
Svolgimento del processo
1. La Corte d’Appello di Bari con la sentenza n. 96 del 2021, pronunciando sull’appello principale dell’Università degli Studi di X e sull’appello incidentale della lavoratrice, ha rigettato l’appello principale e in accoglimento dell’appello incidentale, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato l’Università degli Studi di X al pagamento in favore della lavoratrice delle spese del primo grado di giudizio. liquidate in euro 3.600,00 oltre accessori.
2. Il Tribunale accogliendo la domanda della lavoratrice aveva dichiarato il diritto della stessa al conguaglio della retribuzione piena in relazione al periodo di sospensione cautelare dal servizio da aprile 2008 a febbraio 2013, condannando l’Università a corrispondere la somma di euro 46.334,90 quali differenza del 50% della retribuzione piena per il periodo indicato, oltre interessi e rivalutazione come per legge.
3. Occorre premettere che la lavoratrice dipendente dell’Università di Bari dal 1° gennaio 1998, con inquadramento C2, posizione economica 3, del CCNL Università, in relazione a un procedimento penale, era stata sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari e rinviata a giudizio
In ragione di ciò, con decreto rettorale n. 4837 del 3 aprile 2008, la lavoratrice prima era stata sospesa dal servizio obbligatoriamente ai sensi dell’art. 48 del CCNL, con l’attribuzione di un’indennità pari al 50% della retribuzione. Il 10 aprile 2008 era stato avviato il procedimento disciplinare poi sospeso con provvedimento del 18 aprile 2008 fino all’esito del procedimento penale.
Preso atto della gravità dei fatti, la sospensione era stata prorogata con vari provvedimenti fino al 18 gennaio 2013.
Il giudizio penale si era concluso con sentenza del Tribunale di Bari n. 3550 del 2016 di non doversi procedere nei confronti della lavoratrice per i reati a lei ascritti perché estinti per prescrizione.
In data 14 luglio 2016 era stato riaperto il procedimento disciplinare concluso, a seguito di istruttoria, con l’archiviazione.
4. Il Tribunale aveva riconosciuto il diritto della lavoratrice al conguaglio, in ragione della valutazione della condotta della lavoratrice che era stata fatta dal datore di lavoro con l’archiviazione del procedimento disciplinare.
La Corte d’Appello nel confermare la sentenza del Tribunale, dopo avere ripercorso le norme contrattuali che vengono in rilievo, quanto al riconoscimento del conguaglio, ha affermato che il diritto al conguaglio nel caso della riattivazione del procedimento disciplinare segue la sorte del procedimento disciplinare ed è riconosciuto se e in misura strettamente collegata alla decisione dell’amministrazione sul procedimento disciplinare. Ha accolto l’appello incidentale sulla mancata condanna alle spese dell’amministrazione pur soccombente nel giudizio di primo grado.
5. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre l’Università degli Studi di X, prospettando due motivi di ricorso.
6. Resiste la lavoratrice con controricorso, assistito da memoria.
Motivi della decisione
1. Preliminarmente va disattesa l’eccezione della lavoratrice di prospettazione di domanda nuova da parte dell’Università degli Studi di Bari.
Risulta dalla stessa sentenza di appello che l’Amministrazione chiedeva la riforma della sentenza del Tribunale in ragione della prospettata erronea interpretazione dell’art. 48 del CCNL di Comparto, effettuata dal giudice di primo grado, che disciplina la sospensione cautela in caso di procedimento penale e gli effetti della stessa sul trattamento retributivo.
Ciò trova riscontro nell’atto di appello (pag. 6 del ricorso in appello dell’Università) in cui si rileva che l’Università ha dedotto che non era dato sapere sulla quale base giuridica il Tribunale avesse riconosciuto il diritto della lavoratrice a percepire somme legittimamente non erogate alla lavoratrice stessa durante il periodo di allontanamento dal servizio imposto dalla legge attesa la misura custodiale degli arresti domiciliari.
Si tratta, quindi, di un profilo di diritto compreso nel thema decidendum devoluto dalle parti al giudice del merito.
Va’ altresì rilevata la coerenza delle censure con il paradigma normativo dell’art. 360, e 366, cod. proc. civ.
2. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione ex art. 360, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., dell’art. 48 del CCNL 2006-2009 (ex art. 47 del CCNL del 27 gennaio 2005). Violazione di legge, errata applicazione delle norme che regolano la sospensione cautelare dal servizio. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Assume il ricorrente, nel premettere di aver chiesto in appello l’integrale riforma della sentenza di primo grado, invocando la corretta applicazione dell’art. 48 del CCNL, come riportato nella sentenza di appello (punto 4.1. della sentenza di appello) che la statuizione della Corte territoriale è erronea nella parte in cui ha disposto il diritto a conguaglio anche per i mesi di aprile, maggio, giugno e luglio 2008 in cui era efficace il provvedimento di sospensione obbligatoria. Ed infatti, la restitutio in integrum non può riguardare anche i periodi di sospensione obbligatoria.
3. Il motivo è fondato e va accolto.
L'istituto della sospensione cautelare nel pubblico impiego ha trovato una prima disciplina nel dPR n. 3/1957, per gli impiegati civili dello Stato, articoli da 91 a 99. Dopo la privatizzazione, con la stipula dei contratti collettivi della prima tornata contrattuale, la regolamentazione è stata fissata dalla contrattazione collettiva, secondo quanto disposto dal d.lgs. 165/2001.
Per le ipotesi di sospensione cautelare obbligatoria disposta, sempre a norma dell'articolo 91 DPR nr. 3/1957 o delle previsioni della contrattazione collettiva – nella specie l’art. 48, comma 1, del CCNL di Comparto, nel caso in cui il dipendente nell’ambito del procedimento penale venga sottoposto alla misura coercitiva della custodia cautelare, è stato escluso il diritto del dipendente alla restitutio in integrum, a prescindere dall'avvio e dall'esito del procedimento disciplinare, poiché la perdita della retribuzione si riconnette ad un provvedimento necessitato dallo stato restrittivo della libertà personale del dipendente (sul punto, Cass. 18 maggio 2020, n. 9095; Cass. 5 dicembre 2018, n. 31502; Cass. 26 aprile 2018, n. 10137; Cass. 10 agosto 2018, n. 20708, Cass. 10 ottobre 2016, n. 20321), che dà luogo alla impossibilità oggettiva del lavoratore a rendere la prestazione.
Nella fattispecie in esame, tuttavia, si osserva che la sospensione obbligatoria conseguiva all’irrogazione della misura cautelare degli arresti domiciliari e in tale ipotesi è l’impossibilità oggettiva e temporanea del dipendente ad adempiere alla prestazione di lavoro a determinare la sospensione dell’obbligo retributivo del datore di lavoro, ex artt. 1256 e 1463 cod. civ.
La esclusione della restitutio in integrum discende, dunque, dalla cesura del rapporto di corrispettività tra le prestazioni, a prescindere dagli esiti della vicenda disciplinare.
La restituito in integrum non è dovuta per il periodo in cui la sospensione cautelare del servizio è coincisa con l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, e dunque nella fattispecie in esame per il periodo in cui la sospensione è stata disposta ai sensi dell’art. 48, comma 1 del CCNL (“il personale che sia colpito da misura restrittiva della libertà personale è sospeso d'ufficio dal servizio con privazione della retribuzione per la durata dello stato di detenzione o comunque dello stato restrittivo della libertà”).
Di talchè, nel periodo, durante il quale alla lavoratrice era applicata la custodia cautelare degli arresti domiciliari, alla lavoratrice sospesa ai sensi dell’art. 48, comma 1, del CCNL, va riconosciuto, come previsto dal comma 7 “un'indennità pari al 50% della retribuzione fondamentale spettante ai sensi del presente CCNL, nonché gli assegni del nucleo familiare, ove spettanti”.
4. Con il secondo motivo di ricorso è prospettata violazione ai sensi dell’art. 360, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ. in relazione all’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., grave carenza da parte del giudice di merito nell’accertamento dei fatti. Motivazione assente e contraddittoria su un punto della controversia oggetto di discussione.
La Corte d’Appello non aveva illustrato le ragioni della decisione di riconoscere il conguaglio anche per il periodo di sospensione obbligatoria.
5. Il motivo è inammissibile, in quanto sia pure attraverso il paradigma delle censure di cui all’art. 360, cod. proc. civ., nella sostanza denuncia un vizio di motivazione, non rinvenibile nella specie laddove la Corte d’Appello, seppure con erronea statuizione che dà luogo all’accoglimento del primo motivo del ricorso in esame, ha esposto le ragioni del proprio convincimento. Ed infatti, il vizio di motivazione, rileva solo allorquando l’anomalia si tramuta in violazione della legge costituzionale, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”, sicché quest’ultima non può essere ritenuta mancante o carente solo perché non si è dato conto di tutte le risultanze istruttorie e di tutti gli argomenti sviluppati dalla parte a sostegno della propria tesi.
6. Il primo motivo di ricorso va accolto, inammissibile il secondo motivo di ricorso.
La sentenza di appello va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’Appello di Bari che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso. Inammissibile il secondo motivo. Cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Bari in diversa composizione.