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Tizio ha chiesto al giudice la condanna del geometra Caio al risarcimento dei danni conseguenti alla inesatta esecuzione dell'incarico professionale avente ad oggetto il cambio di destinazione d'uso e l'integrale ristrutturazione di un magazzino. L'attore sosteneva che il Comune aveva negato gli atti di assenso; inoltre, dopo una sospensione dei lavori disposta dall'ente, alla conclusione di essi si erano manifestate difformità tra le schede catastali ed il progetto ed era stata anche prospettata dal Comune la necessità di provvedere alla parziale demolizione di quanto già realizzato. In relazione alla vicenda era stato richiesto accertamento tecnico preventivo, nel corso del quale le parti avevano raggiunto un accordo condizionato tuttavia al rilascio del permesso di costruire in sanatoria da parte del Comune; permesso che tuttavia era stato negato. Costituendosi in giudizio, Caio eccepiva che la sospensione dei lavori era stata disposta dal Comune per motivi inerenti al progetto. In proposito, infatti, sosteneva che non erano state adempiute le prescrizioni in materia di messa in sicurezza del cantiere e successivamente non erano stati versati gli oneri di urbanizzazione. Caio, inoltre, aveva chiesto di essere manlevato dal proprio assicuratore. Quest'ultimo, con la propria comparsa, ha dedotto che la polizza non copriva i danni conseguenti all'applicazione o interpretazione della normativa urbanistica, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche Autorità ovvero in caso di difformità alla concessione edilizia rilasciata per l'opera stessa. |
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Secondo la Compagnia di assicurazioni, nel caso di specie vi sarebbe stata non solo colpa, ma una precisa volontà dolosa, essendo il professionista sin dall'origine consapevole della non conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche; dall'altro che non vi era copertura, e ciò in base al testo dell'art. 9 delle condizioni aggiuntive di polizza, che escludeva il diritto quando l'opera è stata realizzata in difformità alla concessione edilizia rilasciata per l'opera stessa; ovvero per contributi di concessione o autorizzazione in sanatoria nell'ambito delle regolazioni di violazioni edilizie. Diversamente, secondo il giudice, tale pattuizione, predisposta dall'assicuratore nell'ambito di una regolamentazione generale, era da interpretare in senso restrittivo ed eventualmente contra stipulatorem (art. 1370 cod. civ.). Quanto al primo motivo di contestazione, ferma la estensione della copertura alle perdite conseguenti ad errata ed involontaria interpretazione delle disposizioni urbanistiche, l'esclusione concerneva il solo caso di difformità tra progetto assentito di concessione e le opere eseguite. Ciò si spiega in quanto, ove vi sia un progetto approvato, la realizzazione di opere difformi è conseguente a colpa grave o a volontà dolosa, essendovi un riferimento certo. Nel caso in questione, invece, la responsabilità del professionista derivava da errori in una fase anteriore e cioè proprio nella predisposizione di un progetto non corretto e che non aveva mai avuto, prima della sanatoria, alcuna approvazione da parte del Comune. Pertanto, secondo il Tribunale, era dunque dovuta la copertura assicurativa. Inoltre, non era possibile dedurre la prova di una volontà dolosa del convenuto al momento della progettazione sulla base delle sole dichiarazioni registrate, posto che l'osservazione del geometra in quei colloqui non era sufficiente, considerato che non era credibile che egli, senza alcun interesse proprio -e dunque senza motivo-, si sarebbe coscientemente e volontariamente esposto alle gravi conseguenze a suo carico. Ne consegue che la fattispecie per cui è causa non poteva rientrare nella esclusione richiamata. In conclusione, con la condanna di Caio, l'assicurazione è stata condannata a tenere indenne il convenuto. |
In argomento, in tema di interpretazione del contratto e, in particolare del contratto assicurativo, l'art. 1370 c.c. prevede che le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s'interpretano, nel dubbio, a favore dell'altro. La norma, dunque, è posta a protezione della parte debole che, nelle ipotesi contemplate, non ha, di regola, alcun potere di influenzare il contenuto del contratto. Quindi, in tema di interpretazione del contratto, qualora, dopo aver fatto uso dei canoni ermeneutici principali della letteralità e sistematicità, rimanga dubbio il significato delle clausole, può farsi ricorso al criterio dettato dall'art. 1370 c.c. secondo il quale la clausola di dubbia interpretazione deve essere interpretata contro l'autore di essa, ma a tal fine occorre non solo che uno dei due contraenti abbia predisposto l'intero testo del contratto al quale l'altra parte abbia prestato adesione, ma anche che lo schema negoziale sia precostituito e le condizioni generali siano predisposte mediante moduli e formulari, al fine di poter essere utilizzate in una serie indefinita di rapporti (Cass. civ., sez. III, 27 maggio 2003, n. 8411). Dunque, l'interpretazione contra stipulatorem presuppone il dubbio: presuppone che, in base alle regole di interpretazione correnti (testuali, sistematiche, ecc.), si possano ricavare almeno due significati possibili. Ciò rende il significato non univoco e giustifica la tutela del contraente cui la clausola è "imposta" (Cass. civ., sez. VI, 23 settembre 2021, n. 25849). Premesso ciò, in tema di assicurazione, le clausole di polizza, che delimitino il rischio assicurato, non possono prescindere dalle condizioni generali, condizioni che sono in ogni caso soggette al criterio ermeneutico posto dall'art. 1370 c.c. e, pertanto, nel dubbio, devono essere intese in senso sfavorevole all'assicuratore medesimo (Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2022, n. 28173: nel caso di specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo la corte d'appello, nel confermare il rigetto della domanda di manleva proposta nei confronti di due compagnie assicuratrici, escluso che l'operatività della garanzia per l'esecuzione di lavori edili potesse ricavarsi dalle condizioni generali della polizza, ritenendo che, data l'ampiezza delle stesse, «…per essere operanti avrebbero dovuto essere richiamate dalla intestazione delle polizze sottoscritte dalle parti, con la chiara indicazione delle pattuizioni applicabili»). Alla luce delle considerazioni esposte, il contratto di assicurazione deve essere redatto in modo chiaro e comprensibile. Ne consegue che, al cospetto di clausole polisenso, è inibito al giudice di attribuire ad esse un significato pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all'ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c., ed in particolare quello dell'interpretazione contro il predisponente, di cui all'art. 1370 c.c.. (Cass. civ., sez. III, 18 gennaio 2016, n. 668: affermando questo chiaro principio di diritto la Cassazione ha cassato la sentenza d'appello ricordando che il giudice dinanzi a una clausola contrattuale lessicalmente ambigua come quella del caso di specie relativa alle modalità determinanti il sinistro coperto da indennizzo non può arrestarsi al senso fatto proprio dalla connessione delle parole, ma deve applicare tutti i criteri previsti dal codice e, qualora l'ambiguità non sia ancora superabile, addivenire a una interpretazione sfavorevole alla parte predisponente). |
Tribunale di Monza, sentenza (ud. 10 settembre 2022) 1° febbraio 2023, n. 240
Motivi della decisione
I. R. S. ha chiesto condannarsi N. A. al risarcimento dei danni conseguenti ad inesatta esecuzione dell’incarico professionale avente ad oggetto il cambio di destinazione d'uso e l’integrale ristrutturazione di un magazzino sito in (omissis) via (omissis); ha dedotto infatti che il Comune aveva negato gli atti di assenso; che, dopo una sospensione dei lavori disposta dall’ente, alla conclusione di essi si erano manifestate difformità tra le schede catastali ed il progetto ed era stata anche prospettata dal comune la necessità di provvedere alla parziale demolizione di quanto già realizzato; ha precisato che in relazione alla vicenda era stato richiesto accertamento tecnico preventivo, nel corso del quale le parti avevano raggiunto un accordo condizionato tuttavia al rilascio del permesso di costruire in sanatoria da parte del comune; permesso che tuttavia era stato negato. Ha indicato in euro 41.565,80 gli sborsi necessari per sanare gli abusi, oneri di cui ha chiesto il rimborso.
Con la comparsa di costituzione il convenuto ha contestato che la sospensione dei lavori fosse stata disposta dal Comune per motivi inerenti il progetto; era infatti avvenuto che in un primo tempo non erano state adempiute le prescrizioni in materia di messa in sicurezza del cantiere e successivamente non erano stati versati gli oneri di urbanizzazione. Ha ancora affermato che il S. e l’appaltatore dei lavori, tale Spampinato, avevano in realtà realizzato opere in difformità al titolo edilizio, senza alcuna autorizzazione da parte del direttore dei lavori. Ha ancora dichiarato che nel corso di lavori aveva constatato che il locale sottotetto era stato realizzato con un'altezza media ponderale superiore ai metri 1,80 e che aveva invitato sia il S. che lo Spampinato a ripristinare la conformità al progetto. Ha ancora affermato che il S. gli aveva contestato solo l'omesso deposito di variante; che il Comune aveva negato il permesso di costruire in sanatoria. Inoltre, a seguito di un sopralluogo eseguito in data 5 maggio 2017 da parte del Comune di (omissis), era stato accertato che la distanza tra il fabbricato oggetto di intervento e quello antistante era inferiore ai limiti prescritti. Ha sottolineato che il S. aveva infine ottenuto permesso di costruire in parziale sanatoria, con interventi pressocché identici a quelli indicati in accertamento tecnico preventivo: inoltre ha affermato che sussisterebbe comunque responsabilità tanto dell’appaltatore che del committente; ha opposto decadenza e prescrizione di cui all’art. 1667 c.c. Ha eccepito ancora compensazione con gli importi residui dovuti a titolo di attività professionale pari a complessivi euro 19.616,21, di cui euro 12.242,56, al netto dell’acconto ricevuto di euro 5.248,00, per le prestazioni professionali concernenti la progettazione architettonica e la direzione lavori presso l’immobile sito in (omissis) alla via Piave n. 26, euro 3.778,43 per le prestazioni professionali eseguite presso lo stesso cantiere e aventi ad oggetto la sostituzione orditura, manto di copertura e lattoneria, euro 2.154,09 per le prestazioni professionali eseguite presso lo stesso cantiere e aventi ad oggetto la formazione di ingresso pedonale su recinzione esistente, ed euro 1.441,13 per le prestazioni professionali eseguite presso lo stesso cantiere e aventi ad oggetto la conclusione di convenzioni tra i confinanti ai fini di delimitare i confini e di rilasciare le autorizzazioni agli impianti di cantiere.
L’assicuratore, con la propria comparsa, ha dedotto che la polizza non copriva i danni conseguenti all’applicazione o interpretazione della normativa urbanistica, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche Autorità ovvero in caso di difformità alla concessione edilizia rilasciata per l’opera stessa; neppure copriva i danni per contributi di concessione o autorizzazione in sanatoria nell’ambito delle “regolarizzazioni di violazioni edilizie”; inoltre era previsto un massimale di euro 50.000 per sinistro. Ha eccepito ancora l'esistenza di una franchigia pari a 1/10 dell'importo del danno con un minimo di euro 1.500. Nel merito ha richiamato le difese del convenuto ed ha eccepito l’insussistenza del danno relativo ad importi per I.v.a.; l’infondatezza delle pretese per sanzioni, Tari ed Imu; l’incongruità di alcune delle voci esposte dal consulente di ufficio in sede di accertamento tecnico preventivo.
II. La domanda dell'attore è fondata con le precisazioni che seguono.
Va premesso che non possono accogliersi le eccezioni di decadenza e prescrizione ex art. 1667 c.c. formulate dal convenuto.
Ciò in quanto nel caso di specie non viene in applicazione la disciplina dell’appalto, vertendosi invece in tema di prestazione d’opera intellettuale. Gli artt. 1667 e 1668 c.c., infatti, non regolano la posizione del progettista e del direttore dei lavori; la responsabilità di tali soggetti deve essere quindi vagliata in base alle norme generali in tema di inadempimento e, per quanto applicabili, dalle norme sulla prestazione d'opera e sulle professioni intellettuali (artt. 2222 - 2238 c.c). E’ però comunque inapplicabile “alla prestazione del professionista che abbia assunto l'obbligazione della progettazione e della direzione dei lavori di un fabbricato “ l’art. 2226 cod. civ., in tema di decadenza e prescrizione dell'azione di garanzia per vizi dell'opera” (Cass. 20 dicembre 2013 n. 28575;. Cass. S.U. 28 luglio 2005 n. 15781 ed altre).
Ne deriva che, dovendo farsi riferimento alla disciplina generale, non è applicabile l’istituto della decadenza ed il termine di prescrizione è decennale; termine che, nella specie, non è decorso.
Nel merito vale quanto segue.
Non è in contestazione l’esistenza di irregolarità urbanistiche del bene, che sono state anche rilevate dal consulente in sede di accertamento tecnico preventivo, tra cui le seguenti:
a. eccesso di superficie lorda di pavimento, in quanto ai fini del calcolo era stata erroneamente computata, in detrazione, la scala di accesso al primo piano e alcuni locali tecnici; (cfr. missiva 26.6.2015 del Comune doc. 8 in prod. att.);
b. eccessiva altezza media ponderale del locale sottotetto, superiore al metri 1,80;
c. Affaccio diretto sul proprietà di terzi del balcone di nuova costruzione. Tali irregolarità hanno comportato un grave ritardo nella realizzazione delle opere, a causa di plurime sospensioni dei lavori (v. docc. 8, 9 e 12 in prod. att.) e della necessità di eseguire opere di ripristino.
Orbene, l’esistenza di irregolarità urbanistiche potrebbe in astratto essere conseguente sia ad una non corretta progettazione che ad una esecuzione non conforme al progetto. Nel primo caso si avrebbe una responsabilità esclusiva del progettista; nel secondo caso risponderebbe il direttore dei lavori.
Nel caso in esame il Comune, con due distinte missive, aveva rimarcato le criticità sopra indicate; è però significativo che detti rilievi erano stati inviati prima ed indipendentemente da qualsiasi sopralluogo sul cantiere (non va considerato l’accesso eseguito a seguito di esposto 9 luglio 2015 in quanto all’epoca, come emerge dal doc.9 in prod. att., era stato solo installato il ponteggio). Un sopralluogo finalizzato all’esame delle opere era stato eseguito solo in data 5 maggio 2017; nel corso di esso erano state rilevate ulteriori difformità.
Da tali elementi emerge che le criticità poi tradottesi in opere difformi riguardavano proprio i progetti, elaborati su esclusiva responsabilità dell’A., in quanto dette criticità erano rilevabili prima ed indipendentemente dalla realizzazione delle opere.
Né può ritenersi provato che tali difformità -già a livello di progetto- fossero imputabili a volontà del committente; in ogni caso, in tale ipotesi, sarebbe stato obbligo del professionista non prestarsi a soddisfare tali richieste.
E’ poi irrilevante in questa sede l’esistenza di eventuali profili di responsabilità dell’impresa, posto che l’obbligo risarcitorio ha natura di debito solidale, con la conseguenza che il risarcimento può essere richiesto dal danneggiato per l’intero a ciascuno dei responsabili. Una corresponsabilità del terzo potrebbe dunque essere rilevante unicamente ai fini della azione di regresso; tale domanda non è stata tuttavia proposta nel presente giudizio.
Non è infine condivisibile la tesi secondo cui l’unico motivo di responsabilità sollevato dall’attore sia costituito dal non aver l’A. presentato una variante al progetto; come si evince dalla narrativa dell’atto di citazione, infatti, i fatti dedotti riguardano l’intera gestione dell’incarico.
Sussiste dunque piena responsabilità dell’A..
III. Circa il quantum deve farsi riferimento all’accertamento tecnico preventivo in data 5 febbraio 2018 che ha quantificato in euro 41.565,80, comprensivi di Iva e contributi, il costo delle opere necessarie alla regolarizzazione del bene.
Non vi è prova che il S. sia titolare di partita Iva; vanno dunque considerati anche gli oneri inerenti al tributo.
Devono conteggiarsi inoltre euro 1.032 per sanzioni, di cui euro 516 per indebito inizio lavori prima della Dia (v. doc. 6 in prod.att. missiva del Comune in data 24 novembre 2015) ed euro 516 per sanzioni conseguenti alle esecuzione di opere in difformità (doc. 6 come da distinta di versamento 21.12.2018), per un totale di euro 42.597,80 (41.565,80 + 1.032). Va precisato, quanto alla prima violazione, che l’A. rivestiva, incontestatamente, anche la veste di direttore dei lavori.
Nulla può invece riconoscersi quale rimborso Tari, in quanto trattasi di danno collegato al possesso del bene; non è però possibile affermare con certezza che, ove l’immobile fosse stato consegnato in epoca anteriore, sarebbe stato possibile una vendita così sollecita da evitare tali oneri, a ciò non ritenendosi sufficiente la proposta di acquisto prodotta, in quanto formulata in epoca anteriore al completamento dei lavori (13.7.2016, doc. 8 in prod. att.), con indicazioni contraddittorie quanto al prezzo (indicato in euro 180.000 ma con modalità di pagamento specificate solo per la minor somma di euro 175.000) e come tale non attendibile.
Non è fondata la tesi del convenuto secondo cui, non avendo il S. prodotto le fatture attestanti gli effettivi esborsi, non potrebbe riconoscersi il danno; l’ammontare del pregiudizio deve infatti ritenersi provato sulla base della quantificazione del consulente e non è necessaria ulteriore prova.
IV. Il geom. A. ha eccepito in compensazione il pagamento delle proprie spettanze professionali quantificate in euro 19.616,21, di cui euro 12.242,56, al netto di un acconto ricevuto di euro 5.248,00 per le prestazioni professionali inerenti l’immobile in questione, euro 3.778,43 per le prestazioni concernenti la sostituzione orditura, manto di copertura e lattoneria, euro 2.154,09 per la formazione di ingresso pedonale su recinzione esistente ed euro 1.441,13 per la conclusione di convenzioni tra i confinanti e autorizzazioni agli impianti di cantiere.
Tali attività sono contestate dal S. in quanto si sostiene che esse in parte erano inerenti all’incarico iniziale e in parte si erano rese necessarie per gli errori progettuali di cui sopra; viene riconosciuto un importo complessivo per compensi di euro 7.500. La eccezione appare condivisibile, considerato che trattasi di opere inerenti al medesimo immobile per il quale era stato conferito l’incarico professionale; incarico teso ad ottenere un cambio di destinazione d’uso ed avente ad oggetto la conseguente progettazione e direzione lavori; la presentazione di separate istanze per il rifacimento del tetto e la formazione di cancelletto pedonale, opere inizialmente comprese nel progetto iniziale, era infatti avvenuta su consiglio dello stesso A. al fine di superare almeno in parte l’ordine di sospensione dei lavori, consentendo di procedere, nelle more delle interlocuzioni con il Comune, quanto meno alla realizzazione di quei manufatti (circostanze non contestate). Trattasi dunque di eventi conseguenti alla errata impostazione del progetto iniziale.
Il totale dei compensi va pertanto limitato ad euro 7.500, riconosciuti dall’attore in comparsa conclusionale; oltre euro 375, per contributo integrativo ed euro 1.732,50 per iva, oltre 124 per anticipazioni (queste ultime risultanti dalle fatture 12/2015 e 19/2015 docc. 27 in prod. conv.), per complessivi euro 9.731,50, somma dalla quale devono dedursi gli acconti per euro 5.760,40 (5.248 di cui alle due fatture 12/15 e 19/15 da euro 2.624 ciascuna, oltre euro 512,40 per la fattura 10/2015, v. doc. 27 in prod. conv.), con un saldo a debito di euro 3.971,10 (9.731,50-5.760,40) omnicomprensivi.
V. Devono ora considerarsi i rapporti di dare ed avere tra le parti.
Dalla somma di euro 41.565,80 a credito dell’attore per lavori di rimessa in pristino devono detrarsi i compensi ancora da corrispondere al convenuto: residuano dunque, quanto a tale voce, euro 37.594,70 (41.565,80 -3.971,10), oltre ad euro 1.032 per sanzioni.
Trattandosi di debito di valore, sono dovuti altresì la rivalutazione e gli interessi sulle somme via via rivalutate anno per anno, dalla data in cui il danno si è verificato al saldo.
Tale momento, in relazione alle somme dovute per la eliminazione delle difformità, può essere identificato con il termine di consegna originariamente previsto. Pertanto, facendo riferimento ai 90 giorni in cui avrebbero dovuto concludersi i lavori come da contratto di appalto (doc. 3 in prod. conv.) e ponendo la decorrenza a far tempo da un momento in cui i lavori erano sicuramente in corso, sia pure quanto alla sola installazione del ponteggio e cioè dal 23 luglio 2015 (v. doc. 9 in prod. att. non risultando precedenti elementi), può identificarsi nel 23 ottobre 2015 il momento in cui può considerarsi concretizzato il pregiudizio.
Poiché la somma sin questione è stata determinata dal consulente con riferimento al momento del deposito della relazione, per calcolare gli interessi è necessario devalutare l’importo all’ultima data indicata: si ha una cifra di euro 37.075,6 per le opere di ripristino (coeff. 1,014). Per le restanti somme di euro 516 + 516 non vi è necessità di devalutazione, in quanto la data del danno coincide con quella degli esborsi. Tali ultimi importi sono stati quindi compresi aggiungendoli al capitale, nella tabella che segue, rispettivamente ai righi 2 e 9.
Il tasso di interesse è quello di cui all’art. 1284 co. 1 cod. civ. sino alla data di notifica della citazione; successivamente va applicato il tasso ex d.lgs. 231/2002 (art. 1284 co. 4).
n. - Data - Iniziale - Data - Finale - Coeff. - Capitale - Tasso - Giorni - Interessi
1 23/10/2015 - 24/11/2015 - 37.075,64 - 0,50% 32 - 16,25
2 24/11/2015 - 31/12/2015 - 37.591,64 - 0,50% 37 - 19,05
3 01/01/2016 - 23/10/2016 - 37.591,64 - 0,20% - 296 60,97
4 23/10/2016 - 31/12/2016 - 1,001 37.629,23 - 0,20% - 69 14,23
5 01/01/2017- 23/10/2017 - 37.629,23 - 0,10% - 295 30,41
6 23/10/2017 - 31/12/2017 - 1,009 37.967,90 0,10% - 69 7,18
7 01/01/2018 - 23/10/2018 - 37.967,90 - 0,30% - 295 92,06
8 23/10/2018- 21/12/2018 - 1,015 38.537,41 - 0,30% - 59 18,69
9 21/12/2018 - 31/12/2018 - 39.053,41 - 0,30% - 10 3,21
10 01/01/2019 - 02/05/2019 - 38.537,41 - 0,80% - 121 102,20
11 02/05/2019 - 23/10/2019 - 38.537,41 - 8,00% - 174 1.469,70
12 23/10/2019 - 23/10/2020 - 1 38.383,26 - 8,00% - 366 3.079,07
13 23/10/2020 - 23/10/2021 - 0,996 38.229,73 - 8,00% - 365 3.058,38
14 23/10/2021 - 10/09/2022 - 1,030 39.376,62 - 8,00% - 322 2.779,02
totale interessi 10.750,43
totale complessivo 50.127,05
Il totale alla data della decisione è dunque di euro 50.127,05, di cui euro 39.376,62 per capitale; in tali limiti va accolta la domanda del S..
VI. E’ inammissibile la domanda proposta dall’attore nei confronti del terzo chiamato (A.-s.p.a.) stante la mancanza di rapporti contrattuali con lo stesso e l’assenza di normativa specifica che consenta, in questa materia, una azione diretta.
VII. N. A. ha chiesto di essere manlevato dal proprio assicuratore.
Quest’ultimo ha eccepito da un lato che nel caso di specie vi sarebbe stata non solo colpa, ma una precisa volontà dolosa, essendo il professionista sin dall’origine consapevole della non conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche; dall’altro che non vi era copertura, e ciò in base al testo dell’art. 9 delle condizioni aggiuntive di polizza, che escludeva il diritto quando “l’opera è stata realizzata in difformità alla concessione edilizia rilasciata per l’opera stessa; ovvero per contributi di concessione o autorizzazione in sanatoria nell’ambito delle regolazioni di violazioni edilizie.
La clausola richiamata è la seguente:
(omissis)
Orbene, va premesso che tale pattuizione, predisposta dall’assicuratore nell’ambito di una regolamentazione generale, va interpretata in senso restrittivo ed eventualmente contra stipulatorem (art. 1370 cod. civ.).
Quanto al primo motivo di contestazione, ferma la estensione della copertura alle perdite conseguenti ad errata ed involontaria interpretazione delle disposizioni urbanistiche, l’esclusione concerne il solo caso di difformità tra progetto assentito di concessione e le opere eseguite. Ciò si spiega in quanto, ove vi sia un progetto approvato, la realizzazione di opere difformi è conseguente a colpa grave o a volontà dolosa, essendovi un riferimento certo.
Nel caso in questione, invece, la responsabilità del professionista deriva da errori in una fase anteriore e cioè proprio nella predisposizione di un progetto non corretto e che non ha mai avuto, prima della sanatoria, alcuna approvazione da parte del Comune. E’ dunque dovuta la copertura.
Va poi sottolineato che non appare possibile dedurre la prova di una volontà dolosa del convenuto al momento della progettazione sulla base delle sole dichiarazioni registrate doc. 24, posto che l’osservazione del geometra in quei colloqui non è sufficiente, considerato che non è credibile che egli, senza alcun interesse proprio -e dunque senza motivo- , si sarebbe coscientemente e volontariamente esposto alle gravi conseguenze a suo carico.
Ne consegue che la fattispecie per cui è causa non può rientrare nella esclusione richiamata.
Va invece condivisa l’eccezione limitatamente all’importo di euro 516,00 di cui al doc. 6 fol. 8 in prod. att., in quanto rientrante nel concetto di “contributi di concessione o autorizzazione in sanatoria”, importo che va dunque sottratto (l’altro importo di euro 516 era invece dovuto per sanzioni conseguenti all’inizio dei lavori prima del termine di efficacia della Dia, cfr. doc. 6 in prod. att. fol. 6 e pertanto non è da espungere).
L’importo del danno rientrante nelle condizioni di polizza ammonta dunque ad euro 49.439,21 (50.127,05-516-147,34 per detrazione interessi su 516).
A tale somma va aggiunto però l’importo del saldo spettante al geom. A. per i propri compensi. Infatti, il danno provocato era di euro 41.565,80 oltre euro 1.032 (516 a fini di polizza) per sanzioni; si è ridotto ad euro 37.594,70 in quanto dai primi importi sono state sottratte le retribuzioni per euro 3.971,10; in sostanza, con tale decurtazione, l’A. ha già anticipato una parte del risarcimento, restato dunque a suo carico.
Il totale su cui calcolare l’indennità è dunque di euro 53.410,31 (49.439,21 +3.971,10).
Di tale cifra sono da considerare, ai fini dell’obbligo dell’assicuratore, euro 48.069,28 ( 53.410,31 /100*90), dovendosi tenere conto dello scoperto previsto in polizza (1/10 per ciascun sinistro, art. 6 della polizza).
La domanda di rivalsa dell’A. va dunque accolta per tale somma, oltre a quanto si dirà per le spese legali.
VII. Si rivelano superflue, alla luce di quanto sopra, le attività istruttorie richieste, alle quali non va pertanto dato ingresso.
VIII. Le spese del giudizio sostenute dall’attore verso il convenuto seguono la soccombenza ex art. 91 cod. proc. civ. e vengono liquidate come in dispositivo, tenuto conto che la fase istruttoria si è dispiegata unicamente nella redazione delle memorie ex art. 183 cod. proc. civ. e nella produzione di documenti. Nelle spese da rifondere all’attore sono da ricomprendere quelle per l’accertamento tecnico preventivo (euro 6.952,25, di cui euro 3.679,52 per spese di consulente tecnico di parte ed euro 3.272,73 per compensi avvocato, v. nota spese) e per il procedimento di mediazione. Sono da compensarsi integralmente le spese tra l’attore e il terzo chiamato, considerata la scarsa incidenza di tale controversia sulle attività difensive e istruttorie. Quanto ai rapporti tra assicurato e assicuratore deve distinguersi, come è noto, tra spese da rifondere alla controparte ex art. 91 cpc, spese sostenute in proprio dall’assicurato per resistere all’azione (cd. spese di resistenza) e spese di questo giudizio nei rapporti tra l’assicurato nella veste di chiamante e l’assicuratore evocato in giudizio. Le spese del primo insieme rientrano tra conseguenze della responsabilità e sono quindi soggette al limite del massimale ed alle decurtazioni da contratto; nel caso di specie esse sono costituite da quelle riguardanti l’attività svolta sia nel presente giudizio che in quello di accertamento tecnico preventivo e nel procedimento di mediazione. L’importo delle stesse, ai fini di polizza può essere determinato in euro 1.930,72, costituito dalla differenza tra euro 48.069,28 ed il massimale di euro 50.000. Poiché l’importo complessivo di queste spese supera di molto tale cifra, non è necessario in questa sede operare la preventiva riduzione del 10 per cento, in quanto la somma ora indicata è comunque inferiore al 90 per cento degli oneri. Le spese di resistenza, regolate dall’art. 1914 cod. civ., devono essere corrisposte anche oltre i limiti del massimale, ma entro quelli previsti dall’art. 1917 co. 3 cod. civ.; eguale contenuto ha del resto la regolamentazione di polizza, che riprende il contenuto della norma codicistica:
Le spese liquidate in dispositivo per questa causale sono inferiori al limite (50.000/3 =16.666,67); non vanno considerate le spese sostenute dall’A. nel giudizio di accertamento tecnico preventivo e in quello di mediazione, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., considerate le conclusioni formulate dalla parte.
L’ultimo insieme di spese è invece regolato in base all’ art. 91 cpc., senza limiti di massimale; poiché l’assicuratore soccombe nei confronti dell’A., sono a suo carico le spese sostenute da quest’ultimo.
Si provvede come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da R. S. nei confronti di N. A. con citazione notificata in data 2.5.2019, così provvede:
I. Condanna N. A. al pagamento di euro 50.127,05 in favore di R. S., oltre interessi ex art. 1284 cod. civ. su euro 39.376,62 dalla data della decisione al saldo;
II. Condanna N. A., al pagamento delle spese del giudizio in favore di R. S., spese che liquida in euro 6.410,00 per compensi di questo giudizio, oltre spese forfaitarie ex art. 2 del
d.m. 10 marzo 2014 n. 55 nella misura del 15 per cento sull’importo dei compensi, oltre contributi previdenziali ed iva come per legge, oltre euro 518 per anticipazioni;
III. Condanna N. A. al pagamento delle spese del procedimento di accertamento tecnico preventivo iscritto al n. 14835/2016 Reg. Gen. in favore di R. S., spese che liquida in euro 6.952,25 omnicomprensivi;
IV. Condanna N. A. al pagamento delle spese del procedimento di mediazione in favore di R. S., spese che liquida in euro 438,00 omnicomprensivi.
V. Condanna A.-s.p.a. a tenere indenne N. A. da quanto egli verserà a R. S. in adempimento del capo I di questa sentenza, sino a concorrenza di euro 48.069,28, oltre interessi ex art. 1284 cod. civ. dalla data dei futuri esborsi da parte dell’A. al saldo;
VI. Condanna A.-s.p.a. a tenere indenne N. A. da quanto egli verserà a R. S. in adempimento dei capi II, III e IV di questa sentenza, nei limiti di euro 1.930,72;
VII. Condanna A.-s.p.a. a tenere indenne N. A. delle spese di resistenza nei confronti del S., spese che liquida - d’ufficio, in mancanza di nota specifica- in euro 6.410,00 per compensi di questo giudizio, oltre spese forfaitarie ex art. 2 del d.m. 10 marzo 2014 n. 55 nella misura del 15 per cento sull’importo dei compensi, oltre contributi previdenziali ed iva come per legge;
VIII. Condanna A.-s.p.a. al pagamento delle spese del giudizio ex art. 91 cod. proc. civ. in favore di N. A., spese che liquida in euro 3.506,00 per compensi, oltre spese forfaitarie ex art. 2 del d.m. 10 marzo 2014 n. 55 nella misura del 15 per cento sull’importo dei compensi, oltre contributi previdenziali ed iva come per legge.