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20 dicembre 2024
Congedo di paternità alla seconda mamma: chiesto l’intervento della Corte costituzionale

La Corte d'Appello di Brescia solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 27-bis D.Lgs. n. 151/2001 nella parte in cui non riconosce il congedo di paternità obbligatorio alla lavoratrice riconosciuta come secondo genitore equivalente nei registri dello Stato civile perché discriminatorio sotto il profilo dell'orientamento sessuale.

di La Redazione

Congedi parentali per le famiglie omogenitoriali: discriminatorio il sistema informatico dell’INPS

Con l'ordinanza del 25 gennaio 2024, il Tribunale di Bergamo aveva condannato l'INPS a modificare il sistema informatico attraverso il quale possono essere inviate le richieste per ottenere i congedi genitoriali poiché discriminatorioversole famiglie omogenitoriali. Tale sistema infatti impediva ai genitori dello stesso sesso riconosciuti come tali nei registri dello Stato civile di accedere alla procedura che indicava espressamente come “padre” il secondo genitore.
L'INPS tuttavia impugnava tale decisione sostenendo che il riconoscimento dello status di genitore al genitore intenzionale costituisce un obiettivo perseguibile solo per via legislativa perché è il Legislatore che deve farsi interprete della volontà collettiva bilanciando i valori fondamentali in gioco.

Dubbi sulla legittimità costituzionale del sistema sui congedi in favore del “padre” e della “madre”

Si giunge così alla pronuncia della Corte d'Appello di Brescia che con l'ordinanza depositata il 4 dicembre 2024 esprime alcuni dubbi sulla legittimità costituzionale delle disposizioni di legge aventi ad oggetto i congedi parentali con riferimento all'art. 3 Cost. e all'art. 117 Cost. in relazione al divieto di discriminazione in ragione dell'orientamento sessuale. Nel mirino è l'art. 27-bis D.Lgs. n. 151/2001 che non prevede che il periodo di congedo obbligatorio di 10 giorni lavorativi spetti anche alla lavoratrice quale secondo genitore all'interno di una coppia composta da due donne, risultanti come tali dai registri dello Stato civile. Facendo esplicito riferimento al “padre”, l'istituto impedisce alla lavoratrice secondo genitore di chiedere il congedo in quanto, di conseguenza, il sistema informatico INPS ricalca la disposizione e quindi consente solo al lavoratore “padre” di avanzare richiesta di congedo, trascurando che già la direttiva UE 2019/1158 aveva specificato che 

legislazione

«Gli stati membri adottano le misure necessarie a garantire che il padre o, laddove e nella misura in cui il diritto nazionale lo riconosce, un secondo genitore equivalente, abbia diritto a un congedo di paternità di dieci giorni lavorativi da fruire in occasione della nascita di un figlio del lavoratore».

Chiaro è allora, secondo la Corte, l'avvenuta discriminazione per ragioni di orientamento sessuale che incide sulle condizioni di lavoro, considerato che il congedo obbligatorio di paternità rientra nell'ambito di applicazione del divieto di discriminazione sancito dal diritto UE.

Necessario l’intervento della Corte costituzionale

Nonostante ciò, l'intervento del Giudice, così come quello dell'INPS, non sono sufficienti a porre fine alla discriminazione verso le famiglie arcobaleno, poiché serve un intervento della Consulta tale per cui possa essere esteso il diritto al congedo obbligatorio di 10 giorni di cui all'art. 27-bis cit. alla madre secondo genitore riconosciuto come tale nei registri di Stato civile. In altri termini, solo la questione di legittimità costituzionale consentirebbe di rimuovere detta discriminazione accertata anche per il futuroe con effetti erga omnes per consentire un domani a tutte le coppie same sex di godere di pari diritti in termini di permessi e congedi ai sensi del D.Lgs. n. 151/2000, come accade per le coppie eterosessuali.
Viene allora immediatamente trasmessa la questione alla Consulta, tenendo conto del fatto che

ildiritto

«la condizione della donna che non ha partorito e che riveste il ruolo di secondo genitore in una coppia di due donne genitori secondo i registri dello stato civile appare equivalente a quella del padre in una coppia di genitori formata da persone di sesso diverso in termini di assunzione di responsabilità, di condivisione di un nuovo progetto di vita familiare, di esigenza di conciliare i tempi di lavoro con le necessità della famiglia e di coltivare una relazione stabile con il figlio appena nato, interessi che, oltretutto, trovano corrispondenza con le esigenze e i diritti dei minori, costituzionalmente tutelati».

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