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10 aprile 2024
Nessun mantenimento al figlio che percepisce la NASpI dopo aver lavorato per anni

Esclusa la reviviscenza dell'obbligo di mantenimento a carico del genitore dopo la cessazione del rapporto di lavoro del figlio poiché lo svolgimento di attività retribuita, seppur nell'ambito di un contratto a tempo determinato, può costituire un elemento rappresentativo della capacità del figlio di procurarsi una fonte adeguata di reddito.

di La Redazione

Il Giudice di primo grado stabiliva a carico dell'attuale ricorrente il versamento di una somma mensile a titolo di mantenimento direttamente a beneficio dei due figli maggiorenni, ma non economicamente autosufficienti, oltre ad un'altra somma da versare alla ex moglie e titolo di assegno di divorzio.
La Corte d'Appello riformava parzialmente la decisione e revocava l'assegno di mantenimento a beneficio di uno solo dei due figli, confermando la somma da corrispondere invece all'altro. Ciò si spiegava poiché mentre il primo poteva considerarsi ormai autosufficiente dal punto di vista economico, visto in contratto a tempo determinato più o meno stabile e le prospettive lavorative sulla base del titolo di studio conseguito, lo stesso non poteva dirsi nei riguardi dell'altro figlio, che fruiva dal 2019 della NASpI. Allo stesso tempo, veniva confermato altresì l'assegno divorzile verso la ex moglie, vista la durata ultraventennale del matrimonio, la nascita di 3 figli, la sua età e il suo stato di salute che ne aveva comportato una ridotta capacità lavorativa.
Contro tale pronuncia, l'uomo propone ricorso in Cassazione, censurando tra le altre cose il fatto che i Giudici avessero ritenuto che il figlio avesse ancora diritto al mantenimento a suo carico.

Con l'ordinanza n. 8892 del 4 aprile 2024, la Cassazione dichiara fondato il motivo di ricorso, ribadendo che in materia di contributo al mantenimento del figlio maggiorenne da parte del genitore separato non convivente, lo svolgimento di attività retribuita, anche se svolta in virtù di un contratto a tempo determinato, può costituire un elemento rappresentativo della capacità del figlio di procurarsi una fonte adeguata di reddito, e quindi della sua raggiunta maturità economica. Ciò esclude dunque la reviviscenza dell'obbligo di mantenimento da parte del genitore dopo la cessazione del rapporto di lavoro, fermo restando che non ogni attività lavorativa a tempo determinato può ritenersi idonea a provare il raggiungimento dell'autosufficienza economica.
Detto ciò, gli Ermellini rilevano che nel caso di specie il figlio aveva lavorato per circa 3 anni per poi fruire del sussidio pubblico e ciò, secondo i Giudici, costituisce indice dimostrativo di una astratta idonea autosufficienza economica che esclude la reviviscenza dell'obbligo di mantenimento a carico del genitore.
Per questa ragione, la Cassazione accoglie il motivo di ricorso, a nulla rilevando la fruizione della NASpI.

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