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Il Tribunale di Benevento si concentra sul tema della responsabilità per i danni causati dai cani randagi, soffermandosi in particolare sulla qualificazione sistematica della fattispecie nell'ambito della disciplina che regge il sistema della responsabilità civile. |
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Secondo il Giudice di Benevento la fattispecie rientra sotto l'ambito di operatività dell'art. 2043 c.c. e non dell'art. 2052 c.c., seguendo così la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. 14 febbraio 2000, n. 1638, Cass., 26 maggio 2020, n.9671). Nel caso che occupa il Tribunale di Benevento, viene in risalto dalla legge della Regione Campania che l'art. 5, comma 1, lett. c, L.R. n. 16 del 2001, prevede che i servizi veterinari delle AA.SS.LL. attivano il servizio di accalappiamento dei cani vaganti ed il loro trasferimento presso i canili pubblici. Le spese di cattura e di custodia di cani padronali vaganti accalappiati sono, in ogni caso, a carico del proprietario o del detentore, demandando ai Comuni il compito di realizzare (ovvero avvalersi di) canili per il ricovero. Pertanto, ascrivendosi la responsabilità dell'ente nell'ambito della norma generale di cui all'art. 2043 c.c. occorre che il danneggiato provi l'elemento soggettivo del danneggiante. |
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Il Tribunale di Benevento, sul presupposto che la Legge regionale n. 16 del 2001 della Regione Campania pone a carico delle AA.SS.LL. il compito del recupero dei randagi, che, una volta presi, devono essere ricoverati per i prescritti accertamenti presso il canile sanitario alla cui costruzione e mantenimento è tenuto il Comune. Nondimeno, deve escludersi che la normativa regionale, imponga alle AA.SS.LL. obblighi di pregnanza e consistenza tale da poter far ritenere essi comunque responsabili delle aggressioni. Invero, qualora si ritenesse configurata una tale responsabilità in capo a tali enti, questa non potrebbe atteggiarsi quale responsabilità ai sensi dell'art. 2043 c.c., ma assumerebbe piuttosto le vesti di una responsabilità oggettiva per qualsiasi danno cagionato dai cani randagi. Si comprende come il Tribunale di Benevento abbia assolto da responsabilità la ASL - la quale peraltro aveva attivato il servizio di accalappiamento e trasporto dei cani randagi – non avendo il danneggiato dedotto un suo comportamento omissivo colposo. |
Tribunale di Benevento, sentenza 10 gennaio 2023, n. 64
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Questioni preliminari e sul merito
Preliminarmente, si precisa che, sotto il profilo metodologico, nella presente decisione si fa applicazione del criterio della "ragione più liquida", il quale suggerisce al Giudice un approccio interpretativo con verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo, preferibile -per economia processuale ed ove consenta una più rapida ed agevole soluzione della controversia- rispetto a quello della coerenza logico-sistematica, con la conseguenza che nell'analisi delle questioni è consentito sostituire il profilo di evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare di cui all'art. 276 c.p.c., tralasciando l'analisi delle questioni logicamente preordinate, ma non dirimenti. Come hanno precisato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il principio citato risponde ad "esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, ormai anche costituzionalizzate ai sensi dell'art. 111 Cost, e che ha come sfondo una visione è dell'attività giurisdizionale, intesa non più come espressione della sovranità statale, ma come un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli (cfr. Cass. S.U. 9.10.2008 n. 24883; conf. Cass. sez. un. 12.12.2014, n. 26242; Cass, SU 8.05.2014 nr. 9936 secondo cui in applicazione del principio processuale della ragione più liquida -desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost.- deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale).
Tanto premesso, si osserva, nel merito, che non v'è dubbio che la fattispecie rientri sotto l'ambito di operatività dell'art. 2043 cod. civ. e non dell'art. 2052 (cfr., in un caso analogo, Cass. 14.2.2000, n. 1638, nonché, più recentemente Cassazione civile sez. III, 26/05/2020, n.9671) e che la stessa giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata nel ritenere che "la responsabilità per i danni causati dai cani randagi spetta esclusivamente all'ente, o agli enti, cui è attribuito dalla legge (ed in particolare dalle singole leggi regionali) il compito di prevenire il pericolo specifico per l'incolumità della popolazione connesso al randagismo, e cioè il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi, atteso che l'attribuzione per legge ad uno o più determinati enti pubblici del compito della cattura e quindi della custodia degli animali vaganti o randagi costituisce il fondamento della responsabilità per i danni eventualmente arrecati alla popolazione dagli animali suddetti, anche quanto ai profili civilistici conseguenti all'inosservanza di detti obblighi di cattura e custodia" (cfr. Cassazione civile, sez. III, 20/06/2017, n. 15167; e, in senso conforme, Cassazione civile, sez. III, 18/05/2017, n. 12495).
In proposito, la res controversa trova la propria fonte di regolamentazione primaria nella L. 14 agosto 1991, n. 281, recante legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, che: a) agli artt. 2 comma 2, 3 comma 2 e 4 commi 1-2, delinea con estrema chiarezza la competenza dei Comuni nella costruzione, sistemazione, gestione dei canili comunali e dei rifugi per cani; b) all'art. 2, commi 1-3-6-8-10, statuisce l'incombere sui servizi sanitari della U. (A. o A. dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 502 del 1992) -in modo assai più ampio e dettagliato rispetto a quanto già previsto alla lettera p) dell'art. 14, L. n. 8 del 3 3 del 1978- dei compiti di profilassi e polizia veterinaria (cfr. anche Cass., 7.3.2001, n. 3281).
In applicazione, peraltro, della delega contenuta all'art. 3 della menzionata L. n. 2 del 8 1, la Regione Campania ha dapprima adottato la L.R. 2 novembre 1993, n. 36, recante tutela degli animali d'affezione e istituzione dell'anagrafe canina e poi, la L.R. 24 novembre 2001, n. 16 (applicabile ratione temporis alla res controversa) la quale, conformemente ai principi ispiratori della materia, ha devoluto (cfr. artt. 1, comma 4, 4 e 7) ai servizi veterinari delle A.S.L., tra l'altro, le funzioni di controllo del randagismo (cfr., in specie, l'art. 5, comma 1, lett. c, L.R. n. 16 del 2001, il quale prevede che "i servizi veterinari della A..:...c) attivano il servizio di accalappiamento dei cani vaganti ed il loro trasferimento presso i canili pubblici. Le spese di cattura e di custodia di cani padronali vaganti accalappiati sono, in ogni caso, a carico del proprietario o del detentore") ed ai COMUNI il compito di realizzare (ovvero avvalersi di) canili per il ricovero dei cani randagi (cfr. art. 6, comma 1, L.R. 16 del 2001:"i Comuni, singoli o associati, e le Comunità Montane provvedono: a) alla costruzione dei canili e al risanamento delle strutture esistenti. Le strutture di nuova costruzione dovranno assolvere la duplice funzione di assistenza sanitaria e di ricovero; b) ad assicurare il ricovero, la custodia ed il mantenimento dei cani nelle strutture sotto il controllo sanitario dei servizi veterinari delle A..; i canili pubblici possono essere affidati in tutto o in parte in gestione, mediante convenzione, alle associazioni di volontariato protezionistiche, zoofile ed animaliste regolarmente riconosciute ed iscritte nell'apposito albo regionale; c) alla promozione di campagne di sensibilizzazione per incentivare gli affidamenti e le adozioni degli animali ricoverati presso i canili pubblici; d) all'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 3 del D.P.R. 31 marzo 1979, n. 94, in materia di protezione degli animali...").
In altri termini, la L. n. 16 del 2001 della Regione Campania pone a carico dell'A. il compito del recupero dei randagi, che, una volta presi, devono essere ricoverati, per i prescritti accertamenti, presso il canile sanitario alla cui costruzione e mantenimento è tenuto il COMUNE.
Tuttavia, l'A. non ha un obbligo di controllo continuo del territorio comunale al fine di verificare la presenza o meno di cani randagi, ma -piuttosto- un obbligo specifico di intervento tempestivo ed efficace per la cattura dell'animale randagio a seguito della relativa segnalazione. È, cioè, escluso che la normativa regionale, imponga a tale ultimo Ente obblighi di pregnanza e consistenza tale da poter far ritenere lo stesso Ente comunque responsabile dell'aggressione subita: diversamente opinando, infatti, la relativa responsabilità configurabile in capo all'A., lungi dall'essere una responsabilità ex art. 2043 c.c., si atteggerebbe -piuttosto- a responsabilità oggettiva.
A ciò si aggiunga, al riguardo, che la recente giurisprudenza di legittimità ha pacificamente ritenuto che "in tema di danni causati da cani randagi, una volta individuato - alla stregua della normativa nazionale e regionale applicabile - l'ente titolare dell'obbligo giuridico di recupero degli stessi, il danneggiato è chiamato a provare soltanto che l'evento dannoso rientri nel novero di quelli che la regola cautelare omessa mira ad evitare, e solo una volta che l'ente abbia, a propria volta, dimostrato di essersi attivato rispetto a tale onere cautelare, sarà tenuto ulteriormente a dimostrare (anche per presunzioni) l'esistenza di segnalazioni o di richieste di intervento per la presenza abituale di cani, qualificabili come randagi." (Cassazione civile sez. VI, 24/03/2022, n.9621).
Ebbene, alla luce dei principi esposti, si osserva, per un verso, che l'A. ha attivato il servizio di accalappiamento e trasporto dei cani randagi, mediante convenzioni con enti del settore, l'EN.P.A. e l'E.M.P.A (cfr. allegati nn. 4 e 5 dell'indice di comparsa di costituzione e risposta dell'A. nel giudizio di primo grado) e, per altro verso, che l'allora attore non ha sollevato censure specifiche circa l'adeguatezza dell'E.N.P.A. e dell'E.M.P.A. a svolgere tale servizio.
A ciò si aggiunga che, in ogni caso, ai fini della ricorrenza della responsabilità dell’ A.S.L nel senso sopra precisato -non avendo quest'ultima parte, si ribadisce, un compito di monitoraggio preventivo e capillare del territorio- è necessario che sia dedotto un suo comportamento omissivo colposo, consistente in un danno causato del mancato tempestivo intervento -nonostante fosse stata sollecitata o comunque avvisata in tal senso- per la cattura di un cane randagio la cui presenza ha determinato il verificarsi del danno stesso.
Ebbene, al riguardo non può non osservarsi che A.M. nel giudizio di prime cure non ha dedotto -e, tantomeno, provato- la preventiva segnalazione all'A. (da parte dello stesso attore o di terzi) del cane sulla strada ed il mancato tempestivo intervento di quest'ultima parte, il che esclude la condotta omissiva colposa della stessa A. e, dunque, la ricorrenza della sua responsabilità per il verificarsi del danno patito dall'attore in primo grado, tanto più ove si consideri che, alla luce di quanto sin osservato, non sono ravvisabili neppure profili di colpevolezza in capo alla A., necessaria ai fini del riconoscimento della relativa responsabilità "cfr., sul punto, Cassazione civile sez. VI, 18/07/2019, n.19404, secondo la quale "La responsabilità dei danni procurati da un animale randagio è soggettivamente imputabile all'Amministrazione che abbia il dovere specifico di prevenire il verificarsi di siffatti eventi lesivi. Al danneggiato, d'altronde, spetterà anche l'onere di dare prova del nesso causale tra l'omissione e l'evento di danno, nonché della colpevolezza in concreto della pubblica amministrazione, ai sensi dell'art. 2043 c.c."; nonché Corte appello Napoli sez. VIII, 22/05/2020, n.1820, secondo la quale "Al fine di affermare la responsabilità per i danni causati da un animale randagio, non è sufficiente che la legge regionale individui l'ente cui compete il compito di controllo e gestione del randagismo e quello della cattura e della custodia dei randagi, bensì è necessario che, ai sensi dell'art. 2043 c.c., il danneggiato dimostri l'obbligatorietà della condotta esigibile dall'ente e il nesso di causalità omissiva tra l'evento dannoso e il mancato adempimento della condotta obbligatoria").
In conclusione, alla luce delle esposte ragioni in fatto ed in diritto, l'appello è fondato e va accolto, e, per l’effetto, in integrale riforma della sentenza di primo grado n. 83/202 emessa dal Giudice di Pace di Guardia Sanframondi, la domanda proposta in primo grado da A.M. va rigettata.
2. Sulle spese di lite
In materia di liquidazione delle spese giudiziali, il giudice di appello, mentre nel caso di rigetto del gravame non può, in mancanza di uno specifico motivo di impugnazione, modificare la statuizione sulle spese processuali di primo grado, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche d'ufficio, a un nuovo regolamento di dette spese alla stregua dell'esito complessivo della lite, atteso che, in base al principio di cui all'articolo 336 c.p.c. la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese (Cassazione civile, sez. I, 27/07/2017, n. 18637).
Pertanto, le spese di lite del doppio grado di giudizio relative a tutti i rapporti processuali vanno integralmente compensate tra tutte le parti, in considerazione della peculiarità e della complessità delle questioni dedotte in giudizio -nonché dei mutevoli orientamenti giurisprudenziali registratisi sul punto- che, complessivamente valutate, legittimano detta compensazione.
P.Q.M.
Il Tribunale di Benevento, in persona del G.M., Dr. G. G., definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 2358/2020 del R.G.A.C., avente ad oggetto RISARCIMENTO DANNI, ogni contraria ogni contraria istanza, difesa, eccezione e conclusione disattesa, così provvede:
1) ACCOGLIE, per le causali di cui in motivazione, l'appello proposto, e, per l'effetto, in RIFORMA integrale della sentenza n. 83/2020 emessa dal Giudice di Pace di Guardia Sanframondi, RIGETTA la domanda proposta in primo grado da A.M.;
2) COMPENSA, per le ragioni di cui in motivazione, le spese di lite del doppio grado di giudizio in relazione a tutti i rapporti processuali.