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17 aprile 2024
L'arresto delle Sezioni Unite sulla rilevanza penale del saluto romano

La sentenza odierna mette un punto alla questione riguardante il gesto del saluto romano durante una manifestazione commemorativa, solitamente accompagnato dalla parola "presente" pronunciata in risposta a una chiamata rivolta ai partecipanti dell'evento.

di La Redazione

ildiritto

«La condotta, tenuta nel corso di una pubblica riunione, consistente nella risposta alla 'chiamata del presente' e nel cosiddetto 'saluto romano' integra il delittoprevisto dall'art. 5 legge 20 giugno 1952, n. 645, ove, avuto riguardo alle circostanze del caso, sia idonea ad attingere il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disp. trans. fin. Cost; tale condotta può integrare anche il delitto, di pericolo presunto, previsto dall'art. 2, comma 1, d.l. n. 122 del 26 aprile 1993, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, ove, tenuto conto del significativo contesto fattuale complessivo, la stessa sia espressiva di manifestazione propria o usuale delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'art. 604-bis, secondo comma, cod. pen. (già art. 3 legge 13 ottobre 1975, n. 654)».

È questo il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite Penali con la sentenza n. 16153 del 17 aprile 2024.
Si è così risolta la questione del saluto romano che la Prima sezione Penale della Corte di Cassazione aveva rimesso alle SS.UU. lo scorso 22 settembre 2023 con la sentenza n. 38686.

Nello specifico, era stata sollevata la seguente questione:

esempio

«se la condotta consistente nel protendere in avanti il braccio nel c.d. “saluto romano” e nel rispondere “presente” alla chiamata, evocativa della gestualità tipica del disciolto partito fascista, tenuta nel corso di manifestazione pubblica alla presenza di circa 1200 persone radunatesi per commemorare soggetti deceduti, uno dei quali militante in formazioni politiche conservatrici, gli altri due già esponenti della Repubblica Sociale Italiana, senza previa identificazione della partecipazione di esponenti di una associazione esistente oggi che propugni i medesimi ideali del predetto partito fascista, integri la fattispecie di reato di cui all'art. 2 d.l. 26 aprile 1993, n. 122, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, oppure quella prevista dalla legge 30 giugno 1952, n. 645, art. 5; se entrambe le disposizioni normative configurino un reato di pericolo di natura concreta oppure astratta e se le medesime siano tra loro in rapporto di specialità, oppure possano concorrere».

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