L'acquisizione dei dati di traffico telematico e telefonico rappresenta un tema particolarmente sensibile e sul quale, oltre alla giurisprudenza nazionale ed europea, è recentemente intervenuto il legislatore nazionale. Una delle domande principali – specialmente dopo l'intervento della giurisprudenza europea e prima della nuova legge in materia - è se a quell'acquisizione possa procedere il pubblico ministero autonomamente oppure sia necessario l'intervento del giudice per le indagini preliminari (preventivo ovvero successivo in caso d'urgenza).
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La sentenza della quinta sezione penale della Cassazione del 9 dicembre 2021, n. 45275 si è pronunciata su un profilo molto delicato delle indagini informatiche anche dal punto di vista ordinamentale con riferimento al tema della data retention. In particolare, la sentenza si è occupata dell'acquisizione dei dati di traffico telematico e telefonico rispondendo alla domanda se (prima della novella del 2021 e dopo la sentenza della Corte di Giustizia di marzo 2021) all'acquisizione di quei dati possa procedere il pubblico ministero autonomamente oppure sia necessario l'intervento del giudice per le indagini preliminari. Nel caso di specie, infatti, era accaduto che il Pubblico Ministero nell'ambito di un'indagine a carico di ignoti per il reato di sostituzione di persona avvenuta tramiteInstagram e che aveva coinvolto più persone, avesse, in prima battuta, disposto l'acquisizione in via d'urgenza dei file di .log di due account Instagram dai quali avevano avuto origine le intrusioni informatiche e, poi, avesse richiesto al giudice per le indagini preliminari la convalida argomentando dalla recente sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 2 marzo 2021 nella causa C-746/18 H.K. Poiché il Giudice per le indagini preliminari aveva dichiarato il non luogo a provvedere sulla richiesta, il pubblico ministero aveva proposto ricorso per cassazione deducendo l'abnormità del provvedimento che, per incidens, aveva anche determinato una stasi del procedimento impedendo le determinazioni relative all'esercizio dell'azione penale. |
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Per la Corte di Cassazione il provvedimento del giudice per le indagini preliminari è stato corretto. In primo luogo, per i giudici di legittimità, la sentenza della Corte di Giustizia che si era pronunciata sull'interpretazione dell'art. 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche), e che era stata invocata dal pubblico ministero, ha ritenuto che il diritto euro-unitario:
Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità aveva “ridimensionato” la portata dell'intervento della Corte di Giustizia osservando che:
Per la Suprema Corte, quindi, non c'è dubbio alcuno che il GIP abbia fatto ricorso ad un suo potere e, cioè, quello di non liquet che è un potere «normalmente riconosciuto all'organo giudicante laddove gli venga indirizzata un'istanza per cui non è competente». Peraltro, quel non liquet non avrebbe neppure potuto determinare una stasi delle indagini come aveva lamentato il pubblico ministero. Ed infatti, «il Pubblico Ministero avrebbe potuto, in quel quadro, una volta preso atto del diniego del Giudice per le indagini preliminari, acquisire i tabulati con proprio decreto, in applicazione dell'art. 132 D.Lgs. 39 giugno 2003, n. 196». |
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La conclusione sarebbe stata diversa se al caso fosse stata applicabile la nuova normativa in materia contenuta nel D.L. n. 132/2021 in vigore dal 30 settembre 2021. Con quel decreto, infatti, il Legislatore «ha individuato sia il catalogo di reati per cui è consentita l'acquisizione dei tabulati, sia la competenza autorizzativa del Giudice su richiesta del pubblico ministero». A tal riguardo la Corte ha affermato che quella disciplina, non prevedendo una norma transitoria, si applica alle acquisizioni successive all'entrata in vigore del Decreto Legge poiché, per quelle precedenti, vale il principio tempus regit actum. Tuttavia, occorre precisare, per completezza di informazione, che in sede di conversione in legge (avvenuta successivamente all'udienza in cassazione ad opera della L. 23 novembre 2021, n. 178 pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 29 novembre 2021) il Parlamento ha introdotto tra l'altro, un comma 1-bis recante una disciplina transitoria retroattiva. Secondo la nuova disposizione «i dati relativi al traffico telefonico, al traffico telematico e alle chiamate senza risposta, acquisiti nei procedimenti penali in data precedente alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono essere utilizzati a carico dell'imputato solo unitamente ad altri elementi di prova ed esclusivamente per l'accertamento dei reati per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, determinata a norma dell'articolo 4 del codice di procedura penale, e dei reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone con il mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia o il disturbo sono gravi». |
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza (ud. 26 ottobre 2021) 9 dicembre 2021, n. 45275
Svolgimento del processo
1. Il decreto impugnato è stato emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, che ha dichiarato non luogo a provvedere sulla richiesta del pubblico ministero presso quel Tribunale tesa ad ottenere la l'autorizzazione a richiedere l'acquisizione dei file di Log di due account Instagram, nell'ambito del provvedimento a carico di ignoti per il reato di cui all'art. 494 cod. pen., che vede come persona offesa V.P..
2. Contro l'anzidetto decreto, ha proposto ricorso per cassazione il pubblico ministero presso il Tribunale di Catania, deducendo l'abnormità del provvedimento per essere espressione di un potere non più previsto dalla disciplina processuale e per avere determinato una stasi del procedimento, impedendo le determinazioni relative all'esercizio dell'azione penale. Il pubblico ministero - si legge nel ricorso - aveva disposto l'acquisizione in via d'urgenza dei dati informatici concernenti gli indirizzi da cui avevano avuto origine le intrusioni informatiche a danno della vittima ed aveva poi domandato la relativa convalida al Giudice per le indagini preliminari; ciò aveva fatto in ossequio alla decisione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 2 marzo 2021 nella causa C-746/18, secondo cui l'acquisizione dei dati relativi al traffico, anche telematico, è consentita solo quando si tratti di accertare gravi forme di criminalità o di prevenire gravi minacce per la sicurezza pubblica e deve essere attuata con provvedimento di un Giudice o di un'entità amministrativa indipendente.
3. Il Procuratore generale presso questa Corte, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto il rigetto del ricorso, escludendo l'abnormità del provvedimento impugnato, in ragione della coerenza del medesimo con il quadro di competenze anteriore all'entrata in vigore del d.l. 132 del 2021.
Motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile siccome manifestamente infondato, in quanto il provvedimento impugnato non è abnorme.
1. Per chiarire le ragioni della decisione assunta dal Collegio, occorre effettuare una premessa, che serve a delineare il quadro normativo e giurisprudenziale che faceva da sfondo alla decisione del Giudice per le indagini preliminari che si contesta, onde apprezzarne la denunziata abnormità.
1.1. La sentenza evocata dal pubblico ministero ricorrente, quella della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 2 marzo 2021, nella causa C-746/18, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta, ai sensi dell'art. 267 TFUE, dalla Corte suprema dell'Estonia, ha statuito che: - l'art. 15, par. 1, della direttiva 2002/58/CE, come successivamente modificata, «letto alla luce degli articoli 7, 8 e 11 nonché dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, la quale renda il pubblico ministero, il cui compito è di dirigere il procedimento istruttorio penale e di esercitare, eventualmente, l'azione penale in un successivo procedimento, competente ad autorizzare l'accesso di un'autorità pubblica ai dati relativi al traffico [delle comunicazioni elettroniche] e ai dati relativi all'ubicazione [delle apparecchiature terminali] ai fini di un'istruttoria penale». - identica portata ostativa si profila ove l'accesso al traffico e all'ubicazione non sia circoscritto «a procedure aventi per scopo la lotta contro le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica». La portata dell'intervento della Corte di Lussemburgo è stata, tuttavia, ridimensionata da alcune decisioni della Corte di cassazione. Questa Corte ha, in primo luogo, osservato che, fermo il valore erga omnes delle pronunzie della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, l'attività interpretativa del significato e dei limiti di applicazione delle norme eurounitarie, operata nelle sentenze della Corte anzidetta, può avere efficacia immediata e diretta nel nostro ordinamento limitatamente alle ipotesi in cui non residuino, negli istituti giuridici regolati, concreti problemi applicativi e correlati profili di discrezionalità che richiedano l'intervento del legislatore nazionale, tanto più laddove si tratti di interpretazione di norme contenute nelle direttive (Sez 2 n. 33216 del 2.7.21; Sez. 2, n. 28523 del 15/04/2021, Lordi, non mass.). In secondo luogo, la giurisprudenza ha richiamato l'orientamento già diffuso prima della pronunzia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 2 marzo 2021, secondo cui la disciplina italiana di conservazione dei dati di traffico di cui all'art. 132, d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 all'epoca vigente era compatibile con le direttive n. 2002/58/CE e 2006/24/CE in tema di tutela della "privacy", come interpretate dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE 8 aprile 2014, Digitai Rights, C-293/12 e C-594/12; CGUE 21 dicembre 2016, Tele 2, C-203/15 e C-698/15), poiché la deroga stabilita dalla norma alla riservatezza delle comunicazioni era prevista per un periodo di tempo limitato, aveva come esclusivo obiettivo l'accertamento e la repressione dei reati ed era subordinata all'emissione di un provvedimento da parte di un'autorità giurisdizionale, quale è il pubblico ministero (Sez. 2, n. 5741 del 10/12/2019, dep. 2020, D., Rv. 278568; nello stesso senso, Sez. 3, n. 48737 del 25/09/2019, R., Rv. 277353). In conclusione, la Corte di cassazione ha osservato che il decisum della Corte di Lussemburgo appariva del tutto generico nell'individuazione dei casi nei quali i dati di traffico telematico e telefonico potevano essere acquisiti ("lotta contro le forme gravi di criminalità" o "prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica"), essendo evidente che tali aspetti non potevano essere disciplinati da singole (e potenzialmente contrastanti) decisioni giurisprudenziali, dovendosi demandare al legislatore nazionale il compito di trasfondere i principi interpretativi delineati dalla Corte in una legge dello Stato.
1.2. Il quadro è oggi mutato a seguito dell'entrata in vigore del d.l. 132 del 2021 in vigore dal 30 settembre 2021, che ha individuato sia il catalogo di reati per cui è consentita l'acquisizione dei tabulati, sia la competenza autorizzativa del Giudice su richiesta del pubblico ministero. Tale disciplina, tuttavia, non prevede norma transitoria, sicché le acquisizioni - ed anche le non acquisizioni, come nel caso al vaglio odierno di questa Corte - anteriori alla data predetta, in virtù del principio tempus regit actum, restano regolate dal regime normativo e vanno inquadrate nell'esegesi giurisprudenziale antecedente.
2. Ne consegue che il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari che il pubblico ministero ricorrente contesta era perfettamente coerente con quella cornice, che vedeva prevalere l'esegesi secondo cui doveva ancora trovare applicazione l'art. 132 d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, nonostante le sollecitazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Dal che ulteriormente deriva che il provvedimento impugnato non era abnorme. A quest'ultimo riguardo, giova ricordare che la categoria dell'abnormità consente diverse classificazioni degli atti che vi rientrano: sotto un primo profilo, è abnorme il provvedimento che, per singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ovvero quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste oltre ogni ragionevole limite. Altra teorizzazione ha condotto a distinguere l'abnormità strutturale da quella funzionale, ricorrendo la prima quando l'atto si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale e verificandosi la seconda allorché l'atto stesso, pur non essendo estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo, se non a prezzo di imporre al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo ovvero la violazione di legge nell'esercizio dell'azione penale (tra le altre, Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, T., Rv. 243590, Sez. 5, n. 569 del 04/11/2016, dep. 2017, P.M. in proc. C., Rv. 268598), stasi che si accompagni anche all'indebita regressione del ' procedimento (Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, B., Rv. 238239; nonché, ex multis, Sez. 1, n. 30062 del 29/09/2020, B., Rv. 279729; Sez. 5, n. 10531 del 20/02/2018, L., Rv. 272593; Sez. 3, n. 14012 del 14/12/2017, dep. 2018, C., Rv. 273651). Ciò posto, il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari è immune dalle critiche che gli ha rivolto il pubblico ministero ricorrente, giacché appare corretta espressione di quel potere di non liquet che è normalmente riconosciuto all'organo giudicante laddove gli venga indirizzata un'istanza per cui non è competente, incompetenza i cui presupposti erano all'epoca fondati sulla norma in vigore e sulla giurisprudenza di legittimità; né era funzionalmente abnorme, dal momento che non determinava alcuna stasi del procedimento, in quanto il pubblico ministero avrebbe potuto, in quel quadro, una volta preso atto del diniego del Giudice per le indagini preliminari, acquisire i tabulati con proprio decreto, in applicazione dell'art. 132 d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del P.M.