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4 aprile 2023
Persone, famiglie e minori
Quando la donazione pervenuta nel conto corrente cointestato entra a far parte della comunione tra coniugi?
I beni pervenuti per donazione ad un coniuge sono personali, e non ricadono nella comunione legale, tutte le volte in cui nell'atto di liberalità non emerga l'espressa volontà del donante in tal senso; è onere probatorio all'altro coniuge fornire la relativa prova qualora rivendichi, al momento dello scioglimento della comunione, la metà dei beni ricevuti in donazione dall'ex coniuge.
di Avv. Stefano Fedel
Il caso

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Tizio adiva giustizia rivendicando la titolarità esclusiva della somma a suo dire illegittimamenteprelevata dall'ex coniuge, in pendenza di separazione, dal conto corrente cointestato.
L'attore sosteneva che la liquidità presente sul detto conto era pervenuta a seguito di donazione dalla propria madre di titoli azionari e che la cointestazione fosse del tutto fittizia e discendente da mere ragioni di opportunità negando che la comunione legale tra i coniugi potesse essersi estesa al denaro, attesa la sua provenienza e qualificazione in termini di propri beni personali.
Entrambi i Giudici del merito riconoscevano la titolarità delle somme in capo a Tizio e conseguentemente l'illegittimità del prelievo effettuato dalla ex moglie.
Quest'ultima avversava la sentenza della Corte di Appello, sostanzialmente confermativa della decisione resa in primo grado, contestando il carattere donativo del trasferimento delle azioni da madre a figlio trattandosi, al più, di una vendita simulata e di una donazione diretta dissimulata, da concludersi in forma scritta. Ed infatti il “fissato bollato” relativo alla compravendita di titoli azionari dalla madre al figlio non dimostrerebbe affatto il trasferimento a titolo gratuito del bene, ed anzi dimostrerebbe l'esatto opposto, poiché attestava la sussistenza di una “vendita”.
La ricorrente sosteneva inoltre che, quand'anche fosse stata provata la donazione dei titoli azionari, poiché essi erano confluiti nel conto cointestato tra i coniugi ed utilizzato per le spese della famiglia, sussisteva l'animus donandi configurante una donazione indiretta, che comportava la contitolarità al 50% tra i coniugi delle somme giacenti e prelevate sul ridetto conto deposito titoli.

Il diritto

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La Suprema Corte ritiene infondato il primo motivo di ricorso, risultando agli atti che il figlio aveva dedotto di avere ricevuto in donazione le azioni dalla madre, non avendole versato alcun corrispettivo a fronte del trasferimento.
Il Collegio non accoglieva neppure il secondo rilievo, condividendo il principio già espresso dalla Cassazione (Cass. Civ. 1877/2015) per il quale: «la cointestazione di un conto corrente tra coniugi attribuisce agli stessi, ex art. 1854 c.c., la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto, sia nei confronti dei terzi che nei rapporti interni, e fa presumere la contitolarità dell'oggetto del contratto; tale presunzione dà luogo ad una inversione dell'onere probatorio che può essere superata attraverso presunzioni semplici - purché gravi, precise e concordanti - dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa».
Il Supremo Collegio ha precisato che ai sensi dell'art. 1298, comma 2, c.c., la cointestazione di un conto corrente tra più soggetti  attribuisce la titolarità in quote eguali, solo se non risulti diversamente dimostrato, come in ipotesi in cui il saldo attivo discenda dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, chiarendo che «in caso di deposito bancario di titoli in amministrazione cointestato ai coniugi, i rapporti interni tra i depositanti sono regolati dall'art. 1298, secondo comma, cod. civ., sicché le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente. Per vincere la predetta presunzione, non è sufficiente la prova di aver avuto la proprietà e la disponibilità esclusiva del denaro utilizzato per l'acquisto dei titoli, valendo la cointestazione a rendere solidale il credito anche se il denaro sia immesso sul conto da uno dei cointestatari o da un terzo a favore di uno solo o di entrambi i coniugi, ed essendo, invece, dirimente la prova della pertinenza esclusiva, in base al titolo di acquisto, del denaro versato in capo a uno dei contestatari» (Cass. Civ. 4496/2010).

La lente dell'autore

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La ricostruzione offerta dalla Corte di Cassazione in tema di conto cointestato, evidenzia la sussistenza di una presunzione legale juris tantum che, dando luogo soltanto all'inversione dell'onere probatorio, può essere superata attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.
Dimostrata quindi la provenienza esclusiva del denaro presente sul conto corrente, sussiste «la possibilità che costituisca donazione indiretta l'atto di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito […] solo quando sia verificata l'esistenza dell'"animus donandi”, consistente nell'accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della cointestazione, altro scopo che quello della liberalità» (Cass.Civ. 26983/2008).
Con l'ulteriore corollario che il fine di liberalità, l'animus donandi, deve emergere non nell'atto impiegato, quanto, in via indiretta, dal rigoroso esame di tutte le circostanze di fatto della fattispecie concreta.