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6 aprile 2023
Responsabilità civile e assicurazioni
Responsabilità del pedone imprudente che provoca l’urto con il ciclista durante una gara
Addebitabile alla condotta del pedone imprudente, consistente nel non avvedersi degli evidenti segnali di riconoscimento della gara in corso, l'urto con il ciclista.
di Avv. e Giornalista pubblicista Maurizio Tarantino
Il caso

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Tizio era rimasto coinvolto in un sinistro stradale nel mentre si accingeva ad attraversare le strisce pedonali poste davanti alla propria abitazione e, questo, nonostante, avesse provveduto a controllare che la strada fosse libera e che non sopraggiungesse alcun veicolo da est (trattandosi di strada a senso unico di marcia). Specificamente assumeva d'essere stato investito dal ciclista Caio che, provenendo a forte velocità dal senso di marcia opposto, lo urtava, provocandogli danni con postumi. Il ciclista coinvolto nell'incidente stava partecipando ad una gara organizzata dalla società che, pertanto, addiveniva all'idea di convenire nel presente giudizio nella persona del suo Presidente. Si costituiva in giudizio anche il datore di lavoro del ciclista rimasto infortunato.

Il diritto

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A seguito dell'istruttoria di causa era emerso che il contenuto dell'autorizzazione per competizione ciclistica su strada rilasciata dal Dirigente della Polizia Municipale, nonché l'ordinanza emessa in pari data, risultavano essere state osservate dalla società organizzatrice e ciò si evinceva dalle dichiarazioni testimoniali rese da chi, a vario titolo, era presente sul luogo del sinistro la sera in cui si verificava; tutti i testimoni sentiti sul punto, avevano dato una versione dei fatti.  La zona era, inoltre, sgombra da autoveicoli e la segnaletica di attenzionamento e divieti vari era stata messa almeno 48 ore dell'evento. Tale circostanza veniva del tutto confermata anche da quanto affermato dal testimone, il quale dava atto di come fosse stata predisposta idonea segnaletica di divieto di transito lungo il percorso già due giorni prima della gara, nonché la chiusura del traffico mediante l'apposizione di transenne laddove era possibile o mediante fettucce (nastri in due livelli) a toccare gli incroci, oltre al fatto che il personale in servizio era munito di bandierine e con la pettorina catarifrangente.  Premesso ciò, secondo il giudicante, nella specie doveva addebitarsi in via esclusiva il sinistro occorso al pedone Tizio che, con la propria condotta imprudente – consistente nel non avvedersi degli evidenti segnali di riconoscimento della gara in corso e nell'ignorare i ripetuti appelli di coloro che si trovavano sul posto ad interrompere l'attraversamento delle strisce pedonali – provocava l'urto con il ciclista che stava, invece, regolarmente svolgendo la gara. Né può costituire circostanza rilevante il fatto che il percorso della gara ciclistica fosse diretto nella direzione opposta al normale senso di marcia, giacché, come già sovra accertato, la segnaletica e il personale sul posto, nonché gli avvisi diramati nei giorni antecedenti la gara apparivano senz'altro idonei a garantirne la conoscibilità da parte dell'utenza. A causa di ciò, il giudicante ha ritenuto, inoltre, accoglibile la domanda risarcitoria del datore di lavoro del ciclista per ottenere il risarcimento del danno subìto dalla stessa, in quanto, in conseguenza del sinistro, rimaneva per un periodo prolungato assente dal luogo di lavoro. Per le ragioni esposte, la domanda di Tizio è stata rigettata, con conseguente accoglimento risarcitorio di parte convenuta.

La lente dell'autore

lenteautore

La valutazione in ordine alla pericolosità dell'attività non può essere condotta in astratto, essendo necessario considerare, come sempre quando si discute della applicazione di tale norma, se è insita nel successivo svolgimento dell'attività organizzata la probabilità del danno, o se si tratta invece di attività normalmente innocua. In altri termini, si tratta di distinguere tra pericolosità della condotta, che si apprezza rispetto ad un'attività normalmente innocua e che diventa però pericolosa a causa della condotta negligente o imprudente dell'autore, rientrandosi in tal caso nell'ambito applicativo dell'art. 2043 c.c.; e pericolosità dell'attività, laddove questa risulti potenzialmente dannosa di per sé per l'alta percentuale di danni che può provocare per sua natura o per i mezzi adoperati, generando una responsabilità ai sensi e per gli effetti dell'art. 2050 c.c. (Trib. Novara 16 gennaio 2023, n. 28). Premesso ciò, nella fattispecie, lo svolgimento della gara ciclistica su strada ben può farsi rientrare nel novero delle attività pericolose; indici sintomatici di ciò possono, invero, rinvenirsi, oltre che nel fatto che, svolgendosi su circuito cittadino, possono determinare rischi più alti per chi si trova a dover frequentare le zone coinvolte dalla gara, anche – e conseguentemente – nel fatto che, ai sensi dell'art. 9 Codice della strada, sulle strade ed aree pubbliche sono vietate le competizioni sportive con veicoli o animali e quelle atletiche, salvo autorizzazione. Pertanto, “proprio lo svolgimento di una gara ciclistica su un circuito aperto comporta l'insorgenza, in capo all'organizzatore, dell'obbligo di predisposizione di particolari cautele a tutela dell'incolumità degli atleti, degli spettatori e del personale al seguito, il che conduce all'inserimento di tale attività sportiva nell'ambito di quelle "pericolose” (Trib. Arezzo 7 maggio 2012). L'inquadramento della fattispecie de qua nell'ambito applicativo di cui all'art. 2050 c.c. determina conseguenze sul piano dell'onere probatorio giacché, a differenza di quanto avviene in caso di responsabilità da fatto illecito di cui all'art. 2043 c.c., in questo caso spetta al presunto danneggiante (autore dell'attività pericolosa) vincere la presunzione di responsabilità posta a suo carico, dimostrando di aver adottato tutte le misure idonee a scongiurare il danno (poi in effetti verificatosi). La giurisprudenza di legittimità, sul punto, ha osservato come da tale assunto si debba necessariamente desumere che non sia sufficiente «la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma occorre quella positiva di avere impiegato ogni cura o misura volta ad impedire l'evento dannoso, di guisa che anche il fatto del danneggiato o del terzo può produrre effetti liberatori solo se per la sua incidenza e rilevanza sia tale da escludere, in modo certo, il nesso causale tra attività pericolosa e l'evento e non già quando costituisce elemento concorrente nella produzione del danno, inserendosi in una situazione di pericolo che ne abbia reso possibile l'insorgenza a causa dell'inidoneità delle misure preventive adottate» (Cass. civ., sez. VI, 19 maggio 2022, n. 16170). In definitiva, nel caso del Tribunale di Pisa, in ragione delle risultanze emerse nel corso dell'istruttoria, la presunzione di responsabilità posta a carico di parte convenuta era stata dalla stessa vinta, così pertanto non poteva muovere a suo carico alcun addebito o censura di sorta rispetto al sinistro stradale.