
La misura perde efficacia anche se il giudice ad quem ha sollevato conflitto di competenza, essendo questi ugualmente tenuto a provvedere.
La vicenda può essere così sintetizzata: il GIP del Tribunale di Roma adottava la misura cautelare dichiarandosi contestualmente incompetente per territorio, ritenendo che la cognizione spettasse al GIP presso il Tribunale di Civitavecchia, di cui gli atti venivano trasmessi
Svolgimento del processo
1. Il ricorrente impugna l'ordinanza del Tribunale del riesame di Roma confermava quella con la quale il g.i.p. aveva disposto la misura degli arresti domiciliari, dichiarando la propria incompetenza ex art. 27 cod. proc. pen., con conseguente trasmissione degli atti al g.i.p. presso il Tribunale di Civitavecchia, il quale sollevava conflitto negativo di competenza.
A seguito di informazioni richieste all'autorità che aveva emesso l'ordinanza cautelare, risulterebbe non più in esecuzione l'originaria misura cautelare degli arresti domiciliari, essendo stata sostituita, con ordinanza del g.i.p. del Tribunale di Civitavecchia, con la sottoposizione all'obbligo di dimora nel Comune di Roma, con divieto di allontanarsi dalla propria abitazione in orario notturno.
2. Avverso l'impugnata ordinanza, il ricorrente ha formulato tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, deduce la nullità dell'ordinanza impugnata per mancata messa a disposizione delle intercettazioni, espressamente richieste sia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma che di Civitavecchia.
2.2. Con il secondo e terzo motivo di ricorso, deduce la violazione dell'art. 273 cod. proc. pen. relativamente alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria, sottolineando che, stante la nullità derivante dall'omesso accesso alle intercettazioni telefoniche, verrebbe meno il materiale probatorio posto a fondamento della misura cautelare.
Motivi della decisione
1. La misura cautelare deve essere dichiarata inefficace.
2. Dall'esame degli atti, cui la Corte ha accesso in considerazione della natura processuale della decisione, emerge che il g.i.p. del Tribunale di Roma adottava la misura cautelare il 18 giugno 2024 (eseguita il 25 giugno) dichiarandosi contestualmente incompetente per territorio, ritenendo che la cognizione spettasse al g.i.p. presso il Tribunale di Civitavecchia, cui gli atti venivano trasmessi ex art. 27 cod. proc. pen.
L'udienza dinanzi al Tribunale del riesame e la conseguente decisione era adottata il 16 luglio 2024, quando il termine di 20 giorni - previsto dall'art. 27 cod. proc. pen. per la rinnovazione della misura - era già decorso, con perdita di efficacia della misura, posto che nel suddetto termine non era intervenuta una nuova ordinanza cautelare emessa dal giudice indicato come competente.
Il g.i.p. del Tribunale di Civitavecchia, pur non avendo emesso ex novo e nel termine di venti giorni una propria ordinanza cautelare, provvedeva ugualmente a sostituire la misura degli arresti domiciliari con quella dell'obbligo di dimora, andando in tal modo a modificare l'originario titolo cautelare adottato da altro giudice dichiaratosi incompetente.
Alla luce di quanto premesso, deve ritenersi che la sequenza procedimentale prevista dall'art. 27 cod. proc. pen. non è stata rispettata, posto che nel termine di 20 giorni non è intervenuto un nuovo titolo cautelare emesso dal giudice indicato come competente.
Quanto detto comporta che il Tribunale del riesame di Roma, anziché entrare nel merito dell'impugnazione, si sarebbe dovuto limitare a prendere atto dell'intervenuta perdita di efficacia dell'ordinanza cautelare emessa dal g.i.p.
3. Occorre dar atto che la mancata dichiarazione della perdita di efficacia della misura è frutto del ritenuto effetto sospensivo del termine per provvedere ex art. 27 cod. proc. pen., conseguente alla proposizione del conflitto di competenza.
Si tratta di una soluzione non condivisibile, posto che l'art.30, comma 3, cod. proc. pen. stabilisce espressamente che la proposizione del conflitto di competenza non ha effetto sospensivo sul procedimento in corso, il che comporta che il giudice indicato da altro organo giudiziario come competente territorialmente e che non si ritenga tale è pur sempre tenuto a svolgere le necessarie attività processuali, fin quanto non interviene la sentenza della Cassazione a dirimere il conflitto.
La ratio della norma è quella di evitare che, nelle more della decisione sul conflitto, si vengano a creare situazioni di stasi processuale, nel corso delle quali entrambi i giudici che si sono ritenuti incompetenti omettano di adottare i necessari provvedimenti, anche cautelari.
Tale paventata eventualità è, infatti, quella che si è verificata nel caso in
esame, lì dove il g.i.p. del Tribunale di Roma, dichiarandosi incompetente, ha emesso una misura cautelare destinata a cessare nel caso di omessa rinnovazione nel termine di venti giorni.
Al contempo, il g.i.p. del Tribunale di Civitavecchia, ritenendo che la proposizione del conflitto di competenza determinasse il venir meno del potere di provvedere sull'istanza cautelare, ha omesso di provvedere, il che ha comportato la cessazione della misura cautelare. Peraltro, pur non avendo adottato ex novo la misura cautelare, il' g.i.p. di Civitavecchia ha adottato un provvedimento di modifica di un'ordinanza cautelare emessa da altro giudice e, nel frattempo, divenuta inefficace.
3.1. A fronte della predetta ricostruzione, deve darsi atto che sul tema sono intervenute pronunce di questa Corte difformi e tali da indurre in obiettiva incertezza in ordine a procedimento da seguire.
Seguendo un certo indirizzo giurisprudenziale, si potrebbe sostenere che il g.i.p. del Tribunale dii Civitavecchia non poteva pronunciarsi nel merito della richiesta cautelare (così rispettando il termine di 20 giorni) e, contemporaneamente sollevare il conflitto di competenza, in quanto l'adozione del provvedimento equivarrebbe all'implicito riconoscimento della propria competenza.
Si tratta di una soliuzione che trova conforto nella giurisprudenza di legittimità,
secondo cui non sussiste conflitto negativo di competenza qualora il giudice per le indagini preliminari, investito ex art. 27 cod. proc. pen., dichiari a sua volta la propria incompetenza contestualmente all'applicazione di una misura cautelare, atteso che il compimento dell'atto esclude il determinarsi di una situazione di stallo del procedimento (Sez.1, n. 13988 del 28/2/2020, Rv. 278940; Sez.l, n. 28980 del 10/9/2020, Rv. 278727; Sez.l n.13083 del 3/3/2020, Rv. 279328; Sez.l, n.39874 del 3/10/2012, Rv. 253693).
Secondo tali pronunce, tutte sostanzialmente reiterative di un medesimo principio, l'eventuale adozione dell'ordinanza cautelare, pur se per effetto del meccanismo delineato dall'art. 27 cod. proc. pen., comporterebbe il venir meno del conflitto, in quanto la rinnovazione dell'ordinanza determinerebbe l'implicita cessazione del contrasto sulla competenza ai sensi dell'art. 29 cod. proc. pen.
3.2. Tale impostazione, tuttavia, è contrastata da altra tesi – maggiormente condivisibile - secondo cui è ammissibile il conflitto negativo di competenza sollevato dal giudice per le indagini preliminari contestualmente all'emissione della misura cautelare richiesta dal pubblico ministero a seguito di ordinanza cautelare resa da altro giudice dichiaratosi contestualmente incompetente per territorio, atteso che tale declinatoria di competenza, seppure resa in fase pre-processuale, determina uno stallo del procedimento superabile solo con la risoluzione del conflitto (Sez.l, n. 2993 del 20/11/2019, dep.2020, Rv.278360; si veda anche Sez.l, n. 17096 del 13/3/2019, Rv. 275332-02, secondo cui la dichiarazione di inefficacia di una misura cautelare per inutile decorrenza del termine di venti giorni successivi alla trasmissione degli atti al giudice ad quem ai sensi dell'art. 27 cod. proc. pen. spetta al i iudice che dispone degli atti, indipendentemente dal fatto che quest'ultimo abbia sollevato il conflitto negativo di competenza).
La soluzione sopra richiamata appare pienamente condivisibile, in quanto valorizza il fatto che la rinnovazione della misura è atto indifferibile, stante la natura precaria delila prima ordinanza adottata dal giudice dichiaratosi incompetente, che non può determinare alcun effetto preclusivo rispetto alla contestuale proposizione del conflitto di competenza dal giudice ad quem. A ben vedere, il giudice che contestualmente rinnovi la misura cautelare e sollevi il conflitto di competenza non pone in essere un atto con il quale "dichiara" la propria competenza ex art.29 cod. proc. pen., bensì manifesta il presupposto del conflitto negativo. Il fatto che contestualmente venga adottata anche la misura cautelare dipende dall'urgenza del provvedere e non può implicare anche una rinuncia a contestare l'erronea attribuzione di competenza.
Peraltro, la tesi sopra prospettata è l'unica conforme al principio stabilito dall'art.30, comma 3, cod. proc. pen. (norma non valorizzata nei precedenti richiamati), in base al quale la proposizione del conflitto non determina la sospensione del procedimento in corso che, nel caso di declaratoria di incompetenza in fase cautelare, è necessariamente da individuarsi in quello che perviene alla cognizione del giudice ad quem, pur se a sua volta dichiaratosi incompetente.
Ove così non fosse si determinerebbe una inevitabile fase di stasi processuale, fino alla decisione della Cassazione sul conflitto di competenza, posto che il primo giudice dichiaratosi incompetente non avrebbe più alcun titolo (né la disponibilità degli atti) per la gestione del procedimento cautelare (provvedendo sulle eventuali richieste di modifica o revoca), né del resto potrebbe farlo, avendo già dichiarato la propria incompetenza.
Al contempo, il giudice indicato come competente e che a sua volta non si ritenga tale, si troverebbe nell'alternativa di non poter adottare alcun atto del procedimento, pena l'implicita ammissione della sua competenza e la conseguente inammissibilità del conflitto eventualmente già proposto.
In tal caso, quindi, il giudice indicato come competente ex art. 27 cod. proc. pen. potrebbe sollevare il conflitto solo astenendosi dal compiere qualsivoglia atto. Gli inconvenienti processuali derivanti da tale soluzione sono plurimi e potenzialmente tali da influire su una materia, qual è quella cautelare, che non
consente l'individuazione di momenti di vuoto di competenza a provvedere.
A tal riguardo è stato correttamente sottolineato come la competenza, quale limite della giurisdizione, è un presupposto indissociabile dalla funzionale attività del giudice la cui operatività rileva anche nell'incidente cautelare, pur dovendo coniugarsi con le peculiarità di tale fase e con l'esigenza di tutelare la collettività laddove venga ravvisata l'urgenza dell'intervento cautelare, al fine di scongiurare i pericoli connessi al prevedibile ritardo con il quale il giudice competente potrebbe provvedere (così in motivazione Sez.U, n. 19214 del 23/4/2020, Giacobbe, Rv. 279092).
In conclusione, si ritiene che vi siano plurime ragioni per ritenere preferibile la tesi secondo cui, a seguito della emissione di ordinanza cautelare e dichiarazione di incompetenza, con conseguente trasmissione degli atti ex art. 27 cod. proc. pen. al giudice indicato come competente, quest'ultimo può contestualmente provvedere, nel term1ine di venti giorni, sulla richiesta di misura cautelare emettendo un nuovo titolo cautelare e proporre conflitto negativo di competenza.
3.3. Rimane da esaminare un ultimo argomento che giustificherebbe la possibilità che il giudice indicato come compente possa omettere di provvedere sulla misura cautelare, limitandosi a sollevare il conflitto.
Si potrebbe sostenere, infatti, che - fin tanto che non sopravvenga la decisione della Cassazione - la misura emessa in via precaria dal primo giudice, dichiaratosi incompetente permarrebbe efficace anche oltre il termine di 20 giorni, stante il disposto dell'art. 32, comma 3, cod. proc. pen., in base al quale il termine previsto dall'art. 27 cod. proc. pen. decorre dalla comunicazione della sentenza che risolve il conflitto.
La soluzione prospettata non è condivisibile, in quanto da un lato si pone in inconciliabile contrasto con il principio secondo cui la proposizione del conflitto non comporta la sospensione del procedimento e, quindi, non può neppure determinare una indiretta sospensione del termine ex art. 27 cod. proc. pen. assegnato al giudice indicato come competente affinchè provveda all'eventuale rinnovazione della misura.
Ma vi è un ulteriore e assorbente ragione.
Il meccanismo delineato dall'art. 27 cod. proc. pen. ha una valenza generale e trova applicazione non solo nell'ipotesi ordinaria in cui l'incompetenza sia dichiarata dal giudice cui sia stata, per la prima volta, richiesta l'adozione della misura.
Analogo meccanismo, infatti, deve trovare necessaria applicazione anche nei casi in cui l'incompetenza venga dichiarata in sede di impugnazione e, quindi, da parte del Tribunale del riesame o dalla Cassazione (Sez.U, n. 1 del 24/1/1996, Fazio, Rv. 204164; Sez.U, n. 19214 del 23/4/2020, Giacobbe, Rv. 279092; Sez.U, n.14 del 20/4/1994, De Lorenzo, Rv. 198217), ovvero all'esito della definizione del conflitto di competenza.
L'art. 32, comma 3, cod. proc. pen., pertanto, si limita a specificare che nel tipico procedimento finalizzato alla risoluzione del conflitto di competenza, il cui esito è necessariamente l'individuazione del giudice cui spetta di provvedere, questi dovrà adottare la misura cautelare nel termine di venti giorni di cui all'art. 27 cod. proc. pen. decorrenti dalla comunicazione dell'estratto della sentenza della cassazione.
Allorquando la norma richiama il termine di cui all'art. 27 cod. proc. pen., pertanto, non fa riferimento al termine che era relativo alla dichiarazione di incompetenza del primo giudice, bensì si riferisce all'incompetenza dichiarata dalla Cassazione e alla conseguente necessità di provvedere entro il termine di venti giorni alla rinnovazione della misura che, evidentemente, non sia già cessata per altra ragione.
Il meccanismo sopra delineato è coerente con un contesto procedimentale in cui, a seguito di una prima misura adottata da un giudice dichiaratosi incompetente e confermata dal giudice che ha sollevato il conflitto di competenza, la decisione della Cassazione determinerà la definitiva stabilizzazione della competenza.
Nel caso in cui venga riconosciuta la competenza del primo giudice, si renderà necessaria la nuova adozione della misura, posto che quella inizialmente emessa aveva un'efficacia temporalmente precaria e destinata a decadere o ad essere superata dall'ordinanza assunta dal giudice ad quem.
Il richiamo all'art. 27 contenuto nell'ultimo comma dell'art. 32 cod. proc. pen., pertanto, deve essere inteso come riferito esclusivamente alle sorti della misura cautelare, adottata da un giudice ritenuto incompetente, all'esito della decisione sul conflitto di competenza.
Viceversa, risulta avulsa dal sistema la tesi secondo cui la citata norma consentirebbe un prolungamento del termine di efficacia della prima misura cautelare emessa dal giudice poi dichiaratosi incompetente, proprio perché ciascuna dichiarazione di incompetenza presuppone l'assegnazione, al giudice successivamente indicato competente, di un termine per la rinnovazione della misura.
In conclusione, deve affermarsi il principio secondo cui, nel caso di ordinanza cautelare emessa da giudice dichiaratosi incompetente e non rinnovata, ex art, 27 cod. proc. pen. dal giudice indicato come competente, la misura perde efficacia anche se il giudice ad quem abbia sollevato conflitto di competenza, essendo questi ugualmente tenuto a provvedere, in quanto la proposizione del conflitto non determina la sospensione del procedimento, né la previsione contenuta all'art. 32, comma 3, cod. proc. pen. consente di ritenere che la prima ordinanza cautelare permane efficace fino alla decisione sul conflitto.
4. Applicando tali principi al caso di specie, ne consegue che la misura originariamente disposta e oggetto di impugnazione deve dichiararsi inefficace, non essendo stata rinnovata nel termine di cui all'art. 27 cod. proc. pen. da parte del giudice indicato come competente, tanto più che - nelle more della decisione del presente ricorso - questa Corte, con sentenza resa da Sez.l, n. 40151 del 10/9/2024, ha risolto il conflitto di competenza indicando come competente il g.i.p. del Tribunale di Roma, cui gli atti sono stati restituiti.
P.Q.M.
Dichiara l'inefficacia della misura disposta dal g.i.p. del Tribunale di Roma il 18 giugno 2024 per decorrenza del termine di cui all'art. 27 cpp.
Manda alla cancelleria per l'immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell'art. 626 cod. proc. pen.