È sufficiente un unico episodio violento, trattandosi di una condotta comunque idonea a sconvolgere definitivamente l'equilibrio relazionale della coppia.
Con il ricorso in esame, il ricorrente lamenta che la Corte d'Appello abbia a lui addebitato la separazione dalla moglie per via della violenza perpetrata nei suoi confronti, uno schiaffo che le aveva procurato un piccolo ematoma sul labbro inferiore.
Con l'ordinanza n. 12662 del 9 maggio 2024, la Cassazione richiama innanzitutto il principio per cui il Tribunale ha il compito di accertare, alla stregua delle risultanze acquisite attraverso apposita istruttoria, se siano stati posti in essere comportamenti coscienti e volontari in violazione dei doveri nascenti dal matrimonio e insieme accertare la sussistenza del nesso di causalità tra questi e il determinarsi della situazione di intollerabilità che ha portato poi i coniugi alla separazione.
A tal riguardo, la Cassazione ricorda un approdo giurisprudenziale del 2018 secondo il quale
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«I comportamenti reattivi del coniuge che sfociavano in azioni violente e lesive dell'incolumità fisica dell'altro coniuge, rappresentano, in un giudizio di comparazione al fine di determinare l'addebito della separazione, causa determinante dell'intollerabilità della convivenza, nonostante la conflittualità fosse risalente nel tempo ed il fatto che l'altro coniuge contribuisse ad esasperare la relazione». |
Ciò, evidenziano gli Ermellini, vale anche quando risulti provato un unico episodio violento, poiché si tratta comunque di una condotta atta a sconvolgere in via definitiva l'equilibrio relazionale della coppia perché lede la pari dignità di ogni persona.
Considerato che nel caso di specie risulta provata la violenza posta in essere dal marito verso la ex moglie, la Cassazione dichiara il ricorso inammissibile.
Svolgimento del processo
Il Sig. A.A. ricorre avanti a questa Suprema Corte con tre motivi e memoria avverso la sentenza n. 2257/2022, resa in data 13-10-2022 e depositata il 02-122022, con la quale la Corte d'Appello di Catania, Sezione della Famiglia, delle Persone e dei Minori, "definitivamente statuendo nella causa iscritta al n. 129/2021 R.G., ha così deciso: rigetta l'appello proposto da A.A. avverso la sentenza del Tribunale di Catania n. 3365/2020 del 20 ottobre 2020..."
B.B. resiste con controricorso.
Motivi della decisione
I motivi di ricorso sono i seguenti:
Primo MOTIVO di ricorso: Motivazione inesistente o apparente sulla conferma dell'addebito della separazione, in violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. sulla disponibilità e valutazione delle prove, nonché in ulteriore violazione degli artt. 253 co. I e 257 c.p.c., per aver ritenuto generica la deposizione dei testi A.A. e C.C., nonostante il giudice di merito di primo grado abbia omesso di rivolgere ai testimone "tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti", come pure quello d'appello di richiamare il testimone già escusso in relazione all'art. 360 n.4) c.p.c., pag. da 10 a 27
Secondo MOTIVO di ricorso: Violazione dell'art. 2729 C.C. per avere la Corte gravata ritenuto, ai fini dell'addebito, la prova di una violenza subita dalla B.B. ad opera del A.A. in data 083-2017, in assenza, oltre che di prova diretta in ordine alla causa, di presunzioni gravi, precise e concordanti in tema di prova presuntiva, ove risalire al fatto ignoto concernente la causa della lesione consistente nel piccolo ematoma sul labbro inferiore in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3) c.p.c., pag da 27 a 31.
Terzo MOTIVO di ricorso: Violazione dell'art. 91 c.p.c., per aver il Giudice d'appello confermato la statuizione di primo grado in ordine al regolamento delle spese e per aver condannato il A.A. alle spese del grado di appello in relazione all'art. 360 comma I n. 3) c.p.c., pag. 31.
Per quanto concerne il primo e secondo motivo occorre osservare che in ordine all'addebito della separazione personale è principio generale quello secondo cui il Tribunale deve verificare, alla stregua delle risultanze acquisite dalla compiuta istruttoria, se siano stati posti in essere - da un coniuge ovvero da entrambi - comportamenti coscienti e volontari in violazione dei doveri nascenti dal matrimonio ex art. 143 c.c., accertando la sussistenza del nesso di causalità tra questi ultimi ed il determinarsi della situazione d'intollerabilità della prosecuzione della convivenza coniugale (cfr. Cass. Civ. Sez. I n. 11922 del 22.05.2009). Quindi la pronunzia di addebito della separazione non solo presuppone la violazione dei doveri coniugali, ma anche il nesso causale in ordine alla determinazione specifica della crisi coniugale.
A tal riguardo, "I comportamenti reattivi del coniuge che sfociavano in azioni violente e lesive dell'incolumità fisica dell'altro coniuge, rappresentano, in un giudizio di comparazione al fine di determinare l'addebito della separazione, causa determinante dell'intollerabilità della convivenza, nonostante la conflittualità fosse risalente nel tempo ed il fatto che l'altro coniuge contribuisse ad esasperare la relazione" (Cass. n. 6997/2018). E ciò anche qualora risulti provato un unico episodio violento, trattandosi di comportamento idoneo, comunque, a sconvolgere definitivamente l'equilibrio relazionale della coppia, poiché lesivo della pari dignità di ogni persona (sulla sufficienza, ai fini dell'addebito della separazione, anche di un unico episodio di percosse cfr. Cass. n.7388/2017).
Nel caso di specie, risulta accertata - dalla Corte di merito - la violenza posta in essere dal ricorrente nei confronti della ex moglie, oggetto di percosse, attraverso un ragionamento probatorio non ripetibile perché motivato in modo non illogico sì che deve ritenersi che i coniugi abbiano interrotto il loro rapporto coniugale per via degli indicati episodi di violenza, come accertati in sede di merito.
Le relative doglianze risultano inammissibili perché tese al riesame di quegli accertamenti, in questa sede non ripetibili. Il terzo motivo sulle spese è inammissibile, stante la soccombenza della parte che se ne duole. Sul punto la Corte di merito ha così motivato: "Ed infatti, innanzitutto risulta infondata la doglianza principale relativa alla condanna della controparte al pagamento delle spese processuali in considerazione della conferma della statuizione di addebito della separazione al A.A.; quanto alla richiesta subordinata di compensazione delle dette spese in virtù della soccombenza reciproca, va osservato che in tema di spese giudiziali civili, in caso di reciproca soccombenza delle parti, in assenza di un criterio legale di valutazione della prevalenza della soccombenza dell'una e dell'altra, basato sul numero delle domande accolte o respinte per ciascuna di esse, la prevalenza va rapportata all'oggetto e all'esito della lite nel suo complesso. A parere della Corte, l'accoglimento della domanda di addebito della separazione formulata dalla B.B., e il motivo di tale addebito, la lunga attività istruttoria espletata sempre in relazione alla detta domanda, determina, di certo, una prevalenza della soccombenza del A.A. rispetto alla soccombenza della moglie per la domanda di mantenimento, decisa dal primo giudice sulla base della documentazione prodotta da entrambe le parti. Indi, va pienamente condivisa la statuizione del primo giudice sulla parziale compensazione delle spese processuali e la condanna del A.A., soccombente in misura prevalente rispetto alla controparte." La motivazione è dunque sussistente e non riesaminabile in ordine alle valutazioni espresse.
Per quanto sopra il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater DPR nr.115 del 30 maggio 2002 ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Dispone altresì che ai sensi dell'art. 52 del D.Lgs. n. 196/03, in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.