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27 febbraio 2023
Tutela animali
Randagismo: la ASL è responsabile dei danni solo se prova che era stata avvisata della presenza dell’animale
La responsabilità – collocata nell'ambito dell'art. 2043 c.c. - per i danni causati dai cani randagi spetta esclusivamente all'ente, o agli enti, cui è attribuito in particolare dalle singole leggi regionali il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi. Pertanto, è necessario provare un comportamento omissivo colposo dell'ente, consistente in un danno causato dal mancato tempestivo intervento, nonostante fosse stato sollecitato o comunque avvisato in tal senso, per la cattura di un cane randagio la cui presenza ha determinato il verificarsi del danno stesso.
di Ricercatore presso l’Università di Palermo Ivan Libero Nocera
Il caso

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Il Tribunale di Benevento si concentra sul tema della responsabilità per i danni causati dai cani randagi, soffermandosi in particolare sulla qualificazione sistematica della fattispecie nell'ambito della disciplina che regge il sistema della responsabilità civile.
Tuttavia, il provvedimento si apprezza anche per l'attenzione attribuita alla regolamentazione primaria nella L. 14 agosto 1991, n. 281, recante Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo.
La fattispecie riguardava un'azione di responsabilità intentata nei confronti dell'ASL da parte di un soggetto danneggiato da un cane randagio.

Il diritto

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Secondo il Giudice di Benevento la fattispecie rientra sotto l'ambito di operatività dell'art. 2043 c.c. e non dell'art. 2052 c.c., seguendo così la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. 14 febbraio 2000, n. 1638, Cass., 26 maggio 2020, n.9671).
Infatti, il fondamento primo della responsabilità presunta di cui all'art. 2052 c.c. risiede non tanto nella proprietà (ed infatti in essa incorre anche il semplice utente) quanto nel potere-dovere di custodia, ossia nella concreta possibilità di vigilanza e controllo del comportamento degli animali, per definizione non configurabile nei confronti dei cani randagi. Di conseguenza, tale stato di libertà è concettualmente incompatibile con un qualsiasi obbligo di custodia incombente alla Pubblica Amministrazione.
Di conseguenza, la Corte di Cassazione reputa che la responsabilità per i danni causati dai cani randagi spetta esclusivamente all'ente, o agli enti, cui è attribuito dalla legge (ed in particolare dalle singole leggi regionali) il compito di prevenire il pericolo specifico per l'incolumità della popolazione connesso al randagismo, e cioè il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi. Infatti, l'attribuzione per legge ad uno o più determinati enti pubblici del compito della cattura e quindi della custodia degli animali vaganti o randagi costituisce il fondamento della responsabilità per i danni eventualmente arrecati alla popolazione dagli animali suddetti, anche quanto ai profili civilistici conseguenti all'inosservanza di detti obblighi di cattura e custodia.
La Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo (legge 14 agosto 1991 n. 281) delinea con estrema chiarezza all'art. 2, comma 2, all'art. 3, comma 2, e all'art. 4, commi 1 e 2, la competenza dei Comuni nella costruzione, sistemazione, gestione dei canili comunali e dei rifugi per cani ed all'art. 2, commi 1, 3, 6, 8, 10, statuisce l'incombere sui servizi sanitari della USL - in modo assai ampio e dettagliato rispetto a quanto già previsto alla lettera p) dell'art. 14 della Legge n. 833 del 1978 e dalla L. 23/12/1978, n. 833 - dei (soli) compiti di profilassi e polizia veterinaria.

Nel caso che occupa il Tribunale di Benevento, viene in risalto dalla legge della Regione Campania che l'art. 5, comma 1, lett. c, L.R. n. 16 del 2001, prevede che i servizi veterinari delle AA.SS.LL. attivano il servizio di accalappiamento dei cani vaganti ed il loro trasferimento presso i canili pubblici. Le spese di cattura e di custodia di cani padronali vaganti accalappiati sono, in ogni caso, a carico del proprietario o del detentore, demandando ai Comuni il compito di realizzare (ovvero avvalersi di) canili per il ricovero.
Tuttavia, il provvedimento precisa che non è possibile gravare le AA.SS.LL. di un obbligo di controllo continuo del territorio comunale allo scopo di verificare la presenza o meno di cani randagi, ma – piuttosto – di un obbligo specifico d'intervento tempestivo ed efficace per la cattura dell'animale randagio a seguito della relativa segnalazione
Peraltro, ancora recentemente la Suprema Corte (Cass., 24 maggio 2002, n. 9621) ha affermato che «in tema di danni causati da cani randagi, una volta individuato - alla stregua della normativa nazionale e regionale applicabile - l'ente titolare dell'obbligo giuridico di recupero degli stessi, il danneggiato è chiamato a provare soltanto che l'evento dannoso rientri nel novero di quelli che la regola cautelare omessa mira ad evitare, e solo una volta che l'ente abbia, a propria volta, dimostrato di essersi attivato rispetto a tale onere cautelare, sarà tenuto ulteriormente a dimostrare (anche per presunzioni) l'esistenza di segnalazioni o di richieste di intervento per la presenza abituale di cani, qualificabili come randagi» .

Pertanto, ascrivendosi la responsabilità dell'ente nell'ambito della norma generale di cui all'art. 2043 c.c. occorre che il danneggiato provi l'elemento soggettivo del danneggiante.
Nella fattispecie sarebbe dovuto essere provato un comportamento omissivo colposo consistente in un danno causato del mancato tempestivo intervento -nonostante fosse stata sollecitata o comunque avvisata in tal senso - per la cattura di un cane randagio la cui presenza ha determinato il verificarsi del danno stesso. Non ritenendosi provata la preventiva segnalazione all'ASL del cane sulla strada ed il mancato tempestivo intervento di quest'ultima, il Tribunale di Benevento ha escluso una responsabilità dell'ente.

La lente dell'autore

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Il Tribunale di Benevento, sul presupposto che la Legge regionale n. 16 del 2001 della Regione Campania pone a carico delle AA.SS.LL. il compito del recupero dei randagi, che, una volta presi, devono essere ricoverati per i prescritti accertamenti presso il canile sanitario alla cui costruzione e mantenimento è tenuto il Comune.

Nondimeno, deve escludersi che la normativa regionale, imponga alle AA.SS.LL. obblighi di pregnanza e consistenza tale da poter far ritenere essi comunque responsabili delle aggressioni. Invero, qualora si ritenesse configurata una tale responsabilità in capo a tali enti, questa non potrebbe atteggiarsi quale responsabilità ai sensi dell'art. 2043 c.c., ma assumerebbe piuttosto le vesti di una responsabilità oggettiva per qualsiasi danno cagionato dai cani randagi.

Si comprende come il Tribunale di Benevento abbia assolto da responsabilità la ASL - la quale peraltro aveva attivato il servizio di accalappiamento e trasporto dei cani randagi – non avendo il danneggiato dedotto un suo comportamento omissivo colposo.