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12 marzo 2025
Contratto di appalto di servizi a tempo indeterminato: il recesso deve avvenire entro il termine congruo stabilito dal giudice

La necessità del preavviso, spiega la Cassazione, «integra quel minimo di "procedimentalizzazione" esigibile nella fattispecie, allo scopo di assegnare, sia al somministrante (e così all'appaltatore di servizi), sia al somministrato (e così al committente di servizi), un tempo ragionevolmente necessario per "riorientarsi" nel mercato e trovare così, rispettivamente, una collocazione alternativa della propria produzione o una fonte alternativa di approvvigionamento».

di La Redazione

ildiritto

  • «In tema di contratto di appalto di servizi continuativi o periodici, il regime applicabile del recesso muta in relazione alla natura determinata o indeterminata della durata dell'appalto: A) trova applicazione l'art. 1671 c.c., in tema di recesso unilaterale e ad nutum del committente, ove l'appalto sia a tempo determinato (oltre alla scadenza del contratto al termine stabilito, previa disdetta, pena la sua tacita rinnovazione); B) viceversa, allorché la durata del contratto d'appalto continuativo o periodico di servizi non sia stata stabilita, né sia determinabile, ciascuna delle parti può recedere dal contratto in tempo utile a norma dell'art. 1569 c.c.».
  • «In tema di contratto di somministrazione a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal rapporto in corso ex art. 1569 c.c., salvo per il giudice il potere di stabilire - in base alle clausole contrattuali, agli usi e alla natura della somministrazione - il termine congruo entro il quale il recesso debba avere efficacia».

Sono questi i principi di diritto affermati dalla Cassazione con sentenza n. 6487 dell'11 marzo 2025 in una controversia avente ad oggetto il recesso esercitato da una s.p.a. dal contratto di affidamento del servizio di guardia notturna del parcheggio in vista dell'imminente realizzazione degli impianti di meccanizzazione e di installazione delle casse automatiche.
Il Tribunale accoglieva la domanda della controparte, dichiarando l'inefficacia del recesso esercitato dall'appaltante e la conseguente persistenza del contratto intercorso tra le parti. In sede di appello, la Corte territoriale ribaltava il giudizio di primo grado sostenendo la legittimità del recesso nonostante l'incongruità del termine di preavviso assegnato che doveva ritenersi fissato in sessanta giorni decorrenti dalla ricezione della missiva.

La società propone ricorso per cassazione contestando la facoltà di recesso dell'ente locale.

Nel merito, che l'inquadramento sistematico della fattispecie è stato correttamente compiuto dalla Corte d'Appello. Ed invero, ex art. 1677 c.c., ove l'appalto abbia ad oggetto prestazioni continuative o periodiche di servizi, si osservano, in quanto compatibili, le norme dedicate all'appalto nonché quelle relative al contratto di somministrazione.

Ciò detto, la Cassazione aderisce ad un indirizzo intermedio il quale discrimina l'individuazione del regime applicabile in relazione alla natura determinata o indeterminata della durata dell'appalto continuativo o periodico di servizi.
Con riferimento all'appalto di servizi a tempo determinato, la previsione di un termine di durata, scaduto il quale senza disdetta l'appalto si rinnova, non impedisce di esercitare il diverso diritto potestativo di recesso ad nutum ex art. 1671 c.c..
Per quanto riguarda il contratto a tempo indeterminato, il recesso che ciascuna delle parti (non solo l'appaltante ma anche l'appaltatore) intenda esercitare dal rapporto postula che esso avvenga previo avviso nel termine pattuito in contratto o in quello stabilito dagli usi o, in mancanza, in un termine congruo (secondo valutazione rimessa all'apprezzamento del giudicante), avuto riguardo alla natura del servizio appaltato (senza la previsione di alcun indennizzo).
La necessità del preavviso, spiega la Cassazione, «integra quel minimo di "procedimentalizzazione" esigibile nella fattispecie, allo scopo di assegnare, sia al somministrante (e così all'appaltatore di servizi), sia al somministrato (e così al committente di servizi), un tempo ragionevolmente necessario per "riorientarsi" nel mercato e trovare così, rispettivamente, una collocazione alternativa della propria produzione o una fonte alternativa di approvvigionamento».

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