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Mevio conveniva in giudizio Tizio (in qualità di custode) e Caio (in qualità di proprietario) per ottenere la condanna degli stessi, in solido tra loro, al risarcimento dei danni patrimoniali occorsi alla propria autovettura. Il conducente, mentre stava procedendo a moderata andatura, venne ad impattare con una pecora, improvvisamente comparsa sul manto stradale (proveniente dal prato sottostante alla destra della carreggiata) ed evidentemente sfuggita dal gregge che stava tentando di raggiungere (presente sul prato, sopraelevato, al lato sinistro della carreggiata). |
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Nel caso di specie, con riguardo alla titolarità passiva, secondo il giudice, alla luce della stessa prospettazione attorea, la responsabilità dei convenuti era sostanzialmente riconducibile per entrambi all'art. 2052 c.c., essendo fondato l'addebito sul rapporto diretto con l'animale. Difatti, pur prevedendo la norma una responsabilità alternativa tra proprietario ed utilizzatore, tuttavia, andava dato atto che, in specie, non vi era prova della proprietà della pecora in capo Tizio piuttosto che a Caio (non essendo a tal fine sufficiente la prodotta visura camerale), i quali non avevano specificamente dedotto sul punto, sostanzialmente confermando la riconducibilità ad entrambi della gestione del gregge cui l'animale apparteneva. Ad avviso del Tribunale, quindi, sia Tizio che Caio erano entrambi utilizzatori dell'animale nel senso richiesto dall'art. 2052 c.c. Circa il titolo di responsabilità astrattamente riconducibile agli odierni convenuti, il Tribunale ha evidenziato che nella peculiare ipotesi di responsabilità per danni derivanti dall'urto tra un autoveicolo e un animale, la presunzione di responsabilità oggettiva a carico del proprietario o dell'utilizzatore di quest'ultimo concorre con la presunzione di colpa a carico del conducente del veicolo, ai sensi dell'art. 2054, comma 1, c.c. (finanche quando il danneggiato sia lo stesso conducente); ciò in quanto l'art. 2054 c.c. esprime principi di carattere generale, applicabili a tutti i soggetti che subiscano danni dalla circolazione (Cass. Civ., sez. III, 25 gennaio 2011, n. 1736). In particolare, la predetta norma non prevede un'ipotesi di responsabilità oggettiva, ma configura a carico del conducente una responsabilità presunta da cui può liberarsi esclusivamente dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, osservando, nei limiti della normale diligenza un comportamento esente da colpa e conforme alle regole del codice della strada, da valutarsi dal giudice con riferimento alla concreta circostanza di tempo e di luogo. Di conseguenza, il concorso fra le presunzioni di responsabilità stabilite a carico del conducente del veicolo e del proprietario dell'animale, rispettivamente dagli art. 2054 e 2052 c.c., comporta la pari efficacia di entrambe tali presunzioni e la conseguente necessità di valutare, caso per caso, e, senza alcuna reciproca elisione, il loro superamento da parte di chi ne risulta gravato. In conclusione, parte attrice e parte convenuta – in assenza di qualsivoglia elemento atto a dimostrare la riconducibilità dell'evento in misura maggiore alla condotta dell'una piuttosto che dell'altra – sono state entrambe riconosciute responsabili al 50% ciascuno. Dunque la domanda è stata accolta parzialmente. |
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La responsabilità ex art. 2052 c.c. incombe, in via alternativa (e non concorrente) o sul proprietario o su chi “si serve dell'animale”, per tale dovendosi intendere non già il soggetto diverso dal proprietario che vanti sull'animale un diritto reale o parziale di godimento, che escluda ogni ingerenza del proprietario sull'utilizzazione dell'animale, ma colui che, col consenso di quest'ultimo, ed anche in virtù di un rapporto di mero fatto, usa l'animale per soddisfare un interesse (non necessariamente economico) autonomo, anche non coincidente con quello del proprietario (Cass. Civ., sez. III, 22 dicembre 2015, n. 25738). In tale situazione, peraltro, non rientra colui il quale utilizzi l'animale per svolgere mansioni inerenti alla propria attività di lavoro, che gli siano state affidate dal proprietario dell'animale alle cui dipendenze egli presti tale attività (Cass. Civ., sez. III, 28 aprile 2010, n. 10189). Premesso ciò, in applicazione dei citati principi alla circolazione stradale, il Tribunale ha ritenuto che nessuna parte aveva fornito la rispettiva prova liberatoria, talché ciascuna di esse doveva ritenersi responsabile, in pari misura, per i danni occorsi al veicolo. Anzi, precisa il giudice che nessun rilievo in questa sede poteva attribuirsi alla circostanza che tra la zona destinata al pascolo ed il manto stradale non fosse stata predisposta alcuna idonea recinzione, trattandosi all'evidenza di regola cautelare gravante su soggetti (proprietario o concessionario della strada) diversi da quelli evocati nel presente giudizio. Oltre a ciò, quanto alle prove orali assunte, nessuno dei testi aveva fornito elementi idonei a superare le presunzioni previste dall'art. 2054 e 2052 c.c. ed, anzi, le rispettive deposizioni concorrevano a confermare la responsabilità tanto del conducente del veicolo quanto degli utilizzatori dell'animale. In conclusione, quando non sia possibile accertare l'effettiva dinamica del sinistro, se solo uno dei soggetti interessati superi la presunzione posta a suo carico, la responsabilità graverà sull'altro soggetto, mentre nell'ipotesi di superamento da parte di tutti, ciascuno andrà esente da responsabilità, la quale graverà invece su entrambi se nessuno raggiunga la prova liberatoria (Cass. Civ., sez. III, 9 gennaio 2002, n. 200). |
Tribunale di Cuneo, sez. Civile, sentenza (ud. 30 dicembre 2021), 31 dicembre 2021, n.1135
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato in data 14.6.2018, N.E. s.r.l. ha convenuto in giudizio M.M. (in qualità di custode) e M.B. (in qualità di proprietario) per ottenere la condanna degli stessi, in solido tra loro, al risarcimento dei danni patrimoniali occorsi alla propria autovettura Mercedes mod. (omisiss), tg. (omisiss), quantificati in Euro € 7.165,52 (pari al costo della riparazione al netto dell’IVA detraibile per l’attrice, come da fattura n. 40010909 del 30/11/2017 della C.G. S.p.A. di Cuneo sub doc. 4) “ovvero della veriore somma accertanda in corso di causa”, oltre interessi dall’emissione della fattura al saldo. In particolare, a sostegno della domanda ha dedotto che:
- in data 6.11.2017, verso le ore 15:30-16:00 circa, la suddetta autovettura (condotta, nell’occasione, da G.B., socia della N.E. s.r.l.) – mentre stava procedendo a moderata andatura (stanti anche le condizioni piovose) su un tratto della S.P. n.46 della “Colletta di R.” proveniente da R. e diretta verso Busca – venne ad impattare con una pecora, improvvisamente comparsa sul manto stradale (proveniente dal prato sottostante alla destra della carreggiata) ed evidentemente sfuggita dal gregge che stava tentando di raggiungere (presente sul prato, sopraelevato, al lato sinistro della carreggiata);
- poco dopo lo scontro, dopo essere stato contattato telefonicamente dal pastore di nazionalità straniera che conduceva il gregge, poi dileguatosi, sopraggiunse M.M. (identificatosi esibendo la propria patente di guida) che, assumendosi la proprietà del gregge, garantì il risarcimento dei danni occorsi al veicolo;
- da successivi accertamenti è emerso che la proprietà del gregge è di M.B., titolare di ditta individuale di allevamento ovini (coperta da assicurazione presso la compagnia G. Ass.ni, alla quale è stata parimenti avanzata richiesta stragiudiziale di risarcimento);
- l’invito alla “negoziazione assistita” è rimasto privo di riscontro.
Ne discende, secondo la prospettazione attorea, la responsabilità di M.M. ex art. 2052 c.c. o anche ex art. 2051 c.c., quale custode affidatario del gregge e di M.B. ex art.2052 c.c. in quanto proprietario o anche ex art.2049 c.c. quale committente al primo la conduzione al pascolo degli animali, oltre che la responsabilità dei convenuti ex art. 96 co. 1 e 3 c.p.c. Alla prima udienza di comparizione e trattazione del 13.11.2018, rilevata la regolarità della notifica dell’atto di citazione, è stata dichiarata la contumacia dei convenuti. Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 16.11.2018 si sono costituiti i convenuti eccependo incompetenza per materia e valore del Tribunale in favore del Giudice di Pace (avendo la domanda ad oggetto il risarcimento di un danno prodotto dalla circolazione di veicoli) e l’infondatezza della domanda attorea sia nell’an (in virtù della presunzione di colpa prevista dall’art. 2054 co. 1 c.c. e, nella specie, dell’ascrivibilità dell’incidente alla colpa esclusiva del conducente, come riportato dal pastore che aveva al momento dei fatti la conduzione del gregge, M.I., condotta che vale ad integrare il concetto di caso fortuito ai sensi dell’art. 2052 c.c.) sia nel quantum (essendo la fattura prodotta inidonea a comprovare l’effettiva entità dei danni subiti e la riconducibilità degli stessi alla condotta dell’animale e non essendovi prova delle prestazioni asseritamente effettuate dalla Carrozzeria attrice né della loro corrispondenza ai correnti prezzi di mercato). All'udienza del 12.3.2019 è stata revocata la dichiarazione di contumacia dei convenuti. Con ordinanza del 10.4.2019 il precedente Giudice Istruttore ha formulato alle parti proposta ex art. 185 bis c.p.c. prevedente la corresponsione da parte dei convenuti Euro 3.500,00 a titolo di risarcimento danni nonché di ulteriori Euro 1.000,00, proposta accettata dai sig.ri M. e rifiutata da parte attrice. Espletata l’istruttoria all’udienza del 7.9.2021 la scrivente (subentrata nella titolarità del fascicolo a far data dal 18.11.2020), sulla base delle conclusioni rassegnate dalle parti, ha assunto la causa in decisione previa concessione dei termini ex art. 190 c.p.c., per il deposito delle comparse conclusionali e memorie di replica.
Motivi della decisione.
Preliminarmente va evidenziato, quanto all’eccezione di incompetenza territoriale formulata da parte convenuta (invero non ulteriormente riproposta e che quindi sembrerebbe già oggetto di implicita rinuncia), che la stessa è stata tardivamente proposta ex art. 38 co. 1 c.p.c. (“L’incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio sono eccepite, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta tempestivamente depositata. L’eccezione di incompetenza per territorio si ha per non proposta se non contiene l’indicazione del giudice che la parte ritiene competente”). Nel merito, la domanda di parte attrice è fondata solo in parte e va accolta per quanto di ragione. Giova premettere un corretto inquadramento della vicenda e delle norme di diritto applicabili al caso di specie, al fine di delineare l’onere probatorio gravante su ciascuna delle parti. L'art. 2052 c.c. stabilisce che: “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall'animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”. Si tratta di responsabilità c.d. oggettiva, la quale, cioè, si fonda non già su un comportamento o un’attività - commissiva od omissiva - ma sulla mera relazione di proprietà o di uso intercorrente con l’animale e sul nesso di causalità fra l’azione dell'animale e l’evento lesivo, prescindendosi dalla verifica di un coefficiente di imputazione soggettiva di tipo doloso o colposo in capo all'autore dell'illecito. Unico limite di operatività della fattispecie è rappresentato dal caso fortuito, la prova del quale – a carico del convenuto – può anche avere ad oggetto il comportamento del danneggiato, purché avente carattere di imprevedibilità, inevitabilità e assoluta eccezionalità (in questi termini, Cass. n. 10402/2016). In particolare, tale forma di responsabilità incombe, in via alternativa (e non concorrente) o sul proprietario o su chi “si serve dell'animale”, per tale dovendosi intendere non già il soggetto diverso dal proprietario che vanti sull'animale un diritto reale o parziale di godimento, che escluda ogni ingerenza del proprietario sull'utilizzazione dell'animale, ma colui che, col consenso di quest’ultimo, ed anche in virtù di un rapporto di mero fatto, usa l’animale per soddisfare un interesse (non necessariamente economico) autonomo, anche non coincidente con quello del proprietario (così Cass. sent. 7.7.2010, n. 16023; Cass. sent. 22.12.2015, n. 25738). In tale situazione, peraltro, non rientra colui il quale utilizzi l'animale per svolgere mansioni inerenti alla propria attività di lavoro, che gli siano state affidate dal proprietario dell'animale alle cui dipendenze egli presti tale attività (v. Cass. sent. 28.4.2010, n. 10189). Nel caso di specie, con riguardo alla titolarità passiva, va evidenziato che, alla luce della stessa prospettazione attorea, la responsabilità dei convenuti è sostanzialmente riconducibile per entrambi all’art. 2052 c.c., essendo fondato l’addebito sul rapporto diretto con l’animale. Pur prevedendo la norma una responsabilità alternativa tra proprietario ed utilizzatore, va tuttavia dato atto che, in specie, non vi è prova della proprietà della pecora in capo M.B. piuttosto che a M.M. (non essendo a tal fine sufficiente la prodotta visura camerale, sub doc. 3 produzione attorea), i quali nel costituirsi nulla hanno specificamente dedotto sul punto, sostanzialmente confermando la riconducibilità ad entrambi della gestione del gregge cui l’animale apparteneva. Ad avviso del Tribunale, quindi, M.B. e M.M. devono entrambi ritenersi utilizzatori dell’animale nel senso richiesto dall’art. 2052 c.c. Tanto premesso circa il titolo di responsabilità astrattamente riconducibile agli odierni convenuti, va altresì specificato che nella peculiare ipotesi di responsabilità per danni derivanti dall'urto tra un autoveicolo e un animale, la presunzione di responsabilità oggettiva a carico del proprietario o dell'utilizzatore di quest'ultimo concorre con la presunzione di colpa a carico del conducente del veicolo, ai sensi dell'art. 2054, co. 1, c.c. (finanche quando il danneggiato sia lo stesso conducente); ciò in quanto l’art. 2054 c.c. esprime principi di carattere generale, applicabili a tutti i soggetti che subiscano danni dalla circolazione (ex multis, v. Cass. sent. 25.1.2011, n. 1736). In particolare, la predetta norma non prevede un'ipotesi di responsabilità oggettiva, ma configura a carico del conducente una responsabilità presunta da cui può liberarsi esclusivamente dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, osservando, nei limiti della normale diligenza un comportamento esente da colpa e conforme alle regole del codice della strada, da valutarsi dal giudice con riferimento alla concreta circostanza di tempo e di luogo. Il concorso fra le presunzioni di responsabilità stabilite a carico del conducente del veicolo e del proprietario dell'animale, rispettivamente dagli art. 2054 e 2052 c.c., comporta la pari efficacia di entrambe tali presunzioni e la conseguente necessità di valutare, caso per caso, e, senza alcuna reciproca elisione, il loro superamento da parte di chi ne risulta gravato. Pertanto, quando non sia possibile accertare l'effettiva dinamica del sinistro, se solo uno dei soggetti interessati superi la presunzione posta a suo carico, la responsabilità graverà sull'altro soggetto, mentre nell'ipotesi di superamento da parte di tutti, ciascuno andrà esente da responsabilità, la quale graverà invece su entrambi se nessuno raggiunga la prova liberatoria (in questi termini Cassazione civile, sez. III, 09/01/2002, n. 200; negli stessi termini già Cassazione civile, sez. III, 27/06/1997, n. 5783). Nella specie, in applicazione dei principi appena riportati, ritiene il Tribunale che nessuna parte abbia fornito la rispettiva prova liberatoria, talché ciascuna di esse deve ritenersi responsabile, in pari misura, per i danni occorsi al veicolo. Anzitutto va precisato che nessun rilievo in questa sede può essere attribuito alla circostanza che tra la zona destinata al pascolo ed il manto stradale non fosse stata predisposta alcuna idonea recinzione, trattandosi all’evidenza di regola cautelare gravante su soggetti (proprietario o concessionario della strada) diversi da quelli evocati nel presente giudizio. Quanto alle prove orali assunte, nessuno dei testi ha fornito elementi idonei a superare le presunzioni previste dall’art. 2054 e 2052 c.c. ed, anzi, le rispettive deposizioni concorrono a confermare la responsabilità tanto del conducente del veicolo quanto degli utilizzatori dell’animale. In particolare, la teste di parte attrice, G.M., sentita all’udienza del 25.9.2020 ha dichiarato: “Sono G.M., nata a (omissis) il 12/02/1947, residente in (omissis), imprenditrice. Non ho rapporti di parentela, debito/credito o cause in corso con le parti in causa. Sono la madre del signor M.G.…Il 6/11/2017 mi trovavo in auto con G.B. che guidava l’autovettura indicata al capo a). La strada era in salita e pioveva, non andavamo forte, mia nuora non va di abitudine forte…Ricordo che a sinistra della strada c’era un gregge di pecore; a un certo punto dalla destra è saltata un[a] pecora, meglio è uscita dal prato che si trovava a destra ed è andata ad urtare l’autovettura su cui eravamo, mi sono molto spaventata. Lo stato dei luoghi era quello che si vede nelle due fotografie che mi vengono mostrate (doc. 1 e 1 a attore), l’autovettura è quella che si vede. Le fotografie sono state fatte da mio figlio dopo esser sceso dalla macchina, inizialmente non c’era nessuno dopo un attimo è arrivato il pastore. La pecora è quella che si vede nella fotografia, i danni dell’auto sono stati quelli che si vedono nella fotografia” (grassetto aggiunto). Con riferimento all’attendibilità della teste, contestata da parte convenuta, va evidenziato che, per quanto effettivamente la presenza di G.M. nell’autovettura non fosse stata segnalata dall’attrice nei propri scritti difensivi, tale circostanza appare comprovata dall’immagine ritratta nel doc. 1 della produzione attorea, ove è chiaramente evincibile la presenza di una donna anziana sul lato passeggero del veicolo. Il teste di parte convenuta M.I. (sentito all’udienza del 30.10.2020) ha dichiarato: “Ho lavorato per alcuni anni alle dipendenze dei signori M., anche se non in modo continuativo…Quel giorno io ero con il signor M.M. e insieme accudivamo il gregge; il signor M. è andato a casa a prendere una rete e io sono rimasto solo col gregge…A certo punto ho visto una pecora che si è allontanava dal gregge e dirigendosi verso la strada, io l’ho chiamata per fermarla, ma lei non si è fermata quindi è andata sulla strada, io l’ho inseguita per fermarla ma non ci sono riuscito. La pecora si era fermata in mezzo alla strada. Arrivato sulla strada ho alzato le braccia per fermare le auto che sopraggiungevano. Una prima automobile, era (omissis) grigia metallizzata, ha rallentato, ha evitato la pecora ed è andata oltre. Una seconda auto, di colore scuro, non ha rallentato, io quindi per evitare che mi investisse mi sono buttato per terra sul margine destro della strada; nel momento in cui arrivavo a terra ho sentito il botto dell’urto della macchina con la pecora. In seguito all’urto la pecora è stata scaraventata nel prato dall’altro lato della strada. Quando è successo il fatto c’era una pioggia fine. Dopo il fatto ho subito chiamato il signor M.M. per comunicargli cosa era successo…ADR: La prima auto aveva un’andatura normale, la seconda andava un poco più forte, ma non era un fulmine. ADR: io ho firmato una dichiarazione sullo svolgimento dell’incidente che mi era stata preparata dal signor M.M., io l’ho firmata perché era vero quello che c’era scritto, avevo detto a lui cosa era successo” (grassetto aggiunto). Tale deposizione deve ritenersi pienamente ammissibile non essendo ravvisabile in capo al teste alcun interesse rilevante ex art. 246 c.p.c. (“tale da legittimare la loro partecipazione al giudizio”). L'incapacità a deporre prevista dalla norma infatti verifica solo quando il testimone è titolare di un interesse personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso, alla stregua dell'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c. tale da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è richiesta la sua testimonianza, con riferimento alla materia in discussione, non avendo, invece, rilevanza l'interesse di fatto a un determinato esito del processo - salva la considerazione che di ciò il giudice è tenuto a fare nella valutazione dell'attendibilità del teste - né un interesse, riferito ad azioni ipotetiche, diverse da quelle oggetto della causa in atto, proponibili dal teste medesimo o contro di lui, a meno che il loro collegamento con la materia del contendere non determini già concretamente un titolo di legittimazione alla partecipazione al giudizio (Cass. sent. 167/2018). Nel caso di specie, per quanto anzidetto, un siffatto interesse non è certamente ravvisabile in capo a M.I. il quale, essendosi trovato alla conduzione del gregge non già in forza di un interesse autonomo ma in quanto dipendente dei convenuti, non avrebbe certamente avuto titolo per rispondere nella presente sede ai sensi dell’art. 2052 c.c. L’eccezione di incapacità sollevata da parte attrice dev’essere quindi rigettata. Ebbene, dalle deposizioni riportate, si evince, da un lato, la pacifica sussistenza dell’evento lesivo e del nesso causale tra lo stesso e la collisione con l’animale sfuggito al controllo del pastore (circostanze sufficienti ai fini dell’addebito di responsabilità ex art. 2052 c.c. agli odierni convenuti) e, dall’altro, che la conducente del veicolo non ha fatto tutto quanto in suo potere per scongiurare l’urto. Sotto tale ultimo aspetto dev’essere evidenziato come la presenza di un gregge di pecore ai margini della carreggiata (peraltro non delimitata da recinzioni) fosse stata concretamente avvertita dai soggetti presenti all’interno dell’autovettura già prima dell’urto (quanto riferito dalla teste G.M. trova infatti pieno riscontro nella prospettazione svolta nell’atto di citazione, ove, alla pag. 1 si legge “Nei prati adiacenti il lato sinistro della carreggiata (rispetto alla direzione di marcia e sopraelevati alla stessa) vi era un gregge di pecore al pascolo, guidate e sotto la sorveglianza di un pastore, senza peraltro che – come d’obbligo e buona norma – fosse stata predisposta idonea recinzione”). Tale fattore – unitamente alle condizioni meteo piovose ed alla conseguente vischiosità del manto stradale – imponeva una maggiore attenzione e cautela nella conduzione del veicolo. Del resto è noto che nel sistema delle norme sulla circolazione stradale l’apprezzamento della velocità, in funzione della esigenza di stabilire se essa debba o meno considerarsi eccessiva, deve essere condotto in relazione alle condizioni di luoghi, della strada e del traffico che vi si svolge, senza che assuma decisivo rilievo persino l’eventuale osservanza dei limiti imposti in via generale dal codice della strada. Né, pervero, può ritenersi pacifica la circostanza che la pecora fosse “sbucata all’improvviso” alla luce della deposizione del teste I.. In definitiva, anche considerando lo stato dei luoghi e la posizione dell’animale all’esito dell’urto (come raffigurati dalle immagini prodotte da parte attrice ai docc. 1 e 1a) ed in assenza di una prova contraria fornita al riguardo, la condotta del conducente – per quanto non idonea ad integrare il concetto di fortuito richiesto dall’art. 2052 c.c. (che richiede pur sempre una condotta imprevedibile ed inevitabile del terzo che abbia inciso sulla verificazione del sinistro, tale da interrompere il nesso eziologico tra l’animale e l’evento dannoso) – non può ritenersi pienamente conforme alle regole di comune prudenza e diligenza esigibili nell’utilizzo della strada. Ne discende la correlativa responsabilità della società proprietaria del veicolo, non avendo parte attrice neppure allegato di aver adottato concrete ed appropriate misure idonee a prevenire l'impiego del mezzo da parte del terzo (in specie socia della società stessa). Parte attrice e parte convenuta – in assenza di qualsivoglia elemento atto a dimostrare la riconducibilità dell’evento in misura maggiore alla condotta dell’una piuttosto che dell’altra – devono quindi ritenersi parimenti responsabili, al 50% ciascuno, dei danni occorsi al veicolo Mercedes mod. (omisiss), tg. (omisiss) in occasione dell’incidente del 6.11.2017. Circa la quantificazione di tali danni, ritiene il Tribunale che possa farsi riferimento – come richiesto da parte attrice – all’importo portato fattura n. (omisiss) del 30/11/2017 prodotta da parte attrice sub doc. 4, al netto dell’IVA (detraibile per l’attrice), che risulta interamente saldata a mezzo di assegno a firma di G.B.. Le contestazioni svolte al riguardo da parte convenuta, infatti, risultano generiche alla luce della puntuale elencazione nel documento di tutte le lavorazioni effettuate e dei relativi costi, rispetto ai quali, d’altronde, non sono stati neppure allegati quelli diversi “di mercato” che sarebbero applicabili al caso di specie. Inoltre, l’avvenuta riparazione del veicolo e la riconducibilità dei prezzi praticati a listini predeterminati, ha trovato puntuale riscontro nella deposizione del teste di parte attrice P.L., il quale, sentito all’udienza del 30.10.2020, ha dichiarato: “Io ho lavorato fino al 31/08/2020 presso la G. spa, reparto carrozzeria, in qualità di responsabile. Riconosco la vettura raffigurata nel doc. 1 attore che mi viene mostrato. Su tale vettura la carrozzeria di G. spa effettuò un intervento di riparazione medio – importante…Confermo che furono effettuati dalla carrozzeria di G. Spa i lavori indicati nella fattura che mi viene mostrata (doc. 4 attore), i lavori corrispondono a quelli necessari per riparare i danni come si possono vedere nella fotografia che mi è stata mostrata in precedenza. I prezzi sia per i ricambi sia per la manodopera sono fissi e codificati in un listino, io non avevo la possibilità di modificare i dati, i listini vengono aggiornati direttamente dalla casa madre mensilmente. Nel documento 4 si vede la mia firma a conferma della ricezione dell’assegno del pagamento della fattura”. Ne deriva che il danno complessivo liquidabile è pari ad € 7.165,52, di cui quindi parte convenuta dev’essere condannata a corrispondere la metà (€ 3.582,76) a titolo di risarcimento. Alla luce della formulazione della domanda, su tale importo possono essere altresì liquidati unicamente gli interessi al tasso legale dalla data di emissione della predetta fattura (30.11.2017) al saldo effettivo.
Spese.
La reciproca soccombenza delle parti, da un lato, vale a rendere infondata la richiesta di parte attrice di condanna dei convenuti ex art. 96, co. 1 e/o co. 3 c.p.c. (ex multis, Cass. sent. 13.10.2017, n. 24158) e dall’altro, giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite ex art. 92 c.p.c.
P.Q.M.
Il Tribunale di Cuneo, definitivamente decidendo, ogni contraria istanza od eccezione disattesa, così provvede:
- in parziale accoglimento dell’azione promossa da N.E. s.r.l. nei confronti di M.M. e M.B., condanna i convenuti, in solido tra loro, al pagamento, in favore di parte attrice della somma di € 3.582,76, oltre interessi al tasso legale dal 30.11.2017 al saldo;
- compensa integralmente le spese di lite.