
Quando il datore di lavoro sia inadempiente nel garantire al lavoratore il diritto al riposo e ciò si riveli grave alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, la sussistenza del danno da usura psicofisica è presunta nell'an.
Il caso in esame verte sulla quantificazione del risarcimento dovuto al lavoratore per il carattere usurante della prestazione lavorativa.
Sul tema, il Tribunale di Padova, con la sentenza n. 171 del 6 marzo 2024, evidenzia che la giurisprudenza di legittimità riconosce la risarcibilità del danno da stress o da
Nello specifico, esso si verifica come conseguenza di una prestazione di lavoro che eccede di gran lunga i limiti stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva quando si prolunghi per diversi anni, distinguendosi dal danno biologico inteso come lesione dell'integrità psicofisica del soggetto, la quale si sostanzia, invece, in un'infermità fisica e/o psichica.
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Quindi, nel caso in cui il datore di lavoro sia inadempiente nel garantire al lavoratore il diritto al riposo e ciò si riveli grave alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, la sussistenza del danno da |
Nella determinazione del quantum, occorre allora considerare la gravità dell'inadempimento datoriale, che nel caso di specie risulta notevole. Il lavoratore, infatti, aveva svolto in media 8,15 ore a settimana di lavoro straordinario, che corrispondono a 388,8 ore annuali, le quali superano di gran lunga quelle fissate dal D. Lgs. n. 66/2003 e dal CCNL di riferimento, che ammontano a 250 ore l'anno.
Inoltre, risulta che il lavoratore abbia operato delle trasferte per intere settimane, situazione protrattasi con continuatività per oltre 7 anni.
Tutto ciò, oltre a confermare la presunzione di sussistenza nel caso in esame del danno da stress, rileva anche alla stregua di parametro da utilizzare per determinare l'entità del danno risarcibile.
In conclusione, il Tribunale condanna il datore di lavoro al pagamento di oltre 20mila euro in favore del lavoratore quale risarcimento del danno da usura psicofisica ed altri 9mila a titolo di interessi legali.
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
In merito alla quantificazione del quantum debeatur in forza della sentenza non definitiva n. 333 del 29 giugno 2023, rilevato che:
- sulla base dei conteggi elaborati dal CTU dottor P. nella consulenza tecnica del 29/12/2023 e nell’integrazione peritale del 2/2/2024, le cui conclusioni sono integralmente condivise da questo giudice in quanto analiticamente sviluppate e logicamente argomentate, è accertato che il ricorrente ha maturato un quantum debeatur da determinarsi secondo i criteri di computo che seguono;
- quanto alle differenze retributive conseguenti all'inquadramento nel 3° livello del C.C.N.L. Commercio-Terziario a partire dall'1/1/2012, nulla quaestio che il quantum debeatur debba essere determinato in 20.405,57 €;
- quanto alle differenze retributive maturate a titolo di lavoro straordinario a partire dall'1/1/2011, innanzitutto deve essere-chiarito che la sentenza non definitiva ha incluso dell'orario di lavoro il solo "tempo di viaggio impiegato per raggiungere i singoli cantieri" (v. pag. 18, secondo paragrafo, della sentenza non definitiva), non anche i tempi di percorrenza impiegati dal ricorrente nei viaggi di ritorno. Ciò in quanto i viaggi di andata sono percorsi vincolati che il lavoratore deve inesorabilmente compiere per poter essere operativo in cantiere all'orario stabilito. Per contro, sulla base degli elementi acquisiti in giudizio ed allegati dallo stesso ricorrente, deve ritenersi che egli, una volta conclusa l'esecuzione della prestazione lavorativa contrattualmente dovuta presso ciascun cantiere, fosse libero di impiegare il tempo come meglio riteneva, senza vincoli di rientro in sede (pag. 20 del ricorso). Risulta che la decisione se rientrare presso la propria abitazione ovvero recarsi in qualunque altro luogo, a proprio piacimento e con i tempi ritenuti più opportuni, era rimessa alla libertà del lavoratore. Il ricorrente nemmeno allega elementi che possono far ritenere che tale libertà di scelta sia mai stata sindacata dalla società datrice di lavoro. Ciò è confermato dal fatto che il ricorrente è stato dotato nel tempo di due auto aziendali (del tipo Fiat Punto Van), così come anche il collega con cui veniva mandato in missione presso i diversi cantieri, sig. (omissis) (pag. 6 del ricorso), con autorizzazione a trattenerla per il week end (pag. 8 del ricorso);
- a questo punto, merita una menzione la circostanza che, a pagina 9 della CTU, si dà conto del fatto che i "consulenti ed i legali delle parti nella riunione peritale del 13.11.2023 [... ] hanno convenuto di computare nell'orario di lavoro il tempo di percorrenza del solo viaggio di andata del lunedì e del solo viaggio di ritorno del venerdì per tutte le trasferte verso cantieri situati fuori regione". Alla luce di quanto sopra detto, ciò non era dovuto. Ciononostante, le parti hanno ritenuto di disporre negozialmente di tale particolare profilo del computo, pertanto quanto meno il risultato finale del calcolo cui è giunto il CTU deve comunque essere tenuto per buono. Tanto premesso, il quantum debeatur a tale titolo è determinato in 9.078,42€ (somma quantificata al netto di quanto già corrisposto nel medesimo periodo a titolo di straordinario forfettizzato);
- quanto alla domanda di risarcimento del danno per il carattere usurante della prestazione lavorativa, la più recente giurisprudenza di legittimità si è orientata nel senso di riconoscere la risarcibilità del danno c.d. "da stress" o "da usura psicofisica", che si inscrive nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da inadempimento contrattuale (Cass. n. 2886 del 2014; n. 15043 del 2015; n. 26450 del 2021). Esso si verifica quale conseguenza di una prestazione lavorativa che ecceda di gran lunga i limiti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva e si protragga per diversi anni. Tale danno si distingue dal danno biologico inteso quale lesione dell'integrità psicofisica del soggetto (danno alla salute), che si concretizza, a differenza del danno da usura psicofisica, in una "infermità" fisica e/o psichica. Pertanto, quando il datore di lavoro sia inadempiente nell'assicurare al lavoratore il diritto al riposo, così come garantito dall’art. 36 Cost., oltre che dai molteplici istituti stabiliti dalla legge ed eventualmente della contrattazione collettiva, e tale inadempimento sia di gravità sufficiente alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, l'esistenza del danno da usura psicofisica, a differenza del danno biologico, è presunta nell'an. Ai fini della determinazione dell'entità del danno, in applicazione dei principi generali, occorre tenere conto della gravità dell'inadempimento datoriale;
- nel caso di specie risulta che il ricorrente, nel corso del rapporto di lavoro, ha svolto in media 8,15 ore settimanali lavoro straordinario, corrispondenti a 388, 8 ore annuali di lavoro straordinario, calcolato su 11 mesi ed esclusione delle ferie. Gli artt. 4 e 5 del d.lgs. 66 del 2003 fissano la durata massima dell'orario di lavoro settimanale e il numero massimo di ore di lavoro straordinario rispettivamente in 48 e 250 ore. Anche il CCNL applicabile al rapporto di lavoro, all'art. 148, fissa in 250 ore annue il limite massimo del lavoro straordinario esigibile;
- tale superamento del limite orario legale e contrattuale risulta sufficientemente significativo. Inoltre, il ricorrente ha operato in trasferta per intere settimane, con corrispondente recisione dei propri abituali interessi di vita privata e sociale. Detta situazione si è protratta con continuatività per oltre 7 anni, a partire da gennaio 2011 (v. allegato 11 alla CTU);
- tali rilievi, oltre a confermare la presunzione di sussistenza nel caso concreto del danno da stress, rilevano alla stregua il parametro di determinazione della sua entità e della sua quantificazione in via equitativa. Liquidando quindi tale danno in 1,50 € per ogni ora di lavoro straordinario svolto in eccedenza rispetto al limite di 250 ore annue, esso va computato in 4.446,25 € (1,50 € x 2964 ore di lavoro straordinario svolte in eccedenza dall'1.1.2011 al 27.1.2018), oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat e interessi di legge dalla data di scadenza del titolo al saldo;
- quanto alla domanda avente ad oggetto la condanna al pagamento dell'indennità di mancato preavviso, l'emersione di un danno da stress così come accertato, unitamente all'omesso integrale pagamento della retribuzione per il lavoro straordinario prestato, costituiscono giusta causa di dimissioni senza preavviso, cosi come rassegnate dal lavoratore in data 27 luglio 2018;
- il quantum debeatur a tale titolo è quindi determinato in 4.711,84 € (di cui 1.895,89 € per indennità di mancato preavviso trattenuta in busta paga e 2.815,95 € per indennità di mancato preavviso rideterminata al 3° livello CCNL);
- su tali somme, così come determinate, è dovuta la rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat e interessi legali dalla data di maturazione di ciascun titolo al saldo;
- è infine dovuto il rimborso delle spese di CTP, ammontanti a euro 500,00 (v. fattura depositata all'udienza del 6/3/2024), oltre interessi legali dalla data di maturazione del titolo al saldo, atteso che si tratta pur sempre di spese direttamente connesse alla gestione della lite;
- le spese cli lite seguono la soccombenza e si liquidano come m dispositivo, facendo applicazione dello scaglione euro 26.000,00- euro 52.000,00 del D.M. n. 147 del 13/08/2022 (il quantum complessivamente dovuto è pari a 38.642,08 €), valori massimi relativamente a tutte le fasi, in ragione della complessità della controversia;
- le spese cli CTU sono poste definitivamente a canea di parte resistente, e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il giudice, ogni altra istanza rigettata:
- condanna la parte resistente al pagamento in favore della parte ricorrente di€ 20.405,57, oltre a rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat e interessi legali dalla data cli maturazione di ciascun titolo al saldo;
- condanna la parte resistente al pagamento in favore della parte ricorrente di€ 9.078,42, oltre a rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat e interessi legali dalla data di maturazione di ciascun titolo al saldo;
- condanna la parte resistente al pagamento in favore della parte ricorrente di € 4.711,84, oltre a rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat e interessi legali dalla data di maturazione di ciascun titolo al saldo;
- condanna la parte resistente al pagamento in favore della parte ricorrente di € 4.446,25, oltre a rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat e interessi legali dalla data di maturazione di ciascun titolo al saldo;
- condanna la parte resistente al pagamento in favore della parte ricorrente di € 500,00, oltre interessi legali dalla data di maturazione del titolo al saldo;
- condanna la parte resistente al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese di lite, che liquida in€ 13.886,00 oltre 15% per spese generali, I.V.A. qualora dovuta e C.P.A. come per legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario;
- pone definitivamente a carico della società resistente le spese della consulenza tecnica d'ufficio, liquidate in euro 4.500,00, oltre accessori di legge.