Il D.Lgs. n. 87/2024 è intervenuto sull'art. 13 D.Lgs. n. 74/2000, inserendo il nuovo comma 3-bis, con il quale è stata prevista una nuova causa di non punibilità per i reati ex artt. 10-bis e 10-ter del medesimo decreto.
L'imputato ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello che confermava la condanna per il reato di omesso versamento dell'
Nello...
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 05/07/2023, la Corte d'Appello di Lecce - Sez. dist. Taranto ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Taranto, in data 13/09/2022, con la quale era stato condannato alla pena di giustizia in relazione al reato di cui all'art. 10-t:er d.lgs. n. 74 del 2000, a lui ascritto relativamente agli anni di imposta 2014 e 2015 - in qualità legale rappresentante della s.r.I.
2. Ricorre per cassazione il - a mezzo del proprio difensore, deducendo vizio di motivazione.
Si censura la sentenza per aver ignorato le cause, indipendenti dalla volontà del . ricorrente, che avevano determinato l'inadempimento dell'obbligazione tributaria: al riguardo, si deduce che la svolgeva esclusivamente lavori nell'ambito della gestione dello stabilimento siderurgico effettuata dall s.p.a., agendo come monomandatario di quest'ultima. Le vicende giudiziarie che avevano travolto !-(proprio negli anni relativi al mancato pagamento dell'IVA oggetto di contestazione), con conseguente subentro di una nuova società e abbandono "alla deriva del fallimento dei pregressi crediti", avevano determinato - come riconosciuto dalla stessa Corte territoriale - il mancato pagamento dei
crediti vantati, oltre che una crisi delle commesse. La difes21 richiama altresì la produzione documentale comprovante l'attivarsi della con azioni legali per il recupero dei crediti, che "avevano trovato sbarramento" nel fallimento dell
Tutto ciò, ad avviso della difesa ricorrente, consentiva di escludere profili di rilievo penale nella condotta del- che si era attivato nell'unico modo possibile (ovvero proponendo azioni legali), e certo non avrebbe potuto provvedere al pagamento delle ingenti somme con il proprio patrimonio personale. Quanto poi alla scelta del ricorrente di provvedere al pagamento degli stipendi, ricorrendo allo sconto bancario delle fatture, la difesa evidenzia che la mancata corresponsione avrebbe causato un ostacolo ai lavori in corso all'interno dell (irregolarità del DURC e conseguente incompatibilità con ogni lavoro dell'indotto
3. Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, perché manifestamente infondato.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato.
2. Com'è noto, la consolidata elaborazione giurisprud1 nziale in tema di omesso versamento dell'IVA appare improntata a particolare rigore nella valutazione della condotta omissiva e, conse9uentemente, nella individuazione di possibili situazioni idonee ad escludere la colpevolezza dell'agente.
Basti qui richiamare, a titolo esemplificativo, Sez. 3, n. 38594 del 23/01/2018, M., Rv. 273958 - 01, secondo la quale «in tema di reato di omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto, l'emissione della fattura, se antecedente al pagamento del corrispettivo, espone il contribuente, per sua scelta, all'obbligo di versare comunque la relativa imposta sicché egli non può dedurre il mancato pagamento della fattura né lo sconto bancario della fattura quale causa di forza maggiore o di mancanza dell'elemento soggettivo». V. anche Sez. 3, n. 6506 del 24/09/2019, dep. 2020, Mattiazzo, Rv. 278909 - 01, secondo la quale «in tema di reati tributari, l'omesso versamento dell'IVA dipeso dal mancato incasso per inadempimento contrattuç3le dei propri clienti non esclude la sussistenza del dolo richiesto dall'art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, atteso che l'obbligo del predetto versamento prescinde dall'effettiva riscossione delle relative somme e che il mancato adempimento del debitore è riconducibile all'ordinario rischio di impresa, evitabile anche con il ricorso alle procedure di storno dai ricavi dei corrispettivi non riscossi».
Altrettanto noto è peraltro il fatto che alcune significative pronunce di questa Suprema Corte hanno, in una qualche misura, temperato tale rigore interpretativo: si è in particolare affermato che «in tema di reati tributari, l'omesso versamento dell'IVA dipeso dal mancato incasso di crediti non esclude la sussistenza del dolo richiesto dall'art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, trattandosi di inadempimento riconducibile all'ordinario rischio di impresa, sempre che tali insoluti siano contenuti entro una percentuale da ritenersi fisiologica» (Sez. 3, n. 31352 del 05/05/2021, Baracchino, Rv. 282237 - 01, la quale, in applicazione del principio, ha annullato con rinvio la sentenza di condanna, riguardante insoluti per circa il 43% del fatturato, cui era seguita una gravissima crisi di liquidità).
Tale decisione è stata esplicitamente richiamata, in senso adesivo, da Sez. 3, n. 19651 del 24/2/2022, Semprucci, la quale ha posto l'accento sulla necessità di tenere adeguato conto delle deduzioni difensive volte a comprovare una concreta impossibilità di far fronte agli obblighi di versamento, per la situazione di crisi dell'impresa determinata da ingenti inadempimenti dei clienti, le modalità e le tempistiche del ricorso al credito da parte del soggetto agente, ecc. (cfr. il § 2 della sentenza. In precedenza, per un'apertura in ordine al rilievo da conferire alla crisi di liquidità determinata dal mancato pagamento delle fatture emesse, v. Sez. 3, n. 29873 del 01/12/2017, dep. 2018, Calabrò, Rv. 273690 - 01).
3. Ad avviso di questo Collegio, i principi della sentenza Baracchino devono trovare applicazione nella fattispecie in esame.
3.1. Emerge dall'odierno ricorso che, con l'atto di appello, la difesa del aveva lamentato la mancata considerazione di quanto tempestivamente dedotto in ordine alla impossibilità, per la (di cui l'indagato era legale rappresentante) di far fronte agli obblighi di versamento per cause indipendenti dalla volontà del ricorrente e a lui non imputa1bili.
In particolare, anche attraverso la deposizione della teste - impiegata amministrativa della 1111 si era tra l'altro fatto riferimento:
alla peculiare posizione sul mercato della società, che aveva I- s.p.a. quale unico committente, ed operava all'interno dello stabilimento tarantino di quest'ultima, per lo svolgimento dei lavori sugli impianti che le venivano affidati; ai gravissimi ritardi (dell'ordine di molti mesi) con cui I corrispondeva quanto dovuto, fino alla sospensione di ogni pagamento, con conseguente avvio della procedura di amministrazione straordinaria; al ricorso allo sconto bancario delle fatture, utilizzato per pagare fornitori e dipendenti e per far fronte agli obblighi contributivi e previdenziali "in quanto, nonostante che l'acciaieria - non ti pagava, pretendeva comunque la regolarità contributiva sennò ti metteva da parte dal proseguire l'attività ed anche dai pagamenti" (cfr. le dichiarazioni del - riportate nella terza pagina dell'atto di appello); all'istanza1 di ammissione al passivo per l'ingente importo di Euro 600.000; al conseguente al progressivo crollo della società, causato dalla totale mancanza di entrate.
3.2. Con un percorso argomentativo improntato a sintesi estrema, la Corte d'Appello ha riassunto le censure formulate avverso la sentenza di primo grado, per poi riportare alcune massime dell'indirizzo rigoroso qui in precedenza richiamato e confermare, su tali basi, l'affermazione di responsabilità, "sebbene possa comprendersi quali siano state le cause della presunta crisi di liquidità" (pag. 4 della sentenza impugnata).
In altri termini, nonostante tale "comprensione", la Corte territoriale ha ritenuto le doglianze generiche, sia per l'impossibilità di stabilire "se il rapporto con-avesse determinato il mancato pagamento dei crediti oppure una crisi nelle commesse", sia per la mancata indicazione dei rimedi approntati (e della natura degli stessi); ha quindi richiamato la giurisprudenza che esclude qualsiasi possibilità di evocare la scriminante di cui all'art. 51 cod. pen.,. in presenza di una "scelta precisa di privilegiare il pagamento delle retribuzioni anziché versare le ritenute" (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata).
3.3. Ritiene il Collegio che le linee argomentative tracciate dalla Corte d'Appello non siano in linea con i principi enunciati dalla sentenza Baracchino e dalle altre pronunce richiamate.
Appare anzitutto non agevolmente comprensibile la portata del già richiamato "sebbene possa comprendersi quali siano state le cause della presunta crisi di liquidità" (pag. 4): non essendo chiaro, in particolare, se, per esternare tale "comprensione", si sia attinto al notorio (essendo in tale ambito certamente annoverabile la situazione di crisi del ovvero alle risultanze processuali poste a sostegno della linea difensiva ed acquiisite agli atti (deposizione della teste ..., documentazione relativa all'ammissione al passivo).
In ogni caso, appare manifestamente illogica, alla luce delle produzioni documentali effettuate dalla difesa, l'affermazione circa l'impossibilità di stabilire se la prospettata situazione di crisi "avesse determinato il mancato pagamento dei crediti oppure una crisi delle commesse" (pa9. 5, cit.): affermazione che presta il fianco al rilievo difensivo per cui "si può pacificamente soddisfare la richiesta, ritenendo che entrambe le cause hanno concorso a svuotare le casse della società amministrata dal ricorrente (pag. 3 del ricorso).
Allo stesso modo, le considerazioni svolte in 01·dine al mancato apprestamento di adeguati rimedi alla situazione critica non sembrano aver tenuto conto sia della specifica e del tutto peculiare situazione della anche quanto alla ingentissima entità degli inadempimenti dell'unica committente, sia comunque della documentazione prodotta sin dal giudizio di primo grado. Anche il rilievo concernente la scelta del ricorrente di corrispondere le retribuzioni (peraltro ricorrendo allo sconto bancario delle fatture) e di mantenersi in regola con gli obblighi contributivi, non appare essersi confrontata con la questione, già dedotta con l'atto di appello e ripresa poi nell'odierno ricorso, relativa al fatto che una diversa linea di condotta "avrebbe rappresentato un ostacolo proprio ai lavori in corso all'interno dell-in quanto avrebbe comportato una irregolarità nel DURC che sarebbe gravato sulla società rendendola incompatibile con qualunque lavoro da effettuarsi all'interno dell'indotto -(cfr. pag. 4 del rico1·so).
3.4. In definitiva, la sentenza impugnata non fornisce risposte adeguate alle deduzioni difensive concernenti la concreta impossibilità di far fronte ai versamenti dovuti. Ed è appena il caso di osservare, in linea generale e conclusivamente, che la necessità di attribuire il massimo rilievo alle problematiche evocate dal ricorso del-trova ormai un importante riscontro nel diritto positivo: il recentissimo d.lgs. n. 87 del 14/06/2024, intervenendo sull'art. 13 d.lgs. n. 74 del 2000, ha introdotto (con il nuovo comma 3-bis) una ulteriore causa di non punibilità per i reati di cui agli artt. 10-bis e 10ter del medesimo decreto, "se il fatto dipende da cause non imputabili all'autore sopravvenutie, rispettivamente, all'effettuazione delle ritenute o all'incasso dell'imposta sul valore aggiunto. Ai fini di cui al primo periodo, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell'autore dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi/o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di amministrazioni pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi".
4. Le considerazioni fin qui svolte impongono l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Lecce.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Lecce.