|
L'ordinanza della seconda sezione civile della Cassazione del 3 dicembre 2021, n. 38271 ha avuto modo di chiarire ulteriormente (ed opportunamente) un aspetto del tormentato e delicato rapporto tra la mediazione e il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. L'aspetto è quello dell'individuazione della parte onerata dell'avvio della mediazione – in questo caso delegata – con le importanti conseguenze sul dilemma se l'improcedibilità della domanda per mancato esperimento della mediazione debba portare alla revoca del decreto ingiuntivo oppure alla sua definitività. Nel caso di specie era accaduto che una parte avesse impugnato con opposizione tardiva un decreto ingiuntivo avente ad oggetto la restituzione di una somma per una promessa di acquisto non seguita dal definitivo. Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il Tribunale aveva disposto una mediazione delegata ai sensi del secondo comma dell'art. 5 del D.Lgs. n. 28/2010 assegnando il termine di 15 giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Non essendo stata presentata la domanda il Tribunale aveva dichiarato l'improcedibilità dell'opposizione con statuizione poi confermata dalla Corte di appello. Secondo l'opponente, però, la norma sulla mediazione demandata non avrebbe potuto essere applicata ratione temporis e, in ogni caso, l'onere di attivare la mediazione non avrebbe dovuto essere fatto ricadere sul debitore-opponente, bensì sul creditore – opposto. |
|
Orbene, secondo la Corte di Cassazione innanzitutto occorre richiamare l'attenzione sul fatto che è vero che originariamente la mediazione demandata era facoltativa (nel senso che, nella versione originaria del D.Lgs. n. 28 del 2010 era subordinata all'adesione delle parti all'invito del giudice), ma con il decreto del Fare del 2013 (entrato in vigore il 21 agosto 2013) è divenuta condizione di procedibilità a prescindere dalla volontà delle parti. A tal proposito è vero che la norma è entrata in vigore dopo l'introduzione del giudizio di primo grado, ma quella norma «è disposizione processuale, per la quale vale il principio tempus regit actum così che legittimamente il giudice dell'opposizione [a decreto ingiuntivo] il 4 aprile 2014 ha disposto l'esperimento del procedimento di mediazione e ha sanzionato con l'improcedibilità la mancata, tempestiva proposizione della relativa domanda». Peraltro, nulla vieta a giudice di disporre la mediazione delegata (oltre che nelle materia in cui è già prevista l'obbligatorietà della mediazione ai sensi dell'odierno comma 1 bis dell'art. 5) nelle materie – come quella del caso di specie – dove non è già prevista l'obbligatorietà e con le conseguenze dell'improcedibilità della domanda ove la mediazione non dovesse essere avviata. Anzi, la giurisprudenza di merito ha avuto occasione di precisare che «il fatto che nel processo sia stato già svolto un tentativo di mediazione ex art. 5, comma 1-bis ovvero comma 3 non impedisce al giudice di poter disporre un tentativo di mediazione delegata poiché "trattandosi di modelli diversi e non alternativi, che si sviluppano con presupposti, forza ed efficacia non sovrapponibili"» (in questo senso, ad esempio, Trib. Roma sez. XIII, 09 ottobre 2015; Trib. Verona, ordinanza del 27 gennaio 2014 e Trib. Prato, 16 gennaio 2012). Nessun dubbio quindi che il giudice dell'opposizione potesse a quella data disporre una mediazione delegata e che, nel caso di mancato avvio del procedimento (come effettivamente avvenne) potesse (rectius dovesse) pronunciare l'improcedibilità. Senonchè – ed è questo l'aspetto sul quale la Cassazione ha fatto ulteriore chiarezza – l'onere di attivare la mediazione nelle cause di opposizione a decreto ingiuntivo spetta al creditore opposto (come condivisibilmente chiarito dalle Sezioni Unite nel 2020) anche nell'ipotesi di mediazione delegata |
|
Il principio che è onere del creditore opposto attivare la mediazione «non può non trovare applicazione anche per le ipotesi di mediazione delegata dal giudice, ove il mancato esperimento è identicamente sanzionato con l'improcedibilità della domanda». Ne è derivata la conclusione che «il giudice di appello … avrebbe dovuto sì confermare l'improcedibilità del giudizio di opposizione, ma pronunciare la revoca del decreto ingiuntivo». A mio avviso, peraltro, questa soluzione deve essere applicata anche nell'analogo (per i fini che qui interessano) procedimento di convalida di licenza e sfratto e successivo giudizio di merito. |
Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza (ud. 6 luglio 2021) 3 dicembre 2021, n. 38271
Svolgimento del processo
1. Con atto di citazione notificato il 23 maggio 2013 M.O. instaurava giudizio di opposizione, tardiva ex art. 650 c.p.c., avverso il decreto, emesso il 15 aprile 2010, che gli aveva ingiunto il pagamento di euro 42. 713 a titolo di restituzione della somma corrisposta in ragione della promessa di acquisto di terreno edificabile, non essendo le parti addivenute alla stipulazione del definitivo, contestando la regolarità della notificazione del ricorso e del decreto, nonché la sussistenza del credito. Tenutasi la prima udienza il 13 novembre 2013, con ordinanza riservata del 4 aprile 2014 il Tribunale di Rimini rigettava l'istanza di sospensione dell'esecutività del decreto e disponeva l'esperimento del procedimento di mediazione ex art. 5, comma 2 del d.lgs. 28/2010, assegnando il termine di 15 giorni per presentare la domanda. Con ulteriore ordinanza del 18 luglio 2014 il Tribunale rilevava l'improcedibilità del giudizio di opposizione a causa della mancata, tempestiva proposizione della domanda di mediazione e fissava udienza per la discussione ex art. 281-sexies il 30 luglio 2014; in tale data, con sentenza n. 965/2014, dichiarava l'improcedibilità dell'opposizione.
2. La sentenza era impugnata da O. La Corte d'appello di Bologna, con sentenza 26 gennaio 2016, n. 146, ha respinto il gravame, confermando la declaratoria di improcedibilità dell'opposizione e specificando che l'onere di attivare la mediazione disposta dal giudice grava sulla parte che nella fattispecie ritiene di avere interesse al proseguimento giudizio, senza distinzione tra opponente e opposto.
2. Avverso la pronuncia ricorre per cassazione M.O.. L.R. resiste con controricorso. Il ricorrente e il controricorrente hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
I. Il ricorso è articolato in due motivi.
1) Il primo motivo denuncia "nullità della sentenza o del procedimento per errata applicazione dell'art. 5 della legge [rectius, d.lgs.] 28/2010, inapplicabilità della norma al caso di specie, mancata pronuncia in relazione alle domande spiegate in sede di opposizione tardiva": il richiamato art. 5 non troverebbe applicazione al caso in esame perché non efficace al tempo dell'introduzione del giudizio. Il motivo è infondato. È vero - come sostiene il ricorrente – che l'obbligatorietà del procedimento di mediazione delegato dal giudice (facoltativo secondo la formulazione introdotta nel 2010, che subordinava il procedimento all'adesione delle parti all'invito del giudice) è stata introdotta nel 2013, dall'art. 84 del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, con disposizione applicabile decorsi trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto (la legge 9 agosto 2013, n. 98, in vigore dal 21 agosto 2013), data successiva all'introduzione del giudizio di opposizione. Il ricorrente però non considera che la disposizione, che appunto prevede che il giudice dispone l'esperimento del procedimento di mediazione e che tale esperimento è condizione di procedibilità della domanda, è disposizione processuale, per la quale vale il principio tempus regit actum, così che legittimamente il giudice dell'opposizione il 4 aprile 2014 ha disposto l'esperimento del procedimento di mediazione e ha sanzionato con l'improcedibilità la mancata, tempestiva proposizione della relativa domanda.
2) Il secondo motivo riporta "nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'eccezione di carenza di legittimazione passiva del ricorrente e alla mancata revoca del decreto ingiuntivo opposto in osservanza dell'interpretazione fornita dell'art. 5 d.lgs. 28/2010; violazione e falsa applicazione dell'art. 5 d.lgs. 28/2010 in relazione alla materia trattata e alla sentenza n. 272/2012 della Corte costituzionale, nonché in contrasto con la legge 69/2009 e con gli artt. 644, 647, 650 e 653 c.p.c.": la mediazione delegata sarebbe possibile solo nell'ambito delle materie di cui al primo comma del richiamato art. 5; al di fuori di queste materie "la mediazione non può mai essere obbligatoria e comportare l'improcedibilità della domanda in caso di omesso espletamento"; in ogni caso il Tribunale, una volta dichiarata l'improcedibilità dell'opposizione, avrebbe dovuto revocare il decreto ingiuntivo opposto per mancato espletamento del tentativo di mediazione da parte dell'opposto, attore sostanziale del procedimento. Il motivo è, nella sua prima parte, infondato. Il comma 2 del richiamato art. 5, nel prevedere che il giudice, "valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l'esperimento del procedimento di mediazione", ovviamente si riferisce alle ipotesi in cui la mediazione non è già obbligatoria ai sensi del comma 1-bis del medesimo articolo (il comma 2 si apre d'altro canto con l'incipit "fermo quanto previsto dal comma 1-bis") e che in tal caso al mancato esperimento della mediazione segua l'improcedibilità della domanda è espressamente previsto dalla disposizione. Fondato è invece il rilievo contenuto nella seconda parte del motivo. Affermata la vigenza, rispetto al caso di specie, della facoltà per il giudice dell'opposizione di disporre, ai sensi del comma 2 del richiamato art. 5, l'esperimento del procedimento di mediazione e che tale esperimento era condizione di procedibilità del giudizio di opposizione, la Corte d'appello ha errato nel ritenere che "l'onere di attivare la mediazione disposta dal giudice grava sulla parte che nella fattispecie ritiene di avere interesse al proseguimento giudizio, senza distinzione tra opponente e opposto". Le sezioni unite di questa Corte, con la pronuncia n. 19596/2020, hanno infatti asserito che "nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con richiesta di decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo". Tale principio, espressamente affermato dalle sezioni unite per le ipotesi di mediazione obbligatoria di cui al comma 1-bis dell'art. 5, non può non trovare applicazione anche per le ipotesi di mediazione delegata dal giudice, ove il mancato esperimento è identicamente sanzionato con l'improcedibilità della domanda. Il giudice d'appello, pertanto, avrebbe dovuto sì confermare l'improcedibilità del giudizio di opposizione, ma pronunciare la revoca del decreto ingiuntivo.
II. Il ricorso va pertanto accolto sotto il profilo appena esaminato e la sentenza impugnata deve essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, dichiarando l'improcedibilità del giudizio di opposizione, nonché la revoca del decreto ingiuntivo opposto. Dato che le questioni trattate hanno visto divisa la giurisprudenza di merito e che questa Corte ha inizialmente addossato all'opponente l'onere di promuovere il procedimento di mediazione (v. Cass. 24629/2015), il Collegio ritiene che vadano compensate integralmente tra le parti le spese dei tre gradi di giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara improcedibile il giudizio di opposizione e revoca il decreto ingiuntivo opposto; compensa tra le parti le spese dei tre gradi di giudizio.