
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Treviso, con sentenza n. 2060/2019, rigettava l’opposizione di (omissis) S.r.l. avverso decreto ingiuntivo con cui le aveva intimato di pagare al Fallimento (omissis) S.r.l. la somma di euro 71.618,33 come saldo per una fornitura di pannelli fonoassorbenti.
(omissis) proponeva appello, cui controparte resisteva, e che la Corte d’appello di Venezia rigettava con sentenza n. 2197/2021.
(omissis) ha proposto ricorso, sulla base di quattro motivi; il fallimento si è difeso con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli articoli 1218 e 2697 c.p.c.
In sintesi, il giudice d’appello incorrerebbe in tale violazione perché “non ammette la CTU ritenuta esplorativa <<mancando a monte la prova del fatto costitutivo del danno, ovvero che vi sia stato un ritardo imputabile a (OMISSIS) >>”, mentre era onere del fallimento dimostrare di avere consegnato tempestivamente la merce “ma anche e soprattutto di dare la prova della non imputabilità del ritardo”, alla luce di S.U. 30 ottobre 2001 n. 13533; e l’attuale ricorrente, nell’eccepire un controcredito da compensare con il credito ingiunto, avrebbe “allegato” l’inadempimento di controparte.
2. Con il secondo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 24, 111 Cost., 115, 116, 177, 187, 188, 189, 356, 244 c.p.c. e 2721 c.c. per la mancata ammissione delle prove testimoniali e per non avere disposto la richiesta consulenza tecnica d’ufficio.
Con il quarto motivo di appello l’attuale ricorrente avrebbe lamentato la mancata ammissione delle prove testimoniali richieste nella seconda memoria ex articolo 183, sesto comma, c.p.c. - di cui in particolare i capitoli b) e c) avrebbero riguardato la “circostanza fattuale dei giorni dell’effettiva consegna (in ritardo) e delle giornate di fermo del cantiere (mezzi ed operai)”, mentre i capitoli d), e) e f) sarebbero stati “confermativi della provenienza dei documenti indicati nei medesimi capitoli” - e altresì chiesto la disposizione di consulenza tecnica d’ufficio. Il giudice d’appello non consentirebbe la prova testimoniale perché attinente ad una “circostanza fondamentale”, così introducendo un limite legale a detta prova.
3. Con il terzo motivo si lamenta ancora la mancata ammissione delle prove testimoniali e la mancata disposizione della CTU, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n. 5 c.p.c.
Si sostiene che il giudice d’appello oneri l’attuale ricorrente della prova dell’inadempimento altrui (cioè il ritardo) e al contempo le precluda ogni possibilità di provare in base a “motivazioni apparenti o perplesse”.
4. Con il quarto motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., violazione dell’articolo 132, secondo comma, n.4 c.p.c., in quanto la motivazione offerta dal giudice d’appello sarebbe “intrinsecamente inidonea a far percepire le reali ragioni” alla base della statuizione adottata. In particolare la sentenza “si risolve in apodittiche affermazioni di principio riconducibili all’affermazione puramente soggettiva del magistrato <<non potendosi affidare>> la prova di una circostanza fondamentale alla prova per testi”. In tal modo sussisterebbe un contrasto irriducibile tra i rilievi motivazionali, tale da rendere non comprensibile la motivazione.
5.1 Pregiudiziale ad ogni profilo ulteriore è il rilievo che l’articolo 366, primo comma, c.p.c. nel testo qui applicabile ratione temporis, prevede al n.3 “l’esposizione sommaria dei fatti della causa”.
La natura sommaria della esposizione, naturalmente, confligge con una trascrizione totale, ovvero con il c.d. assemblaggio. E nel caso in esame il centro della esposizione dei fatti di causa non rispetta tale regola, in quanto i motivi dell’appello sono riportati con una trascrizione integrale (ricorso, pagine 3-10).
È evidente che in tal modo, pur essendovi alcuni riferimenti nella successiva illustrazione dei motivi del ricorso, per ben comprendere il giudicante dovrebbe effettuare una lettura complessiva dei motivi d’appello così trascritti, senza poter quindi fruire del riassunto sommario che esige l’articolo 366, primo comma, n.3 c.p.c., il cui rispetto è presidiato da inammissibilità.
In ordine a un siffatto sistema di redazione del ricorso si sono pronunciate le Sezioni Unite con la sentenza 11 aprile 2012 n. 5698, dichiarando che per il requisito di cui all'articolo 366, primo comma, n.3 c.p.c. "la pedissequa riproduzione dell'intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso".
5.2 Su questa linea si è poi consolidata una folta giurisprudenza delle sezioni semplici nel senso della inammissibilità quale conseguenza dell'assemblaggio, inteso questo come plurime trascrizioni di atti interi nel ricorso, che così non adempie al proprio onere espositivo in modo corretto, sciorinando invece atti precedenti al giudice di legittimità come se quest’ultimo fosse tenuto a leggerli completamente (v. Cass. sez. L, 9 ottobre 2012 n. 17168; Cass. sez. 6-3, ord. 11 gennaio 2013 n. 593; Cass. sez. 6-5, ord. 2 maggio 2013 n. 10244; Cass. sez. 6-5, ord. 9 luglio 2013 n. 17002; Cass. sez. 6-5, ord. 22 novembre 2013 n. 26277; Cass. sez. 6-3, 22 febbraio 2016 n. 3385 - la quale correttamente precisa che il difetto del requisito dell'esposizione sommaria consistente nell'assemblaggio non può essere recuperato estrapolando dai motivi stessi quel che avrebbe dovuto essere il contenuto della esposizione sommaria -, Cass. sez. L, ord. 25 novembre 2020 n. 26837).
5.3 È insorto, tuttavia, pure un minoritario orientamento solo parzialmente conforme, che entro certi limiti applica un principio conservativo, tra l’altro valorizzando in senso sanatorio l’illustrazione dei motivi stessi (v. Cass. sez. 3, 28 giugno 2018 n. 17036, per cui per integrare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa non occorre che tale esposizione sia una parte a sé stante del ricorso, essendo sufficiente che emerga “in maniera chiara dal contesto dell'atto, attraverso lo svolgimento dei motivi”): interpretazione, quest’ultima, che trova peraltro barriera in S.U. 22 maggio 2014 n. 11308 - “Il ricorso per cassazione in cui manchi completamente l'esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile; tale mancanza non può essere superata attraverso l'esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l'esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, né attraverso l'esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione.” - e nei seguenti conformi arresti - tra i massimati: Cass. sez. 2, 24 aprile 2018 n. 10072, Cass. sez. 6-2, ord. 12 marzo 2020 n. 7025 e Cass. sez. 1, ord. 1° marzo 2022 n. 6611 -.
5.4 Invero, la lettura maggioritaria - che, si ripete, trova sostegno nell’interpretazione delle Sezioni Unite - è pienamente condivisibile, in quanto non è compito del giudice "correggere" la conformazione inammissibile degli atti - ovvero, nella fattispecie, ricondurre ad un artificioso e non reale tamquam non essent le trascrizioni integrali dandole per espunte -, per cui le trascrizioni devono essere tenute in conto come presenti nel ricorso e non possono pertanto renderlo compatibile con la concisione che esige il requisito di cui all’articolo 366, primo comma, n.3 c.p.c.
6. Il ricorso, assorbiti ogni altra questione e differente profilo, va pertanto inammissibile. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente.