
L'incompatibilità, che sussiste anche per la fase cautelare, sorge dal momento in cui viene comunicata l'informazione di garanzia al rappresentante legale che sia autore del reato tributario presupposto della responsabilità amministrativa dell'ente.
Il Tribunale dichiarava inammissibile la richiesta di riesame proposta nell'interesse di una s.r.l., in persona del legale rappresentante, contro il sequestro preventivo disposto nei confronti dello stesso legale rappresentante e da eseguirsi in via diretta anche nei confronti della società medesima.
Secondo il Tribunale, la nomina del difensore...
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 9 luglio 2024, il Tribunale di Ancona ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame proposta nell'interesse di s.r.l., in persona del legale rappresentante, contro il sequestro preventivo - disposto nei confronti dello stesso legale rappresentante e da eseguirsi in via diretta anche nei confronti della medesima società - in relazione al reato di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000 e all'illecito amministrativo di cui all'art. 25-quinquiesdecies del d.lgs. n. 231 del 2001. Il Tribunale ha evidenziato che il legale rappresentante, indagato per il reato da cui dipende l'illecito amministrativo contestato alla società, ha nominato il difensore di fiducia conferendo la procura speciale. E non è ritenuta credibile la prospettazione difensiva secondo cui-non sapeva di essere indagato, perché lo stesso era a conoscenza del procedimento, in quanto destinatario del provvedimento di sequestro.
2. Avverso l'ordinanza, la società, rappresentata da difensori nominati da un legale rappresentante diverso da- ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamenta l'erronea applicazione degli artt. 39 e 40 del d.lgs. n. 231 del 2001, nonché degli artt. 322 e 324 cod. proc. pen.
Si sostiene, in particolare, che il ristretto termine di legge per l'impugnazione non avrebbe consentito la stessa ad opera di un legale rappresentante diverso dall'indagato. Si dovrebbe, infatti, relativizzare il portato dell'art. 39 del d.lgs. n. 231 del 2001 nella fase cautelare, ritenendo ammissibile la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo presentata dal difensore di fiducia nominato dal legale rappresentante dell'ente a condizione che, precedentemente o contestualmente all'esecuzione del sequestro, non sia stata comunicata l'informazione di garanzia prevista dall'art. 57 del medesimo d.lgs. Tale interpretazione consentirebbe un'effettiva tutela della posizione dell'ente, la quale sarebbe invece compromessa, vista la ristrettezza dei termini per l'impugnazione, se non fosse consentito di agire al legale rappresentante.
Un ulteriore di profilo critico sarebbe rappresentato dalla situazione della società unipersonale, nella quale l'unico socio è anche amministratore, come nel caso di specie; cosicché non potrebbe verificarsi alcun conflitto di interessi, essendovi uno stesso soggetto che, seppure in vesti diverse, amministra e partecipa totalmente alla società amministrata, come se si trattasse di una ditta individuale.
Dunque - ad avviso della difesa - o si ritiene ammissibile l'istanza di riesame e si afferma al contempo la relativa legittimazione del difensore nominato dalla persona fisica rappresentante dell'ente, seppure indagata per il diritto presupposto, ovvero si mantengono distinti i due profili, ritenendo validamente proposta l'istanza di riesame formulata dall'ente rappresentato da persona fisica poi rivelatasi indagata, ma rilevando la situazione di incompatibilità una volta emersa e traendone le conseguenze di legge. Ad avviso della difesa, nel caso in cui si adottasse questa seconda soluzione, il giudice dovrebbe prendere atto nel procedimento di riesame dell'incompatibilità del soggetto che rappresenta l'ente, pur dovendo ritenere correttamente instaurato il procedimento stesso. La conseguenza sarebbe la nomina di un difensore d'ufficio da parte del giudice del riesame al quale inviare l'avviso dell'udienza camerale ex art. 127 cod. proc. pen. Ciò lascerebbe intatto il diritto di difesa e consentirebbe nelle more all'ente di costituirsi con un difensore nominato da un nuovo legale rappresentante, soggetto non incompatibile.
2.2. Con un secondo motivo di doglianza, si lamenta la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta rilevanza delle iniziative personalmente assunte dal legale rappresentanze dell'ente, per la sua posizione personale. In particolare, si contesta il passaggio argomentativo del provvedimento in cui si valorizza in senso negativo il fatto che il legale rappresentante sia stato destinatario del provvedimento di sequestro, impugnato da lui anche personalmente. Secondo la difesa, non si è considerato che la richiesta di riesame a titolo personale è stata proposta solo perché il patrimonio del soggetto era stato attinto dalla misura del cautelare.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Quanto al primo motivo di doglianza - del quale deve dichiararsi la manifesta infondatezza - va premesso che, in tema di responsabilità da reato degli enti, il rappresentante legale indagato o imputato del reato presupposto non può provvedere, a causa di tale condizione di incompatibilità, alla nomina del difensore dell'ente, per il generale e assoluto divieto di rappresentanza posto dall'art. 39 del d.lgs. n. 231 del 2001. Più nello specifico, è inammissibile, per difetto di legittimazione rilevabile di ufficio ai sensi dell'art. 591, comma 1, lettera a), cod. proc. pen., la richiesta di riesame di decreto di sequestro preventivo presentata dal difensore dell'ente nominato dal rappresentante che sia imputato o indagato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo (ex plurimis, Sez. U, n. 33041 del 28/05/2015, Rv. 264310).
1.1.1. Tali note e consolidate affermazioni si attagliano perfettamente al caso in esame - come già ben evidenziato dal Tribunale - in cui la richiesta di riesame è stata proposta dal difensore dell'ente nominato dal rappresentante, indagato per il reato da cui dipende l'illecito amministrativo ascritto all'ente.
1.1.2. E non può trovare applicazione nel caso di specie il principio invocato dalla difesa, secondo cui, in tema di responsabilità da reato degli enti, è ammissibile la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo presentata, ai sensi dell'art. 324 cod. proc. pen., dal difensore di fiducia nominato dal rappresentante dell'ente secondo il disposto dell'art. 96 cod. proc. pen. ed in assenza di un previo atto formale di costituzione a norma dell'art. 39 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, a condizione che, precedentemente o contestualmente all'esecuzione del sequestro, non sia stata comunicata l'informazione di garanzia prevista dall'art. 57 del d.lgs. medesimo.
In primo luogo deve rilevarsi - quanto alla fattispecie concreta - che manca nel ricorso una compiuta prospettazione della mancata comunicazione dell'informazione di garanzia all'ente; cosicché il richiamo al principio in questione risulta meramente ipotetico.
In secondo luogo, va osservato, più in generale, che dalla motivazione della sentenza delle sezioni unite n. 33041 del 28/05/2015, emerge che il principio in questione non autorizza in ogni caso la nomina del difensore di fiducia e la successiva presentazione della richiesta di riesame nell'interesse dell'ente qualora il legale rappresentante sia imputato del reato dal quale nasce la responsabilità amministrativa dell'ente medesimo. Quest'ultima condizione, infatti, è inderogabilmente preclusiva, come emerge dalla ratio della disciplina, tesa ad evitare che l'impugnazione possa rappresentare uno strumento indebitamente utilizzato dal legale rappresentante per risolvere in concreto a suo favore il conflitto di interesse con l'ente.
1.1.3. Inammissibili sono anche i rilievi difensivi relativi ad una eventuale diversa disciplina che si dovrebbe applicare per le società unipersonali. In mancanza di un puntuale riferimento alla situazione di fatto da cui possa desumersi che la società in questione sia unipersonale, gli stessi devono ritenersi formulati in modo non specifico.
In ogni caso, deve ricordarsi, in punto di diritto che, in tema di responsabilità da reato degli enti, le società unipersonali a responsabilità limitata rientrano tra gli enti assoggettati alla disciplina dettata dal d.lgs. 9 giugno 2001, n. 231, essendo, a differenza delle imprese individuali, soggetti giuridici autonomi, dotati di un proprio patrimonio e formalmente distinti dalla persona fisica dell'unico socio (ex multis, Sez. 6, n. 45100 del 16/02/2021, Rv. 282291 - 01; Sez. 6, n. 49056 del 25/07/2017, Rv. 271564 - 01). Dunque, il trattamento preferenziale richiesto nel caso di specie dalla difesa della ricorrente - nel senso che la commistione fra legale rappresentante e società escluderebbe un conflitto di interessi - non trova giustificazione giuridica.
1.1.4. Parimenti inammissibili sono le considerazioni difensive con le quali si invoca un principio generale di tutela dell'ente rispetto ad iniziative cautelari.
Come già evidenziato, la prospettazione della ricorrente presuppone una situazione di fatto che è stata smentita dall'ordinanza impegnata, nella quale si afferma che l'imputato conosceva pienamente l'imputazione sia propria che dell'ente prima di procedere alla nomina del difensore e alla proposizione della richiesta di riesame nei confronti dell'ente. E in punto diritto deve ribadirsi quanto già sopra evidenziato circa la totale preclusione di ogni azione giudiziaria, anche in fase cautelare, in nome e per conto dell'ente per il legale rappresentante che si è indagato o imputato del reato presupposto
1.2. Quanto appena evidenziato, si attaglia al secondo motivo di censura il quale deve essere ritenuto formulato in modo non specifico, perché non tiene conto della circostanza fattuale, ritenuta decisiva dal Tribunale, secondo cui l'imputato era a conoscenza del procedimento per essere stato lui stesso destinatario del provvedimento di sequestro, che riguardava sia la sua posizione sia quella della società.
2. Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in€ 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.