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19 marzo 2024
Il CUD proveniente dal datore può provare il pagamento del TFR?
Nel caso di specie, il Tribunale ha errato nel ritenere provato il pagamento del TFR sulla base di documenti, in particolare il CUD, provenienti dalla stessa parte interessata, ossia il datore di lavoro.
di La Redazione
Tizia chiedeva di essere ammessa al passivo del fallimento, in via privilegiata, per la somma complessiva di euro 39.245,52, oltre interessi, di cui euro 32.104,93 per trattamento di fine rapporto, indennità sostitutiva del preavviso e retribuzione e il residuo importo per spese di giustizia.
 
Ammessi solo alcuni crediti da parte del Giudice delegato, la donna proponeva opposizione, ma il Tribunale la respingeva, ritenendo che ella non avesse pienamente provato il quantum dovuto.
 
La questione giunge così davanti alla Corte di Cassazione. In tale sede, Tizia lamenta che il C.U.D. 2014 rilasciato dalla società riporta informazioni integranti i requisiti di una confessione stragiudiziale limitatamente ai fatti sfavorevoli alla parte da cui promana e favorevoli all'altra parte; che nella specie doveva considerarsi dotata di rilievo probatorio solo la parte del C.U.D. relativa alla quantificazione del T.F.R. in quanto favorevole alla lavoratrice; che ha errato il tribunale nell'assegnare valore probatorio alla parte del C.U.D. favorevole al datore e concernente il presunto avvenuto versamento del T.F.R..
 
Con ordinanza n. 7186 del 18 marzo, la sezione Lavoro dichiara la censura fondata.
 
Secondo la giurisprudenza di legittimità:

giurisprudenza

«le buste paga ed il c.u.d. (poi C.U. – certificazione unica) integrano i requisiti di prova documentale richiesti ai fini della opponibilità della prova scritta di un credito nei confronti del fallimento, anche ai sensi dell'articolo 2704 c.c.;
essi, invece, in mancanza di un atto di quietanza del lavoratore-creditore (nella specie mancante), non costituiscono prova del pagamento del credito in essi documentato, in quanto provenienti dalla stessa parte interessata ad opporre il fatto estintivo».
Ciò detto, il Tribunale, nel caso di specie, piuttosto che sul fatto costitutivo di esistenza e durata del rapporto sostanzialmente risultante dal C.U.D., ha basato il proprio accertamento sul fatto estintivo del pagamento del credito per T.F.R., nell'evidente onere probatorio della curatela fallimentare, così incorrendo in un errore di diritto, per errata attribuzione dell'onere di prova.
 
Più specificamente, esso ha riconosciuto rilevanza probatoria del pagamento del T.F.R. a documenti (in particolare il C.U.D. 2014) provenienti dalla stessa parte interessata, in violazione del consolidato principio, secondo cui «il documento proveniente dalla parte che voglia giovarsene non può costituire prova in favore della stessa né determina inversione dell'onere probatorio in caso di contestazione». Neppure possono essere invocati i principi in ordine all'opponibilità al fallimento dei crediti provati dai modelli C.U.D., essendo evidente che in tali casi il documento fa prova contro la parte che lo ha redatto e non in suo favore; né potrebbe validamente sostenersi che la procedura fallimentare sia terza rispetto al datore di lavoro, posto che il curatore non assume la posizione di terzo, ma quella medesima del soggetto fallito.
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