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13 marzo 2023
Responsabilità civile e assicurazioni
Decathlon responsabile dei danni riportati dai clienti durante una prova di pattinaggio
Il centro commerciale è responsabile per non aver messo a disposizione degli utilizzatori quelle idonee protezioni che tutti utilizzano, normalmente, per pattinare.
di Avv. e Giornalista pubblicista Maurizio Tarantino
Il caso

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Tizia agiva nei confronti di Decathlon affinché fosse dichiarata tenuta e condannata, per le causali di cui in narrativa, al risarcimento dei danni tutti, di cui sosteneva il patimento a seguito del sinistro occorsole. Invero, l'attrice si era recata presso il centro commerciale al fine di acquistare un paio di pattini a rotelle. Il personale le forniva i pattini e l'aiutava a calzarli in area a ciò deputata, al di fuori della pista per la prova. Alla richiesta di indossare idonee protezioni in plastica per ginocchia e gomiti, le venne opposta l'assenza di necessità; quindi, per provare i pattini, usciva dall'apposito perimetro per recarsi nella zona ove li aveva indossati; a causa del dislivello tra la pista e l'area deputata all'inserimento, ne perdeva il controllo e rovinava al suolo. Soccorsa dal personale, veniva condotta presso l'Ospedale e sottoposta a due interventi chirurgici. Costituendosi in giudizio, il centro commerciale evidenziava la presenza di un percorso di materiale idoneo alla prova dei roller, appositamente segnalato da frecce e linee dislocate per l'individuazione del verso da tenere. Nessun dislivello od altra possibile occasione di inciampo o di perdita di equilibrio caratterizzava all'epoca, il punto di raccordo tra la “pista/percorso di prova” e la superficie di calpestio circostante. Parte convenuta, inoltre, presentava una fotografia ritraente l'area della prova che, in occasione dell'interrogatorio formale, confermava essere conforme ai luoghi cui accedeva. Da ciò deriverebbe la conferma dell'assenza di insidie di sorta tra la superficie di calpestio esterna all'area prova e l'area suddetta.

Il diritto

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A seguito dell'istruttoria di causa era del tutto pacifico ed acclarato che Decathlon consentisse a chiunque di provare ad usare i pattini in linea all'interno di un centro commerciale, attività di per sé anche solo potenzialmente “pericolosa”. Difatti, la stessa non metteva a disposizione degli utilizzatori quelle idonee protezioni (ginocchiere, gomitiere e casco) che tutti utilizzano, normalmente, per pattinare; anzi, la stessa invitava i clienti a calzare e poi a togliere i pattini in una zona che presentava un dislivello di circa 2 cm rispetto al piano ove si provavano i pattini. Quindi, tutti elementi che, ineluttabilmente, conducevano alla responsabilità di Decathlon per i danni subìti da Tizia, a seguito della caduta per cui è causa. La fattispecie di cui all'art. 2051 c.c. sarebbe senz'altro integrata sotto ogni profilo, in ragione della custodia, in capo a Decathlon, dei pattini e del luogo ove si era verificato il sinistro e sussisteva il nesso eziologico tra il fatto (la caduta) ed i beni in custodia dati in prova all'attrice. Nella specie, era anche presente un'insidia rappresentata dal dislivello tra il pavimento liscio e la superficie gommosa del tappeto. Del resto, l'attrice non era caduta nella pista di pattinaggio per propria imperizia, ma nell'area deputata a togliere i pattini dai piedi, ove era presente una insidia rappresentata dal dislivello con il tappeto di gomma ivi posizionato, quindi non poteva, in alcun modo, avere colposamente concorso alla causazione dell'evento. In altri termini, non era dato comprendere come la convenuta che ha organizzato una prova aperta al pubblico di un attrezzo oggettivamente pericoloso, ritenga di attribuire un concorso di colpa della propria cliente, nella causazione di un evento, la caduta, del tutto compatibile con il dislivello provato e con l'utilizzo di uno strumento pericoloso quale i pattini oggetto di causa.

In conclusione, il centro commerciale è stato condannato al risarcimento dei danni.

La lente dell'autore

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In argomento, in considerazione dell'art. 2051 c.c., si osserva che la responsabilità per cose in custodia obbliga un soggetto a risarcire il danno a prescindere da ogni valutazione circa eventuali profili di colpa del responsabile, per il solo fatto di ricoprire il ruolo di custode della cosa. Sul custode incombe, quindi, una presunzione di responsabilità, che riveste carattere oggettivo e che può essere superata solo dimostrando rigorosamente che l'evento dannoso è derivato da caso fortuito. Come sostenuto in giurisprudenza, in tema di danni da cose in custodia, ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c., è sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo, rapporto che postula l'effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa con il conseguente potere — dovere di intervento su di essa, e che compete al proprietario o anche al possessore o detentore (Cass. civ., sez. III, 3 agosto 2005, n. 16231). Quindi la funzione dell'art. 2051 c.c. è quella di imputare la responsabilità a chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, il che porta ad escludere che “custode” sia necessariamente il proprietario in quanto tale, potendo essere qualificato custode il soggetto che di fatto controlli le modalità di uso e conservazione della cosa ed abbia, pertanto, il “governo della cosa”. Custode, quindi, è chi abbia l'effettivo potere sulla cosa, e può perciò essere tale non solo il proprietario ma anche il semplice possessore o detentore della res. Diversamente, nel caso in cui non venga identificato il soggetto avente il potere di fatto sulla res, sarà considerato “custode” il proprietario della cosa.

Premesso ciò, in materia, altri giudici hanno sottolineato che ai fini della responsabilità per l'esercizio di attività pericolose, la gestione di un impianto di pattinaggio configurandosi come attività pericolosa, nel senso di essere atta a cagionare danno a terzi, comporta l'obbligo per il gestore di adottare tutte le cautele idonee a prevenire possibili situazioni di pericolo, dovendo in caso contrario, lo stesso, provvedere al risarcimento del danno subito dal terzo (Trib. Napoli 8 aprile 2005, n. 3934. Nella vicenda, il giudicante ha ritenuto che ai fini della liquidazione del danno alla salute, consistente in un'alterazione dell'integrità ed efficienza psico-fisica del soggetto, è necessario procedere ad una valutazione di tipo equitativo, ancorata a criteri di base uniformi, da cui partire per poi effettuare in ogni caso un adeguamento qualitativo e quantitativo alle circostanze del caso concreto, onde operare una ricostruzione il più possibile adeguata alla persona offesa e al valore umano perduto).

In definitiva, nella vicenda in commento, correttamente, il giudice di Vercelli ha condannato Decathlon per i danni riportati dai clienti durante la prova di pattinaggio.

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