Nel caso di specie, l'avvocato aveva attivato più volte il medesimo titolo esecutivo, introducendo varie procedure esecutive, nonostante il credito portato dal titolo fosse già stato precedentemente soddisfatto. Per la Cassazione, l'atto di disposizione patrimoniale si risolve in un atto dovuto perché ordinato da un provvedimento giudiziale emesso in esito a una procedura in cui il debitore è rimasto inerte, così legittimando l'ordinanza di assegnazione.
Il Tribunale del riesame confermava il decreto che aveva disposto il sequestro preventivo di una somma di denaro in relazione al reato di truffa aggravata commesso da un avvocato.
A quest'ultimo era stata contestata la condotta di aver attivato più volte il medesimo titolo esecutivo, introducendo varie...
Svolgimento del processo
T.S., per il tramite del proprio difensore, impugna l'ordinanza in data 17/10/2023 del Tribunale di Napoli, che -in sede di riesame- ha confermato il decreto in data 04/09/2023 del G.i.p. del Tribunale di Napoli, che aveva disposto il sequestro preventivo di una somma di denaro pari a euro 237.093,04, in relazione al reato di truffa aggravata.
Deduce:
1. Violazione di legge in relazione all'art. 321 cod. proc. pen. e dell'art. 640, comma secondo, cod. pen..
Il ricorrente premette che è pacifico che le somme sottoposte a sequestro gli sono pervenute in forza di alcune ordinanze di assegnazione pronunciate dal giudice dell'esecuzione del Tribunale civile mai opposte e mai appellate; che le procedure esecutive sono state attivate con titoli esecutivi giudiziari validi, efficaci e non contraffatti, così come non sono contraffatti anche il precetto e l'atto d'intervento.
Da ciò deduce l'insussistenza degli artifici (essendo validi e autentici i titoli esecutivi) e il raggiro (essendo state regolarmente attivate le procedure previste dalla legge).
Osserva che «il debitore (...) anche ove il titolo fosse giii stato soddisfatto, come ritenuto in questa sede penale, è stato sempre messo in condizione dall'odierno indagato, di contrastare le azioni esecutive, ove mai ritenute illegittime, con i mezzi messi a disposizione dall'ordinamento attivando le parallele opposizioni ex art. 615 e 617 c.p.p. nei termini previsti dall'ordinamento ed indicati a garanzia del debitore nello stesso atto di pignoramento. Ciò che allora viene in rilievo è che l'odierno ricorrente nulla abbia fatto per impedire tali legittimi mezzi di difesa tantomeno avvalendosi di artifizi o raggiri».
2. Violazione di legge in relazione all'art. 640 cod. pen. in riferimento al consenso e alla disposizione patrimoniale.
In questo caso il ricorrente deduce l'insussistenza dell'atto di disposizione patrimoniale costituente elemento costitutivo del reato di truffa, in quanto nel caso in esame l'atto di disposizione patrimoniale non è un atto volontario della vittima del reato, ma un atto giudiziario, di un soggetto terzo, che è il giudice dell'esecuzione.
Rimarca come per la giurisprudenza di legittimità non possa ritenersi configurata una truffa quando l'agente ottenga una decisione a sé favorevole in un giudizio civile, mediante artifici o raggiri idonei a trarre in inganno il giudice, mancando l'elemento costitutivo dell'atto di disposizione patrimoniale.
3. Violazione di legge in relazione all'art:. 321 cod. proc. pen. e all'art. 640 cod. pen., in riferimento al destinatario dell'asserita falsa rappresentazione.
Il ricorrente osserva che il giudice riconosce l'orientamento di legittimità menzionato al punto precedente, ma ritiene che il caso in esame ricada in ipotesi diversa, sul presupposto che la condotta ingannatoria -individuata nell'avere falsamente rappresentato, con il pignoramento, di essere creditore delle somme staggite- non era diretta al giudice, bensì all'ADER e al terzo, tanto che proprio il terzo avrebbe reso la dichiarazione positiva, costituente il presupposto dell'ordinanza di assegnazione.
Tale ricostruzione -sostiene il ricorrente- costituisce un travisamento dell'assunto giurisprudenziale e costituisce una violazione di legge sia in relazione al terzo che al debitore, visto che il primo è obbligato a rendere la dichiarazione, mentre il debitore ha la possibilità di opporre eccezioni intese a negare la sussistenza del debito, entrambi avvisati con l'atto di pignoramento.
«Consegue -scrive il ricorrente- che abbia errato il Tribunale a ritenere che la presunta falsa rappresentazione della realtà sia stata rivolta all'ADER o al terzo, in quanto, a tutto concedere, solo rappresentandola al giudice nell'udienza ex art. 552 c.p.c. il creditore, oggi accusato, avrebbe potuto ottenere, come poi è accaduto, l'ordinanza di assegnazione che costituisce l'atto di disposizione patrimoniale asseritamente causativo del danno patrimoniale alla presunta vittima».
Osserva che il caso di specie è già stato delibato dalla Corte di cassazione con l'ordinanza n. 14533/2018.
4. Violazione di legge e inosservanza di norma processuale in relazione all'art. 321 cod. proc. pen. all'art. 640, comma primo, cod. pen. e degli artt. 126 e 129 cod. proc. pen., per l'improcedibilità dell'azione penale.
Il ricorrente osserva che per una serie di procedure la vittima del reato viene individuato nel gruppo Equitalia S.p.a. che è un soggetto di diritto privato, con la conseguenza che il reato rientra nel paradigma dell'art. 640, comma primo, cod. pen., così essendo necessaria la querela di parte, mancante nel caso in esame, con la sua conseguente improcedibilità.
La mancanza della querela viene dedotta assumendosi che la questa è stata proposta da un soggetto diverso dalla persona offesa, ossia clall'ADER e non da Equitalia s.p.a..
5. Violazione di legge e inosservanza di norma processuale, in relazione all'art. 321 cod. proc. pen., agli artt. 81, 157 e 640 cod. pen., per la prescrizione del reato.
A tale riguardo il ricorrente osserva che i pagamenti incriminati (alcuni di essi, per un importo pari a euro 159.045,38) sono stati effettuati tra il primo agosto 2016 e il 17 maggio 2017, così essendo decorso un tempo pari a sei anni rispetto al primo atto interruttivo, costituito dal decreto di sequestro notificato il 21/09/2023.
Da ciò deduce la prescrizione del reato in relazione a tali importi.
6. Violazione di legge in relazione agli artt. 321 cod. proc. pen. e 640 cod. pen., in relazione al periculum.
Il ricorrente premette che il sequestro è stato disposto con funzione di confisca del profitto del reato.
Deduce, dunque, il vizio di omessa motivazione in ordine alla sussistenza di ogni elemento utile a far ritenere il pericolo di dispersione, modificazione deterioramento del bene in sequestro.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
1.1. La condotta contestata all'indagato può essere sintetizzata nel senso che l'Avvocato Trani attivava più volte il medesimo titolo esecutivo, introducendo varie procedure esecutive, nonostante che il credito portato dal titolo fosse già stato precedentemente soddisfatto, così provocando l'emissione di più ordinanze con cui il giudice dell'esecuzione assegnava -ai clienti dell'indagato o 21 lui stesso- somme non dovute, in quanto già pagate.
Va ulteriormente precisato che tanto avveniva senza alcuna alterazione della realtà, atteso che i titoli portati in esecuzione erano autentici e validi e venivano regolarmente notificati al debitore; così come gli venivano notificati l'atto di precetto, il successivo pignoramento, l'atto di intervento e l'ordinanza di assegnazione.
Tanto vale a far emergere che, nessun artificio è stato realizzato dall'indagato per indurre in errore il debitore.
L'indagato, invero, con la notificazione del titolo esecutivo, del precetto e del pignoramento e con l'atto di intervento ha palesato al debitore l'intenzione di attivare (e dipoi di avere iniziato) una procedura esecutiva per il soddisfacimento di un credito già soddisfatto, rispetto alla quale l'ADER -così resa edotta di ciò- avrebbe potuto (e dovuto) attivare gli strumenti apprestati dall'ordinamento per far valere l'estinzione dell'obbligazione, ossia, tra l'altro ed esemplificativamente, l'opposizione agli atti esecutivi o l'opposizione all'esecuzione.
Strumenti che non sono stati attivati dalll'ADER, neanche avverso l'ordinanza di assegnazione che, invero, non veniva impugnata, ma veniva eseguita, pur nella consapevolezza della non dovutezza dell'importo di cui quell'ordinanza ordinava il pagamento.
1.2. Tali notazioni fanno emergere la fondatezza delle doglianze del ricorrente, che ha correttamente eccepito che non vi sono stati artifici o raggiri intesi a incidere sul procedimento della formazione della volonti1 del debitore; che, conseguentemente, l'atto di disposizione patrimoniale (il pa9amento) non è il risultato dell'induzione in errore, in quanto esso è stato un atto necessitato dall'ordine impartito dal giudice con l'ordinanza di assegnazione.
L'unica condotta intesa ad alterare la realtà, in effetti, risulta realizzata soltanto verso il giudice, cui veniva sottaciuto che il credito attivato era già stato soddisfatto.
A fonte di quanto fin qui rilevato, va ribadito che «non integra il reato di truffa la condotta di chi, mediante l'induzione in errore del giudice in un processo civile o amministrativo, ottenga una decisione a sé favorevole, mancando l'elemento costitutivo dell'atto di disposizione patrimoniale, posto che il provvedimento adottato non è equiparabile a un libero atto di gestione di interessi altrui, ma costituisce esplicazione del potere giurisdizionale, di natura pubblicistica, né può assumere rilevanza la riserva contenuta nell'art. 374 cod. pen., che si riferisce ai casi in cui il fatto sia specificatamente preveduto dalla legge nei suoi elementi caratteristici», (Sez. 2 - , Sentenza n. 48541 del 21/10/2022, Castiglione, Rv. 284172 - 01; Sez. 2 - , Sentenza n. 35943 del 22/06/2022, Riva, Rv. 283546 - 01).
Diversamente da quanto sostenuto dal tribunale, quindi, il fatto così come ritenuto, ricade ancor con più forza nella disciplina dell'enunciato principio di diritto, ove si consideri che -come già evidenziato- nel caso delle procedure esecutive, il debitore è pienamente edotto dei contenuti del titolo esecutivo, che gli viene notificato, così come gli viene notificato il pignoramento e l'eventuale atto di intervento, tutti atti avverso i quali viene messo nelle condizioni di difendersi e opporsi, attivando gli strumenti riconosciuti dalla legge.
Da qui la mancanza di artifici e/o raggiri intesi a indurre in errore la persona offesa
L'unico raggiro, come visto è costituito dal sottacere al giudice che quei crediti per cui è stata iniziata la procedura esecutiva erano già stati soddisfatti.
Da ciò discende che anche in questo caso, l'atto di disposizione patrimoniale non è stato indotto da un errore provocato nella formazione della volontà della vittima, ma si risolve in un atto dovuto perché ordinato da un provvedimento giudiziale emesso in esito a una procedura in cui il debitore è rimasto inerte, così legittimando l'ordinanza di assegnazione.
2. Da quanto esposto emerge l'insussistenza del requisito del fumus commissi delicti, con la conseguenza che il sequestro è stato disposto in violazione di legge.
L'ordinanza impugnata va, dunque, annullata senza rinvio, con conseguente restituzione all'avente diritto delle somme in sequestro.
3. I restanti motivi restano assorbiti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone la restituzione della somma in sequestro all'avente diritto e mancia alla Cancelleria per l'immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell'art. 626 cod. proc. pen.