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10 dicembre 2021
Penale e processo
Chi autorizza l’acquisizione dei dati di traffico telematico e telefonico?

L'acquisizione dei dati di traffico telematico e telefonico rappresenta un tema particolarmente sensibile e sul quale, oltre alla giurisprudenza nazionale ed europea, è recentemente intervenuto il legislatore nazionale. Una delle domande principali – specialmente dopo l'intervento della giurisprudenza europea e prima della nuova legge in materia - è se a quell'acquisizione possa procedere il pubblico ministero autonomamente oppure sia necessario l'intervento del giudice per le indagini preliminari (preventivo ovvero successivo in caso d'urgenza).

di Avv. Fabio Valerini
Il caso

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La sentenza della quinta sezione penale della Cassazione del 9 dicembre 2021, n. 45275 si è pronunciata su un profilo molto delicato delle indagini informatiche anche dal punto di vista ordinamentale con riferimento al tema della data retention.

In particolare, la sentenza si è occupata dell'acquisizione dei dati di traffico telematico e telefonico rispondendo alla domanda se (prima della novella del 2021 e dopo la sentenza della Corte di Giustizia di marzo 2021) all'acquisizione di quei dati possa procedere il pubblico ministero autonomamente oppure sia necessario l'intervento del giudice per le indagini preliminari.

Nel caso di specie, infatti, era accaduto che il Pubblico Ministero nell'ambito di un'indagine a carico di ignoti per il reato di sostituzione di persona avvenuta tramiteInstagram e che aveva coinvolto più persone, avesse, in prima battuta, disposto l'acquisizione in via d'urgenza dei file di .log di due account Instagram dai quali avevano avuto origine le intrusioni informatiche e, poi, avesse richiesto al giudice per le indagini preliminari la convalida argomentando dalla recente sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 2 marzo 2021 nella causa C-746/18 H.K.

Poiché il Giudice per le indagini preliminari aveva dichiarato il non luogo a provvedere sulla richiesta, il pubblico ministero aveva proposto ricorso per cassazione deducendo l'abnormità del provvedimento che, per incidens, aveva anche determinato una stasi del procedimento impedendo le determinazioni relative all'esercizio dell'azione penale.

Il diritto

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Per la Corte di Cassazione il provvedimento del giudice per le indagini preliminari è stato corretto.

In primo luogo, per i giudici di legittimità, la sentenza della Corte di Giustizia che si era pronunciata sull'interpretazione dell'art. 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche), e che era stata invocata dal pubblico ministero, ha ritenuto che il diritto euro-unitario:

  1. osta «ad una normativa nazionale, la quale consenta l'accesso di autorità pubbliche ad un insieme di dati relativi al traffico o di dati relativi all'ubicazione, idonei a fornire informazioni sulle comunicazioni effettuate da un utente di un mezzo di comunicazione elettronica o sull'ubicazione delle apparecchiature terminali da costui utilizzate e a permettere di trarre precise conclusioni sulla sua vita privata, per finalità di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento di reati, senza che tale accesso sia circoscritto a procedure aventi per scopo la lotta contro le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica, e ciò indipendentemente dalla durata del periodo per il quale l'accesso ai dati suddetti viene richiesto, nonché dalla quantità o dalla natura dei dati disponibili per tale periodo» e che
  2. «deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, la quale renda il pubblico ministero, il cui compito è di dirigere il procedimento istruttorio penale e di esercitare, eventualmente, l'azione penale in un successivo procedimento, competente ad autorizzare l'accesso di un'autorità pubblica ai dati relativi al traffico e ai dati relativi all'ubicazione ai fini di un'istruttoria penale».

Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità aveva “ridimensionato” la portata dell'intervento della Corte di Giustizia osservando che:

  1. l'efficacia immediata e diretta delle norme euro-unitaria non può operare nelle ipotesi in cui «negli istituti giuridici regolati, concreti problemi applicativi e correlati profili di discrezionalità … richiedano l'intervento del legislatore nazionale, tanto più laddove si tratti di interpretazione di norme contenute nelle direttive»;
  2. la normativa italiana in materia di privacy (e, cioè, l'art. 132 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 applicabile al caso concreto ratione temporis) era stata ritenuta compatibile con il diritto europeo proprio perché era previsto un periodo di tempo limitato nonché l'emissione di un provvedimento da parte di un'autorità giurisdizionale quale il pubblico ministero.

Per la Suprema Corte, quindi, non c'è dubbio alcuno che il GIP abbia fatto ricorso ad un suo potere e, cioè, quello di non liquet che è un potere «normalmente riconosciuto all'organo giudicante laddove gli venga indirizzata un'istanza per cui non è competente».

Peraltro, quel non liquet non avrebbe neppure potuto determinare una stasi delle indagini come aveva lamentato il pubblico ministero.

Ed infatti, «il Pubblico Ministero avrebbe potuto, in quel quadro, una volta preso atto del diniego del Giudice per le indagini preliminari, acquisire i tabulati con proprio decreto, in applicazione dell'art. 132 D.Lgs. 39 giugno 2003, n. 196».

La lente dell'autore

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La conclusione sarebbe stata diversa se al caso fosse stata applicabile la nuova normativa in materia contenuta nel D.L. n. 132/2021 in vigore dal 30 settembre 2021.

Con quel decreto, infatti, il Legislatore «ha individuato sia il catalogo di reati per cui è consentita l'acquisizione dei tabulati, sia la competenza autorizzativa del Giudice su richiesta del pubblico ministero».

A tal riguardo la Corte ha affermato che quella disciplina, non prevedendo una norma transitoria, si applica alle acquisizioni successive all'entrata in vigore del Decreto Legge poiché, per quelle precedenti, vale il principio tempus regit actum.

Tuttavia, occorre precisare, per completezza di informazione, che in sede di conversione in legge (avvenuta successivamente all'udienza in cassazione ad opera della L. 23 novembre 2021, n. 178 pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 29 novembre 2021) il Parlamento ha introdotto tra l'altro, un comma 1-bis recante una disciplina transitoria retroattiva.

Secondo la nuova disposizione «i dati relativi al traffico telefonico, al traffico telematico e alle chiamate senza risposta, acquisiti nei procedimenti penali in data precedente alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono essere utilizzati a carico dell'imputato solo unitamente ad altri elementi di prova ed esclusivamente per l'accertamento dei reati per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, determinata a norma dell'articolo 4 del codice di procedura penale, e dei reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone con il mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia o il disturbo sono gravi».

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