
La Corte d'Appello di Venezia dichiarava l'inammissibilità del gravame proposto nell'interesse di Caio avverso la sentenza del Tribunale di Verona per rilevata mancanza della dichiarazione o elezione di domicilio della parte privata ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell'
Svolgimento del processo
1. La Corte d'appello di Venezia ha dichiarato l'inammissibilità del gravame proposto nell'interesse di (omissis) avverso la sentenza del Tribunale di Verona in data 28/4/2023, per rilevata mancanza della dichiarazione o elezione di domicilio della parte privata ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., come novellato dal d. l9s. n. 150/2022.
2. La difesa dello (OMISSIS) ha proposto ricorso, contestando il provvedimento e rilevando che, nella specie, l'imputato era detenuto agli arresti domiciliari, cosicché, nella prospettiva difensiva, operato un rinvio ai principi già formulati in materia, la norma di nuovo conio non potrebbe trovare applicazione, avuto riguardo allo stato detentivo del predetto, sia pur ristretto agli arresti domiciliari. Il deducente ha rilevato che l'art. 157 ter, comma 3, cod. proc. pen., non è stato riproposto anche con riferimento alle notificazioni all'imputato detenuto (e non essendo stato l'art. 156 oggetto di intervento modificativo). Ciò che, nell'ottica difensiva, indurrebbe a ritenere che le notifiche dell'atto di citazione in giudizio nei suoi confronti non debbano essere eseguite presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., in tal modo risultando il novellato sistema delle notificazioni all'imputato coerente con i principi già affermati dalle Sezioni unite prima della riforma.
3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto (omissis), ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato con restituzione degli atti alla Corte d'Appello di Venezia per l'ulteriore corso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso va rigettato per infondatezza del motivo.
2. La difesa ha introdotto nel processo una questione giuridica connessa a un tema già più volte esaminato da questa Corte di legittimità che, in plurime occasioni ormai, ha escluso l'operatività dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., nei confronti dell'imputato detenuto, alla stregua di un'interpretazione sistematica della normativa, come incisa dalla recente riforma processuale ("Riformai Cartabia").
Per una ricostruzione dell'intervento novellatore, per la parte d'interesse che inerisce, appunto, al sistema delle notificazioni e ai requisiti di ammissibilità dei mezzi d'impugnazione, pare utile un richiamo a quanto esaustivamente esposto in un recente precedente di questa Corte di legittimità (sez. 2, n. 33355 del 28/6/2023, Quattrocchi): l'art. 10 del d.lgs. n. 150/2022 ha interpolato l'art. 581 cod. proc. pen., introducendo, tra l'altro, il comma 1-ter, il quale prescrive, a pena d'inammissibilità! dell'impugnazione, l'adempimento che la Corte di appello veneziana ha ritenuto omesso nel caso all'esame. Lo stesso decreto, poi, ha interpolato l'art. 156, modificandone i commi 1 (con la previsione che le notificazioni al detenuto <<anche successive alla prima,» devono essere «sempre» eseguite presso il luogo della detenzion1e) e 3 (con l'inserimento, dopo la parola: «penitenziari», delle seguenti: «, anche successive alla prima,.» e dopo la parola: «157» delle seguenti: «, con esclusione delle modalità di cui all'articolo 148, comma 1»). Inoltre, il citato decreto ha inserito, sempre con l’art. 10, il nuovo art. 157- ter, cod.
proc. pen. (rubricato: "Notifiche degli atti introduttivi del giudizio"), il cui terzo comma stabilisce che, «3. In caso di impugnazione proposta dall'imputato o riel suo interesse, la notificazione dell'atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è sempre eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto, ai sensi dell'articolo 51:31, commi 1-ter e 1-quater.>>. Per completezza, infine, in riferimento a quanto in questa sede d'interesse, lo stesso art. 10 del d. lgs. n. 150/2022, ha previsto, nell'art. 164 cod. proc. pen, che le parole: «per ogni stato e grado del procedimento, salvo quanto è previsto dagli articoli 156 e 613 comma 2» siano sostituite dalle seguenti: «per le notificazioni dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale, salvo quanto previsto dall'articolo 156, comma 1.».
Tale ultima modifica ha di fatto eliso la validità in ogni stato e grado del procedimento (e, quindi, illimitata) della dichiarazione e elezione di domicilio e, in maniera coerente, il legislatore ha interpolato l'art. 581, cod. proc. pen., inserendo il citato comma 1-ter, in ossequio cioè alla ratio di garantire l'esigenza generale che ha inspirato la riforma del processo in absentia, la certezza, cioè, della conoscenza del processo a suo carico da parte dell'imputato, in riferimento alla quale si è imposto un onere collaborativo del medesimo (sez. 5, n. 3118 del 10/1/2024, Mohamad, Rv. 285805-01).
3. In tale arresto, peraltro, si è escluso, proprio alla luce di una lettura sistematica della norma, che l'art. 581 comma 1-ter, cod. proc. pen. costituisca lex specialis rispetto al sistema delle notificazioni: ove così fosse, infatti, l''art. 157-ter comma 3, cod. proc. pen., sarebbe norma «inutile, ovvero priva di portata precettiva, il che all'interprete non è consentito ritenere», dovendosi prendere atto che essa non è stata inserita nell'art. 156, il che legittima la conclusione per la quale all'imputato detenuto la notifica degli atti introduttivi del giudizio di impugnazione non va eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell'art. 581 comma 1-ter. Sotto altro profilo, peraltro, è stata opportunamente evidenziata la inderogabilità della regola di cui al citato art. 156, comma 1, cod. proc. pen., che riguarda tutte le notificazioni all'imputato, anche quelle successive alla prima.
La lettura sinottica e sistematica delle norme processuali di riferimento è stata recepita in altre pronunce più recenti, anche di questa stessa sezione, nelle quali si è pure evidenziata la ratio della disposizione in commento, rinvenuta nell'esigenza di garantire la celerità dei tempi di celebrazione del processo (sez. 4, n. 4342 del 9/1/2024, Shala, in motivazione), anche attraverso la semplificazione degli adempimenti introduttivi del giudizio, a partire dal procedimento notificatorio (sez. 2, n. 51273 del 10/11/2023, Savoia, Rv. 285546-01). In entrambe le decisioni richiamate, il principio della non applicazione della norma all'imputato detenuto è stato ritenuto estendibile alla situazione dell'imputato impugnante, detenuto per altra causa.
Trattasi, peraltro, di un'interpretazione coerente con i principi dettati dal diritto vivente, ancor prima della novella di cui al d. lgs. n. 150/2022: sul tema delle notificazioni all'imputato ristretto, infatti, è già stato chiarito che esse vanno sempre eseguite mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio (S1ez. U, n. 12778 del 27/2/2020, 5., Rv. 278869-01, in cui, in motivazione la Corte ha precisato che tale disciplina deve trovare applicazione anche nei confronti dell'imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e, qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti, anche nei confronti del detenuto "per altra causa").
In quella sede, il Supremo consesso della nomofilachia ha precisato che il legislatore ha privilegiato in tali casi la notificazione "alla persona", stante la certezza della reperibilità che ne rende agevole l'esecuzione, avuto altresì riguardo all'esigenza di garantire una consapevole difesa, tanto più necessaria stante lo status detentionis, scongiurando il pericolo che un eventuale difetto di comunicazione tra l'imputato e il domiciliatario, pur in rapporto fiduciario, possa rendere la difesa meno effettiva.
Da tale premessa sistematica, si è ricavata l'illogicità della previsione di una sanzione così grave, quale la inammissibilità dell'impugnazione, che incide pesantemente sui diritti dell'appellante, collegata alla omissione di un atto (dichiarazione o elezione di domicilio) che resterebbe comunque privo di effetti ai fini della notificazione della citazione a giudizio (che andrebbe comunque eseguita a mani proprie, stante il disposto di cui all'art. 156, cod. proc. pen.). Essa, in sostanza, finirebbe per operare senza un'adeguata ratio giustificatrice e, sotto tale profilo, si è già opportunamente obiettato, che una simile previsione sarebbe incoerente, oltre che con l'art. 3 Cost., anche con l'art. 6 della CEDU, quanto al diritto di accesso effettivo alla giustizia p1er difendersi dalle accuse penali, valevole anche nel giudizio di appello [sez. 2, n. 38442 del 13/9/2023, Toure, in motivazione, in cui si è richiamata la giurisprudenza della Corte EDU, laddove ammonisce sulla necessità che - pur ammettendo che il diritto di presentare un ricorso possa essere subordinato a determinate condizioni previste dalla legge - sia evitato dai giudici nazionali di applicare le relative norme procedurali in maniera eccessivamente formalistica, sì che possa risultare pregiudicata l'equità del procedimento (Corte europea dei diritti dell'uomo, 26 luglio 2007, Walchli c. Francia), impedendo di fatto l'esame nel merito del ricorso proposto dall'interessato (Corte europea dei diritti dell'uomo, 12 luglio 2016, Reichman c. Francia; 5 novembre 2015, Henrioud c. Francia).
4. La fattispecie all'esame, peraltro, nella quale far condizione dell'imputato è quella di soggetto ristretto agli arresti domiciliari, ha costituito oggetto di esame da parte di questa stessa Sezione e anche in un arresto successivo. Nella prima decisone (sez. 4, n. 41858 del 8/6/2023, Andria/i, Rv. 285146-01), richiamata la finalità di razionalizzazione semplificazione del giudizio impugnatorio e personalizzazione della impugnazione, la Corte di legittimità ha ritenuto che il procedimento notificatorio si pone su un altro piano rispetto a quello delle impugnazioni, «nella prospettiva di assicurare al destinatario della citazione a giudizio il massimo grado di conoscibilità dell'atto, mediante la consegna di copia analogica in mani della persona ovvero con le forme equipollenti indicate dall'art. 157 cod. proc. pen.», al contempo disconoscendo che tale previsione 1·enda privi di scopo gli adempimenti richiesti dall'art. 581 comma 1·-ter, cod. proc. pen., «che non risulterebbero inutiliter data neppure nella ipotesi di imputato detenuto agli arresti domiciliari, in considerazione della possibile mutevolezza dello status detentionis nelle more della citazione a giudizio e tenuto conto della clausola di riserva contenuta nell'art. 157 comma 1 cod. proc. pen. che fa salva la ipotesi in cui l'imputato abbia già ricevuto gli avvertimenti di cui all'art. 161 comma 1 cod. proc. pen.», principio affermato sul presupposto che la nuova disposizione costituirebbe, per collocazione sistematica, norma generale sulle impugnazioni, non derogabile in ragione dello stato di detenzione dell'imputato al momento della proposizione del gravame. In quella sede, dunque, non si è ravvisata alcuna incompatibilità logica tra la disposizione inerente all'impugnazione e quelle che governano il procedimento notificatorio nei confronti dell'imputato detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari (156, comma 3 e 157, cod. proc. pen.), affermandosi che l'interpretazione contraria non terrebbe conto delle possibili modifiche dello stato detentivo dell'impugnante successivamente al deposito dell'atto di appello.
Nella seconda delle pronunce richiamate (sez. 3, n. 4233 del 16/1/2024, Esam), invece, la soluzione contraria è stata assunta ritenendo più convincenti i rilievi che, sul piano sistematico, sono stati sviluppati dall'orientamento maggioritario (esaustivamente espresso dalla già citata sez. 2, n. 33355/2023, Quattrocchi), che - giova ricordare - ha riguardato il diverso caso dell'imputato detenuto in istituto penitenziario. In particolare, si è ritenuto che, ove si riconosca all'art. 581, commi 1-tii r e 1-quater rango di lex specialis universalmente applicabile, si finirebbe con il rendere priva di portata precettiva (e, dunque, inutiliter data) la previsione di cui all'art. 157-ter, comma 3, cod. proc. pen. Tali principi sono stati ritenuti applicabili anche all'ipotesi all'esame, cioè di detenuto impugnate agli arresti domiciliari, alla luce dell'insegnamento del diritto vivente formatosi prima della riforma (il riferimento è a Sez. U, n. 12778/2020 cit., in cui in motivazione si è operata detta equiparazione, come sopra già ricordato).
5. Questa Corte ritiene di decidere in linea di continuità con la prima delle due pronunce da ultimo evocate, pur dovendosi i principi ivi affermati calibrare, alla luce dei successivi arresti con i quali è doveroso un confronto, tenuto anche conto di quelli fissati dal diritto vivente, sebbene prima della riformai, anche al fine di verificarne la compatibilità con la ratio sottesa al mutato regime impugnatorio, tenendo presenti i principi di rango convenzionale sopra richiamati.
6. Proprio muovendo da quanto affermato dalle Sezioni unite nella citata sentenza 12778/2020, deve intanto precisarsi quale sia stato il contrasto in quella sede risolto. Il Supremo collegio, infatti, investito della questione di diritto se la notifica del decreto di citazione di giudizio immediato all'imputato detenuto che abbia eletto domicilio presso il difensore di fiducia debba essere effettuata ex art. 156 cod. proc. pen., comma 1, o presso il domicilio eletto, ha ritenuto di aderire all'orientamento che ritiene che le notifiche all'imputato detenuto (in carcere o in luogo diverso) anche per causa diversa da quella del procedimento per il quale vanno eseguite, debbano essere eseguite sempre con le modalità di cui all'art. 156, comma 1, cod. proc. pen., con la precisazione, per il caso in cui l'imputato sia detenuto per altra causa, che lo stato detentivo risulti dagli atti.
A tale soluzione quel giudice è giunto precisando che, per quanto qui d'interesse, per le notifiche all'imputato detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari (e, quindi, anche agli arresti domiciliari), trova applicazione l'art. 156, comma 3, cod. proc. pen. (a mente del quale il procedimento notificatorio è quello di cui all’art. 157 stesso codice). Inoltre, ribadito il principio consolidato per il quale la notifica a mani proprie del destinatario è modalità privilegiata siccome formai più sicura per portare l'atto a conoscenza del destinatario, a prescindere dal luogo nel quale sia effettuata, sì da prevalere anche rispetto alla dichiarazione o elezione di domicilio, si è precisato che la stessa dichiarazione o elezione di domicilio non costituisce una deroga alla regola della consegna "alla persona", ma un invito a collaborare per rendere più spedito il procedimento notificatorio quanto alle notifiche successive, lo stesso art. 161, cod. proc. pen., non trovando applicazione nel caso di imputato detenuto, per ili quale la regola è rappresentata dal citato art. 156. Cosicché l'incipit dell'art. 157, comma 1, cod. proc. pen. (vale a dire la clausola di riserva con la quale si rinvia agli artt. 161 e 162 e, quindi, alla notifica al domicilio dichiarato o eletto) non trova applicazione, il rinvio operato dall'art. 156, comma 3 all'art. 157 non dovendo intendersi esteso a tutto l'articolo e, quindi, anche al citato incipit, ma solo alla parte della1 norma che risulti coerente con lo status detentionis.
È la stesso Supremo organo della nomofilachia, peraltro, a giustificare, attraverso la valorizzazione di un elemento fattuale, cioè l'eme1·genza dagli atti, l'obbligo della notificazione personale anche al detenuto per altra causa: proprio perché l'autorità procedente non ha alcun obbligo di effettuare di volta iin volta ricerche a tutto campo, nel caso detta condizione fattuale non emerga dagli atti, lei notificazione sarà eseguita con le modalità previste per l'imputato non detenuto, conclusione che ha ricevuto anche l'avallo del giudice delle leggi (il richiamo è a Corte cost. n. ]15 del 1998, in cui si è esclusa in tal caso una menomazione del diritto di difesa).
La deroga all'ordinario procedimento notificatorio, quindi, riguarda tutte e tre dette situazioni (cioè imputato detenuto, detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e detenuto in altro procedimento, allorquando tale stato emerga dagli atti), siccome unite, quanto alle modalità di notificazione, da un comune denominatore costituito dalla notifica alla persona, «durante lo stato di detenzione», con esclusione di modalità diverse, con la conclusione che la notificazione del decreto di citazione a giudizio dell'imputato, in tali specifiche situazioni, dev'essere sempre eseguito con il modello notificatorio di cui all'art. 156, cod. proc. pen., anct1e laddove l'imputato abbia eletto o dichiarato domicilio.
Quanto poi a detta dichiarazione/elezione di domicilio, la Corte ha precisato che, ove essa intervenga (prima o durante la detenzione), la stessa non è inutiliter data, ma la sua efficacia rimane sospesa nella vigenza del domicilio individuato ex lege, con la conseguenza che, una volta cessata la detenzione, tale elezione/dichiarazione riacquisterà vigore il principio della immanenza del domicilio dichiarato o eletto.
Cosicché, ove all'atto della scarcerazione il detenuto non adempia all'obbligo di eleggere o dichiarare il domicilio, riprenderà validità quello eventualmente dichiarato o eletto in precedenza, la cui efficacia era rimasta sospesa (in mancanza procedendosi a notifica presso il difensore).
7. Tanto premesso, alcune delle affermazioni contenute nell'arresto richiamato vanno rilette alla stregua della novella sopravvenuta, sia con riferimento all'introduzione dell'adempimento di cui all'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., che avuto riguardo allo stesso sistema notificatorio, fortemente inciso dalla recente riforma, anche alla luce di quello che è stato l'intento del legislatore, come sopra già precisato: garantire cioè, attraverso gli interventi che hanno riguardato le norme sulle notificazioni, l'effettiva conoscenza del processo da parte dell'imputato per raggiungere l'obiettivo della personalizzazione del gravame, anche nella prospettiva della nuova disciplina del processo dell'assente; e velocizzare, sotto altro profilo, i tempi del processo, anche attraverso la semplificazione degli adempimenti notificé11tori, onde assicurarne il buon fine, così giustificandosi la richiesta di collaborazione dell'imputato e del difensore, in un'ottica di lealtà processuale (sul punto, vedi sez. 4, n. 11371 del 12/12/2023, dep. 2024, Salama, in motivazione).
Nella sentenza da ultimo richiamata, peraltro, si è posta una demarcazione tra il caso dell'imputato detenuto in istituto penitenziario e quello dell'imputato detenuto in luogo diverso, confermandosi che, in tale seconda ipotesi, valgono le regole del procedimento notificatorio di cui all'art. 157, cod. proc. pen., così riaffermandosi il principio già espresso in precedenza da questa stessa Sezione (n. 41858/23, Andria/().
8. Ciò posto, ritiene questa Corte di dover ribadire tale distinzione, sia pur ulteriormente calibrando i principi già affermati anche alla luce del precedente contrario più recente, sopra richiamato.
Il tema va esaminato muovendo, intanto, dalla considerazione che, dopo la riforma, è venuto meno il principio dell'immanenza della dichiarazione/elezione di domicilio, giusta la modifica che ha interessato l'art. 164, cod. proc. pen., per la quale si rinvia a quanto già esposto al §2, rilevandosi altresì che la regola generale, per le impugnazioni, è ora quella posta dall'art. 581, comma 1-ter, cod. pronc. pen., che impone - a pena d'inammissibilità - che essa sia corredata dalla dichiarazione o l'elezione del domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio. Del principio di immanenza, invece, hanno dovuto tener conto, nella sentenza del 2020, le Sezioni unite, chiamate a dirimere un contrasto sorto proprio in ordine alla prevalenza della dichiarazione/elezione di domicilio già effettuata rispetto al domicilio c.d. legale del detenuto. Circostanza questa che assume rilievo, nel caso specifico all'esame, avuto riguardo alla necessità, anche in questa sede riconosciuta, che l'interpretazione del sistema normativo in discussione non sia improntata ad un eccesso di formalismo, ma risulti coerente con i principi dell'effettivo accesso alla giustizia e, quindi, con i parametri di cui all'art. 3 Cost. e 6 CEDU, sopra richiamati. Pertanto, l'applicabilità dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen, anche all'imputato impugnante che si trovi 21gli arresti domiciliari deve essere scrutinata alla luce della necessità dell’adempimento, e, dunque, della ratio giustificatrice della norma di nuovo conio rispetto allo specifico status detentionis.
Poiché al detenuto agli arresti domiciliari non si applica la previsione di cui all'art. 161, comma 3, cod. proc. pen., e poiché tra la presentazione dell'impugnazione e la notifica della citazione a giudizio intercorre ragionevolmente un lasso temporale, nelle more, ove l'impugnante venga scarcerato, proprio perché non tenuto ad eleggere o dichiarare il domicilio (non valendo neppure l'eventuale elezione/dichiarazione fatta in precedenza, stante il disposto dell'art. 164, cod. proc. pen., come novellato), risulterebbe concretamente vanificata la ratio legis, sottesa all'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., quella cioè di semplificare il procedimento notificatorio e accelerare i tempi del processo.
Ne deriva, come logico corollario, che l'onere di eleggere (o dichiarare) domicilio incombente sull'impugnante, detenuto agli arresti domiciliari, non può ritenersi, così come affermato dall'orientamento maggioritario a riguardo del detenuto in istituto penitenziario, adempimento inutile corredato da una sanzione processuale vessatoria, in contrasto quindi con i principi del giusto processo.
Tale interpretazione, peraltro, consente di ritenere ancora validi, dopo la riforma del 2022, gli insegnamenti di cui alle Sezioni unite del 2020 nei termini che si vanno a chiarire: la necessità dell'elezione o della dichiarazione di domicilio, infatti, non deriva tanto dal principio affermato in sez. 4, n. 41858/23, Andria/i, secondo cui all'imputato ristretto agli arresti domiciliari le notifiche vanno eseguite secondo lo schema dell'art. 157, come richiamato dall'art. 156, comma 3, cod. proc. pen., ma dalla necessità che le successive vicende del suo status detentionis non si traducano nella sostanziale vanificazione dello scopo dell'adempimento previsto. In altri termini, se al momento della notifica dell'atto di citazione, l'impugnante che ha eletto domicilio ai sensi dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., è ancora ristretto agli arresti domiciliari, troverà applicazione il principio posto dalle Sezioni unite del 2020, ritenuto ancora valido dall'orientamento consolidatosi con riferimento alla ipotesi di impu9nante detenuto in istituto penitenziario (anche per altra causa, ove la detenzione sia nota), ma l'adempimento imposto al momento del deposito dell'impugnazione non potrà considerarsi inutiliter dato, conservando efficacia nell'ipotesi di scarcerazione intervenuta prima della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
Pertanto, mentre la soluzione prospettata dall’orientamento maggioritario con riferimento alla diversa ipotesi dell'imputato detenuto risponde all'esigenza di impedire l'operatività di una sanzione processuale altamente incisiva sul diritto di difesa, quale l'inammissibilità del mezzo di impugnazione, che la ratio delle modifiche al sistema impugnatorio non richiede, lo stesso non può affermarsi rispetto all'imputato ristretto agli arresti domiciliari, per il quale, dunque, troverà applicazione la norma di cui all'art. 581 comma 1-ter, cod. proc. pen.
9. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.