|
Il caso sottoposto alla Corte di Cassazione concluso con la pubblicazione della sentenza n. 35840 in data 22 novembre 2021 riguarda il riconoscimento o meno nel nostro ordinamento della c.d. adozione mite, quell'adozione, cioè, che a differenza dell'adozione piena non recide i legami con i genitori biologici e la famiglia d'origine. |
|
La Corte d'Appello, nel respingere la domanda dei genitori biologici tesa a realizzare la c.d. adozione mite, affermava che tale tipo di adozione «non è previsto dall'ordinamento vigente, trattandosi di una forma intermedia tra adozione ordinaria e affidamento familiare, che crea uno stabile rapporto col minore senza recidere i rapporti con la famiglia d'origine». |
|
Nel caso di specie, la Corte di Appello, con la sentenza impugnata, discostandosi dalle conclusioni a cui era giunta la consulenza tecnica, senza alcuna motivazione specifica negava il ricorso all'adozione mite per il sol fatto che non si tratta di un istituto noto alla normativa vigente. |
Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza (ud. 15 marzo 2021) 22 novembre 2021, n. 35840
Svolgimento del processo
1.- Con sentenza depositata nel marzo 2019, il Tribunale per i minorenni di Venezia ha dichiarato lo stato di adottabilità di I.T., R.T. e V.T.. Avverso questa pronuncia i genitori dei minori, N.T. e B.M. hanno proposto impugnazione avanti alla Corte di Appello di Venezia. Che la ha respinto, con sentenza depositata in data 26 novembre 2019.
2.- In apertura di motivazione, la Corte territoriale ha riferito che il CTU, depositando la propria relazione, aveva propeso «per una soluzione che nel concreto non interrompesse il legame e il rapporto tra dei genitori con i figli», nel contempo sottolineando, peraltro, che i genitori non erano da soli in grado di farsene carico in maniera adeguata: «le loro risorse non possono essere sufficienti per reggere la delicata e complessa gestione dei tre figli, che presentano anche della problematiche che non sono di facile gestione neppure per persone che sono maggiormente dotate». E ha aggiunto che, sulla base di questi rilievi, il CTU era giunto alla conclusione di indicare l'applicazione in fattispecie dell'istituto della c.d. adozione mite. Valutando negativamente tale indicazione, la Corte territoriale ha affermato che l'adozione mite è «istituto che, com'è noto, non è previsto dalla legislazione vigente, trattandosi di una forma intermedia tra adozione ordinaria e affidamento familiare, che crea uno stabile rapporto con il minore senza recidere i rapporti con la famiglia di origine».
3.- Nel prosieguo, la Corte territoriale ha osservato che l'elaborato peritale aveva rilevato che il «padre è affetto da una patologia psichiatrica, che va inquadrata nell'ambito dello spettro schizofrenia in cui la componente paranoidea risulta prevalente e si esprime attraverso una forma di gelosia patologica nei confronti della moglie»; e che la madre risulta a sua volta affetta da una «forma di disturbo ansioso». Ha precisato che il padre risulta privo di occupazione e che la madre riceve, per un impego come tirocinante in una Onlus locale, una indennità mensile lorda di €315.00. Posti questi dati, la Corte ha ritenuto che il quadro di riferimento, che ne emerge, si manifesta «troppo precario per offrire garanzie sufficienti ai tre bambini» (rispettivamente di tredici, sette e cinque anni di età), che «costituirebbero un impegno gravoso anche in contesti familiari in migliori condizioni».
4.- Nel confermare lo stato di adottabilità dei minori, la Corte territoriale ha reputato, tuttavia, come il «legame fra i tre fratelli non debba in alcun modo essere reciso», la CTU sottolineando che una simile evenienza avrebbe sicuramente avuto ricadute pregiudizievoli per i ragazzi. In parziale riforma della sentenza del primo grado, la decisione ha così disposto che per i «tre fratelli I, R. e V. siano previsti regolari contatti reciproci con cadenza almeno settimanale, anche se collocati in famiglie diverse».
5.- Avverso la sentenza della Corte di Venezia, N. T. e B.M. hanno proposto ricorso per cassazione, affidandolo a otto motivi. Non ha svolto difese in questo grado del giudizio l'avvocata S.M., tutore dei minori. E così ha fatto anche la Procura Generale presso la Corte di Venezia.
6.- I ricorrenti hanno anche depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ.
Motivi della decisione
7.- I motivi di ricorso sono stati intestati nei termini qui di seguito riportati. Primo motivo: «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. per non avere la Corte di Appello pronunciato sulla domanda tesa a ottenere il mantenimento dei contatti coi genitori, nonostante le chiare risultanze della CTU in tal senso». Secondo motivo: «nullità della sentenza ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ., per non avere la Corte di Appello pronunciato sulla domanda subordinata tesa alla pronuncia di "adozione mite o aperta" e sulla domanda dei ricorrenti e del Procuratore generale resa al mantenimento dei rapporti figli - genitori». Terzo motivo: «V. zione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 cod. proc civ. degli artt. 29, 30, 31 e 32 Cost.; 1 e 8 legge n. 184/183; 7, 8 e 9 Conv. New York del 1989 (legge n. 176/1991); 24 Carta di Nizza; 8 Conv. Roma del 1950 (legge n. 848/1955) per avere la Corte di Appello confermato la dichiarazione di adottabilità omettendo ogni valutazione del pregiudizio derivante ai minorenni dalla interruzione dei rapporti con la famiglia di origine, segnalato dalla CTU». Quarto motivo: «Violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 cod. proc civ. degli artt. 29, 30, 31 e 32 Cost.; 1, 8 e 12 legge n. 184/183; 7, 8 e 9 Conv. New York del 1989 (legge n. 176/1991); 24 Carta di Nizza; 8 Conv. Roma del 1950 (legge n. 848/1955), per non avere la Corte di Appello previsto un progetto di sostegno adeguato in relazione alle circostanze evidenziate dalla CTU». Quinto motivo: «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., per non avere la Corte di Appello valutato i progressi compiuti dai genitori come risultati dalla CTU». Sesto motivo: «Violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 cod. proc civ. degli artt. 15 comma 2 legge n. 184/183; 315 bis, 336 e 336 bis, cod. civ.; 12 Conv. New York del 1989 (legge n. 176/1991); 3 Conv. Strasburgo 1996 (legge n. 77/2004), per non avere la Corte di Appello proceduto all'ascolto della minorenne ultra dodicenne, né motivato circa la possibile contrarietà dell'ascolto all'interesse della stessa». Settimo motivo: «Violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. dell'art. 5 legge n. 184/183, per non avere la Corte di Appello provveduto all'audizione delle coppie scelte per il collocamento "a rischio giuridico" dei minori. Ottavo motivo: «Violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 cod. proc civ. degli artt. 111 comma 5 Cost.; 8 e 13 Conv. Roma 1950 (legge n. 848/1955); 5 comma 1 e 10 comma 2 legge n. 184/1983, per non avere la Corte di Appello rilevato la nullità in cui era incorso il giudice di prime cure il quale aveva audito le coppie scelte per il collocamento "a rischio giuridico" dei minori, escludendo i difensori dall'udienza e omettendo di rendere disponibile in atti il verbale e non consentendo di fatto alle parti di poter dedurre nel merito».
8.- Il primo e il secondo motivo di ricorso vanno esaminati in modo unitario, posto che entrambi vengono sostanzialmente a convergere sulla medesima tematica, che è rappresentata dalla figura dell'adozione c.d. mite. La sentenza impugnata - rilevano in specie i ricorrenti -, se «ha disposto il ripristino dei contatti tra i fratelli, non ha però pronunciato sulle altre domande tese a "mitigare" gli effetti della dichiarazione di adottabilità consentendo il mantenimento dei contatti coi genitori». Per questo profilo la decisione non ha preso in considerazione «alcuna soluzione intermedia»: senza nemmeno tenere conto del pregiudizio, pur evidenziato dal consulente, che i minori avrebbero patito sul piano psicologico e psicopatologico dalla cesura definitiva della relazione con la coppia genitoriale e senza nemmeno esaminare l'espressa domanda dei ricorrenti di potere mantenere contatti con i propri figli. In realtà - proseguono i ricorrenti -, la domanda, che così è stata articolata, «si inserisce in un filone giurisprudenziale oramai consolidato, secondo il quale la miglior forma di accoglienza di un minore che si trovi in stato di abbandono non implica necessariamente la netta recisione di ogni legame con la famiglia di origine». Si è così venuta a sviluppare, in particolare, una nozione rilevante di «semi abbandono permanente». Nel cui ambito va ricompreso - così si sostiene - anche il caso presentato dalla fattispecie concreta, in cui «la famiglia di origine, pur carente, ha nella vita del minore un ruolo in un certo qual modo positivo»: non può essere ritenuto rispondente all'interesse del minore, quindi, recidere definitivamente questo legame.
9.- Il primo e il secondo motivo di ricorso sono fondati.
10.- A fronte delle richieste degli appellanti (e attuali ricorrenti), che (in via subordinata) istavano perché fosse disposta «adozione mite o aperta con espressa previsione per i genitori di poter far parte del progetto, incontrando i minori», la sentenza della Corte veneziana ha chiuso l'argomento affermando che tale istituto rimane senz'altro estraneo al vigente sistema di legge. Una simile affermazione, tuttavia, si mostra in contrasto con il dato normativo, secondo l'orientamento che, negli ultimi anni, è venuto a sviluppare la giurisprudenza di questa Corte.
11.- In particolare, la Corte ha chiarito che questa forma di adozione trova il suo fondamento nella norma dell'art. 44, lett. d) legge n. 184/1983 («adozione in casi particolari» - «i minori possono essere adottai anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell'art. 7: ... quando vi sia la constata impossibilità di affidamento preadottivo»), che è da intendere come «clausola di chiusura del sistema». Nel contempo, pure è stato precisato che tale forma di adozione si struttura in modo nettamente differente - quanto a presupposti (v. nei prossimi numeri) e quanto a effetti - dall'adozione c.d. piena o legittimante. In particolare, se quest'ultima è «costitutiva di un rapporto sostitutivo di quello di sangue, con definitivo ed esclusivo inserimento in una nuova famiglia» del minore, quella ex art. 44 lett.d) crea, invece, «un vincolo di filiazione giuridica che si sovrappone a quello di sangue, non estinguendo il rapporto» del minore «con la famiglia di origine, pur se l'esercizio della responsabilità genitoriale spetta all'adottante» (le frasi trascritte tra virgolette sono tratte dalla pronuncia di Cass. Sezioni Unite, 13 maggio 2020, n. 8847).
12.- Nel contesto della prospettiva in discorso (di specifico riconoscimento della figura dell'adozione mite) è da richiamare, prima di tutto, la pronuncia di Cass., 22 giugno 2016, n. 12962. Questa pronuncia ha chiarito che - a differenza della legittimante - «l'adozione in casi particolari può essere dichiarata anche a prescindere dalla sussistenza di una situazione di abbandono del minore adottando»: tale situazione, cioè, «non costituisce limite normativo all'applicazione ... dell'ipotesi descritta nella lett. d)» della norma dell'art. 44. E ha pure messo in chiara evidenza - riprendendo gli spunti forniti dalla sentenza n. 383/1999 della Corte Costituzionale - che il principio ispiratore della normativa dell'adozione in casi speciali è, secondo quanto del resto vale per l'intera disciplina dell'adozione, «effettiva realizzazione degli interessi del minore» (sulla linea della «preminenza del suo best interest»).
13.- Nell'espresso richiamo di tale precedente, la pronuncia di Cass.,13 febbraio 2020, n. 3643 ha poi puntualizzato che nel nostro ordinamento, con modelli di adozione, fondati sulla radicale recisione del rapporto con genitori biologici, ne convivono altri, «che escludono la ricorrenza di tale requisito». La «natura di ipotesi residuale e aperta» dell'art. 44 lett. d) consente dunque al sistema vigente di possedere la «pluralità di forme di genitorialità adottive volte dal legislatore». Nei fatti - si è in via ulteriore precisato -, «adozione legittimante è l'extrema ratio», a cui si perviene allorché «non si ravvisa alcun interesse per il minore di conservare una relazione con i genitori biologici», per lo stato di abbandono in cui questi si trova o per il grave danno che il perdurare del relativo legame potrebbe recare allo sviluppo equilibrato della sua personalità individuale. Se il preminente interesse del minore lo richiede, dunque, occorre pur sempre «verificare la possibilità» e concreta percorribilità di un «modello di adozione compatibile con la non recisione dei legami con il genitore biologico».
14.- La più recente decisione di Cass., 25 gennaio 2021, n. 1476 ha sottolineato, a sua volta, come la pluralità di modelli di adozione presenti nel nostro ordinamento imponga - «in armonia con le affermazioni di principio della Corte europea e con le previsioni di diritto interno che prevedono il diritto prioritario del minore a essere cresciuto e allevato nella sua famiglia di origine» - di valutare, caso per caso e quindi tenendo conto delle peculiarità delle singole fattispecie concrete, il «ricorso al modello di adozione che non recida in toto i rapporti del minore con la famiglia di origine». Tale modello sembra in modo particolare adattarsi - si è ancora osservato in una prospettiva (ormai) fortemente applicativa - ai casi di abbandono «semipermanente o anche ciclico», in cui alla sussistenza di una pur «grave fragilità genitoriale» si associa purtuttavia la permanenza di un «rapporto affettivo significativo»: sì da manifestare opportuno, sempre nel prioritario interesse del minore, che all'accoglienza nella nuova famiglia si accompagni la «permanenza di rapporti di fatto e giuridici con la famiglia di origine».
15.- Ne segue, in conclusione, che la Corte di Appello di Venezia - oltre a prescrivere una continuativa frequentazione dei fratelli, secondo quanto correttamente ha disposto (sopra, n. 4) - avrebbe dovuto procedere ad accertare se e come, nella specie, fosse armonizzabile l'interesse al mantenimento del rapporto affettivo coi genitori biologici con quello all'accoglienza in un nuovo nucleo familiare.
16.- L'accoglimento dei primi due motivi di ricorso comporta assorbimento del terzo, del quarto e del quinto motivo. Come pure del settimo e ottavo motivo.
17.- Il sesto motivo di ricorso rileva che i giudici del merito (tanto il Tribunale, quante la Corte di Appello) non hanno proceduto all'ascolto di I.T., nonostante la minore abbia compiuto, nelle more del giudizio, il dodicesimo anno di età; e che neppure hanno motivato circa tale omissione. L'omissione del primo grado - si aggiunge - è stata anche rilevata nell'ambito del ricorso in appello presentato dai genitori.
18.- Il motivo merita di essere accolto. È principio acquisito, nella giurisprudenza di questa Corte, che il tribunale deve, «a pena di nullità della pronuncia, procedere all'ascolto del minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore se capace di discernimento, salvo che ritenga di omettere tale incombente con adeguata motivazione» (cfr., da ultimo, Cass., 11 giugno 2021, n. 16569).
19.- In conclusione, vanno accolti il primo, il secondo e il sesto motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Di conseguenza va cassata la sentenza impugnata e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Venezia, che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo e il sesto motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Venezia, che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità. In caso di diffusione, omettere le generalità.