
Svolgimento del processo
Il giudizio trae origine dall’opposizione proposta da C.M.M. avverso il decreto di liquidazione emesso dal Tribunale di Como per l’attività svolta in qualità di biologo genetista forense in favore di B.C., ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato.
Nella contumacia del Ministero della Giustizia, il Tribunale di Como, con ordinanza del 23.11.2021, accolse per quanto di ragione l’opposizione e, per quel che ancora rileva in questa sede, liquidò il compenso sulla base della tariffa professionale dei biologi, di cui al DM del 22.7.1993, n.362, secondo il principio stabilito dall’ordinanza n.19399/2011.
C.M.M. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Il Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, il ricorrente ha depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
Vanno esaminati, in via preliminare, il secondo e terzo motivo di ricorso.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione del D. Lgs 150/2011 nonché il vizio di apparente e contraddittoria motivazione perché avverso l’ordinanza del Tribunale avrebbe dovuto proporsi appello ex art.702 quater c.p.c.
Il motivo è infondato.
L’art.15, comma 6 del D. Lgs n.150 del 2011 prevede che i provvedimenti pronunciati ai sensi dell’art.170 del DPR 115/2002, come quello in esame, non sono appellabili ma ricorribili in cassazione.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la “violazione dell’art.102 e carenza e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata”, per avere il Tribunale applicato la tariffa professionale dei biologi, di cui al Decreto Ministeriale del 22.7.1993, n.362 e non il D.M. 30.5.2002, senza che sul punto vi fosse stata espressa impugnazione, avendo l’opponente contestato unicamente il quantum del compenso, e senza sottoporre la questione alle parti.
Il motivo è infondato.
Spetta al giudice di merito individuare la disciplina applicabile, sulla base del principio iura novit curia, salvo il rispetto del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato che, nella specie, non risulta violato.
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.25 del D.M. 30.5.2002, n.115 per avere il Tribunale liquidato il compenso sulla base della tariffa professionale dei biologi, di cui al DM del 22.7.1993, n.362, e non sulla base dell’art.25 del D.M. 30.5.2002, che non farebbe alcuna distinzione tra perizia e consulenza tecnica.
Il motivo è fondato.
L’equiparazione del trattamento tra consulente tecnico di parte e consulente tecnico d’ufficio risulta in modo chiaro dall’art.83 del D.M. n.115 del 2002, che così dispone:” L'onorario e le spese spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato e al consulente tecnico di parte sono liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento, secondo le norme del presente testo unico “.
Sulla equiparazione tra il consulente tecnico del Pubblico Ministero e della parte privata è intervenuta già da tempo la decisione della Corte Costituzionale del 22 aprile 2002, n.128, che ha dichiarato manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 comma 3 l. 8 luglio 1980 n. 319, facendo riferimento alla natura di "munus publicum" che caratterizza l'incarico assegnato al consulente, del quale l'ausiliario del consulente non può ignorare l'esistenza. Conseguentemente, ove il consulente tecnico sia stato autorizzato dal giudice ad avvalersi dell'ausilio di altri prestatori d'opera per attività strumentale rispetto ai quesiti posti per l'incarico, la prestazione va valutata alla stregua del criterio di cui all'art. 4 della medesima legge e cioè con il sistema delle vacazioni.
Secondo il giudice delle leggi, la disposizione censurata, allo scopo di eliminarne il riconosciuto effetto sperequativo, ha innovato la previgente disciplina, la quale prevedeva che il compenso agli ausiliari dei consulenti fosse valutato alla stregua delle tariffe vigenti o, in mancanza, degli usi locali (art. 6 comma ultimo l. 1 dicembre 1956 n. 1426), e ha assunto le tariffe giudiziarie come criterio di valutazione della prestazione resa dall'ausiliario, proprio in virtù della natura di "munus publicum" che caratterizza l'incarico assegnato al consulente, del quale l'ausiliario non può ignorare l'esistenza, e che, inevitabilmente, finisce per riflettersi anche sul rapporto tra l'ausiliario e il consulente.
Con la pronuncia n.217 dell’1.10.2019, la Corte di Cassazione ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 131, comma 3 del DPR 30.5.2002, n.115, nella parte in cui prevede che gli onorari e le indennità dovuti ai soggetti ivi indicati siano «prenotati a debito, a domanda», «se non è possibile la ripetizione», anziché direttamente anticipati dall'erario. La norma censurata, nello stabilire che gli onorari dovuti al consulente tecnico di parte e all'ausiliario del magistrato (e ai soggetti assimilati) sono prenotati a debito, a domanda, anche nel caso di transazione della lite, se non è possibile la ripetizione dalla parte a carico della quale sono poste le spese processuali, o dalla stessa parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, per vittoria della causa o per revoca dell'ammissione, si pone in contrasto con l'art.3 Cost., sotto il profilo del difetto di ragionevolezza, perché, in luogo dell'anticipazione da parte dell'erario, prevede, a carico dei soggetti che hanno prestato l'attività di assistenza, l'onere della previa intimazione di pagamento e l'eventuale successiva prenotazione a debito del relativo importo («se non è possibile la ripetizione»). Tale meccanismo procedimentale, unitamente all'applicazione dell'istituto della prenotazione a debito, impedisce il rispetto della coerenza interna del nuovo sistema normativo del patrocinio a spese dello Stato, che ha integralmente sostituito il gratuito patrocinio, incentrato sulla regola dell'assunzione, a carico dello Stato, degli oneri afferenti al patrocinio del non abbiente (sent. n. 287 del 2008; ordd. nn. 195 del 2009; 88 e 203 del 2010; 12 e 88 del 2013).
La Consulta, con tale decisione, è giunta a parificare le modalità di recupero del compenso per ausiliari del giudice e dei consulenti tecnici di parte della parte non abbiente a quelle dell'avvocato di quest'ultima.
L’inapplicabilità delle tariffe professionali per la liquidazione del compenso svolta dal consulente tecnico di parte è confermata dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in ordine al rimborso delle attività svolte dai prestatori d'opera, di cui il consulente d'ufficio sia stato autorizzato ad avvalersi, devono trovare applicazione le medesime tabelle con cui deve essere determinata la misura degli onorari dei consulenti tecnici, attesa la natura di munus publicum che caratterizza l'incarico assegnato al consulente, del quale l'ausiliario non può ignorare l'esistenza e che, inevitabilmente, si riflette anche sul rapporto tra l'ausiliario e il consulente (Cassazione civile sez. II, 26/01/2023, n.2410, non massimata; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 18906 del 11/09/2020; Sez. 6-2, Ordinanza n. 7636 del 18/03/2019).
Alla luce dell’interpretazione sistematica della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, anche il compenso del consulente tecnico della parte ammessa al gratuito patrocinio va liquidato ai sensi del D.M. n.115 del 2002 e non sulla base delle tariffe professionali.
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto.
L’ordinanza impugnata va, pertanto, cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Como in persona di altro magistrato.
Il giudice di rinvio regolerà le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta i restanti, cassa l’ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi al Tribunale di Como in persona di altro magistrato.