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Con ricorso depositato, la società proponeva tempestiva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui le era stato ingiunto il pagamento della somma richiesta da parte opposta. Secondo parte opponente, la notifica era sguarnita di relata, sicché l'odierno opposto aveva rinotificato a sanatoria. Inoltre, il provvedimento monitorio era stato emesso sulla scorta delle deduzioni del preteso creditore, il quale aveva sostenuto di aver intrattenuto, con essa opponente, un rapporto di agenzia in virtù di mandato, svolgendo l'attività di agente all'estero con prestazione personale, e di aver maturato il credito ingiunto. Precisato che il rapporto aveva ad oggetto la promozione di vendite, eccepiva l'infondatezza della domanda di pagamento per erronea determinazione del credito. Deduceva l'insussistenza di un valido riconoscimento di debito nelle missive addotte dall'opposto, prive degli elementi stabiliti dall' |
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Poiché per il contratto di agenzia concluso in data antecedente al D.Lgs. n. 303 del 1991 non è richiesta la forma scritta né "ad probationem" né "ad substantiam", il giudice di merito, ove ricorrano le condizioni di cui all'art. 2723 c.c., può ammettere la prova per testimoni in ordine a fatti successivamente intervenuti a modificazione delle originarie clausole del contratto scritto (Cass. civ., sez. II, 28 febbraio 2019, n. 6021). |
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Nel merito, era del tutto pacifica la natura del rapporto giuridico intercorso tra le parti, riconducibile alla agenzia |
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato in data 11.4.2023, ... s.r.l. proponeva tempestiva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 3/2023, depositato il 9.1.2023 e notificato il 13.1.2023, emesso dall'intestato Tribunale all'esito del procedimento monitorio iscritto al R. G. n. 3987/2022, in accoglimento dell'istanza d'ingiunzione di ... con cui le veniva ingiunto il pagamento della somma di € 141.895,08, oltre interessi legali sulle somme annualmente rivalutate ed oltre spese e compensi di procedura.
Precisava che detta notifica era sguarnita di relata, sicché l'odierno opposto aveva rinotificato a sanatoria addì 3.3.2023.
Premetteva che il provvedimento monitorio era stato emesso sulla scorta delle deduzioni del preteso creditore, il quale aveva sostenuto di aver intrattenuto, con essa opponente, un rapporto di agenzia in virtù di mandato sottoscritto addì 1.6.1982, svolgendo l'attività di agente all'estero con prestazione personale, e di aver maturato il credito ingiunto, come riconosciuto dalla missiva del 4.11.2022.
Precisato che il rapporto aveva ad oggetto la promozione di vendite in ... eccepiva l'infondatezza della domanda di pagamento per erronea determinazione del credito giacché, come stabilito nella predetta scrittura privata del 1982, all'agente opposto era riconosciuto un compenso provvigionale pari al 3% su tutte le vendite concluse ed andate a buon fine, separatamente a quello riconosciuto al coagente operante in ... (ditta ..., anch'esso stabilito in misura pari al 3%.
Lamentava che, nonostante tale previsione, l'opposto aveva quantificato il proprio credito applicando un compenso provvigionale pari al 5%, in maniera unilaterale ed arbitraria, nonché in violazione del contratto.
Deduceva l'insussistenza di un valido riconoscimento di debito nelle missive addotte dall'opposto, prive degli elementi stabiliti dall'art. 1334 c.c..
Contestava la dedotta efficacia ricognitiva del documento del 4.11.2022, idoneo unicamente ad attestare la ricezione delle fatture e non già la fondatezza del credito.
Tanto premesso, conveniva in giudizio il sig. ... innanzi al Tribunale di Avellino, in funzione di giudice del lavoro, formulando le suesposte conclusioni.
Ritualmente instaurato il contraddittorio, l'opposto si costituiva tempestivamente in giudizio, contestando l'ammissibilità e la fondatezza dell'opposizione.
Premetteva di aver diligentemente assolto all'incarico, altresì provvedendo a recarsi periodicamente in ... per promuovere le vendite e interfacciarsi con i clienti, nonché fornendo assistenza in ... ai clienti che ogni settimana giungevano per selezionare la merce, con ogni conseguente esborso a proprio carico per trasferte, pasti, traduzioni, ecc.
Confermava che la scrittura privata del 1982 aveva stabilito il proprio compenso provvigionale in misura del 3%, ma evidenziava che, alla fine degli anni ‘80, a seguito del pensionamento del titolare della ditta ... egli aveva assunto in via esclusiva l'incarico, sia in ... che in ... con maggiori costi a suo carico, tanto che era stato pattuito un aumento della provvigione, inizialmente nella misura del 4% e, poi, del 5%, il che emergeva non solo dagli estratti conto delle provvigioni maturate e pagate, ma anche dalle comunicazioni intercorse tra le parti, tra cui le missive del 12.2.2021, 19.2.2021 e 28.10.2021, in atti.
Precisava che l'attestazione del 4.11.2022 costituiva una scrittura privata effettivamente ricognitiva del debito, regolarmente timbrata e sottoscritta dalla società, la quale non ne aveva disconosciuto la paternità e l'autenticità.
Aggiungeva che, a seguito del pensionamento, aveva cessato l'esercizio della propria impresa individuale, con ditta ..., ciò comunicando alla società opponente con missiva del 29.3.2021.
Concludeva ut supra.
Acquisita la documentazione prodotta, all'esito dell'odierna udienza di discussione orale, la causa veniva decisa come da sentenza.
Motivi della decisione
1. Il ricorso in opposizione è infondato e va rigettato.
Va premesso che non è d'ostacolo all'accertamento del credito in controversia, né ad una pronuncia di condanna, la procedura ex art. 17 D. Lgs. 14/2019, che parte opponente ha dichiarato di aver attivato addì 9.6.2023, ottenendo la nomina dell'esperto, poiché non risulta in atti prova del relativo esito né l'avvio di una procedura di liquidazione giudiziale o di altro strumento di regolazione della crisi d'impresa.
Nel merito, si osserva che, pacifica la natura del rapporto giuridico intercorso tra le parti, riconducibile alla agenzia ex art. 409 n. 3 c.p.c., è altrettanto pacifico, poiché non contestato, l'effettivo espletamento dell'incarico di agente da parte dell'opposto, così come il buon esito delle vendite da lui procurate.
Sul punto, infatti, nulla viene dedotto nell'atto di opposizione.
Ciò posto, si premette che l'opposizione a decreto ingiuntivo instaura un ordinario giudizio di cognizione nel quale il giudice non deve limitarsi a verificare se l'ingiunzione sia stata validamente emessa, cioè pronunciata nel rispetto delle condizioni previste dalla legge per l'emanazione del provvedimento monitorio, bensì accertare il fondamento della pretesa fatta valere dall'opposto (che assume la posizione sostanziale di attore) e delle eccezioni e delle difese fatte valere dall'opponente (che assume la posizione sostanziale di convenuto), esaminando il merito del diritto sostanziale in controversia.
Del resto, è noto che il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo non è giudice dell'atto, bensì giudice del rapporto giuridico controverso.
Coordinando, poi, tale principio con la ripartizione dell'onere della prova concernente l'adempimento delle obbligazioni ex art. 2697 c.c., di norma (e salvo quanto appresso sarà rilevato), per effetto della suindicata inversione delle posizioni processuali delle parti, mentre il creditore opposto, che agisce per l'adempimento, deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e può limitarsi ad allegare l'inadempimento della controparte, il debitore opponente è invece tenuto a dare la prova dei fatti estintivi, modificativi o impeditivi della pretesa creditoria (cfr., ex multis, Cass. 13533/2001; Cass. n. 4974/2000; Cass. n. 7476/1997; Cass., SS.UU., n. 7448/1993). 2.
Tanto premesso, le difese sollevate nell'atto di opposizione si rivelano infondate.
Ciò sia in ordine all'eccezione inerente al quantum debeatur sia in ordine all'esistenza della ricognizione di debito.
Sotto il primo profilo, l'opposto ha fornito la prova che il compenso provvigionale era stato aumentato dal 3% al 5%, previa apposita rinegoziazione delle condizioni economiche stabilite nel contratto del 1982.
Ciò si ricava per tabulas dalle missive a mezzo e-mail inviate dalle società, rispetto alle quali quest'ultima non ha disconosciuto l'appartenenza degli indirizzi del mittente e del destinatario, né ha contestato l'effettiva paternità in capo ad essa o la genuinità del contenuto.
In specie, nella missiva del 12.2.2021, si legge quanto segue: In ciò, si rivela la prova di una modifica in executivis della percentuale stabilita nel contratto di agenzia, tanto che ivi la società chiedeva di ridurla nuovamente, formulando una proposta evidentemente non raccolta dall'agente.
Di simile tenore la missiva del 19.2.2021: Anch'essa, non disconosciuta, conferma che la percentuale era stata innalzata al 5%.
In ordine al quantum debeatur, deve perciò ritenersi intervenuto, tra le parti, un patto modificativo delle condizioni contrattuali originarie, attuato attraverso una specifica manifestazione consensuale di modifica della misura del compenso.
Segnatamente, lo scambio di e-mail, come in atti documentato ed avvenuto tra le parti nel 2021, unitamente a quanto emerge dai registri I.V.A. vidimati dell'anno 2019, in relazione alle provvigioni già pagate, inducono a ritenere che la misura del compenso sia stata consensualmente modificata, e precisamente aumentata dal 3% al 5%.
Deve quindi reputarsi dimostrato che le fatture emesse dall'opposto e dedotte nel monitorio rechino importi quantificati attraverso l'applicazione della percentuale provvigionale come modificata in rialzo tra le parti.
Del resto, è verosimile che, come dedotto dall'opposto, il venir meno del coagente estero sopra indicato abbia indotto le parti, nel coltivare il reciproco interesse alla conservazione del rapporto, a rinegoziare la misura del compenso stabilita in contratto, aumentandola nella misura predetta.
Emerge, perciò, la prova scritta di un patto verbale modificativo del compenso stabilito per contratto, ossia di un accordo orale posteriore alla formazione del documento contrattuale del 1982, la cui dimostrazione risale agli atti succitati, in linea con la norma di cui all'art. 2723 c.c. e con il principio di libertà delle forme negoziali.
Difatti, per il contratto di agenzia in controversia, pacificamente antecedente all'introduzione dell'art. 1742 co. 2 c.c. ad opera della novella attuata con l'art. 1 co. 1 D. Lgs. 303/1991 e s.m.i., non risultava ancora stabilita la forma scritta ad probationem, sicché i patti modificativi, che abbiano mutato a posteriori il contratto scritto, ben possono essere stati regolarmente conclusi in forma orale, e ciò vieppiù si ammette allorquando di tale circostanza, dimostrabile con testimoni, venga offerta una prova scritta, come avvenuto nel caso di specie, prova corroborata dalla condotta della società, la quale, com'è pacifico, ha effettuato pagamenti anche di fatture recanti l'applicazione della misura provvigionale incrementata (Cassazione civile, sez. II, 28/02/2019, n. 6021: “... per il contratto di agenzia concluso in data antecedente al d.lgs. n. 303 del 1991 non è richiesta la forma scritta né ad probationem né ad substantiam, il giudice di merito, ove ricorrano le condizioni di cui all' art. 2723 c.c., può ammettere la prova per testimoni in ordine a fatti successivamente intervenuti a modificazione delle originarie clausole del contratto scritto”).
Quindi, reputa questo giudice che sia dimostrato le parti si siano verbalmente accordate per un aumento dei compensi al 5% quanto meno nel periodo interessato dalle fatture dedotte in monitorio.
Non rileva, a riguardo, quanto stabilito nell'art. 12 del contratto del 1982, laddove si prevede la modifica consensuale delle clausole mediante reciproche comunicazioni scritte tra le parti, giacché è ragionevole ritenere che anche tale previsione pattizia, alla luce del duraturo rapporto intercorso tra le parti, sia stata a sua volta superata dalle parti stesse nello stesso momento in cui si è pattuito l'incremento della percentuale.
Peraltro, la norma contrattuale non sanziona con l'invalidità o l'inefficacia eventuali patti posteriori, ove privi di forma scritta, non richiesta dalla legge per il rapporto in contesa.
Inoltre, l'efficacia dell'aumento degli emolumenti deve considerarsi protratta fino a nuovo accordo, con cui le parti avrebbero potuto ripristinare la misura monetaria prevista nel contratto originario, ulteriore accordo di cui, però, non vi è prova alcuna, atteso che la proposta di riduzione di cui alla missiva del 12.2.2021 non risulta accettata dall'opposto, neppure per comportamento concludente (laddove, ad esempio, avesse emesso fatture applicando il 3,5%, come chiesto dalla società).
Tali argomenti impongono di disattendere quanto sul punto dedotto dall'opponente. 3. Stessa sorge segue l'eccezione inerente all'efficacia ricognitiva della comunicazione del 4.11.2022.
Anche di quest'ultima si ritiene opportuno riportare come appresso il contenuto: Come si vede, trattasi di dichiarazione sottoscritta e non disconosciuta dalla società, se non nei suoi effetti, con la quale si è anzitutto tracciato un riepilogo delle poste di credito spettanti all'agente ... per l'attività svolta.
Ebbene, la società opponente, per tramite del proprio l. r. p. t., con siffatta attestazione non solo non ha contestato i crediti indicati in tale documento, né nell'an né nel quantum, ma ha invero operato un riconoscimento di debito ai sensi dell'art. 1988 c.c., ammettendo un saldo residuo, in favore di ... pari ad € 155.311,78.
Di tale importo, poi decurtato dall'ulteriore pagamento del 15.11.2022 ammesso dall'opposto per € 13.416,70, parte opponente ha quindi riconosciuto la debenza nella scrittura suesposta, rendendo una dichiarazione del tutto inequivocabile, dal cui contenuto e tenore, lungi dal voler con essa attestare la mera ricezione delle fatture, emerge non solo la consapevolezza del debito, ma anche la volontà di soddisfarlo, sia pure attraverso una rateazione delle somme.
Come noto, in siffatta ipotesi, si verifica un'astrazione causale del rapporto in sede processuale, tale da incidere significativamente sul riparto probatorio sopra tracciato, ossia determinandone l'inversione, nel senso che il creditore, odierno opposto, il quale giova di siffatta dichiarazione, è dispensato dall'onere di provare il rapporto fondamentale, mentre è a carico del debitore opponente la prova dell'inesistenza del rapporto di credito (Cassazione civile, sez. I, 12/12/2023, n. ...: “La ricognizione di debito ha effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale e determina la cd. astrazione processuale della causa debendi e la conseguente relevatio ab onere probandi - nel senso che il destinatario è dispensato dall'onere di provare l'esistenza e la validità del predetto rapporto, che si presume esistente fino a prova contraria - senza però costituire un'autonoma fonte di obbligazione, poiché presuppone pur sempre l'esistenza e la validità del rapporto fondamentale, con la conseguenza che la sua efficacia vincolante viene meno qualora sia giudizialmente provato che tale rapporto non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esista una condizione o un altro elemento relativo al rapporto fondamentale, che possa comunque incidere sull'obbligazione oggetto del riconoscimento”; Cassazione civile, sez. I, n. 26334 del 20 dicembre 2016: “La ricognizione del debito, prevista dall'art. 1988 c.c., costituisce una dichiarazione unilaterale recettizia che, in virtù di astrazione meramente processuale, esonera dall'onere di provare il rapporto fondamentale”; Cassazione civile, sez. lav., 14/04/2010, n. 8891: “In tema di promessa di pagamento, il carattere processuale, e non sostanziale, dell'astrazione insita nella stessa comporta che il promittente che agisca in giudizio debba comunque allegare il rapporto sottostante, pur essendo comunque assolto dall'onere di provarlo”; Cassazione civile, sez. lav., 08/08/2007, n. 17423: “La promessa di pagamento, al pari della ricognizione di debito, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma determina un'astrazione meramente processuale della causa debendi, comportante una semplice relevatio ab onere probandi, per la quale il destinatario della promessa è dispensato dall'onere di provare, sub specie facti, l'esistenza del rapporto fondamentale”).
Nella fattispecie, la società opponente, in ragione dell'astrazione processuale operante nel presente giudizio, seppur gravata dell'onere probatorio in parola, non ha fornito alcun elemento da cui possa ricavarsi l'inesistenza, l'estinzione o l'invalidità del rapporto in contesa.
Né vi è prova della permanenza della misura provvigionale inizialmente pattuita, giacché, come sopra osservato, è stato dimostrato che essa è stata oggetto di valida pattuizione consensuale di aumento.
A ben vedere, anzi, la dichiarazione ricognitiva del debito sopra riportata imporrebbe di superare qualsiasi contestazione anche in ordine al quantum debeatur, ossia in riferimento alla misura percentuale della provvigione, e ciò proprio in ragione dell'assenza di prova contraria dell'esistenza e validità del rapporto di credito.
Alla luce di tutto quanto sinora argomentato, s'impone il rigetto dell'opposizione e l'integrale conferma del decreto ingiuntivo opposto, con declaratoria d'esecutività ai sensi dell'art. 653 co. 1 c.p.c..
Assorbito ogni altro profilo. 4. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, ai sensi del D. M. 55/2014, come modificato dal D. M. 147/2022, con attribuzione ex art. 93 c.p.c. ai procuratori di parte opposta per dichiarazione di anticipazione fattane.
P.Q.M.
Il dott. ... quale ... del lavoro, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa, così provvede:
1) rigetta il ricorso in opposizione e, per l'effetto, conferma e dichiara esecutivo ex art. 653 co. 1 c.p.c. il decreto ingiuntivo n. 3/2023 (R. G. n. 3987/2022);
2) condanna ... s.r.l., in persona del l. r. p. t., al pagamento delle spese di lite, che liquida in € 5.360,00, oltre rimborso forfettario (15%), I.V.A. e C.P.A. come per legge, con attribuzione ai procuratori di parte opposta dichiaratisi antistatari.