
Il Tribunale di Rovigo accoglie la richiesta del marito volta allo scioglimento del matrimonio, ma non anche quelle relative alla revoca dell’assegno di divorzio e del mantenimento per il figlio maggiorenne affetto da grave handicap.
Le richieste del marito
L’attore si rivolge al Tribunale di Rovigo per chiedere lo scioglimento del matrimonio, asserendo che la separazione si era ormai protratta ininterrottamente per quasi trent’anni dalla comparizione davanti al Presidente del Tribunale, senza che la comunione materiale e spirituale tra i due coniugi si fosse mai ricostituita. Aggiunge l’uomo che, nell’arco di questi trent’anni, sono notevolmente cambiate le condizioni economiche dei coniugi e dei figli, e che ciò avrebbe reso non più necessario il suo contributo alla famiglia, quindi chiede altresì la revoca dell’assegno di mantenimento per i figli e per la moglie.
La disabilità del figlio maggiorenne
Dal canto suo la moglie, costituitasi in giudizio, portava dinanzi al Giudice una questione assai importante: la disabilità di uno dei due figli. Quest’ultimo, infatti, inizialmente era affetto da gravi problemi alimentari che presto sono sfociati in una condizione di obesità manifestatasi proprio in concomitanza con la separazione dei genitori e che aveva comportato diversi ricoveri ospedalieri fino ad un grave e improvviso episodio ove egli era stato colpito da una emorragia cerebrale. Proprio quest’ultima lo aveva reso invalido al 100%, rendendo necessaria un’assistenza giornaliera continua, motivo per il quale la donna chiede il rigetto della domanda di scioglimento del matrimonio per indeterminatezza dell’oggetto e la corresponsione da parte del marito di un assegno divorzile pari a 500 euro e di un assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne ma invalido e non economicamente sufficiente pari a 209,05 euro.
Il mantenimento dei figli maggiorenni invalidi
Con la sentenza del 20 luglio 2023, il Tribunale di Rovigo dichiara fondata la domanda di scioglimento del matrimonio, tenuto conto che la separazione tra i coniugi si era protratta senza interruzioni per oltre 6 mesi dall’avvenuta comparizione degli stessi davanti al Presidente del Tribunale nel procedimento di separazione e fino alla proposizione dell’attuale domanda.
Questioni controverse, invece, sono quelle concernenti la sussistenza del diritto del figlio maggiorenne invalido al mantenimento a carico dei genitori.
In tal senso, il Giudice osserva che detta invalidità risulta essere pari al 100%, come accertato dalla commissione medica INPS, e a tal proposito ritiene necessario ribadire che ai sensi dell’art. 337-septies
|
ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste per i figli minorenni nonché l’art. 337-sexies c.p.c. che prevede che l’assegnazione della casa familiare vada disposta a tutela della prole minore o maggiorenne ma non economicamente autosufficiente. |
Ora, tenendo conto che nel caso in esame il figlio è accudito solo dalla madre e che non vi è alcuna contestazione circa l’attuale e futura convivenza dello stesso con la medesima che lo assiste quotidianamente, ciò determina la necessità che lo stesso possa godere insieme alla madre dell’habitat domestico costituito dalla casa familiare, per cui il Tribunale innanzitutto assegna la casa alla resistente.
Quanto al mantenimento, il Tribunale rileva che è evidente la situazione di handicap del figlio connotata da gravità, visto che egli necessita di assistenza continua per il compimento di atti quotidiani, oltre al fatto che egli non potrà accedere verosimilmente ad alcuna opportunità lavorativa. Inoltre, occorre considerare che è solo la madre ad occuparsi di lui e a sopportare i costi di spese mediche, vitto e alloggio.
Ecco perché è necessario che anche il padre contribuisca al mantenimento del figlio in misura pari a 200 euro al mese, oltre al 50% delle spese straordinarie, come le spese mediche non coperte dal SSN.
L’assegno di divorzio
Ma c’è di più, poiché è necessario tener conto che la madre può contare solo sull’assegno di mantenimento stabilito in suo favore in sede di separazione, poiché ella non ha svolto attività lavorativa durante il matrimonio e neppure dopo perché, in accordo con il marito, si è occupata del figlio, risultando allora priva di mezzi sufficienti di sostentamento e impossibilitata a trovare una occupazione all’età di 70 anni.
In ossequio al recente principio affermato dalla SS.UU. secondo cui
|
«nel caso in cui le cause dello squilibrio reddituale tra i coniugi siano da rinvenire in una situazione incolpevole e non addebitabile alla parte più debole, occorre riconoscere a favore della stessa un contributo al suo sostentamento». |
il Tribunale riconosce il diritto della donna a percepire anche l’assegno di divorzio, stabilito in misura pari a 500 euro mensili.
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con ricorso depositato il 30-6-2020 G.D. ha chiesto a questo Tribunale di dichiarare lo scioglimento del matrimonio contratto con G.F. a V. (RO) il 15-3-1974 con atto trascritto presso l'ufficio di stato civile di quel comune al n. 1, p.1, anno 1974, allegando che dall'unione coniugale erano nati i figli A. ((...)) e M. ((...)); che i coniugi si erano separati consensualmente presso il Tribunale di Rovigo in data 24-2-1997 con decreto Cron. n. 1028 - Rep. 1921 - R.G. n. 878/1994; che le condizioni della separazione avevano previsto l'assegnazione alla moglie della casa coniugale e la corresponsione da parte del marito, per il mantenimento della moglie e dei figli di un assegno mensile di L. 976.500; che la separazione si era protratta ininterrottamente per quasi trent'anni a far data dalla comparizione delle parti dinanzi al Presidente, senza che la comunione spirituale e materiale fra i coniugi si fosse ricostituita, sussistendo pertanto i presupposti per la dichiarazione di scioglimento del matrimonio. Il ricorrente ha da ultimo allegato di aver percepito nell'anno precedente all'instaurazione del presente procedimento redditi da pensione per Euro 34.865,00 e redditi da lavoro autonomo per Euro 9.101,00 affermando altresì che dal 1997 ad oggi le condizioni economiche e personali dei coniugi e dei figli sono notevolmente cambiate tanto da non essere più necessario il sostegno economico dallo stesso apportato. In ragione di quanto esposto, ha chiesto oltre allo scioglimento del matrimonio, la revoca dell'assegno di mantenimento per i figli; la revoca dell'assegnazione della casa coniugale alla moglie; la revoca dell'assegno di mantenimento per la moglie o in subordine la corresponsione dell'assegno divorzile in un'unica soluzione con trasferimento alla resistente del 50% della casa coniugale o, in ulteriore subordine, la previsione di un assegno divorzile per la moglie di Euro 300,00 mensili.
Con comparsa di risposta del 2-10-2020 si è costituita ritualmente in giudizio la resistente G.F., lamentando in primo luogo una lesione del proprio diritto di difesa in quanto l'oggetto del presente giudizio non consisterebbe nello scioglimento del matrimonio ma nella modifica delle condizioni di separazione. La F. ha inoltre esposto che nel corso degli anni il marito ha puntualmente corrisposto quanto stabilito in sede di separazione e che la modifica della situazione patrimoniale, laddove verificatasi, è stata a vantaggio del ricorrente che può fare affidamento non solo su immobili di proprietà ma anche su redditi da pensione e da lavoro autonomo. D'altra parte, la resistente ha affermato di non avere mai prestato attività lavorativa durante la vita matrimoniale, per scelta condivisa con il coniuge e di essersi presa cura della famiglia e dei suoi genitori, alla morte dei quali, non avendo alcuna professionalità non è stata in grado di reperire alcuna occupazione. La resistente ha inoltre affermato che il figlio A. è ad oggi economicamente autosufficiente mentre il figlio M. è affetto da gravi problemi di salute causati da un regime alimentare disordinato che ben presto è sfociato in una condizione di obesità; tali sintomi si sono manifestati dal momento della separazione dei genitori ed hanno costretto M. a numerosi ricoveri in strutture ospedaliere, tanto che nel corso del procedimento la resistente ha allegato il verificarsi di un grave ed improvviso deterioramento delle condizioni di salute del figlio che il 30-12-2021 è stato colpito da una emorragia cerebrale e attualmente necessita di assistenza giornaliera continua (invalidità del 100%). In ragione di quanto esposto la F. ha chiesto il rigetto della domanda di scioglimento del matrimonio per indeterminatezza dell'oggetto e la corresponsione da parte del ricorrente di un assegno divorzile di Euro 500,00 oltre ad un assegno di Euro 209,05 a titolo di mantenimento per il figlio M., maggiorenne ma invalido e non economicamente autosufficiente.
I coniugi sono comparsi dinanzi al Presidente il 13-10-2020, il quale, sentite le parti, ha esperito senza esito positivo il tentativo di conciliazione e ha disposto un accertamento delle condizioni di salute del figlio M.D. delegando prima i servizi sociali dell'U.P. e in seguito, su richiesta di parte ricorrente, incaricando i servizi sociali del Comune di V. (RO) di redigere una relazione sullo stato psico- fisico del figlio.
In data 19-5-2021 il Presidente ha emesso l'ordinanza ex art. 4 L. n. 898 del 1970 ed ha altresì fissato l'udienza 183 c.p.c. assegnando alle parti i termini di rito per la prosecuzione del giudizio dinanzi al Giudice Istruttore.
Istruita la causa mediante la produzione documentale delle parti, il Giudice Istruttore all'udienza dell'8-3-2023 dopo la precisazione delle conclusioni, si è riservato di riferire al Collegio per la decisione, assegnando i termini ex art. 190 c.p.c. di 40 giorni per il deposito di comparse conclusionali e 20 giorni per il deposito di memorie di replica.
La domanda di scioglimento del matrimonio è fondata e merita accoglimento.
Sul punto ritiene il Collegio che la ferma volontà del ricorrente di giungere all'odierna pronuncia, manifestata sin dagli atti introduttivi e confermata per tutto il corso del processo, rende evidente la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 1 L. n. 898 del 1970 per la dichiarazione di scioglimento del matrimonio, con riferimento all'ipotesi di cui all'art. 3 n. 2) lett. b), l. cit., dal momento che la separazione dei coniugi si è protratta ininterrottamente per oltre sei mesi a far tempo dall'avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del Tribunale nel procedimento di separazione personale e fino alla proposizione della odierna domanda.
Orbene, le questioni controverse attengono alla eventuale sussistenza del diritto del figlio M., nato il (...), al mantenimento a carico dei genitori, nonché al correlato diritto della resistente all'assegnazione della casa coniugale (cfr. Cass. civ. ord., sez. VI, 07-02-2018, n. 3015) e all'accertamento della insufficienza di mezzi della F., per provvedere al proprio mantenimento.
Pertanto, occorre anzitutto esaminare le condizioni di salute del figlio M. che come allegato dalla resistente risulta essere invalido al 100%.
Invero, il 24-9-2022 la commissione medica dell'INPS di Rovigo ha accertato, tenuto conto dei documenti sanitari, che M.D., è stato colpito da emorragia cerebrale in sede lenticolocapsulare; è inoltre affetto da microcitemia, ipertensione arteriosa, obesità, sindrome apnee ostruttive notturne. È stato dichiarato invalido totale, con permanente inabilità lavorativa al 100% e con necessità di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani (decorrenza dal 18-3-2023) e con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta (cfr. certificato invalidità INPS prodotto dalla convenuta il 30-9-2022).
È necessario brevemente rammentare che l'art. 337septies dispone che, ai figli maggiorenni portatori di handicap grave, si debbano applicare integralmente le disposizioni previste per i figli minorenni, e l'art. 337sexies c.p.c. prevede che l'assegnazione della casa familiare debba essere disposta a tutela della prole minore, o maggiorenne ma economicamente non autosufficiente.
Nel caso di specie, il figlio M. è accudito e sostenuto soltanto dalla madre, con la quale non ha mai cessato di convivere, non essendo contestato dal padre che lo stesso si sia sostanzialmente disinteressato dal punto di vista affettivo, morale ed emotivo delle necessità del figlio, avendo rimesso alla madre l'integrale peso della gestione e dei compiti di cura dello stesso.
Non vi è quindi, alcuna contestazione tra le parti circa la attuale e futura convivenza di M.D. con la madre, la quale lo assiste quotidianamente, coadiuvata dalla fidanzata di M., anch'ella con gli stessi, convivente.
La grave situazione di salute di M., invalido al 100% e necessitante di supervisione e assistenza continua, determina quindi la necessità che lo stesso possa godere, unitamente alla madre, dell'habitat domestico costituito dalla ex casa familiare, con assegnazione della stessa alla resistente, in quanto genitore convivente con figlio maggiorenne portatore di handicap.
In ordine al diritto di M.D. di percepire un assegno di mantenimento da parte del padre, occorre richiamare brevemente la giurisprudenza della suprema corte la quale ha recentemente stabilito che "Con riguardo al riconoscimento di un assegno di mantenimento ai figli maggiorenni portatori di handicap grave, la cui condizione giuridica è equiparata, sotto tale profilo, a quella dei figli minori ex art. 337septies c.c., ma unicamente se sussista il presupposto ai sensi della L. n. 104 del 1992, art. 3, comma 3, richiamato dall'art. 37-bis disp. att. c.c., ossia se la minorazione, singola o plurima, della quale il medesimo sia portatore, abbia ridotto la sua autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione: essendo, in caso contrario, la condizione giuridica del figlio assimilabile non a quella dei minori bensì allo status giuridico dei figli maggiorenni (Cass. 29 luglio 2021, n. 21819). Occorre, invero, rammentare che, nella società attuale, anche chi è affetto da handicap o disabilità ha la possibilità di essere inserito nel mondo del lavoro, nei limiti a lui confacenti e secondo il contributo lavorativo che egli sia in grado di dare" (Cass. Civ. 18451/2022).
Nel caso di specie, risulta di tutta evidenza che la situazione di handicap del figlio è connotata da gravità, proprio perché, come indicato nel certificato dell'INPS del 3-3-2022, lo stesso, necessita di continua assistenza per il compimento degli atti di vita quotidiani. Inoltre, l'invalidità è talmente grave, da ritenere verosimilmente che lo stesso non possa, allo stato attuale, accedere ad opportunità lavorative; vieppiù se si considera che, l'assistenza viene prestata unicamente dalla madre, con la conseguenza che tutti i costi non solo a livello di spese mediche, ma anche di vitto, alloggio, spese domestiche, sono a carico della F., svolgendo l'assegno di invalidità percepito dal figlio M., una funzione prettamente assistenziale e di sostegno rispetto alle dirette conseguenze di cura e accudimento, derivanti dalla sua disabilità.
Il Collegio ritiene quindi di dover determinare in Euro 200,00 da rivalutarsi annualmente secondo l'indice ISTAT l'importo che G.D. è tenuto a corrispondere direttamente al figlio M. entro il giorno 5 di ogni mese, oltre alla quota del 50% delle spese straordinarie, dovendo per tali intendersi nel caso di specie le spese mediche non coperte dal SSN.
Quanto alla domanda relativa alla corresponsione di un assegno divorzile formulata dalla resistente, In diritto, l'assegno di divorzio è riconosciuto, ai sensi dell'art. 5, comma 6 L. n. 898 del 1970, al coniuge che ne fa istanza "quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive".
Le Sezioni Unite della Cassazione - investite della decisione sulla questione riguardante i presupposti e i criteri di determinazione dell'assegno divorzile - con la sentenza n.18287 dell'11 luglio 2018 hanno indicato i criteri sulla base dei quali deve essere riconosciuto il diritto all'assegno di divorzio e determinato il suo ammontare.
Richiamando, sinteticamente, i contenuti della predetta pronuncia, la stessa, discostandosi dalla sentenza n. 11504/2017, ha precisato che:
"Ai sensi dell'art. 5, co. 6 della L. n. 898 del 1970, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro cui si deve tener conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto" (cfr. S.U. Cass. n. 18287/2018).
Tale pronuncia ha chiarito che l'assegno divorzile va riconosciuto quando si tratta di assicurare al coniuge economicamente più debole una tutela in chiave perequativa, ogni qual volta sussista una sensibile "disparità di condizioni economico-patrimoniali ancorché non dettate dalla radicale mancanza di autosufficienza economica ma piuttosto da un dislivello reddituale conseguente alle comuni determinazioni assunte dalle parti nella conduzione della vita familiare", assumendo al tempo stesso una funzione compensativa, nella misura in cui tale assegno sia finalizzato a ristorare il coniuge che abbia sacrificato le proprie ambizioni personali di realizzazione lavorativa in ragione di scelte endo-familiari.
La Suprema Corte ha valorizzato l'esigenza di evitare "rischi di locupletazione ingiustificata dell'ex coniuge richiedente in tutte quelle situazioni in cui egli possa godere comunque non solo di una posizione economica autonoma ma anche di una condizione di particolare agiatezza oppure quando non abbia significativamente contribuito alla formazione della posizione economico-patrimoniale dell'altro ex coniuge", ritenendo, anche per tale motivo, definitivamente superato il criterio del tenore di vita goduto o fruibile durante la vita matrimoniale.
Per la decisione sulla domanda di assegno divorzile deve dunque, in primo luogo, essere accertato se sussista uno squilibrio tra le condizioni economiche delle parti; all'esito di tale preliminare e doveroso accertamento, sia nell'ipotesi in cui risulti che l'ex coniuge economicamente più debole sia privo di redditi (propri e da lavoro), sia nell'ipotesi in cui, invece, si evinca una sperequazione nella condizione economico-patrimoniale delle parti, che potrà essere di entità variabile, il parametro sulla base del quale deve essere fondato l'accertamento del diritto ha natura composita e il giudice deve tenere conto, innanzitutto, della funzione perequativo-compensativa dello stesso, procedendo dalla valutazione del contributo che effettivamente il coniuge economicamente più debole ha fornito - in forza di una scelta familiare - alla formazione del patrimonio comune e del profilo economico patrimoniale dell'altra parte.
Viceversa, qualora nessuno dei coniugi si sia sacrificato a tal fine (ad esempio, nel caso in cui non vi sono state rinunce delle parti allo sviluppo della propria professionalità per favorire la crescita della famiglia), non vi sarà spazio per il riconoscimento di un assegno divorzile. Se, infatti, deve essere attribuita rilevanza centrale alla funzione compensativa, la quale mira a compensare i sacrifici fatti dai coniugi nel matrimonio, allora non vi può essere spazio per l'attribuzione dell'assegno quando i sacrifici non siano stati effettuati.
A maggiore specificazione, prendendo in considerazione il modello familiare prescelto e condiviso nel caso concreto, occorre verificare, alla luce di tutti gli indicatori contenuti nella prima parte dell'art. 5, comma 6, se la disparità della situazione economica - patrimoniale dei coniugi all'atto di scioglimento del vincolo "sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione di un ruolo trainante endofamiliare, in relazione alla durata, fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell'altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione alla età del coniuge e alla conformazione del mercato del lavoro".
De iure, solo in tale prospettiva il giudizio di adeguatezza, che trova nella prima parte della norma i criteri a cui ancorarsi, assume quella dimensione composita e comparativa tale da collegarsi al principio di solidarietà, diretta espressione della pari dignità dei coniugi, e da abbracciare le complessità di una pluralità di modelli di conduzione della vita coniugale.
Pertanto, la funzione di riequilibrio dell'assegno non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma soltanto al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla realizzazione della situazione comparativa attuale.
In relazione alla ripartizione dell'onere probatorio, ciò comporta per il coniuge che richiede l'assegno la rigorosa prova, da fornire anche mediante presunzioni, non solo dei fatti posti alla base della disparità economico - patrimoniale ma anche del nesso causale tra modello adottato e disparità economico - reddituale prodotta e ad esso eziologicamente riconducibile.
Operate tali doverose premesse, per ciò che concerne la fattispecie oggetto di giudizio, è sufficiente precisare che la F., potendo contare solo sull'assegno di mantenimento previsto a suo favore in sede di sentenza di separazione e non avendo mai svolto attività lavorativa in costanza di matrimonio e neppure successivamente, dal momento che, in accordo con il ricorrente, si è sempre occupata della cura e della gestione della famiglia, risulta priva di sufficienti mezzi di sostentamento, risultando in modo evidente impossibilitata a reperire all'età di 70 anni una diversa ed autonoma fonte reddituale, e dovendosi considerare anche il fatto che la stessa si dedica in forma costante all'assistenza del figlio invalido. È necessario inoltre evidenziare che la F., ha sempre potuto fare puntuale affidamento per circa 29 anni sull'assegno di mantenimento corrisposto dal marito, oltre ai 20 anni di matrimonio durante i quali risulta incontestabile il contributo che la resistente ha fornito al marito e alla vita familiare, e quindi alla formazione del patrimonio non solo familiare, ma anche del marito stesso.
Dalle risultanze delle dichiarazioni dei redditi è emerso che il D. nel corso del 2021 (dichiarazione 2022) ha percepito redditi da lavoro autonomo e redditi da pensione per un ammontare complessivo di Euro 46.053,00, in linea con quanto dichiarato negli anni precedenti.
Ritiene il Collegio che occorra fare applicazione del principio di diritto espresso dalla Suprema Corte nella sentenza a S.U. 18287/2018, in base al quale, nel caso in cui le cause dello squilibrio reddituale tra i coniugi siano da rinvenire in una situazione incolpevole e non addebitabile alla parte più debole, occorre riconoscere a favore della stessa un contributo al suo sostentamento.
Peraltro, la medesima pronuncia sottolinea come, al fine del calcolo dell'assegno di divorzio di cui all'articolo 5 della L. 1 dicembre 1970, n. 898, occorre tenere in considerazione non il tenore di vita, ma diversi fattori, attraverso un criterio c.d. "composito" che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall'ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all'età dell'avente diritto.
Nel caso di specie, lo squilibrio reddituale tra i coniugi risulta evidente, e la F. non potrà reinserirsi nel mondo del lavoro, anche e soprattutto in considerazione dell'età avanzata (70 anni) e della mancata pregressa acquisizione di competenze professionali, visto l'esclusivo dedicarsi ai bisogni di cura della famiglia.
Risulta quindi provata in giudizio la carenza di adeguati mezzi di sostentamento in capo alla resistente e l'impossibilità per la stessa di procurarseli per ragioni oggettive ed alla stessa non imputabili.
La considerazione complessiva di tutti gli indici indicati dalla Suprema Corte per la valutazione della disponibilità in capo alla F. di mezzi adeguati conduce, quindi, il Tribunale a concludere che la stessa non può certo ritenersi "indipendente economicamente", con necessario riconoscimento a favore della stessa di un assegno di divorzio.
Riconosciuto, quindi, il diritto della resistente di ricevere un assegno divorzile, deve ora procedersi alla quantificazione del medesimo tenuto conto dei parametri indicati dall'art. 5 della L. n. 898 del 1970. Difatti, deve considerarsi la capacità reddituale del D. che non risulta affatto ridimensionata rispetto al passato, mentre risulta un deterioramento delle condizioni di vita della F., la quale deve fare fronte a tutte le spese relative alla casa, alla sussistenza e alle spese mediche del figlio invalido.
Alla luce dei criteri previsti dall'articolo 5 della L. 1 dicembre 1970, n. 898 e della situazione patrimoniale e reddituale di entrambe le parti, si stima equo prevedere a carico di G.D. un assegno divorzile pari ad Euro 500,00 che dovrà corrispondere alla resistente entro il giorno 5 di ogni mese da rivalutarsi annualmente secondo l'indice ISTAT.
La regolamentazione delle spese di lite segue la soccombenza e le stesse sono liquidate come in dispositivo secondo i parametri previsti dal D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 147 del 2022 per le cause di valore indeterminabile. Il resistente è tenuto al pagamento del relativo importo a favore dell'Erario, data l'ammissione di G.F. al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.
P.Q.M.
Il Tribunale di Rovigo definitivamente pronunciando nel procedimento R.G. 1289/2020, promosso da G.D. nei confronti di G.F. con l'intervento del Pubblico Ministero, così provvede:
- DICHIARA lo scioglimento del matrimonio contratto da G.D. e G.F. a V. (RO) il 15-3-1974 (con atto trascritto presso l'ufficio di stato civile di quel comune al n. 1, p.1, anno 1974);
- MANDA alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 10 L. n. 898 del 1970;
- ASSEGNA la casa coniugale, sita in V. (R.), viale G. M. n. 9, con gli arredi ivi esistenti, a G.F., in quanto convivente con il figlio M., maggiorenne e portatore di handicap;
- DICHIARA G.D. tenuto a corrispondere a G.F., a titolo di contributo al mantenimento del figlio M., entro il giorno 5 di ogni mese, la somma di 200,00 Euro, oltre la quota del 50% delle spese straordinarie non coperte del SSN da rivalutarsi annualmente secondo l'indice ISTAT;
- DICHIARA G.D. tenuto a corrispondere a G.F., entro il giorno 5 di ogni mese a titolo di assegno divorzile, la somma di 500,00 Euro, da rivalutarsi annualmente secondo l'indice ISTAT;
- CONDANNA G.D. al pagamento delle spese di lite in favore dell'Erario che si liquidano in Euro 3.900,00 per onorari, oltre al rimborso forfettario del 15% e agli oneri fiscali e previdenziali.