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22 febbraio 2023
Persone, famiglie e minori
Il coniuge separato ha diritto al rimborso delle somme pagate a titolo di mutuo cointestato
Il coniuge che ha pagato il mutuo per intero ha diritto alla restituzione della metà in quanto entrambi i coniugi sono tenuti al pagamento del mutuo per l'acquisto della casa familiare in caso di separazione o divorzio.
di Avv. e Giornalista pubblicista Maurizio Tarantino
Il caso

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Tizio con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. aveva proposto nei confronti del coniuge (in separazione dei beni) la domanda di condanna in suo favore del 50% di tutte le somme da lui pagate per l'acquisto in comproprietà indivisa di un immobile, nonché la restituzione di ogni somma versata a titolo di rimborso del mutuo ipotecario cointestato eccedente la propria quota di tale debito. Costituendosi in giudizio, Caia eccepiva che il pagamento da parte di Tizio delle somme necessarie all'acquisto dell'appartamento, destinato a residenza familiare, era avvenuto in adempimento dell'obbligo di contribuzione familiare e in ogni caso rappresentava donazione indiretta a favore del coniuge. I giudici di primo e di secondo grado respinsero la domanda. In particolare, secondo i giudici, le somme di mutuo eccedenti il proprio 50%, in quanto erano state sostenute mediante somme depositate su conto corrente cointestato, il pagamento delle somme dovute per l'acquisto e la conservazione della casa coniugale era stato effettuato da quest'ultimo quale adempimento all'obbligo di contribuzione e solidarietà familiare. Inoltre, a differenza del primo giudice, la Corte territoriale ha ritenuto anche che Caia non doveva nulla a Tizio (quindi esclusa la restituzione degli anticipi fatti da Tizio a titolo di caparra e acconto). Per le ragioni esposte, Tizio ha proposto ricorso in Cassazione contestando, tra le varie questioni, il ragionamento dei giudici secondo cui egli avrebbe onorato le rate del mutuo di pertinenza del coniuge in adempimento dell'obbligo di contribuzione familiare, non considerando le prove documentali che erano state da lui dedotte.

Il diritto

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La Corte territoriale, nel motivare il mancato accoglimento dell'appello principale, aveva sostenuto che Tizio non aveva provato la sussistenza di un rapporto di mandato senza rappresentanza (e neppure, tanto meno, di una donazione indiretta). Secondo i giudici del gravame, il pagamento delle somme per l'acquisto e la conservazione della casa familiare era stato effettuato quale adempimento dell'obbligo di contribuzione e solidarietà familiare per assicurare al coniuge e alla prole l'immobile di residenza familiare ex art. 143 c.c. Inoltre, secondo i giudici del merito, non era corretto suddividere le rate di mutuo pro quota, in quanto l'obbligo era solidale, come previsto in contratto e il pagamento da parte di Tizio rispondeva all'obbligo di cui all'art. 143 c.c. Ebbene, alla luce di quanto precisato, la S.C. contesta il ragionamento dei giudici di merito. Difatti, a parere della Corte di Cassazione «non esiste norma che stabilisca la misura minima del contributo   che ciascun coniuge è tenuto a fornire alla famiglia; come pure non esiste norma che stabilisca come devono essere distribuiti tra i coniugi i diversi pagamenti che accompagnano lo svolgersi della vita ordinaria della maggior parte delle famiglie (spese per i viveri e per il vestiario; spese per l'auto e per la casa; imposte e tasse, ecc.)». Invero, sotto l'aspetto economico, per determinare l'entità della contribuzione, rilevano in primo luogo le "sostanze" di cui dispone ciascun coniuge (ragion per cui il coniuge, che percepisce uno stipendio più alto, assume generalmente in famiglia l'impegno monetario di maggiore consistenza), ma occorre tener conto anche degli apporti effettuati da ciascun coniuge al momento delle nozze, nonché della circostanza che, come già rilevato, l'obbligo di contribuzione può essere assolto non  soltanto  con  l'attività lavorativa professionale o mettendo a disposizione beni personali (come la casa o l'auto), ma anche il lavoro casalingo.

Quindi, occorre ricostruire ex post le vicende della vita familiare, cercando di distinguere tra elargizioni ingiustificate e contribuzioni ai bisogni familiari: in tutti questi casi, invero, le attribuzioni in costanza di matrimonio introducono non di rado il tema delle "restituzioni"; di qui la necessità di individuare la disciplina applicabile a seconda della fattispecie concreta. In via generale ed astratta, può soltanto affermarsi che sono irripetibili tutte quelle attribuzioni che sono state eseguite per concorrere a realizzare un progetto di vita in comune.  Quanto al mutuo cointestato ad entrambi i coniugi, ma pagato da uno solo di essi, salvo l'esistenza di un differente accordo inter partes, che va provato, secondo un orientamento giurisprudenziale, la ripetibilità potrà essere fatta valere solo dalla data della separazione e per le somme successivamente pagate (Cass. civ., sez. VI, 17 gennaio 2018, n. 1072), purché l'accollo del mutuo da parte di uno solo dei coniugi non sia imposto dal Giudice quale contributo al mantenimento del coniuge o dei figli, o non sia previsto negli accordi delle parti. In conclusione, il ricorso è stato accolto e, per l’effetto, il provvedimento è stato cassato con rinvio.

La lente dell'autore

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In argomento, si osserva che l'erogazione (eccessiva o non) si presume effettuata in ragione di un comune progetto di convivenza: diviene così irripetibile in quanto sorretta da una giusta causa. Sarà onere della parte che pretende di ottenere la restituzione della somma dimostrare l'eventuale causa diversa (ad esempio, un prestito) in ragione della quale l'operazione economica era stata attuata in costanza di rapporto coniugale o di convivenza.

D'altronde, la necessità di soluzioni differenziate discende non soltanto dal diverso contenuto degli accordi che possono in concreto intervenire tra i coniugi, ma anche dalla diversa natura del bene (mobile - immobile) di volta in volta in contestazione, dello strumento giuridico in concreto utilizzato (contratto di donazione, liberalità indirette, contestazioni di diritti, ecc.) nonché della convenzione matrimoniale in concreto adottata.

Quanto al mutuo, i pagamenti delle rate del mutuo cointestato, effettuati da uno solo dei coniugi in via esclusiva, talvolta sono stati considerati quale adempimento dell'obbligo di contribuzione di cui all'art. 143 c.c. (e, quindi, espressione di quei «doveri di collaborazione nell'interesse della famiglia, solidarietà e assistenza morale e materiale tra i coniugi» sanciti appunto dall'art. 143c.c.); mentre talaltra sono stati ricondotti (Cass. civ., sez. III, 28 maggio 2009, n. 12551) alla logica di solidarietà che connota la vita familiare (e, quindi, ad una sorta di presunzione di gratuità degli esborsi effettuati in costanza di matrimonio). Peraltro, proprietario dell'immobile (acquistato con il mutuo cointestato) non necessariamente è il coniuge che paga le rate del mutuo in costanza di matrimonio, essendo rilevante sul punto quanto pattuito in fase di rogito notarile: infatti, se un solo coniuge paga il mutuo per intero, ma in sede di rogito è stato pattuito che la casa è intestata all'altro, la proprietà in alcun modo fa capo a chi paga i ratei del mutuo (salvo che non vi sia la comunione dei beni). Tuttavia, come sottolineato dalla Corte di Cassazione, in alcuni casi, in assenza di una espressa ed univoca volontà di accollo da parte di un coniuge dell’obbligo di pagamento per intero del mutuo, lo stesso deve essere pagato da ciascuno dei coniugi. In tal caso, difatti, l’accollo per intero dell’obbligazione di pagamento per intero del mutuo deve essere comprovato da elementi documentali (dichiarazioni del marito, verbali delle udienze di separazione e divorzio) eventualmente avvalorati dal successivo comportamento processuale delle parti (Cass. Civ. ordinanza n. 1072/2018).