegnazione nel collegio del giudice onorario alle disposizioni sulla destinazione del giudice agli uffici giudiziari e alle sezioni che, a mente dell'art. 33, comma 2, c.p.p., non si considera attinente alla capacità del giudice.
In tale ambito, ritiene, infatti, il Collegio che l'art. 12 del D.lgs. n. 116 del 2017, introduca una previsione generale che individua un requisito di legittimazione del giudice onorario, che precede l'assegnazione dello stesso all'ufficio giudiziario e alle sezioni, e che l'espresso divieto, ivi contenuto, ne limiti la capacità a comporre il collegio che giudica i reati indicati nell'art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale e quello del riesame. Il mutato quadro normativo, dunque, con l'introduzione di una disciplina organica della ma9istratura onoraria (D.lgs. n. 13 luglio 2017, n. 116- Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace-, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della L. 28 aprile 2016, n. 57) nelle parti nelle quali ha modificato l'assegnazione dei giudici onorari ed ha disciplinato l'assegnazione di questi nei collegi penali e civili, così come sopra evidenziato, impedisce di richiamare il precedente indirizzo giurisprudenziale, assolutamente maggioritario, secondo cui l'integrazione di un collegio da parte di un giudice onorario in veste di supplente non viola l'art. 43-bis del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, che si riferisce all'esercizio delle funzioni del Tribunale in composizione monocratica, né è causa di nullità processuale, atteso che detta previsiione introduce un mero criterio organizzativo di ripartizione dei procedimenti tra i giudici ordinari e quelli onorari (Sez.5, n. 47999 del 27/05/2016,Rv.268465 - 01) e che la trattazione da parte di un giudice onorario di un procedimento penale diverso da quelli indicati dall'art. 43-bis, comma 3, lett. b) del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, ossia in relazione a reati non previsti nell'art. 550, comma 1, c.p.p., non è causa di nullità, in quanto la disposizione ordinamentale introduce un mero criterio organizzativo dell'assegnazione del lavoro tra i giudici ordinari e quelli onorari (ex mu!tis, Sez. 4, n. 9323 del 14/12/2005, Iannaco, Rv. 233911 - 01), indirizzo interpretativo che si fondava sulla disposizione di cui all'art. 43 bis cit., che individuava le materie di competenza, ma non stabiliva alcun divieto di svolgimento di funzioni specifiche da parte del giudice onorario, come ora è stato espressamente previsto. La predetta norma, inoltre, è stata espressamente abrogata dall'a1t 33 del D.lgs. n. 116/2017.
6. Nella specie, essendo stato composto il collegio del Tribunale con un Got e procedendosi per reati indicati nell'art. 407, comma 2, lettei-a a), del codice di procedura penale (nella specie, il capo 1 ed ili 3, relativo al delitto previsto dagli artt. 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall'art. 609-ter cod.pen.), si profila la nullità della sentenza di primo grado (e quella derivata ex art. 185 c.p.p. della sentenza impugnata), non trovando applicazione la disposizione transitoria di cui all'art. 30, comma 6, D.lgs. n. 116/2017 (succitata), in quanto, come evincibile dall'esame degli atti processuali, l'azione penale è stata esercitata in data 16- 20.07.2020 con il deposito della richiesta di giudizio immediato (il successivo decreto di rinvio a giudizio è del 29.07.2020) e, quindi, successivamente all'entrata in vigore del predetto decreto legislativo (15.8.2017).
7. L'impugnata sentenza, unitamente a quella di primo grado, devono essere annullate senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Catania per l'ulteriore corso.
8. Per completezza, infine, il Collegio precisa che all'annullamento da parte di questa Corte della sentenza di appello non consegue la cessazione della misura cautelare in atto.
È ben vero che la giurisprudenza ha interpretato l'art. 624-bis cod. proc. pen. nel senso che detta cessazione va ordinata dalla Corte solo nei confronti delle misure cautelari emesse nel corso del giudizio di appello e nell'ipotesi, in cui sembrerebbe rientrare quella sub iudice, che l'annullamento della sentenza di appello venga disposto senza rinvio (giurisprudenza costante: da ultimo, Sez. 2, n. 13953 del 21/02/2020, Rv. 279146 - 02).
È tuttavia altrettanto indubbio che la situazione processuale in esame non è equiparabile a quella cui intende riferirsi la norma processuale in esame. La sentenza di annullamento senza rinvio può invero assumere diversi effetti e, in relazione a questi, una duplice fisionomia e, in particolare: quella di "decisione a puro effetto rescindente" quando si limita a cassare il provvedimento e a cancellare il giudizio, lasciando così impregiudicate le successive vicende della res in iudicium deducta, e quella di "decisione rescindente con contestuale giudizio rescissorio" quando il giudice di legittimità annulla il provvedimento impugnato sostituendolo con una sua decisione. In particolare, nove sono le ipotesi individuate ex professo dal vigente codice di rito in cui la Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio: a) se il fatto non è previsto dalla legge come reato, se il reato è estinto o se l'azione penale non doveva essere iniziata o proseguita; b) se il reato non appartiene alla giurisdizione del qiudice ordinario.: c) se il provvedimento impugnato contiene disposizioni che eccedono i poteri della giurisdizione, limitatamente alle medesime; d) se la decisione impugnata consiste in un provvedimento non consentito dalla legge; e) se la sentenza è nulla c1 norma e nei limiti dell'articolo 522 in relazione a un reato concorrente; f) se la sentenza è nulla ·a norma e nei limiti dell'articolo 522 in relazione a un fatto nuovo.: g) se la condanna è stata pronunciata per errore di persona; h) se vi è contraddizione fra la sentenza o l'ordinanza impugnata e un'altra anteriore concernente la stessa persona e il medesimo oggetto, pronunciata dallo stesso o da un altro giudice penale; i) se la sentenza impugnata ha deciso in secondo grado su materia per la quale non è ammesso l'appello.
Come è agevole rendersi conto, in nessuna di tali ipotesi, vi rientra il caso sub iudice, in cui l'annullamento senza rinvio della sentenza d'appello consegue al verificarsi della nullità assoluta ed insanabile verificatasi nel precedente giudizio di primo grado, che impone, oltre all'annullamento della sentenza impugnata anche la precedente sentenza. Ciò avviene per effetto della disposizione normativa dettata dall'art. 185, comma 3, cod. proc. pen., in virtù del quale "3. La dichiarazione di nullità comporta la regressione del procedimento allo stato o al grado in cui è stato compiuto l'atto nullo, salvo che sia diversamente stabilito". In altri termini, l'ipotesi in esame, espressamente prevista dalla legge (ossia l'art. 185 citato), rientra nell'incipit dello stesso art. 620, cod. proc. pen., a norma del quale la Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio non solo nei nove casi dianzi illustrati, ma, come appunto recita l'incipit della disposizione processuale in esame "Oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge", tra cui vi rientra quello dell'art. 185, comma 3, cit.
Ciò premesso, che alla sentenza di annullamento senza 1·invio così pronunciata non possa seguire la declaratoria di cessazione della misura cautelare applicata, si desume normativamente dal disposto dell'art. 303, comma 2, cod. proc. pen., che espressamente così stabilisce "2. Nel caso in cui, a seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione o per altra causa, il procedimento regredisca a una fase o a un grado di giudizio diversi ovvero sia rinviato ad altro giudice, dalla data del procedimento che dispone il regresso o il rinvio ovvero dalla sopravvenuta esecuzione della custodia cautelare decorrono di nuovo i termini previsti dal comma 1 relativamente a ciascuno stato e 9rado del procedimento".
La giurisprudenza di questa Corte ha interpretato tale disposizione, con orientamento costante ed ormai consolidato, affermando reiteratamente il principio secondo cui proprio la pronuncia di annullamento senza rinvio della Corte di cassazione, con trasmissione degli atti al giudice competente per il merito (ossia l'ipotesi in esame), rientra tra le cause che determinano la regressione del procedimento ed una nuova decorrenza dei termini di custodia cautelare ai sensi dell'art. 303, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 47240 del 17/11/2021, Rv. 282451 - 01; Sez. 6, n. 39266 del 05/07/2013, Rv. 257088 - 01; Sez. 1, n. 4045 del 06/07/1998, 13/08/1998, Rv. 211273 - 01, ed altre conformi).
Deve, pertanto, essere affermato il seguente principio di diritto:
«All'annullamento da parte della Cassazione della sentenza di appello non consegue automaticamente la cessazione della misura cautelare in atto, dovendosi interpretare l'art. 624-bis cod. proc. pen. nel senso che detta cessazione va ordinata dalla Corte solo nei confronti delle misure cautelari emesse nel corso del giudizio di appello e nell'ipotesi che l'annullamento della sentenza di appello venga disposto senza rinvio, purchè, in quest'ultimo caso, non comporti a norma dell'art. 185, comma 3, cod. proc. pen. la regressione del procedimento ed una nuova decorrenza dei termini di custodia cautelare ai sensi dell'art. 303, comma 2, cod. proc. pen.».
9. Tenuto infine conto della tipologia del reato per cui si procede, si giustifica l'oscuramento dei dati identificativi, giusta quanto disposto con Decreto del Primo Presidente della Corte di Cassazione n. 78 del 2023.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nonché la sentenza del Tribunale di Catania dell'll.05.2021, disponendo la trasmissione de9li atti al Tribunale di Catania, per l'ulteriore corso.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52: D.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.