La Suprema corte rileva che, in tema di nesso di causalità, quello materiale consiste nella «relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo la regola dell'ascrivibilità in termini di preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non"». Il Palazzaccio ha già precisato che questo indica la misura della relazione probabilistica concreta tra condotta e fatto-evento dannoso, sulla base della quale un determinato evento è da considerarsi causato da un altro quando non si sarebbe prodotto senza quest'ultimo. In tema di accertamento del nesso causale nella responsabilità civile, se il fatto lesivo è ipotetica riconducibile a una pluralità di cause, si devono applicare i criteri della « probabilità prevalente », dimostrando il nesso di causalità quando la tesi a favore è più plausibile di quella contraria. Per decidere il giudice deve valutare tutte le ipotesi optando per quella più verosimile, anche se di poco, rispetto alle altre, che non necessariamente si ponga come di elevata probabilità, non potendo negare il nesso eziologico tra la condotta e il danno solo perché ci siano più cause possibili e alternative. Di conseguenza, gli Ermellini cassano la sentenza impugnata rimandandola alla Corte d'Appello, che dovrà decidere sulla base dei principi esposti.
Svolgimento del processo
1.La sig. C, quale amministratrice di sostegno del sig. A conveniva in giudizio G al fine di accertare e dichiarare il mancato funzionamento del sistema di sicurezza installato nella autovettura Opel Corsa (Astra) X e di accertare e dichiarare il nesso di causa tra il mancato funzionamento e le gravi conseguenze riportate da A in occasione del sinistro avvenuto in data 13/07/2008, ovvero il
minor danno che sarebbe derivato nel caso di corretto funzionamento del sistema di sicurezza (mancata apertura dell'airbag laterale in dotazione sull'Autovettura) e conseguentemente condannare la G s.r.l. a risarcire l'A , così come rappresentato dalla e , i danni tutti, anche futuri, patrimoniali e non patrimoniali (biologici temporanei e permanenti, morali, esistenziali), subiti dallo stesso.
Con sentenza n. 1779/2016 il Tribunale di Padova rigettava la domanda, ravvisando non essere emerso elementi di definitiva certezza deponenti per l'ascrizione della mancata attivazione degli airbag laterali ad un difetto di costruzione o di progettazione di uno o più elementi del sistema di sensori componenti l'impianto airbags latero/frontali imputabile a GP
2.Con la sentenza n. 2562 del 12 ottobre 2021 a Corte d'Appello di Venezia ha successivamente rigettato l'interposto
confermando la sentenza del giudice di prime cure.
3.Avverso la suindicata sentenza della corte di merito l' A rappresentato dalla C propone ora ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da memoria.
4.Resiste con controricorso e memoria la società GP Italia s.p.a.
Motivi della decisione
5.1.Con il primo motivo parte ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 c.c. e degli artt. 40 e 41 c.p., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Si duole che la Corte d'appello abbia erroneamente escluso la sussistenza del nesso di causalità materiale tra il malfunzionamento degli airbags laterali e i danni lamentati dall'A , laddove, trattandosi di fattispecie a eziologia multifattoriale, avrebbe dovuto in concreto accertare l'efficienza causale di tale difetto nel verificarsi dell'evento dannoso, applicando la regola del "più probabile che non", e non già escludere il rapporto di causalità per la presenza di concause.
Lamenta che la corte di merito ha erroneamente affidato il riscontro della causalità materiale ad un criterio di certezza ed esclusività, "aprioristicamente rigettando la domanda risarcitoria solamente per il sol fatto di una «incertezza» di quale sia stato, con sicurezza scientifica, l'effettivo grado di incidenza della mancata apertura degli airbags sulla produzione dell'evento, pur essendone certo il contributo causale alla verificazione del danno".
5.2. Con il secondo motivo denunzia il travisamento della prova in relazione ad un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.).
Si duole che, in ordine al nesso di causalità, la corte di merito abbia completamente travisato le risultanze della CTU, "ritenendo che gli apprezzamenti peritali fossero rimasti nel campo a mere , ,possibilità quanto all'apprezzamento del nesso di causa, quando invece: (a) per i consulenti, in particolare per il medico legale, la mancata apertura degli airbags laterali "ha certamente causato ulteriori violenti spostamenti della massa cerebrale all'interno della teca cranica completando il danno lesivo finale", anche se v'è la "difficoltà di stabilire con una ragionevole e scientifica certezza" quali delle molteplici lesioni del signor A fossero riconducibili al difetto di tali airbags (cfr. pp. 20-21, ricorso principale); (b) la Relazione peritale "non ha mai escluso l'efficienza eziologica della mancata apertura degli airbags laterali rispetto ai danni da costui lamentati" (pp. 26-27, ricorso principale).
5.3.Con il terzo motivo denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2056 c.c., con riferimento all'art. 360, 1° comma n. 3, c.p.c., "per aver il collegio lagunare opinato nel senso che, in assenza della prova certa di quante e quali sarebbero state le lesioni evitabili in caso di funzionamento del sistema di sicurezza degli airbag laterali, non vi sarebbe alcun danno differenziale risarcibile".
6.I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.
Occorre premettere che in tema di nesso di causalità il nesso di causalità (materiale) -la cui valutazione in sede civile è diversa da quella penale (ove vale il criterio dell'elevato grado di credibilità razionale che è prossimo alla "certezza")- consiste nella relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo la regola dell'ascrivibilità in termini di preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non" (v. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 576; Cass., 16/10/2007, n. 21619, in particolare, Cass. n. 16582/2019; Cass. n. 10812/2019; Cass. n. 20829/2018; Cass., 29/2/2016, n. 3893; Cass., 21/4/2016, n. 8035; Cass.,22/2/2016, n. 3428; Cass., 20/2015, n. 3367; Cass., 17/09/2013, n. 21255 ).
Si è da questa Corte precisato che in sede civile il nesso causale indica la misura della relazione probabilistica concreta (svincolata da ogni riferimento soggettivo) tra condotta e fatto-evento dannoso (da ricostruirsi anche sulla base dello scopo della norma violata), in base alla quale un evento è da considerarsi causato da un altro allorquando non si sarebbe senza quest'ultimo verificato, pertanto risolvendosi entro «i pragmatici confini della dimensione "storica", e valendo ad ascrivere all'autore del fatto illecito le conseguenze che da questo discendono, laddove non intervenga un nuovo fatto rispetto al quale il medesimo non abbia il dovere o la possibilità di agire ( v. Cass., 16/10/2007, n. 21619. V. altresì Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 576).
In tema di accertamento del nesso causale nella responsabilità civile, qualora l'evento dannoso sia ipoteticamente riconducibile a una pluralità di cause, si devono applicare i criteri della "probabilità prevalente" e del "più probabile che non"; pertanto, il nesso di causa è provato quando la tesi a favore (del fatto che un evento sia causa di un altro) è più probabile di quella contraria (che quell'evento non sia causa dell'altro).
In ipotesi come nella specie di concorso di cause, si è da questa Corte ulteriormente posto in rilievo che ove "l'evento dannoso sia ipoteticamente riconducibile a una pluralità di cause, si devono applicare i criteri del "più probabile che non" e della "probabilità prevalente".
A tale stregua, il giudice di merito è pertanto tenuto anzitutto a eliminare dal novero delle ipotesi valutabili quelle meno probabili (senza che rilevi il numero delle possibili ipotesi alternative concretamente identificabili, attesa l'insostenibilità di un'aritmetica dei valori probatori), e successivamente ad analizzare le rimanenti ipotesi ritenute più probabili; infine a scegliere tra esse quella che abbia ricevuto, secondo un ragionamento di tipo inferenziale e il maggior grado di conferma dagli elementi di fatto aventi la consistenza di indizi, assumendo così la veste di probabilità prevalente (v. Cass., 2/9/2022, n. 25884).
Da quei fatti il giudice di merito deve dunque indurre ipotesi ricostruttive del nesso di causa escludendo quelle meno probabili, scegliendo, tra quelle rimaste, l'ipotesi che spiega il fatto con maggiore probabilità, sulla base degli indizi raccolti.
Non è richiesta invero né la certezza né una elevata probabilità, bensì una valutazione delle ipotesi alternative e la scelta di quella più probabile, anche se di poco, rispetto alle altre, che non necessariamente si ponga come di elevata probabilità.
Ciò si spiega per il fatto che le probabilità numeriche di un fatto (che la cosa abbia concorso al danno) non necessariamente ammontano al 100%, ossia: data la tesi X e quella contraria Y, non necessariamente la loro somma porta al 100% (nel senso che la prima è data al 60% e l'altra al 40%, ad esempio).
Ciò accade perché c'è sempre spazio per altre spiegazioni, molto meno probabili, che sono date ad una percentuale minore.
Scartate queste ultime (come indicato da Cass. 25884/2022), può accadere che le rimanenti, ad esempio quella sostenuta dall'attore e quella sostenuta dal convenuto, abbiano l'una il 30% e l'altra il 20%: la regola del più probabile che non, porta ad affermare come fondata la prima delle due, anche se non caratterizzata da una elevata probabilità, come ha preteso la corte di merito, quanto piuttosto di una probabilità maggiore dell'altra ipotesi.
Quindi, nella relativa valutazione il giudice del merito non deve invero limitarsi ad un esame isolato di singoli elementi o degli elementi ( indiziari o presuntivi ) al riguardo rilevanti, ciascuno insufficiente a fornire ragionevole certezza su una determinata situazione di fatto, ma deve compierne una complessiva ed organica valutazione nel quadro unitario dell'indagine probatoria (v. Cass., 20/6/2019, n. 16581. Cfr., con riferimento alla prova per presunzioni, Cass., 21/12/1987, n. 9504), e il suo ragionamento non deve risultare viziato da illogicità o da errori giuridici, quale appunto è l'esame isolato dei singoli elementi della c.d. catena causale ( cfr., con riferimento agli elementi idonei a fondare la prova presuntiva, già Cass., 27/11/1982, n. 6460; Cass. n. 16581/2019; Cass. n. 26304/2021 ).
In tema di responsabilità civile non può invero negarsi il nesso eziologico fra condotta e danno solo perché vi sono più cause possibili ed alternative ma il giudice deve stabilire quale tra esse sia "più probabile che non", in concreto e in relazione alle altre, e, quindi, idonea a determinare in via autonoma il danno evento. Qualora tale accertamento non sia possibile, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell'art. 41 c.p., in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l'evento, essendo quest'ultimo riconducibile a tutte, tranne che si verifichi l'esclusiva efficienza causale di una di esse.
Si è da questa Corte sotto altro profilo altresì posto in rilievo che il danneggiato deve essere risarcito di tutte le conseguenze dannose cui rimane esposto in conseguenza di uno specifico antecedente causale ( v. Cass., 18/4/2019, n. 10812; Cass., 21/8/2018, n. 20829; Cass., 20/11/2017, n. 27254; Cass., 29/2/2016, n. 3893; Cass., 3/2/2012, n. 1620; Cass., 21/7/2011, n. 15991 ), si è precisato che tali sono tutte le conseguenze dannose legate all'evento dannoso non solo da un rapporto di regolarità giuridica ( v. già Cass., 11/1/1989, n. 65 ) ma anche da un rapporto di causalità specifica (v. Cass., 2/12/2021, n. 38076; Cass., 29/9/2015, n. 19213; Cass., 29/8/2011, n. 17685; Cass., 27/4/2011, n. 9404; Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 584; Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 582 ), cui è rimasto esposto a fronte (anche) dello specifico antecedente causale, determinato dalla condotta colposa ( o dolosa) del debitore/danneggiante ( come posto in rilievo anche da autorevole dottrina, che lo indica quale «danno diretto» ), quest'ultimo dovendo pertanto risponderne (anche) sul piano risarcitorio ( cfr. Cass., 18/4/2019, n. 10812; Cass., 21/8/2018, n. 20829; Cass., 20/11/2017, n. 27254; Cass., 29/2/2016, n. 3893; Cass., 3/2/2012, n. 1620; Cass., 21/7/2011, n. 15991).
Orbene, i suindicati principi sono rimasti dalla corte di merito invero disattesi nell'impugnata sentenza.
In particolare là dove all'esito delle disposte CTU è pervenuto ad escludere la sussistenza nella specie di < <un nesso causale tra la mancata apertura degli airbag e i danni lamentati>> in ragione della ravvisata impossibilità di affermare <<che l'attivazione degli airbag laterali avrebbe impedito l'evento lesivo al capo o avrebbe comportato delle conseguenze lesive apprezzabilmente minori>>, e non essere <<dato sapere se il conducente fosse privo di coscienza fin dal principio del sinistro e pertanto se il suo corpo, invece di essere proteso e tonico nel tentativo di limitare gli effetti delle sollecitazioni ricevute dalla carambola, si fosse comportato come un peso morto>>.
Là dove ha affermato che < <l'apertura degli airbag laterali non era avvenuta perché l'urto era stato lieve ... Non vi è stato un unico impatto frontale contemporaneo a quello laterale ma due urti distinti rilevati dalla centralina: il primo frontale e il secondo, laterale, talmente contenuto da non giustificare l'apertura degli airbag laterali>>.
Ancora, nella parte in cui, a fronte dell'affermazione della CTU secondo cui <<si può solo affermare che la mancata apertura degli airbag, riducendo la protezione laterale, possa aver contribuito a potenziare il meccanismo d'azione delle multiple lesioni contusive corticali dovute allo scuotimento del cervello>>, è pervenuta a concludere che tale affermazione <<deve essere letta unitamente alla restante parte dell'elaborato e consente di affermare che si rimane nel campo delle mere possibilità: non può essere sufficiente per individuare un nesso causale fra evento e danno, anche secondo la regola del "più probabile che non">>.
Là dove, dopo aver riportato le conclusioni di un CTU secondo cui
<<le lesioni erano compatibili con ripetuti impatti della massa cerebrale all'interno della teca cranica " ... sia per meccanismi di accelerazione e decelerazione del corpo che per urto del capo", è giunta a ritenere che nella specie la < <mancata attivazione dell'airbag laterale>> non possa invero <<comportare la responsabilità della casa produttrice per qualsiasi genere di lesione subita dal conducente del veicolo in caso di sinistro stradale ... perché sono risarcibili unicamente le lesioni che sarebbero state probabilmente evitate con l'azi0namento dell'airbag laterale. G non risponde del mero aumento del rischio della possibilità di una lesione>>.
7.Alla fondatezza nei suindicati termini dei motivi consegue l'accoglimento p.q.r. del ricorso e la cassazione in relazione dell'impugnata ser1tenza, con rinvio alla Corte d'Appello di Venezia, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie p.q.r. il ricorso. Cassa in relazione l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'Appello di Venezia, in diversa composizione.