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8 febbraio 2023
Responsabilità professionale
L’assicurazione copre i danni del geometra in caso di non conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche
Le clausole di polizza, che delimitino il rischio assicurato, non possono prescindere dalle condizioni generali. Pertanto, nel dubbio, devono essere intese in senso sfavorevole all'assicuratore medesimo.
di Avv. e Giornalista pubblicista Maurizio Tarantino
Il caso

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Tizio ha chiesto al giudice la condanna del geometra Caio al risarcimento dei danni conseguenti alla inesatta esecuzione dell'incarico professionale avente ad oggetto il cambio di destinazione d'uso e l'integrale ristrutturazione di un magazzino. L'attore sosteneva che il Comune aveva negato gli atti di assenso; inoltre, dopo una sospensione dei lavori disposta dall'ente, alla conclusione di essi si erano manifestate difformità tra le schede catastali ed il progetto ed era stata anche prospettata dal Comune la necessità di provvedere alla parziale demolizione di quanto già realizzato. In relazione alla vicenda era stato richiesto accertamento tecnico preventivo, nel corso del quale le parti avevano raggiunto un accordo condizionato tuttavia al rilascio del permesso di costruire in sanatoria da parte del Comune; permesso che tuttavia era stato negato. Costituendosi in giudizio, Caio eccepiva che la sospensione dei lavori era stata disposta dal Comune per motivi inerenti al progetto. In proposito, infatti, sosteneva che non erano state adempiute le prescrizioni in materia di messa in sicurezza del cantiere e successivamente non erano stati versati gli oneri di urbanizzazione. Caio, inoltre, aveva chiesto di essere manlevato dal proprio assicuratore. Quest'ultimo, con la propria comparsa, ha dedotto che la polizza non copriva i danni conseguenti all'applicazione o interpretazione della normativa urbanistica, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche Autorità ovvero in caso di difformità alla concessione edilizia rilasciata per l'opera stessa.

Il diritto

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Secondo la Compagnia di assicurazioni, nel caso di specie vi sarebbe stata non solo colpa, ma una precisa volontà dolosa, essendo il professionista sin dall'origine consapevole della non conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche; dall'altro che non vi era copertura, e ciò in base al testo dell'art. 9 delle condizioni aggiuntive di polizza, che escludeva il diritto quando l'opera è stata realizzata in difformità alla concessione edilizia rilasciata per l'opera stessa; ovvero per contributi di concessione o autorizzazione in sanatoria nell'ambito delle regolazioni di violazioni edilizie. Diversamente, secondo il giudice, tale pattuizione, predisposta dall'assicuratore nell'ambito di una regolamentazione generale, era da interpretare in senso restrittivo ed eventualmente contra stipulatorem (art. 1370 cod. civ.). Quanto al primo motivo di contestazione, ferma la estensione della copertura alle perdite conseguenti ad errata ed involontaria interpretazione delle disposizioni urbanistiche, l'esclusione concerneva il solo caso di difformità tra progetto assentito di concessione e le opere eseguite. Ciò si spiega in quanto, ove vi sia un progetto approvato, la realizzazione di opere difformi è conseguente a colpa grave o a volontà dolosa, essendovi un riferimento certo. Nel caso in questione, invece, la responsabilità del professionista derivava da errori in una fase anteriore e cioè proprio nella predisposizione di un progetto non corretto e che non aveva mai avuto, prima della sanatoria, alcuna approvazione da parte del Comune. Pertanto, secondo il Tribunale, era dunque dovuta la copertura assicurativa. Inoltre, non era possibile dedurre la prova di una volontà dolosa del convenuto al momento della progettazione sulla base delle sole dichiarazioni registrate, posto che l'osservazione del geometra in quei colloqui non era sufficiente, considerato che non era credibile che egli, senza alcun interesse proprio -e dunque senza motivo-, si sarebbe coscientemente e volontariamente esposto alle gravi conseguenze a suo carico. Ne consegue che la fattispecie per cui è causa non poteva rientrare nella esclusione richiamata.

In conclusione, con la condanna di Caio, l'assicurazione è stata condannata a tenere indenne il convenuto.

La lente dell'autore

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In argomento, in tema di interpretazione del contratto e, in particolare del contratto assicurativo, l'art. 1370 c.c. prevede che le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s'interpretano, nel dubbio, a favore dell'altro.  La norma, dunque, è posta a protezione della parte debole che, nelle ipotesi contemplate, non ha, di regola, alcun potere di influenzare il contenuto del contratto.

Quindi, in tema di interpretazione del contratto, qualora, dopo aver fatto uso dei canoni ermeneutici principali della letteralità e sistematicità, rimanga dubbio il significato delle clausole, può farsi ricorso al criterio dettato dall'art. 1370 c.c. secondo il quale la clausola di dubbia interpretazione deve essere interpretata contro l'autore di essa, ma a tal fine occorre non solo che uno dei due contraenti abbia predisposto l'intero testo del contratto al quale l'altra parte abbia prestato adesione, ma anche che lo schema negoziale sia precostituito e le condizioni generali siano predisposte mediante moduli e formulari, al fine di poter essere utilizzate in una serie indefinita di rapporti (Cass. civ., sez. III, 27 maggio 2003, n. 8411). Dunque, l'interpretazione contra stipulatorem presuppone il dubbio: presuppone che, in base alle regole di interpretazione correnti (testuali, sistematiche, ecc.), si possano ricavare almeno due significati possibili. Ciò rende il significato non univoco e giustifica la tutela del contraente cui la clausola è "imposta" (Cass. civ., sez. VI, 23 settembre 2021, n. 25849). Premesso ciò, in tema di assicurazione, le clausole di polizza, che delimitino il rischio assicurato, non possono prescindere dalle condizioni generali, condizioni che sono in ogni caso soggette al criterio ermeneutico posto dall'art. 1370 c.c. e, pertanto, nel dubbio, devono essere intese in senso sfavorevole all'assicuratore medesimo (Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2022, n. 28173: nel caso di specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo la corte d'appello, nel confermare il rigetto della domanda di manleva proposta nei confronti di due compagnie assicuratrici,  escluso che l'operatività della garanzia per l'esecuzione di lavori edili potesse ricavarsi dalle condizioni generali della polizza, ritenendo che, data l'ampiezza delle stesse, «…per essere operanti avrebbero dovuto essere richiamate dalla intestazione delle polizze sottoscritte dalle parti, con la chiara indicazione delle pattuizioni applicabili»).

Alla luce delle considerazioni esposte, il contratto di assicurazione deve essere redatto in modo chiaro e comprensibile. Ne consegue che, al cospetto di clausole polisenso, è inibito al giudice di attribuire ad esse un significato pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all'ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c., ed in particolare quello dell'interpretazione contro il predisponente, di cui all'art. 1370 c.c.. (Cass. civ., sez. III, 18 gennaio 2016, n. 668: affermando questo chiaro principio di diritto la Cassazione ha cassato la sentenza d'appello ricordando che il giudice dinanzi a una clausola contrattuale lessicalmente ambigua ­ come quella del caso di specie relativa alle modalità determinanti il sinistro coperto da indennizzo ­ non può arrestarsi al senso fatto proprio dalla connessione delle parole, ma deve applicare tutti i criteri previsti dal codice e, qualora l'ambiguità non sia ancora superabile, addivenire a una interpretazione sfavorevole alla parte predisponente).