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20 febbraio 2023
Civile e processo
Come reagire ad un trust discrezionale lesivo della legittima?
Un trust inter vivos e discrezionale non è affetto da nullità e, quindi, non riconoscibile perché potrebbe essere suscettibile di determinare una lesione del diritto del legittimario, dal momento che quest'ultimo, in caso di effettiva lesione, potrebbe agire con l'azione di riduzione.
di Avv. Fabio Valerini
Il caso

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La seconda sezione civile della Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 5073 del 17 febbraio 2023, valorizzando gli approdi interpretativi della giurisprudenza civile e tributaria ha negato che il trust, sia pure discrezionale ed in concreto lesivo del diritto del legittimario, sia affetto da nullità, avendo, viceversa, individuato nell'azione di riduzione lo strumento di tutela spettante al legittimario individuando anche il legittimato passivo a seconda delle evenzienze.

Nel caso di specie, la figlia del de cuius – che era morto ab intestato - aveva convenuto in giudizio, oltre agli altri eredi, il trustee del trust che il padre aveva istituito in vita per sentirlo dichiarare nullo siccome lesivo dei suoi diritti successori.

Il trust oggetto del processo era un trust non di diritto interno, inter vivos e di carattere discrezionale con sede nel Regno Unito.

Inoltre, non aveva avuto ad oggetto tutto il patrimonio del de cuius (ma soltanto partecipazioni ai capitali di società tutte appartenenti ad un medesimo gruppo) e prevedeva in capo al trustee il potere di designare i beneficiari (tra una cerchia di soggetti legati al disponente da rapporti di filiazione tra cui, quindi, anche la figlia che aveva proposto l'azione) e/o determinare l'entità delle quote di spettanza di ciascuno.

Sia in primo grado che in appello i giudici di merito avevano rigettato la domanda dell'attrice.

Il diritto

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La prima questione di particolare interesse affrontata dalla Suprema Corte è stata quella di individuare quale sia la tutela spettante al legittimario quando la lesione derivi da un atto istitutivo di un trust.

Quella tutela non può essere la sanzione di nullità dell'atto dispositivo né quello del mancato riconoscimento del trust ai sensi dell'art. 13 della Convenzione dell'AJA del 1° luglio 1985 che una parte della dottrina afferma essere percorribile argomentando anche dalla difficoltà di individuare il destinatario dell'azione di riduzione potendo ben accadere che nel trust discrezionale al momento della morte del disponente non si sia ancora completata l'individuazione dei beneficiari.

Ed infatti, il ricorso alla sanzione della nullità – che in materia di lesione della legittima appare residuale (artt. 549 e 735 c.c.) - apparirebbe eccessivo rispetto alle esigenze di tutela del legittimario leso o pretermesso anche perché, diversamente dall'azione di riduzione che ha natura personale, l'azione di nullità potrebbe essere proposta da chiunque vi abbia interesse (come i creditori del legittimario) e sarebbe imprescrittibile con conseguente dichiarazione che colpirebbe l'intero atto e non già la quota lesiva della legittima.

Peraltro, questa ipotetica nullità dovrebbe essere ascritta alla categoria delle nullità sopravvenute dal momento che la nullità non colpirebbe l'atto nel momento in cui è stato posto in essere, ma soltanto – ed eventualmente – al momento dell'apertura della successione.

Inoltre, non apparirebbe neppure giustificata la differenza di tutela che sarebbe accordata al legittimario che sia stato leso da un trust rispetto a quella offerta al legittimario leso da qualsivoglia altra disposizione.

Viceversa, la forma di tutela che la parte avrebbe potuto esperire è rappresentata dalla azione di riduzione stante l'assimilazione degli atti denunciati a delle liberalità non donative con la conseguenza che la sanzione è la mera inefficacia dell'atto pregiudizievole e non già la sua nullità.

E ciò perché «nel caso in cui l'intento del settlor sia quello … di avvantaggiare, all'esito dell'attività gestoria del trustee, i beneficiari, l'opinione prevalente in dottrina è nel senso che si sia al cospetto di un atto che, seppur diverso per forma dalla donazione tipica, attua in realtà una liberalità, la quale è soggetta alla disciplina dell'art. 809 cod. civ.».

In tal senso la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che il "trust inter vivos", con effetti "post mortem", deve essere qualificato come donazione indiretta, rientrante, in quanto tale, nella categoria delle liberalità non donative ai sensi dell'art. 809 c.c., poiché l'attribuzione ai beneficiari del patrimonio che ne costituisce la dotazione avviene per atto del "trustee", cui il disponente aveva trasferito la proprietà, sicché l'avvenuta fuoriuscita del "trust fund" dal patrimonio di quest'ultimo quando era ancora in vita esclude la natura "mortis causa" dell'operazione, nella quale l'evento morte rappresenta mero termine o condizione dell'attribuzione, senza penetrare nella giustificazione causale della stessa.

La lente dell'autore

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La seconda questione processuale particolarmente delicata affrontata dalla Suprema Corte è stata quella di individuare – una volta affermato che la tutela è quella dell'azione di riduzione – chi sia il legittimato passivo dell'azione di riduzione nel caso di trust dove non ci sia stata ancora, in ragione del contenuto del trust, l'individuazione del beneficiario.

Per la Suprema Corte la soluzione non può essere quella che, per semplificare, afferma la legittimazione passiva, sempre e comunque, del trustee dal momento che, almeno nelle ipotesi in cui i beneficiari hanno ricevuto l'attribuzione dei beni sono quest'ultimi ad aver beneficiato dell'arricchimento e dal momento che sono le disposizioni in loro favore a dover essere rese inefficaci.

Ne deriva che la risposta a chi sia il legittimato passivo deve tenere conto, in base ad un principio di ragionevolezza, della mutevolezza delle vicende suscettibili di verificazione così che esso dovrà essere individuato:

  1. nel beneficiario se il trustee abbia già provveduto ad eseguire il programma del disponente e ad aver esercitato i proprio potere discrezionale;
  2. nel trustee laddove il trust sia ancora in “fase di esecuzione” onde evitare che le difficoltà di individuazione del beneficiario rendano impossibile l'esercizio dell'azione di riduzione o nel caso di trust c.d. di scopo;
  3. nel beneficiario quando, pur essendo il trust ancora in esecuzione, sia comunque certa l'individuazione essendo differito soltanto il momento della concreta attribuzione del vantaggio al beneficiario (con l'avvertenza che il trustee partecipa al giudizio per renderne al medesimo opponibile l'esito).
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