
La Cassazione ribadisce l'obbligo, a cui era tenuto l'imputato, di rallentare in prossimità delle strisce pedonali, fintanto che non fosse stato certo dell'insussistenza di alcun pericolo per l'incolumità di pedoni.
La controversia ha ad oggetto la condotta colposa di un guidatore di tram per non aver dato la precedenza e ridotto la velocità in prossimità della zona di attraversamento pedonale, provocando l’investimento di un dodicenne con conseguenti lesioni personali gravissime.
L’imputato propone ricorso...
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza resa il 09/07/2021 dal Tribunale di Milano, per avere riconosciuto l'attenuante di cui all'art. 590-bis, comma 7, cod. pen., ha ridotto la pena inflitta a F.M., confermando nel resto. Ha condannato l'imputato alla rifusione delle spese in favore della parte civile costituita, J.M., rispetto alla quale l'imputato è stato condannato al risarcimento del danno, da liquidarsi in separato giudizio, nonché al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva.
1.2. L'imputato è stato chiamato a rispondere perché, alla guida di un tram della linea 12 della ATM Azienda Trasporti Milanesi Spa, percorrendo via (omissis) in direzione di piazza Diocleziano e giunto all'intersezione con via (omissis), omettendo di dare la precedenza al pedone J.M., di anni 12, nelle adiacenze dell'attraversamento pedonale di via (omissis) per via (omissis), la investiva procurandole la caduta a terra e l'arrotamento con la ruota anteriore destra del tram, procurandole così lesioni personali gravissime, consistite in "amputazione traumatica piede sin.- frattura tibia".
2. Entrambi i Giudici di merito hanno individuato il fulcro della condotta colposa dell'imputato nel non aver ridotto la velocità in prossimità della zona di attraversamento pedonale.
3. Avverso la sentenza di appello, propone ricorso il difensore dell'imputato che solleva i seguenti motivi:
3.1. Violazione di legge penale e vizio di motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto di superare l'obiezione difensiva in ordine alla mancanza di querela facendo riferimento alla persistente costituzione di parte civile;
3.2. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla velocità, al mancato rallentamento, e scampanellio, alla visibilità del pedone P.. Quanto alla velocità, il ricorrente osserva che !"assunto secondo cui l'imputato "doveva rallentare la velocità del tram in prossimità del segnalato passaggio pedonale" contraddice apertamente! le risultanze del perito e del consulente di parte, accolte dalla sentenza di appello, ove si è dato atto che il tram stava "marciando alla velocità di 20 km/h", ovvero a velocità reçiolare e ben al di sotto del limite urbano, circostanza confermata anche dal teste P.. Il mancato rallentamento non era necessario in ragione della velocità moderata e del fatto che l'imputato si era assicurato che sulle strisce pedonali non attraversasse nessuno; quanto allo scampanellio, il teste P., nel suo esame, non lo ha mai escluso. Alla luce delle fotografie scattate nell'immediatezza dei fatti dalla Polizia locale (allegate al ricorso), appare evidente come il P. fosse coperto dall'albero e, dunque, non potesse essere scorto dal conducente del tram. Sul punto, la sentenza impugnata è contraddittoria;
3.3. Mancata acquisizione dei filmati delle prove di frenata svolte da ATM e dalla Polizia locale che avrebbero potuto consentire di dedurre il punto di frenata, il suo grado di forza e la metratura della frenata, nonché dei filmati animati del consulente tecnico di parte, dott. M., in punto di reciproco avvistamento tra pedone e tranviere, che dimostrano come la persona offesa potesse vedere il tram arrivare già tre secondi prima dell'urto e, di converso, il F. potesse avvistare quest'ultima solo 1-1,2 secondi prima dell'impatto. La mancatc1 acquisizione da parte del Tribunale, da questo genericamente motivata, ha deprivato la decisione di elementi determinanti;
3.4. Vizio di motivazione con riguardo alle ritenute percentuali di concorso all'evento, 90% per l'imputato, 10% per la persona offesa. Si tratta di determinazione contrastante con le risultanze processuali, tenuto anche conto che la minore non era accompagnata e aveva dichiarato che, nell'attraversare la strada, non aveva guardato a sinistra, direzione da cui provenivc1 il tram. Illogica, infine, è la sentenza impugnata laddove afferma apoditticamente che se la minore avesse attraversato in corrispondenza delle strisce pedonali, "il tram avrebbe ugualmente investito il pedone".
4. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
5. Il difensore dell'imputato, avv. B.T., ha fatto pervenire nelle date del 23/02/24 e del 06/03/24 istanze corredate da allegati; nei giorni 08/03/24 e 12/03/24, memorie anche di repliica alle anzidette conclusioni del Procuratore generale.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo di ricorso è privo di pregIio. Per il reato di cui all'art. 590- bis cod. pen., divenuto procedibile a querela, a seguito della riforma operata con il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, trovano applicazione i principi affermati dalla sentenza n. 16570 della Terza sezione di questa Corte del 21/02/2023, la quale statuisce che il difetto della querela richiesta dall'art. 3, d.lgs 150/2022, non ricorre quando, in relazione al reato per cui si procede, è rimasta ferma la costituzione di parte civile. Invero, secondo un principio enunciato dalle Sezioni Unite, «la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione», e, quindi, «può essere riconosciuta anche nell'atto con il quale la persona offesa si costituisce parte civile, nonché nella persistenza di tale costituzione neii successivi gradi di giudizio», con la conseguenza che i precisati atti e comportamenti possono ritenersi equivalenti ad una querela nel caso in cui la proposizione di quest'ultima sia divenuta necessaria per disposizioni normative sopravvenute nel corso del giudizio (così Sez. U, n. 40150 del 21/6/2018, Salatino, in motivazione, § 3.2, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità). Va aggiunto che questo principio si collega ad una consolidata elaborazione giurisprndenziale (le Sezioni Unite citano diverse pronunce, tra le quali, in particolare, Sez. 5, n. 43478 del 19/10/2001, Cosenza, Rv. 220259), ed è stato ribadito da successive decisioni (Sez. 3 , n. 27147 del 09/05/2023, S., Rv. 284844; Sez. 2, n. 5193 del 05/12/2019, dep. 2020, Feola, Rv. 277801-01, relativa a fattispecie di condanna per appropriazione indebita aggravata ex art. 61, n. 11, cod. pen ., delitto divenuto procedibile a querela ex art. 10, comma 1, d.lç)s. 10 aprile 2018, n. 36, dopo la sentenza di primo grado, in relazione alla quale la Corte ha rilevato che la sussistenza della condizione di procedibilità era desumibile dalla riserva di costituzione di parte civile formulata dalla persona offesa nella denunzia).
Il secondo motivo, con cui il ricorrente denuncia vizio di motivazione con riguardo all'affermazione di responsabilità dell'imputato investe profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito senza che possa integrarn il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimc,ne, Rv. 207944 - 01). Esso si appalesa altresì generico. Invero è ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come d1 bba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal Giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell'art. 591 comma 1, lett. e) cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione (ex multis, Sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, Pezzo, Rv. 253849).
Nel caso di specie, la Corte territoriale, con uno sviluppo motivazionale corretto e logico, ha già valutato e disatteso le deduzioni difensive in punto di responsabilità, facendo corretta applicazione dei consolidati p1rincipi di questa Corte in tema di circolazione stradale, secondo cui il conducente di un veicolo è tenuto ad osservare, in prossimità degli attraversamenti pedonali, la massima prudenza e a mantenere una velocità particolarmente moderata, tale da consentire l'esercizio del diritto di precedenza, spettante in ogni caso al pedone che attraversi la carreggiata nella zona delle strisce zebrate, essendo al riguardo ininfluente che l'attraversamento avvenga sulle dette strisce o nelle vicinanze (Sez. 4, n. 47204 del 14/11/2019, Sapienza Francesca C/ Mangano
Carlotta, Rv. 277703); la colpa di un pedone che attraversa la strada al di fuori delle strisce pedonali non può mai essere esclusiva nella causazione di un incidente quando il conducente di un veicolo investitore si sia sottratto ai propri obblighi. Le norme del codice della strada che disciplinano, da un lato gli obblighi del pedone e, dall'altro, quelli del conducente vanno infatti contemperate fra loro, per cui in caso di investimento, il conducente che abbia violato le disposizioni che lo riguardano non può invocaire a propria discolpa la semplice inosservanza da parte del pedone di un proprio obbligo, che può essere valutata come concausa dell'evento, ma non come causa esclusiva, interruttiva del rapporto causale (cfr. Sez. 4, n. 15558 del 01/1.0/1990, Savi G., Rv. 185855).
Tanto premesso e venendo agli specifici rilievi, il Collegio osserva che non è dato ravvisare alcuna contraddittorietà nell'assunto, contenuto nella sentenza impugnata, secondo cui il F. "doveva rallentare la velocità del tram in prossimità del passo segnalato passaggio pedonale" rispetto alla circostanza, pacificamente recepita dai Giudici di merito, per la quale il tram stava marciando alla velocità di 20 km/h e alla affermazione del teste P. secondo cui il tram andava "normalmente". La sentenza impugnata richiama l'obbligo a cui era tenuto l'imputato di rallentare in prossimità delle strisce pedonali, fintanto che non fosse stato certo dell'insussistenza di alcun pericolo per l'incolumità di pedoni. Così non è stato, come peraltro ammesso dallo stesso imputato, oltre che emerso dalle dichiarazioni del teste P.: la velocità, pur nei limiti di cui si è detto, non era affatto mutata, nel senso di una sua diminuzione, allorché il tram raggiungeva le strisce. Se il conducente avesse rallentato la marcia, sostiene correttamente la Corte territoriale, avrebbe potuto mettere in atto con migliore ed efficace tempestività la manovra di frenata del mezzo, considerato altresì che la vittima seppur collocata in luogo esterno a quello dedicato a protezione dlei pedoni, perché al di fuori della zona arginata dalle barriere metalliche a chicane, non era in movimento al momento in cui venne investita, trovandosi in posizione tale da rendersi ancora più visibile dal conducente del tram che avrebbe potuto accorgersi della sua presenza almeno dieci metri prima di investirla. Quanto alla avvistabilità, da parte dell'imputato, del pedone P. - che il ricorrente sostiene risultasse nascosto dalla vegetazione presente ai margini del binario -, i Giudici di merito hanno accertato che si trattava di alberi potati e ben distanziati tra loro, inidonei, pertanto, a nascondere chi si apprestasse, come il teste, ad attraversare sulle strisce. Con riguardo allo scampanellio, la sentenza impugnata Ila ricordato che il teste P. aveva escluso che il tram avesse suonato per annunciare il proprio arrivo, osservando che si tratta di circostanza pacifica, neppure sostenuta dall'imputato.
Parimenti inammissibile il terzo motivo di ricorso, con cui la difesa lamenta la mancata acquisizione dei filmati delle prove di frenata svolte Glal personale ATM sul tram. E ciò in considerazione non solo del fatto che la sentenza impugnata ha dato conto degli esiti della prova e cioè che il tram si ferma in 6/8 metri, ma anche, e soprattutto, perché la colpa ritenuta nella sentenza impugnata non consiste nella tardiva reazione del conducente quanto all'avere tenuto una velocità incompatibile con l'attraversamento pedonale. Nessuna decisività potevano gili anzidetti filmati rivestire per la decisione.
Quanto, infine, alla determinazione delle percentuali di apporto causale, - ritenuto al 90% per l'imputato e al 10% per la persona offesa-, oggetto del quarto motivo di ricorso, giova ricordare il principio a mente del quale, in tema di responsabilità da sinistri stradali, il giudizio sulla misura del concorso di colpa è incensurabile in sede di legittimità, essendo riservato al libero e discrezionale apprezzamento del giudice di merito, se adeguatamente motivato (Sez. 4, n. 4856 del 30/01/1991, Paita, Rv. 187056). Nel caso che occupa, la Corte territoriale ha adeguatamente dato conto delle ragioni del ravvisato concorso di colpa nella misura testé richiamata, in particolare osservando che il F., conducente di un mezzo pesante (e, dunque, pericoloso) del servizio pubblico, si è reso inadempiente ai plurimi obblighi di prudenza, con grado di colpa elevata, atteso che il tratto stradale in cui si è verificato l'investimento era caratterizzato dalla presenza di attraversamento pedonale e da esercizi commerciali, attraversamento pedonale che risultava ampiamente segnalato: circostanza, questa, che imponeva all'imputato di prestare particolare attenzione, per la possibile presenza di pedoni. Quanto al concorso di colpa della persona offesa, minorenne all'epoca del fatto, la sentenza impugnata afferma che la stessa ha, a sua volta, commesso un'imprudenza avvicinandosi ai binari del tram, pur facendolo in prossimità dell'attraversamento pedonale e certamente a meno di 2,78 metri di distanza dal termine dell'attravers21mento stesso. Ha infine osservato che l'inadeguata velocità del tram e l'assenza di alcuna cautela da parte dell'imputato nell'impugnare il tratto stradale in questione, in assenza di alcun rallentamento, di alcun reale serio monitoraggio della corsia durante la marcia e di segnali acustici per maggiormente segnalare l'arrivo del mezzo, «inducono a ritenere modesto il grado di difformità tra la condotta attesa dalla vittima e quella in concreto tenuta»; e che «anche laddove la minore si fosse posizionata in corrispondenza delle strisce pedonali, il tram avrebbe ugualmente investito il pedone, atteso che la condotta di guida del F. è risultata, in concreto, del tutto inosservante degli obblighi prudenziali che scattano in prossimità degli attraversamenti pedonali».
Come si vede, la Corte di appello di Milano ha preso in esame tutte le deduzioni difensive ed è pervenuta alle proprie conclusioni attraverso un itinerario logico giuridico in alcun modo censurabile, sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.