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10 febbraio 2025
Assicurazione contro gli infortuni e rapporto di lavoro, le clausole ambigue vanno interpretate a favore del dipendente
La Corte di Cassazione applica l'art. 1370 c.c. a questo caso in cui al protagonista della vicenda veniva rifiutato l'indennizzo previsto dalla polizza stipulata dall'azienda in cui era assunto.
di La Redazione
Vanno interpretate a favore del dipendente le clausole ambigue presenti in un contratto di assicurazione stipulato nell'ambito del rapporto di lavoro. È quanto stabilito dal Palazzaccio che, con ordinanza n. 3013/2025, ha cassato la decisione della Corte territoriale che non riconosceva all'appellante il diritto all'indennizzo in quanto non aveva ritenuto provato che la perdita del posto di lavoro fosse stata determinata dalla malattia, come richiedeva l'assicurazione sottoscritta. 
Protagonista della vicenda è un manager assunto con un contratto di due anni in un'azienda che aveva stipulato una polizza contro rischio infortuni e malattie a beneficio dei dirigenti. In seguito il rapporto era stato modificato da determinato a indeterminato ma, a causa di un infarto che aveva colpito il dipendente rendendolo impossibilitato a lavorare, non si era perfezionato. La società assicurativa rifiutò l'indennizzo all'uomo, ritenendo che questa era subordinata al fatto che la malattia avesse determinato la risoluzione del rapporto, mentre nel caso di specie questo era cessato per la naturale scadenza del contratto. La Corte d'appello riformava la decisione del Tribunale, che riconosceva tale diritto al lavoratore, ritendendo che non era stato dimostrato il nesso causale tra risoluzione e malattia, concludendo che la conclusione del rapporto era stata determinata da ragioni organizzative. 
Giunto in Cassazione, il dipendete contestava come i Giudici di secondo grado avevano interpretato il contratto di assicurazione, affermando che questo «non subordina affatto il pagamento dell'indennizzo alla circostanza che l'infortunio o la malattia avessero determinato l'interruzione del rapporto di lavoro». Gli Ermellini, nell'accogliere le doglianze del ricorrente ritengono che «il contratto oggetto del contendere conteneva ambiguità apparenti non spiegabili»; questo, infatti, da un lato subordinava l'indennizzo alla condizione che fosse stato l'evento lesivo a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro, dall'altro erano state inserite delle parti che ammettevano la possibilità che l'indennizzo fosse dovuto anche in mancanza della risoluzione del contratto. 
L'art. 16 delle condizioni generali di polizza imponeva all'assicurato nel caso di sinistro di allegare alla richiesta di indennizzo «la documentazione attestante l'avvenuta cessazione del rapporto di lavoro in conseguenza dell'invalidità (solo nel caso che ciò avvenga)». Ma stabilire che la prova della risoluzione del rapporto di lavoro va allegata alla richiesta di indennizzo «solo se sia avvenuta» lascia intendere che possano sussistere dei casi in cui questo sia dovuto anche in mancanza della condizione principale. Una simile ambiguità è presente all'art. 18, che consentiva all'assicuratore di accertare l'invalidità «nel caso in cui non si sia verificata la cessazione del rapporto di lavoro», non è conciliabile con l'art. 1 in quanto «se non si fosse verificata la cessazione del rapporto di lavoro nessun indennizzo era teoricamente dovuto, e nessuna invalidità perciò l'assicuratore era tenuto ad accertare».
Secondo la Cassazione, quindi: «la Corte d'appello, pertanto è effettivamente incorsa nel duplice vizio, da un lato, di interpretare il contratto senza valutare le clausole in modo complessivo; e dall'altro di non rilevare che le clausole, unitariamente valutate, presentavano un evidente margine di ambiguità. Dinnanzi a tale ambiguità la Corte d'appello ha effettivamente violato l'art. 1370 c.c., interpretando il contratto in senso favorevole al predisponente, ma senza dare alcun conto, in motivazione, né di tale ambiguità né della possibilità e degli specifici argomenti per superarla in un senso o nell'altro».
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