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18 luglio 2024
Terremoto dell’Aquila: nessuna responsabilità per la morte degli studenti che decisero di rientrare in casa
È stata questa la decisione alla quale è giunta la Corte d'Appello dell'Aquila con la sentenza del 5 giugno 2024 confermando la sentenza di primo grado del Tribunale del 2022.
di La Redazione
Nessuna responsabilità può essere attribuita alla Presidenza del Consiglio per la morte degli studenti universitari a seguito del terremoto dell'Aquila del 6 aprile 2009.
È stata questa la decisione alla quale è giunta la Corte d'Appello dell'Aquila con la sentenza del 5 giugno 2024 confermando la sentenza di primo grado del Tribunale del 2022.
La sentenza ha avuto un'eco mediatico per la rilevanza del tema e, oltre per aver negato il risarcimento del danno, per aver condannato gli attori – eredi degli studenti che persero la vita – alla refusione delle spese legali e al pagamento del contributo unificato.Oggetto del processo la domanda di risarcimento del danno proposta nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri sul presupposto di una sua responsabilità per colpa, sia sotto il profilo commissivo che omissivo, in relazione alla condotta posta in essere dalla Commissione Nazionale per la Prevenzione e la Previsione dei Grandi Rischi nel corso ed a seguito della riunione tenutasi il giorno 31.03.2009 presso la città de L'Aquila.
Più in particolare, la tesi era che c'era stata una informazione ingannevole per rassicurare sulla non pericolosità dello sciame sismico in atto che aveva indotto gli studenti a rimanere all'interno degli edifici nei quali alloggiavano e dove trovarono la morte come conseguenza delle scosse 6 aprile 2009.
La complessità degli accertamenti in fatto e delle questioni giuridiche coinvolte (anche alla luce delle risultanze del processo penale) rendono necessaria una lettura approfondita e meditata della sentenza: ci limiteremo, dunque, in questa sede a mettere semplicemente in evidenza quali sono stati, a prima lettura, i due passaggi argomentativi che sembrano fondare la decisione dei giudici di appello di confermare il rigetto della domanda a cui già era pervenuto il giudice di primo grado.Il primo passaggio è stato quello di mettere in evidenza, anche alla luce del giudicato penale, come non sia risultato provato che i componenti della Commissione avessero, a priori, l'obiettivo di tranquillizzare la popolazione e, quindi, di contraddire o minimizzare quanto desumibile dai dati oggetto della loro valutazione scientifica.
L'unica comunicazione pubblica dei partecipanti alla riunione tenutasi a L'Aquila il 31 marzo 2009, reputabile ingannevolmenterassicurante, oltre che scientificamente infondata, fu l'intervista resa alla rete televisiva locale TV1 prima della riunione stessa dal Vice Capo del Dipartimento della Protezione Civile nella quale quest'ultimo, tra le altre cose, lasciò chiaramente intendere che la sequenza sismica in atto avesse una valenza positiva di scarico di energia che sostanzialmente previene eventi di magnitudo più intensa.Il secondo passaggio ha riguardato il problema del nesso di causa.
Sul punto la Corte d'Appello ha condiviso la motivazione del giudice di primo grado secondo cui è necessario verificare (a) che la vittima avesse recepito, quale messaggio rassicurante, proprio quello proveniente dalle parole del Vice Capo e non da altre precedenti o successive fonti rassicuranti, (b) che la decisione di non abbandonare l'abitazione fosse conseguita dalla percezione ed elaborazione di tale messaggio, di talché, senza la sua specifica percezione, la decisione non sarebbe stata presa.
Peraltro, il nesso di causa andrebbe escluso qualora risulti l'esistenza di uno o più diversi fattori condizionalistico alternativo oppure se, anteriormente al predetto messaggio, la vittima non adottasse già forme di autotutela comportanti l'uscita dalla propria abitazione.All'esito della valutazione dell'istruzione probatoria la Corte d'Appello ha ritenuto che gli attori non avessero fornito adeguata prova che gli studenti avessero fatto affidamento proprio sul comunicato e avessero, quindi, abbandonato le proprie abitudini precauzionali in precedenza adottate e finalizzate alla tutela della propria incolumità.
In altri termini, la Corte d'Appello ha escluso la responsabilità della Presidenza del Consiglio per l'assenza del nesso di causa (seppure secondo il noto criterio del più probabile che non) tra condotta addebitata e l'evento.
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