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7 giugno 2024
Zone gravate da usi civici: è possibile prevedere il mutamento di destinazione per l’installazione di impianti di energie rinnovabili?

Risposta affermativa dalla Consulta, la quale affronta alcune questioni di legittimità costituzionale promosse dal Governo nei confronti di varie disposizioni della legge della Regione Sardegna n. 9/2023.

di La Redazione
Con la sentenza n. 103 del 7 giugno 2024, la Corte costituzionale ha risolto alcune questioni di legittimità costituzionale promosse dal Governo nei confronti di varie disposizioni della legge della Regione Sardegna n. 9 del 2023.

La pronuncia si apre con l'analisi della disciplina secondo la quale «il mutamento di destinazione delle zone gravate da usi civici, in caso di installazione di impianti di produzione di energie rinnovabili, richiede il parere obbligatorio del comune in cui insistono le aree individuate».
Secondo il Governo rimettente, la disciplina in questione violerebbe i limiti posti alle competenze legislative regionali dallo statuto speciale: nello specifico, consentirebbe l'installazione degli impianti nonostante l'inidoneità delle predette zone a tali fini, desumibile dal D. Lgs. n. 199/2021.
Per Consulta la questione non è fondata. Alla base della sua decisione lo stesso D. Lgs. n. 199/2021, il quale «non comporta di per sé l'assoluta inidoneità delle zone gravate da usi civici all'installazione degli impianti, né comporta il divieto di mutarne la destinazione in conformità al regime degli usi civici».

Un'altra questione riguarda le disposizioni regionali che prevedono l'istituzione e la composizione di un «tavolo tecnico interassessoriale» per la riforma dell'intera materia degli usi civici in Sardegna. Per la Consulta, tale questione è infondata poiché tale riforma dovrebbe limitarsi alla disciplina delle funzioni regionali in materia.
Parimenti non fondate le questioni di legittimità costituzionale delle disposizioni regionali in tema di autorizzazione alla prosecuzione dell'esercizio degli sbarramenti idrici rientranti nella competenza della Regione Sardegna poiché, secondo la Consulta, «tali disposizioni non consentono di regolarizzare abusi paesaggistici».
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