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Tizia agiva nei confronti di Decathlon affinché fosse dichiarata tenuta e condannata, per le causali di cui in narrativa, al risarcimento dei danni tutti, di cui sosteneva il patimento a seguito del sinistro occorsole. Invero, l'attrice si era recata presso il centro commerciale al fine di acquistare un paio di pattini a rotelle. Il personale le forniva i pattini e l'aiutava a calzarli in area a ciò deputata, al di fuori della pista per la prova. Alla richiesta di indossare idonee protezioni in plastica per ginocchia e gomiti, le venne opposta l'assenza di necessità; quindi, per provare i pattini, usciva dall'apposito perimetro per recarsi nella zona ove li aveva indossati; a causa del dislivello tra la pista e l'area deputata all'inserimento, ne perdeva il controllo e rovinava al suolo. Soccorsa dal personale, veniva condotta presso l'Ospedale e sottoposta a due interventi chirurgici. Costituendosi in giudizio, il centro commerciale evidenziava la presenza di un percorso di materiale idoneo alla prova dei roller, appositamente segnalato da frecce e linee dislocate per l'individuazione del verso da tenere. Nessun dislivello od altra possibile occasione di inciampo o di perdita di equilibrio caratterizzava all'epoca, il punto di raccordo tra la “pista/percorso di prova” e la superficie di calpestio circostante. Parte convenuta, inoltre, presentava una fotografia ritraente l'area della prova che, in occasione dell'interrogatorio formale, confermava essere conforme ai luoghi cui accedeva. Da ciò deriverebbe la conferma dell'assenza di insidie di sorta tra la superficie di calpestio esterna all'area prova e l'area suddetta. |
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A seguito dell'istruttoria di causa era del tutto pacifico ed acclarato che Decathlon consentisse a chiunque di provare ad usare i pattini in linea all'interno di un centro commerciale, attività di per sé anche solo potenzialmente “pericolosa”. Difatti, la stessa non metteva a disposizione degli utilizzatori quelle idonee protezioni (ginocchiere, gomitiere e casco) che tutti utilizzano, normalmente, per pattinare; anzi, la stessa invitava i clienti a calzare e poi a togliere i pattini in una zona che presentava un dislivello di circa 2 cm rispetto al piano ove si provavano i pattini. Quindi, tutti elementi che, ineluttabilmente, conducevano alla responsabilità di Decathlon per i danni subìti da Tizia, a seguito della caduta per cui è causa. La fattispecie di cui all'art. 2051 c.c. sarebbe senz'altro integrata sotto ogni profilo, in ragione della custodia, in capo a Decathlon, dei pattini e del luogo ove si era verificato il sinistro e sussisteva il nesso eziologico tra il fatto (la caduta) ed i beni in custodia dati in prova all'attrice. Nella specie, era anche presente un'insidia rappresentata dal dislivello tra il pavimento liscio e la superficie gommosa del tappeto. Del resto, l'attrice non era caduta nella pista di pattinaggio per propria imperizia, ma nell'area deputata a togliere i pattini dai piedi, ove era presente una insidia rappresentata dal dislivello con il tappeto di gomma ivi posizionato, quindi non poteva, in alcun modo, avere colposamente concorso alla causazione dell'evento. In altri termini, non era dato comprendere come la convenuta che ha organizzato una prova aperta al pubblico di un attrezzo oggettivamente pericoloso, ritenga di attribuire un concorso di colpa della propria cliente, nella causazione di un evento, la caduta, del tutto compatibile con il dislivello provato e con l'utilizzo di uno strumento pericoloso quale i pattini oggetto di causa. In conclusione, il centro commerciale è stato condannato al risarcimento dei danni. |
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In argomento, in considerazione dell'art. 2051 c.c., si osserva che la responsabilità per cose in custodia obbliga un soggetto a risarcire il danno a prescindere da ogni valutazione circa eventuali profili di colpa del responsabile, per il solo fatto di ricoprire il ruolo di custode della cosa. Sul custode incombe, quindi, una presunzione di responsabilità, che riveste carattere oggettivo e che può essere superata solo dimostrando rigorosamente che l'evento dannoso è derivato da caso fortuito. Come sostenuto in giurisprudenza, in tema di danni da cose in custodia, ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c., è sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo, rapporto che postula l'effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa con il conseguente potere — dovere di intervento su di essa, e che compete al proprietario o anche al possessore o detentore (Cass. civ., sez. III, 3 agosto 2005, n. 16231). Quindi la funzione dell'art. 2051 c.c. è quella di imputare la responsabilità a chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, il che porta ad escludere che “custode” sia necessariamente il proprietario in quanto tale, potendo essere qualificato custode il soggetto che di fatto controlli le modalità di uso e conservazione della cosa ed abbia, pertanto, il “governo della cosa”. Custode, quindi, è chi abbia l'effettivo potere sulla cosa, e può perciò essere tale non solo il proprietario ma anche il semplice possessore o detentore della res. Diversamente, nel caso in cui non venga identificato il soggetto avente il potere di fatto sulla res, sarà considerato “custode” il proprietario della cosa. Premesso ciò, in materia, altri giudici hanno sottolineato che ai fini della responsabilità per l'esercizio di attività pericolose, la gestione di un impianto di pattinaggio configurandosi come attività pericolosa, nel senso di essere atta a cagionare danno a terzi, comporta l'obbligo per il gestore di adottare tutte le cautele idonee a prevenire possibili situazioni di pericolo, dovendo in caso contrario, lo stesso, provvedere al risarcimento del danno subito dal terzo (Trib. Napoli 8 aprile 2005, n. 3934. Nella vicenda, il giudicante ha ritenuto che ai fini della liquidazione del danno alla salute, consistente in un'alterazione dell'integrità ed efficienza psico-fisica del soggetto, è necessario procedere ad una valutazione di tipo equitativo, ancorata a criteri di base uniformi, da cui partire per poi effettuare in ogni caso un adeguamento qualitativo e quantitativo alle circostanze del caso concreto, onde operare una ricostruzione il più possibile adeguata alla persona offesa e al valore umano perduto). In definitiva, nella vicenda in commento, correttamente, il giudice di Vercelli ha condannato Decathlon per i danni riportati dai clienti durante la prova di pattinaggio. |
Tribunale di Vercelli, sez. I Civile, sentenza 27 febbraio 2023, n. 88
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 23.11.2002, C.C.V. agiva nei confronti di DECATHLON ITALIA S.r.l., affinché fosse dichiarata tenuta e condannata, per le causali di cui in narrativa, al risarcimento dei danni tutti, di cui sosteneva il patimento a seguito del sinistro occorsole il giorno 29.02.12.
Si costituiva in giudizio DECATHLON ITALIA S.r.l, la quale, eccepita l’improcedibilità della domanda ai sensi dell’art. 3 del d.l. 132/2014 convertito nella legge 162/2014, contestava, nel merito, la domanda attorea in fatto e in diritto sotto ogni profilo, negando qualsivoglia responsabilità a proprio carico.
La causa, dopo lo svolgimento dell’incombente condizione di procedibilità di cui sopra, era trattata ai sensi dell’art. 183, VI comma, c.p.c. ed istruita mediante escussione testimoniale e ctu medico legale.
All’udienza dell’08.11.22 per la precisazione delle conclusioni, da svolgersi mediante trattazione scritta, le parti concludevano come sopra indicato e la causa, autorizzato il deposito delle memorie di cui all’art. 190 c.p.c. veniva trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
Il fatto
C.C.V., ha sostenuto:
-che il 29.02.2012 si era recata presso il centro commerciale Decathlon in Vercelli, Corso Torino, e, intenzionata ad acquistare un paio di pattini a rotelle, si rivolgeva al personale per provare un modello all’interno dell’apposita pista delimitata da balaustre;
-che il suddetto personale le forniva i pattini e l’aiutava a calzarli in area a ciò deputata, al di fuori della pista per la prova;
-che, alla richiesta di indossare idonee protezioni in plastica per ginocchia e gomiti, le venne opposta l’assenza di necessità;
-che, per provare i pattini, usciva dall’apposito perimetro per recarsi nella zona ove li aveva indossati;
-che a causa del dislivello tra la pista e l’area deputata all’inserimento, ne perdeva il controllo e rovinava al suolo;
-che, soccorsa dal personale il quale allertava il servizio 118, veniva condotta presso l’Ospedale Sant’Anna di Vercelli, ove i sanitari le diagnosticavano la frattura scomposta della paletta omerale e la frattura radio distale sinistro;
-che, sottoposta a due interventi chirurgici, le residuava un danno biologico nella misura dell’8 percento, con invalidità temporanea nel complesso di 99 giorni;
-che, in data 27.03.12, inviava a DECATHLON ITALIA S.r.l. richiesta risarcitoria, riscontrata, tuttavia, da ZURICH COMPANY S.A., in qualità di assicuratrice della prima, in senso negativo. Nella prima denuncia di sinistro datata 27.03.12 la sig.ra C.C.V. riferiva che “intenta a prova di pattini per eventuale acquisto, in presenza di vostro personale, cadeva rovinosamente al suolo riportando gravi lesioni”.
Nella seconda missiva del 25.01.17 la stessa svolgeva una narrazione più dettagliata, sostenendo di essersi rivolta al personale del Centro Commerciale per provarne un modello all’interno dell’apposita pista delimitata da balaustre, di averne ricevuto un paio della misura adatta, di essere stata aiutata a calzarli in apposita area a ciò deputata, al di fuori della pista anch’essa appositamente destinata alla prova, di avere richiesto l’uso di casco e protezioni per ginocchia e I gomiti, senza riceverli, di avere provato i pattini, di essere uscita dall’apposito perimetro per recarsi nell’area dove li aveva indossati e dove aveva lasciato le proprie calzature, di essere caduta a causa di un dislivello tra la pista e la zona deputata ad indossare i pattini (calzature), perdendone il controllo e cadendo al suolo, di avere riportato la fattura della paletta omerale e del radio distale sinistro.
La posizione della convenuta
Ad avviso della convenuta la domanda risarcitoria sarebbe totalmente infondata.
In proposito, la documentazione fotografica relativa al teatro del sinistro evidenzia la presenza di un percorso di materiale idoneo alla prova dei roller, appositamente segnalato da frecce e linee dislocate per l’individuazione del verso da tenere.
Nessun dislivello od altra possibile occasione di inciampo o di perdita di equilibrio caratterizza, e caratterizzava all’epoca, il punto di raccordo tra la “pista/percorso di prova” e la superficie di calpestio circostante.
Parte convenuta ha prodotto (doc. 1), una fotografia ritraente l’area della prova che, in occasione dell’interrogatorio formale, la C.C.V. ha confermato essere conforme ai luoghi cui accedeva alla data del 29.02.12. Da ciò deriverebbe la conferma dell’assenza di insidie di sorta tra la superficie di calpestio esterna all’area prova e l’area suddetta.
Nella missiva del 25.01.17, la C.C.V. imputava alla società responsabilità a mente dell’art. 2051 c.c. in relazione alla circostanza per cui “la pavimentazione della zona deputata a calzare i pattini non fosse omogenea rispetto a quella della zona deputata alla prova”.
Nello scritto introduttivo l’attrice sosteneva che, uscita dal perimetro di prova appunto per recarsi nell’area funzionale ad indossare i pattini (al rientro per indossare le calzature ordinarie) “a causa del dislivello tra la pista e la zona deputata a calzare i pattini…perdeva il controllo degli attrezzi e cadeva rovinosamente al suolo”, con ciò delineando luoghi caratterizzati da contiguità fra la zona di prova e la superficie di calpestio circostante e asserita presenza di dislivello tra dette due aree.
La quale evenienza, comunque, ad avviso della convenuta, non sarebbe stata affatto idonea a configurare una res pericolosa, ovvero un antecedente causale eziologicamente rilevante rispetto alla caduta, foriero di responsabilità a mente dell’art. 2051 o sin anche dell’art.2043 c.c.. Secondo la convenuta, infatti, l’area prova non avrebbe potuto essere approntata direttamente sulla superficie di calpestio da parte di tutti gli utenti, ma in zona appositamente strutturata per consentire “lo scivolamento” dei roller. Il tutto imponeva una minima attenzione da parte del 1 cliente nell’uscire da essa e nel marciare sul pavimento per togliersi gli attrezzi.
Infine, secondo la convenuta un ulteriore e dirimente circostanza priverebbe di ogni fondatezza la domanda attrice che, nella memoria istruttoria ha affermato e dedotto a prova orale che, nella solita area destinata ad indossare sia gli attrezzi che, dopo averli dismessi, le proprie calzature, “si trovava una panca appoggiata sopra un tappeto, sul quale chi doveva calzare i pattini poteva togliersi le scarpe”, che “tale tappeto aveva una altezza di circa due centimetri rispetto al pavimento del centro commerciale” e, infine, che “provava i pattini e poi usciva dall’apposito perimetro per recarsi nella zona dove li aveva indossati e aveva lasciato le proprie calzature.., così facendo, al momento di salire sul tappeto ove si trovavano le sue calzature nella zona deputata a calzare i pattini, la sig.ra C.C.V. inciampava e perdeva il controllo degli attrezzi e cadeva rovinosamente al suolo”.
Senonchè, di tale tappeto (che in prima memoria l’attrice ha sostenuto essere stato di gomma e, dunque, antiscivolo) e delle sue caratteristiche la C.C.V. non ha fornito prova documentale, descrivendolo, comunque, più alto di circa 2 cm rispetto al pavimento, non presente nella fotografia sub n. 1, sul quale, stando alla sua versione, l’attrice prendeva posto per dismettere le proprie calzature ed indossare i pattini ed esternamente al quale si portava, indenne, per accedere all’area test.
La prova testimoniale
In realtà, tale K.P., amico dell’attrice, si sarebbe trovato quel giorno in compagnia della C.C.V.. Il teste ha confermato come vere le circostanze di cui ai capitoli della memoria istruttoria di parte attrice n. 4 (“vero che lo stesso addetto alla vendita forniva alla Sig.ra C.C.V. i pattini della misura adatta e la aiutava a calzarli, in una area a ciò deputata, accanto alla pista per la prova”), n. 5 (“vero che in tale area, si trovava una panca appoggiata sopra un tappeto, sul quale chi doveva calzare i pattini poteva togliersi le scarpe”), n. 6 (“vero che tale tappeto aveva una altezza di circa due centimetri rispetto al pavimento del centro commerciale”), n. 9 (“vero che la Sig.ra C.C.V. provava i pattini e poi usciva dall’apposito perimetro per recarsi nella zona dove li aveva indossati e aveva lasciato le proprie calzature”) e n. 10 (“vero che, così facendo, al momento di salire sul tappeto ove si trovavano le sue calzature nella zona deputata a calzare i pattini, la sig.ra C.C.V. inciampava e perdeva il controllo degli attrezzi e cadeva rovinosamente al suolo”).
Nessun dubbio sulla attendibilità della testimonianza sopra indicata, che si traduce in una
convincente e completa ricostruzione della dinamica di svolgimento dei fatti.
E a nulla rileva il fatto che, in sede di interrogatorio formale, la attrice abbia riconosciuto fotografia prodotta dalla convenuta, che le è stata mostrata, in quanto tale fotografia raffigura certamente solo l’area destinata alla prova dei pattini, ma non l’area destinata a calzarli, dove è, in realtà, avvenuto il sinistro.
La responsabilità di DECATHLON ITALIA S.r.l.
In questo contesto di riferimento, risultano definitivamente provati in corso di causa:
- le modalità ed il luogo dove si è verificato il sinistro;
- che i pattini siano stati forniti da Decathlon;
- che Decathlon non abbia fornito i dispositivi di protezione individuali necessari per pattinare, pur non essendo a presidio delle parti del corpo interessate dall’evento;
- che nell’area deputa ad indossare e poi a togliere i pattini vi fosse un dislivello fra il pavimento ed il tappeto su cui era posta la panca per sedersi.
In questo contesto di riferimento, è del tutto pacifico ed acclarato il fatto che Decathlon Italia Srl:
- consentisse a chiunque di provare ad usare i pattini in linea all’interno di un centro commerciale, attività di per sé anche solo potenzialmente “pericolosa”;
- non mettesse a disposizione degli utilizzatori quelle idonee protezioni (ginocchiere, gomitiere e casco) che tutti utilizzano, normalmente, per pattinare;
- invitasse i clienti a calzare e poi a togliere i pattini in una zona che presentava un dislivello di circa 2 cm rispetto al piano ove si provavano i pattini.
Trattasi di elementi che, ineluttabilmente, conducono alla responsabilità di Decathlon Italia Srl per i danni subiti dalla C.C.V., a seguito della caduta per cui è causa.
La fattispecie di cui all’art. 2051 c.c. è senz’altro integrata sotto ogni profilo, in ragione della custodia, in capo a Decathlon, dei pattini e del luogo ove si è verificato il sinistro e sussiste il nesso eziologico tra il fatto (la caduta) ed i beni in custodia dati in prova all’attrice.
Nella specie, era anche presente un’insidia rappresentata dal dislivello tra il pavimento liscio e la superficie gommosa del tappeto.
L’insussistenza di un concorso di colpa dell’attrice
La C.C.V., ed in proposito non sono emersi elementi contrari, si è indubbiamente attenuta alle indicazioni fornite da Decathlon per la prova dei pattini, calzandoli nell’area a ciò deputata ed ivi facendovi ritorno, terminata la prova, nel punto dove è avvenuto l’incidente.
La C.C.V. “andava con i pattini sul ghiaccio, era capace ed andava a pattinare”, ha confermato dal teste Greco.
Del resto, l’attrice non è caduta nella pista di pattinaggio per propria imperizia, ma nell’area deputata a togliere i pattini dai piedi, ove era presente una insidia rappresentata dal dislivello con il tappeto di gomma ivi posizionato, quindi non può, in alcun modo, avere colposamente concorso alla causazione dell’evento.
In altri termini, non è dato comprendere come la convenuta, che ha organizzato una prova aperta al pubblico di un attrezzo oggettivamente pericoloso, ritenga di attribuire un concorso di colpa della propria cliente, nella causazione di un evento, la caduta, del tutto compatibile con il dislivello provato e con l’utilizzo di uno strumento pericoloso quale i pattini oggetto di causa.
Sul danno
Le valutazioni svolte dai CTU sono corrette e del tutto condivisibili.
Nella loro relazione del 27.07.2022, i Consulenti Tecnici hanno confermato che “nel sinistro per cui è causa la sig.ra C.C.V. riportava la frattura scomposta della paletta omerale e la frattura scomposta del radio distale di sinistra, trattate in modo cruento, la prima mediante osteosintesi con placca e viti, tutto in situ, la seconda con filo di K e fissatore esterno”.
Per quanto riguarda l’entità delle lesioni subite, i CC.TT.U. hanno poi quantificato nella misura del 6 (sei) % i postumi di invalidità permanente, “non suscettibili di miglioramento mediante protesi, terapie o interventi” e una inabilità temporanea danno biologico temporaneo di 9 giorni al 100%, di 30 giorni al 75%, di ulteriori 30 gg al 50% e di altri 30 gg al 25%.
Applicando alle conclusioni i criteri di cui alle Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, per la liquidazione del danno non patrimoniale, alla C.C.V., che al momento del sinistro aveva 38 anni, spettano:
per danno biologico permanente al 6% = euro 10.075,00;
per invalidità temporanea al 100% per giorni 9 = euro 891,00;
per invalidità temporanea al 75% per giorni 30 = euro 2.227,50;
per invalidità temporanea al 50% per giorni 30 = euro 1,485,00;
per invalidità temporanea al 25% per giorni 30 = euro 742,50
e, così, complessivamente euro 15.421,00.
Tale importo può essere maggiorato nella misura del 25% del danno biologico permanente (pari ad euro 2518,75), quale aumento personalizzato per il risarcimento dei danni morali subiti dalla danneggiata a cagione del sinistro, per un totale di euro 17.939,75.
E’, infatti, indubitabile che la particolarità del sinistro e delle lesioni subite abbiano avuto, per la C.C.V., 1 riflessi rilevanti anche dal punto di vista psicologico ed emotivo.
La CTU ha evidenziato che “allo stato attuale è presente un quadro clinico caratterizzato da algie e limitazione funzionale del gomito e polso sinistro” e più precisamente “una limitazione di circa 30° del movimento di estensione del gomito sinistro e una limitazione di circa 1/3 dei movimenti del polso sinistro”.
Quindi, da quando aveva 38 anni, la C.C.V. non ha più potuto svolgere tutte quelle attività, comprese quelle ludico/sportive, che richiedono l’estensione e l’uso di entrambe le braccia.
Le spese di lite e quelle della disposta CTU, seguono la soccombenza, e si liquidano in euro 4.088,00 per la Consulenza (dedotto quanto già versato) ed in euro 2.520,00 per spese legali, oltre le spese, I.V.A. e C.P.A..
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore questione, eccezione o domanda disattesa, dichiara tenuta e condanna la DECATHLON ITALIA S.r.l. al pagamento in favore di C.C.V. del complessivo importo di €. 17.939,75, così determinato:
per danno biologico permanente al 6% = euro 10.075,00;
per invalidità temporanea al 100% per giorni 9 = euro 891,00;
per invalidità temporanea al 75% per giorni 30 = euro 2.227,50;
per invalidità temporanea al 50% per giorni 30 = euro 1,485,00;
per invalidità temporanea al 25% per giorni 30 = euro 742,50
e, così, complessivamente, euro 15.421,00, maggiorato nella misura del 25% del danno biologico permanente, quale aumento personalizzato per i danni morali subiti.
Condanna DECATHLON ITALIA S.r.l. al pagamento delle spese di CTU che si liquidano in complessivi € 4.047,30 (dedotto quanto già versato) ed alle spese di lite in favore dell’attrice che si liquidano in complessivi euro 2.520,00 oltre Spese, I.V.A. e C.P.A..