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22 marzo 2023
Responsabilità professionale
Architetto inadempiente se il progetto non è conforme alla normativa edilizia e urbanistica
L'obbligazione dell'architetto, dell'ingegnere e del geometra è una tipica obbligazione di risultato rispetto alla quale il professionista deve assicurare la realizzabilità tecnica e giuridica senza che, per escludere l'inadempimento, possa essere rilevante l'eventuale previo accordo con la committenza.
di Avv. Fabio Valerini
Il caso

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La Seconda sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 8058 del 21 marzo 2023 chiarisce il contenuto degli obblighi assunti da architetti, ingegneri e geometri nel momento in cui sono chiamati ad un'attività di progettazione che contiene un abuso edilizio.
Nel caso di specie i proprietari di un complesso immobiliare avevano incaricato due architetti di studiare, redigere ed eseguire un progetto di ristrutturazione dell'intero compendio per adibirlo ad abitazione della loro famiglia.
Poiché la proprietaria non ritenne correttamente concluso il contratto, rispetto al quale rilevò anche la presenza di alcuni abusi edilizi, convenne in giudizio gli architetti (uno dei quali peraltro chiese in via riconvenzionale il pagamento del suo onorario) e la ditta appaltatrice per domandare la risoluzione del contratto e la conseguente restituzioni degli importi che erano stati già versati e la condanna al risarcimento dei danni subiti.
Secondo la Corte di Appello il primo dei due architetti (l'altro e la ditta appaltatrice avevano raggiunto una transazione in corso di causa) non era stato inadempiente perché egli aveva fatto presente alla committenza come la realizzazione di un collegamento tra due unità non fosse consentito dalla normativa edilizia e urbanistica vigente.

Il diritto

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La prima questione esaminata dalla Suprema Corte ha riguardato la possibilità che la redazione di un progetto di massima possa essere qualificato come inadempimento contrattuale laddove non sia conforme alla normativa urbanistica ed edilizia e laddove questa non conformità sia stata resa nota alla proprietà - committenza.
Orbene, per la Suprema Corte la redazione di un progetto edilizio, per quanto esso svolga una funzione preparatoria e strumentalmente preordinata alla concreta attuazione dell'opera, deve tenere conto della normativa urbanistica, individuare in termini corretti, la procedura amministrativa da utilizzare e assicurare la preventiva soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dell'opera richiesta dal committente.
Ed infatti, l'architetto, l'ingegnere o il geometra quando sono richiesti di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile assumono un'obbligazione di risultato.
In altri termini, il professionista deve rendere un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico, onde per cui irrealizzabilità dell'opera per erroneità o inadeguatezza del progetto dà luogo a un inadempimento dell'incarico consentendo al committente di rifiutare di corrispondere il compenso avvalendosi dell'eccezione di inadempimento di cui all'articolo 1460 cod. civ..
Il che non si traduce, però – precisa la Suprema Corte – nella nullità del contratto tra proprietà e professionista per violazione delle norme imperative o di ordine pubblico oppure per impossibilità dell'oggetto: ed infatti, la non conformità non preclude le attività concettuali (come la progettazione), bensì le attività costruttive e di lottizzazione (e, cioè, semmai quelle esecutive).
Sulla base di queste premesse la seconda sezione ha enunciato il principio di diritto in base al quale «sussiste la responsabilità dell'architetto, dell'ingegnere o del geometra, il quale, nell'espletamento dell'attività professionale consistente nell'obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile, non assicuri la conformità dello stesso alla normativa urbanistica in quanto l'irrealizzabilità del progetto per inadeguatezze di natura tecnica costituisce inadempimento dell'incarico e consente al committente di rifiutare di corrispondergli il compenso, ovvero di chiedere la risoluzione del contratto. Né la responsabilità del professionista viene meno e può riconoscersi il suo diritto ad ottenere il corrispettivo ove la progettazione di una costruzione o di una ristrutturazione in contrasto con la normativa urbanistica sia oggetto di un accordo tra le parti per porre in essere un abuso edilizio, spettando tale verifica al medesimo professionista, in forza della sua specifica competenza tecnica, e senza che perciò possa rilevare, ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 2226, comma 1, c.c., la firma apposta dal committente sul progetto redatto».

La lente dell'autore

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Una seconda questione affrontata dalla Suprema Corte è stata quella della liquidazione del risarcimento del danno.
Orbene, anche per la responsabilità risarcitoria correlata al non corretto adempimento della prestazione professionale l'art. 1223 cod. civ. richiede un rapporto causale immediato e diretto fra l'inadempimento e il danno. Questa limitazione risponde «all'esigenza di limitare l'estensione temporale e spaziale degli effetti degli eventi illeciti ed è orientata, perciò, ad escludere dalla connessione giuridicamente rilevante ogni conseguenza dell'inadempimento che non sia propriamente diretta ed immediata, ovvero che comunque rientri nella serie delle conseguenze normali del fatto, in base ad un giudizio di probabile verificazione rapportato all'apprezzamento dell'uomo di ordinaria diligenza».
Spetta, però, al giudice di merito accertare la materiale esistenza del rapporto di causa come avente, oppure no, i caratteri richiesti dalla norma così come di determinare la effettiva consistenza della perdita subita (danno emergente) e del mancato guadagno (lucro cessante) al netto dell'eventuale incremento patrimoniale acquisito dal danneggiato medesimo quale conseguenza immediata e diretta dello stesso fatto produttivo del danno.
Una volta individuato l'inadempimento e il danno risarcibile resta, infine, la possibilità che più inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente alla causazione del danno.
Ne deriva che laddove le condotte dell'appaltatore, del progettista e del direttore dei lavori abbiano concorso nella causazione del danno al committente sussiste tra di loro un vincolo di solidarietà come indicato nell'art. 2055 cod. civ..
Soltanto, quindi, nei rapporti interni avrà rilievo la ripartizione delle rispettive responsabilità nella causazione del danno (in proporzione alla gravità delle colpe e all'entità delle conseguenze) restando, viceversa, indifferente nei rapporti dei debitori nei confronti del creditore.

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