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10 novembre 2022
Responsabilità civile e assicurazioni
Social network: condanna per la zia che pubblica su fb foto e filmati dei suoi nipoti senza il consenso del padre
La diffusione di fotografie di terzi configura una illecita interferenza nella vita privata. Nel caso di minori, il consenso alla pubblicazione deve essere richiesto ai genitori.
di Avv. e Giornalista pubblicista Maurizio Tarantino
Il caso

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Tizio, in proprio e nella qualità di padre esercente la responsabilità genitoriale sui figli minori, conveniva in giudizio la cognata Caia al fine della rimozione sicura delle fotografie e del video pubblicati e condivisi nel suo profilo Facebook raffiguranti sia i minori che l'attore. Invero, l'attore era venuto a conoscenza, e successivamente aveva verificato, che sul profilo Facebook di Caia erano state pubblicate circa 50 fotografie e un video raffiguranti i suoi figli, accessibili a tutti gli utenti, per i quali Caia non aveva richiesto alcuna autorizzazione. Con lettera raccomandata, nella sua qualità di esercente la responsabilità genitoriale sui minori, aveva diffidato la convenuta alla rimozione sicura e immediata dal web di tutte le immagini raffiguranti i minori, avendo cura che non fossero più visibili, riservandosi di adire il giudice competente per ottenere la tutela dei loro diritti, ivi compreso il risarcimento del danno subìto; a tale richiesta, tuttavia, non aveva seguito alcun riscontro e, anzi, le immagini erano ancora pubblicate nel social network. Pertanto, Tizio adiva il competente Tribunale. Costituendosi in giudizio, Caia eccepiva di non essere una sconosciuta, bensì la zia (sorella della madre) dei minori e, quindi, di avere avuto il consenso esplicito della madre dei minori alla pubblicazione. Ad ogni modo, prendendo atto della mutata volontà, esplicitata solo per il tramite della predetta missiva, Caia si era affrettata a rimuovere/eliminare le fotografie dei minori secondo le istruzioni fornite dal Webmaster FB. In conclusione, la convenuta precisava di essere stata autorizzata alla pubblicazione delle foto e, quindi, la responsabilità dell'attore che aveva aggravato e concorso all'asserito danno.

Il diritto

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Preliminarmente, a parere del giudicante, in ordine alla necessità, ai fini della liceità della condotta consistente nella pubblicazione di fotografie ritraenti figli minori, della prestazione del consenso da parte di uno o di tutti e due i genitori, venendo in considerazione un atto che eccede l'ordinaria amministrazione avente ad oggetto il trattamento di dati personali sensibili nei quali è compresa l'immagine del minore (Considerando numero 8/38 del GDPR), occorra il preventivo consenso di entrambi, ai sensi e per gli effetti dell'art. 320 c.c. (in tal senso anche Trib. Roma 23 dicembre 2018; Trib. Rieti 7 marzo 2019; Trib. Mantova 19 settembre 2017). Dunque, secondo il Tribunale, sussistevano, in definitiva, ex art. 2043 c.c. tanto il fatto, rappresentato dalla pubblicazione, da parte della convenuta, delle fotografie di cui sopra in assenza del previo consenso di uno dei due genitori esercenti la responsabilità genitoriale, quanto il danno ingiusto sub specie di lesione di un interesse giuridicamente tutelato nella vita di relazione, costituito dalla lesione del diritto costituzionalmente rilevante all'immagine e alla riservatezza dei minori scaturente dalla suddetta condotta, quanto ancora il nesso causale tra condotta e danno evento. Ricorreva, altresì, la colpa rappresentata dalla violazione, da parte di Caia, del coacervo di norme nazionali, europee e di diritto internazionale in precedenza richiamate e poste a tutela del diritto all'immagine e alla riservatezza, avuto specifico riguardo alla posizione dei minori. Ebbene riconosciuta la fondatezza della domanda, ai fini risarcitori, nel caso che ci occupa la risarcibilità del danno de quo ex art. 2059 c.c. discende sia dalle previsioni espresse di cui all'art. 10 c.c. (quanto al diritto all'immagine) e all'art. 82 GDPR (in merito al tema della privacy), sia dal fatto che viene in considerazione la lesione di beni interessi costituzionalmente rilevanti, siccome riconducibili all'art. 2 Cost.. Tuttavia, in relazione alla accessibilità alle foto da parte di una platea potenzialmente sterminata, quale è quella costituita dagli utenti di Facebook e, di conseguenza, alla diffusività della condotta lesiva, la cui liquidazione dovrà avvenire in forma equitativa ex art. 1226 e 2056 c.c., essendo impossibile provare il danno nel suo preciso ammontare.

La lente dell'autore

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La pronuncia in commento offre diversi spunti di argomentazione di una tematica molto attuale. Ebbene, come precisato dal giudice di Rieti, l'autorizzazione alla pubblicazione delle foto dei minori doveva essere fornita da entrambi i genitori, ritenendosi questione di particolare importanza ed insufficiente essendo l'autorizzazione di un solo genitore. Difatti, in materia di privacy, il consenso dell'interessato ovvero dell'esercente la responsabilità e/o la tutela doveva essere necessariamente espresso, non assumendo alcun rilievo il comportamento per facta concludentia. Con specifico riferimento al tema della pubblicazione non autorizzata di fotografie ritraenti l'immagine di minori, occorre ulteriormente premettere in linea generale che il diritto all'immagine della persona fisica rientra senz'altro nell'ambito dei diritti inviolabili dell'uomo, riconosciuti e garantiti dall'art. 2 Cost. Detto diritto costituisce, altresì, una proiezione del diritto alla privacy, inteso come diritto all'intimità della propria sfera riservata ed anch'esso evidentemente tutelato dal sopra citato art. 2 Cost. - nella misura in cui l'individuo è libero di decidere autonomamente se propalare o meno a terzi le informazioni che lo riguardano, salve le eccezioni stabilite dalla legge – oltre che, specificamente, dagli artt. 4,7,8 e 145 d.lgs. 196/2003 (cd. “Codice della privacy”), come modificato dal D.Lgs. n. 101/18. Il diritto all'immagine riceve, ancora, specifica tutela all'art. 10 c.c., ai sensi del quale qualora l'immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l'esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l'autorità giudiziaria, su richiesta dell'interessato, può disporre che cessi l'abuso, salvo il risarcimento dei danni. Completa il quadro della normativa nazionale l'art. 96 della legge 633/1941 sul diritto d'autore, secondo cui «Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa», salvi i casi in cui «la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o colturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico» (art. 97). Passando alle fonti extranazionali e con specifico riferimento alla posizione dei minori, il Regolamento europeo sulla privacy dispone che: «i minori meritano una specifica protezione relativamente ai loro dati personali, in quanto possono essere meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia interessate nonché dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali…» (Considerando n. 38 Regolamento UE 679/2016). Soccorrono, infine, gli artt. 1 e 16, 1° comma, della Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo (Conv. NY 20.11.1989, ratificata dall'Italia con L. 27.5.1991 n. 176: quest'ultimo stabilisce, in particolare, che «Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti».
In conclusione, nella vicenda in commento, la zia Caia è stata condannata al risarcimento di 5 mila euro per aver pubblicato immagini di minorenni senza il consenso di uno dei genitori.

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