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Tizio e Caio citavano in giudizio il Comune in quanto Ente proprietario del cimitero, e, comunque, quale custode, responsabile, ex art. 2051 e/o 2043 c.c. del danno subìto dagli attori in conseguenza dell'abbassamento del loculo. Quindi, gli attori chiedevano al giudice di condannare il convenuto a provvedere all'immediato consolidamento dell'area su cui insisteva il loculo che accoglieva i resti mortali dei parenti. Difatti, il loculo dei parenti aveva subìto una inclinazione con conseguente abbassamento della struttura verso il muro di contenimento e varie lesioni del rivestimento marmoreo, sia quello in verticale che quello in orizzontale. Per queste ragioni, inoltre, gli attori avevano chiesto la condanna del Comune al risarcimento dei danni, patrimoniale e non; infine, i costi del rifacimento dei loculi. |
A seguito dell’istruttoria di causa era emerso che i danni lamentati dagli attori conseguenti all’inclinazione con conseguente abbassamento della struttura verso il muro di contenimento erano dovute al cattivo smaltimento delle acque meteoriche; sicché, la conseguente infiltrazione sotto il basamento del loculo e dietro il muro di contenimento, aveva causato l’abbassamento e la rotazione del loculo danneggiandolo. Quindi, erano necessarie le opere del corretto smaltimento delle acque meteoriche con adeguata cunetta, il consolidamento del muro di contenimento e la successiva demolizione e ricostruzione del loculo. Secondo quanto emerso in istruttoria, quindi, i danni materiali lamentati dagli attori avevano trovato piena conferma, e allo stesso modo aveva trovato piena conferma la causa di tali danni come sostenuta da parte attrice, da attribuire appunto al cattivo smaltimento delle acque meteoriche e la conseguente infiltrazione sotto il basamento del loculo e dietro il muro di contenimento. Dunque, la responsabilità dei danni era imputabile al Comune, in quanto custode del cimitero, in virtù del carattere demaniale del bene. Difatti, come sostenuto in giurisprudenza, i fenomeni temporaleschi, anche di eccezionale portata, che creino danni ad alcune tombe del cimitero, non integrano l'esimente del caso fortuito idoneo a sollevare il Comune dalla responsabilità per cose in custodia, posto che il Comune era stato previamente avvertito della situazione di pericolo venutasi a determinare prima della concreta verificazione del danno (Trib. Messina 20 febbraio 2008, n.1312). Nonostante la chiara responsabilità del Comune, tuttavia, i giudici non hanno accolto la domanda risarcitoria (danni non patrimoniali) in quanto, benché la prova del danno non patrimoniale, per la peculiare natura dello stesso, possa essere offerta mediante presunzioni, a ogni modo il danno deve essere allegato specificamente dall’attore, in ossequio alla regola generale di cui all’art. 2697 c.c. In proposito, giova ricordare che in materia di responsabilità extracontrattuale, il danno da sofferenza morale deve essere allegato e provato specificatamente, anche a mezzo di presunzioni, «ma senza che queste, eludendo gli oneri assertivi e probatori, si traducano in automatismi che finiscano per determinare (anche) un'erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella legale» (Cass. civ., sez. III, 8 aprile 2020, n.7753). In conclusione, per le ragioni esposte, il Comune è stato condannato solo al risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c. in favore degli attori con ulteriori costi riguardanti la riesumazione delle salme. |
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In argomento, si osserva che a norma dell'art. 824, comma 2, c.c.i cimiteri sono soggetti al demanio pubblico. L'appartenenza all'ente pubblico, e nella specie al Comune, determina che l'ente sia altresì custode della cosa, potendo disporre liberamente della stessa (art. 832 c.c.), salvo che alcuni aspetti della gestione della cosa non siano oggetto di concessione. In argomento, difatti, i giudici di legittimità hanno osservato che in base agli artt. 823 e 824 c.c., i cimiteri comunali sono beni demaniali e pertanto sono inalienabili e insuscettibili di formare oggetto di diritti a favore di terzi se non con le modalità e nei limiti stabiliti dalla legge, la quale attualmente disciplina le concessioni cimiteriali con il d.P.R. n. 285 del 1990, regolandone il rilascio, la durata e la revoca (TAR Basilicata-Potenza 24 marzo 2020, n. 211). Secondo altro provvedimento, inoltre, la costruzione, manutenzione ed esercizio dei cimiteri è funzione propria dei Comuni, nonché del regolamento di polizia mortuaria, che affida al Sindaco la manutenzione, l'ordine e la vigilanza sanitaria dei cimiteri, «spetta al Comune il potere di consentire quell'uso particolare del cimitero comunale, che si concreta nell'impianto di linee elettriche per l'illuminazione delle lampade votive nei sepolcri privati, e ciò anche per il caso di cappelle di Confraternite eventualmente sorgenti su suolo proprio nell'ambito del cimitero comunale» (Cass. civ. S.U., 21 luglio 1977, n. 3257). Premesso ciò, dunque, come sottolineato dal giudice di Patti, nel caso specifico, in base alla descrizione tecnica delle cause, era evidente l'ipotesi di insufficiente manutenzione della cosa. L'omessa/inadeguata manutenzione della cosa, al riguardo, era ipotesi speciale nell'insieme dei danni derivanti dalla cosa, e sussumibili nella responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c. In altri termini, la responsabilità ex art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere oggettivo e, perché tale responsabilità possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, per cui tale tipo di responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non già a un comportamento del responsabile bensì al profilo causale dell'evento, riconducibile non alla cosa (che ne è fonte immediata) ma a un elemento esterno, recante i caratteri dell'oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità e che può essere costituito anche dal fatto del terzo o dello stesso danneggiato. |
Tribunale di Patti, sez. Civile, sentenza (ud. 16 febbraio 2023) 17 febbraio 2023, n. 151
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con atto di citazione notificato il 12/12/2016, gli attori hanno convenuto in giudizio il comune di longi chiedendo al Tribunale: “1.- Ritenere e dichiarare che il Comune di Longi, in quanto Ente proprietario del cimitero, e, comunque, quale custode, è responsabile, ex art. 2051 e/o 2043 c.c. o con qualsiasi altra motivazione, del danno subito dagli attori in conseguenza dell’occorso. 2.- Conseguentemente: 2.a condannare l’Ente convenuto a provvedere all’immediato consolidamento dell’area su cui insiste il loculo che accoglie i resti mortali dei coniugi L. - LM., n. 42 zona F, e del relativo muro di contenimento; 2.b condannare il Comune di Longi al risarcimento dei danni, patrimoniale e non, patiti dai sigg. L. L., L. A., L. F. e L. M.G., che si quantificano in complessivi € 25.000,00, di cui€ 13.580,00, per danni patrimoniali, giusta perizia di stima del 14.09.2016, a firma dell’Ing. F.C. (doc. 3), o in quella maggiore o minore somma che sarà ritenuta giusta ed equa, oltre interessi e rivalutazione monetaria dall’evento dannoso al soddisfo; 3.- Condannare l’Ente convenuto alla refusione dei costi di riesumazione delle salme dei coniugi L. – LM., necessaria per l’esecuzione dei lavori di rifacimento dei loculi. 4.- Condannare l’Ente convenuto al pagamento delle spese, competenze e onorari di causa, oltre spese forfettizzate ed accessori”.
Il comune, sebbene regolarmente citato, non si è costituito e pertanto ne va dichiarata la contumacia.
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1. Domanda di risarcimento del danno patrimoniale.
A norma dell’art.824 secondo comma del Codice Civile, i cimiteri sono soggetti al demanio pubblico.
L’appartenenza all’ente pubblico, e nella specie al comune, determina che l’ente sia altresì custode della cosa, potendo disporre liberamente della stessa (art.832 CC), salvo che alcuni aspetti della gestione della cosa non siano oggetto di concessione.
Nel caso in esame, gli attori hanno lamentato danni derivanti da omessa/inadeguata manutenzione della cosa.
A sostegno di tale tesi hanno prodotto consulenza tecnica di parte, confermata dal perito sentito in corso di causa.
Le conclusioni cui è giunta la perizia di parte sono state altresì confermate dalla CTU.
In particolare, la CTU ha riscontrato i danni lamentati dagli attori, così descrivendoli (Al momento dell’ispezione effettuata dal C.T.U. il loculo dei defunti L. – LM. presentava i seguenti danni : inclinazione con conseguente abbassamento della struttura verso il muro di contenimento, varie lesioni del rivestimento marmoreo, sia quello in verticale che quello in orizzontale) pervenendo alle seguenti conclusioni: 1°) dai rilievi effettuati , le cause che hanno determinato il danno al loculo dei defunti sono da imputare al cattivo smaltimento delle acque meteoriche e la conseguente infiltrazione sotto il basamento del loculo e dietro il muro di contenimento, causando l’abbassamento e la rotazione del loculo danneggiandolo; 2) Le opere necessarie da eseguire sono: in primo luogo il corretto smaltimento delle acque meteoriche con adeguata cunetta, il consolidamento del muro di contenimento, e la successiva demolizione e ricostruzione del loculo;
3) I costi relativi alla messa in pristino del loculo dei defunti, ammontano ad €. 10497,78 in c.t. 10498,00 (diecimilaquattrocentonovantotto) oltre Iva per legge.
Le conclusioni della CTU sono da condividere e quindi vengono interamente recepite in quanto ottenute secondo metodo logico, lineare e scevro da censure.
Secondo quanto emerso in istruttoria, i danni materiali lamentati dagli attori hanno trovato piena conferma, e allo stesso modo ha trovato piena conferma la causa di tali danni come sostenuta da parte attrice, da attribuire appunto al cattivo smaltimento delle acque meteoriche e la conseguente infiltrazione sotto il basamento del loculo e dietro il muro di contenimento.
Dunque, la responsabilità dei danni va imputata al comune, in quanto custode del cimitero, in virtù del carattere demaniale del bene per come precisato in incipit.
La qualificazione qui condivisa è suffragata dalla costante giurisprudenza di merito e di legittimità
Si veda in proposito quanto statuito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite: Cassazione civile, Sez. Unite, 21 luglio 1977 n. 3257 “L’art. 824, 2° comma, cod. civ. assoggetta i cimiteri comunali al regime del demanio pubblico, salve le eccezioni costituite dalla continuazione dell’esercizio dei cimiteri particolari (art. 82 del regolamento di polizia mortuari) e della possibilità di cappelle private e gentilizie costruite fuori del cimitero (art. 340 T.U. delle leggi sanitarie); pertanto la pretesa che la parte del cimitero occupata da costruzioni funerarie di confraternite sia di proprietà privata di queste ultime, postula la necessità dell’accertamento dell’estraneità di detta parte del cimitero o delle costruzioni funerarie al patrimonio comunale, nonché della posizione delle relative aree all’esterno del cimitero comunale e non rientranti comunque nel patrimonio del Comune da questo concesso per tale uso. A norma dell’art. 1, n. 2 R.D. 15.10.1925, n. 2578, sulla assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni e delle Provincie, dell’art. 91, lett. c), n. 14, T.U. 3 marzo 1934, n. 383, secondo il quale la costruzione, manutenzione ed esercizio dei cimiteri è funzione propria dei Comuni, nonché dell’art. 44 del vigente regolamento di polizia mortuaria, che affida al Sindaco la manutenzione, l’ordine e la vigilanza sanitaria dei cimiteri, spetta al Comune il potere di consentire quell’uso particolare del cimitero comunale, che si concreta nell’impianto di linee elettriche per l’illuminazione delle lampade votive nei sepolcri privati, e ciò anche per il caso di cappelle di Confraternite eventualmente sorgenti su suolo proprio nell’ambito del cimitero comunale”.
Quanto alla giurisprudenza di merito pronunciatasi nella medesima materia, e a chiarimento della portata della responsabilità oggettiva di cui all’art.2051 CC, si veda Tribunale Messina sez. II, 20/02/2008, n.1312, così massimata: “I fenomeni temporaleschi, anche di eccezionale portata, che creino danni ad alcune tombe del cimitero, non integrano l'esimente del caso fortuito idoneo a sollevare il Comune dalla responsabilità per cose in custodia, posto che il Comune era stato previamente avvertito della situazione di pericolo venutasi a determinare prima della concreta verificazione del danno.” (in Redazione (omissis)2010).
Nel caso specifico, in base alla descrizione tecnica delle cause, è evidente che si versi in ipotesi di insufficiente manutenzione della cosa.
L’omessa/inadeguata manutenzione della cosa è ipotesi speciale nell’insieme dei danni derivanti dalla cosa, e sussumibili nella responsabilità prevista dall’art.2051 CC.
In altri termini, la responsabilità dell’art.2051 CC non richiede che venga dimostrata una colpa, una violazione del dovere di diligenza (come quella riscontrabile nella omessa/inadeguata manutenzione), configurandosi quale responsabilità oggettiva.
La responsabilità ex art. 2051 CC per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere oggettivo e, perché tale responsabilità possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, per cui tale tipo di responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non già a un comportamento del responsabile bensì al profilo causale dell'evento, riconducibile non alla cosa (che ne è fonte immediata) ma a un elemento esterno, recante i caratteri dell'oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità e che può essere costituito anche dal fatto del terzo o dello stesso danneggiato.
Recentemente, si è pronunciata sul punto la Suprema Corte, con la sentenza Cassazione Civile sezioni unite, 30/06/2022 n.20943, così massimata: “La responsabilità di cui all’art.2051 CC ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo connotato da imprevedibilità e inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode. (In applicazione del principio, la Corte ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva riconosciuto la responsabilità del gestore di una diga, per i danni subiti dagli attori in conseguenza dell’esondazione di un fiume, in quanto, accertato il nesso causale tra il rilascio delle acque fluite a valle della diga e i predetti danni, aveva ritenuto che il particolare evento meteorologico, concausa dei danni, avrebbe potuto integrare il caso fortuito soltanto laddove il custode avesse dimostrato l’adempimento delle prescrizioni contenuto nel documento di protezione civile della diga)”.
Dunque, la responsabilità oggettiva può essere esclusa solo con la prova (a carico del custode) che il danno si sia verificato per caso fortuito.
Tale prova non è stata fornita e anzi le risultanze peritali consentono di escluderla recisamente.
Pertanto, il comune di Longi va condannato, in accoglimento della domanda formulata ai punti 1 e 2° dell’atto di citazione al risarcimento in forma specifica, in ossequio al dettato di cui all’art.2058 CC, eseguendo a propria cura e spese i lavori indicati dal CTU.
A tali costi previsti dal CTU, devono intendersi ricompresi anche quelli da sostenersi per l’eventuale riesumazione delle salme che si renda necessaria per l’esecuzione dei lavori di cui alla CTU.
2. Domanda risarcimento danno non patrimoniale.
Con riguardo, poi, ai danni non patrimoniali lamentati dagli attori, non può essere riconosciuto il diritto al risarcimento.
Invero, benché la prova del danno non patrimoniale, per la peculiare natura dello stesso, possa essere offerta mediante presunzioni, a ogni modo il danno deve essere allegato specificamente dall’attore, in ossequio alla regola generale di cui all’art.2697 CC.
Nel nostro ordinamento, infatti, non sono previste (se non eccezionalmente) ipotesi di danno in re ipsa.
La giurisprudenza è costante in proposito.
Si veda, in via esemplificativa, quanto statuito dalla Corte di Cassazione nella sentenza Cassazione civile sez. III, 08/04/2020, n.7753, così massimata: “ In materia di responsabilità extracontrattuale, il danno da sofferenza morale deve essere allegato e provato specificatamente, anche a mezzo di presunzioni, "ma senza che queste, eludendo gli oneri assertivi e probatori, si traducano in automatismi che finiscano per determinare (anche) un'erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella legale".
Come in altri casi in cui l’ordinamento riconosce che dal danno evento scaturiscano delle conseguenze dannose non strettamente valutabili economicamente ma riconoscibili secondo la comune esperienza, anche nel caso in esame il danno conseguenza (di natura non patrimoniale) non è riconosciuto ex se ma significativamente agevolato nell’onere probatorio a carico di chi lo richiede.
Si tratta appunto di quei casi in cui viene ammessa la prova per presunzioni, cioè la facoltà per la parte di offrire in giudizio non una prova ma degli indici dai quali il giudice possa ricavare gli elementi utili per la liquidazione.
E, innanzitutto, degli indici dai quali il giudice possa inferire che il danno-evento abbia provocato delle conseguenze anche sul piano non patrimoniale, e in quali manifestazioni codeste conseguenze si siano estrinsecate, così da consentire anche in via equitativa la liquidazione delle stesse.
3. Spese di lite.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo secondo i parametri medi di cui al DM55/2014 e ss.mm. e ii., per scaglione di valore calcolato secondo i costi quantificati dal CTU per l’esecuzione dei lavori necessari alla reintegrazione.
In considerazione della dichiarazione ai sensi dell’art.93 CPC, va disposta la distrazione delle spese in favore del procuratore di parte attrice.
Le spese di CTU vanno poste definitivamente a carico di parte convenuta.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa indicata in epigrafe, ogni altra domanda ed eccezione da ritenersi assorbita:
Condanna il comune di Longi al risarcimento in forma specifica in favore degli attori, per le ragioni in motivazione, eseguendo, a sua cura e spese, i lavori descritti nella ctu, da intendersi qui integralmente richiamata;
Pone altresì a carico del comune di longi i costi dell’eventuale riesumazione delle salme, per come specificato in motivazione;
Rigetta la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale;
Condanna il comune di Longi alla refusione delle spese di lite in favore dell’avv. L.LG, distrattaria, che liquida in euro 264,00 per rimborso spese vive, e in euro 5.077,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15%, iva e cpa ove dovuti come per legge.
Pone le spese di ctu definitivamente a carico del comune di Longi.