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14 aprile 2023
Responsabilità civile e assicurazioni
Il ghiaccio sul marciapiede è fonte di responsabilità del comune?
L'intrinseca pericolosità del manto stradale e la gelata caduta per effetto delle rigide temperature impongono l'accertamento del dinamismo causale del danno.
di Avv. e Giornalista pubblicista Maurizio Tarantino
Il caso

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Tizia conveniva in giudizio il Comune al fine di sentirne accertare la responsabilità per la caduta, con condanna al risarcimento dei danni subiti. In particolare, l'attrice riferiva che mentre percorreva una determinata via per recarsi al lavoro, cadeva a terra per la presenza di ghiaccio formatosi sulla strada, riportando lesioni. Dunque, si rivolgeva al Pronto Soccorso dell'Ospedale dove le veniva diagnosticata una “frattura malleolo peroneale sx scomposta” e le veniva prescritto il ricovero per sottoporsi ad intervento chirurgico. Ritenendo il Comune l'unico responsabile dell'infortunio occorsole, ai sensi dell'art. 2051 o dell'art. 2043 c.c., per non aver garantito la sicura circolazione delle persone in giornate caratterizzate da forti nevicate e freddo intenso, l'attrice formulava richiesta di risarcimento del danno. Costituendosi in giudizio, il Comune eccepiva la nullità dell'atto di citazione e, nel merito, precisava che anche laddove la caduta fosse ritenuta provata, essa doveva essere ascritta all'imprudenza della stessa attrice e all'eccezionalità delle condizioni metereologiche di quei giorni, tali da integrare il caso fortuito ed escludere la responsabilità del custode.

Il diritto

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Nel caso di specie, l'infortunio subìto dall'attrice era stato confermato dalla documentazione sanitaria e, in particolare, dal referto di pronto soccorso. Inoltre, era notorio che in quei giorni di febbraio nel territorio di Rimini si erano verificate precipitazioni nevose intensissime unite a temperature molto rigide, come riconosciuto dallo stesso convenuto, laddove invocava l'eccezionalità delle condizioni atmosferiche per escludere la propria responsabilità in presenza di una lastra di ghiaccio sul marciapiede percorso dall'attrice e che questa costituisse un'insidia in quanto invisibile, anche a causa dell'orario notturno. In primo luogo, infatti, l'attrice si era limitata ad allegare genericamente di essere scivolata mentre percorreva il marciapiede, senza indicare il punto preciso in cui la caduta sarebbe avvenuta e senza descrivere le condizioni della strada in quel tratto, quali il grado di illuminazione artificiale e l'eventuale presenza di passaggi alternativi più sicuri. Le circostanze esposte in atto di citazione non potevano, inoltre, essere considerate provate sulla base dell'unica testimonianza assunta. Peraltro, la stessa attrice affermava che le intense nevicate andavano avanti da tempo e che il tratto di strada in cui si era verificata la caduta era quello da lei percorso per recarsi al lavoro. Premesso ciò, secondo il giudice, in tali condizioni metereologiche, definite dalla stessa attrice come eccezionali, in orario notturno, quando le temperature sono più fredde, e in un tratto di strada noto all'attrice, che verosimilmente era in quelle condizioni da giorni, la presenza del ghiaccio sul marciapiede doveva considerarsi del tutto prevedibile utilizzando l'ordinaria diligenza e ciò imponeva l'adozione di particolari cautele da parte degli utenti della strada.

Alla luce di quanto sopra, l'attrice non aveva provato né che la caduta era avvenuta con la dinamica da lei indicata, né la sussistenza del nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno. Da ciò conseguiva il rigetto della domanda.

La lente dell'autore

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In argomento, giova ricordare la responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia assume natura oggettiva e trova fondamento nella mera relazione intercorrente tra la res e colui che su di essa esercita l'effettivo potere: di conseguenza, la prova del nesso causale grava necessariamente sull'attore - danneggiato. Al riguardo, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui la disposizione di cui all’art. 2051 c.c. non richiede necessariamente che la cosa sia suscettibile di produrre danni per sua natura (Cass. civ., sez. VI, 27 novembre 2014, n. 25214). In particolare, qualora il danno non derivi da un dinamismo interno della "res", in relazione alla sua struttura o funzionamento, ma presupponga un intervento umano che si unisca al modo d'essere della cosa inerte, il danneggiato può provare il nesso causale tra evento dannoso e bene in custodia unicamente dimostrando l'obiettiva situazione di pericolosità dello stato dei luoghi, tale da rendere probabile, se non inevitabile, il danno stesso (Cass. civ., sez. VI, 20 ottobre 2015 n. 21212). Dunque, è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato (Cass. civ., sez. VI, 11 Maggio 2017 n. 11526). Dalla natura oggettiva della responsabilità in questione consegue che è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato, senza che rilevi la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza: in tal senso, il nesso viene escluso solo in presenza della prova del fortuito. Invero, una volta fornita la prova dell’evento dannoso e del nesso di causalità, spetta al custode, presunto responsabile, fornire la prova liberatoria del caso fortuito, che, come affermato costantemente dalla giurisprudenza, «può essere rappresentato - con effetto liberatorio totale o parziale - anche dal fatto del danneggiato, avente un'efficacia causale idonea a interrompere del tutto il nesso eziologico tra cosa ed evento dannoso o ad affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno; il giudizio sull'incidenza del comportamento del danneggiato nella produzione del danno non può prescindere dalla considerazione della natura della cosa e deve tener conto delle modalità che in concreto e normalmente ne caratterizzano la fruizione» (Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2011, n. 4476).

Premesso ciò, conformemente al ragionamento del giudice di Rimini, altro precedente ha evidenziato che è infondata la pretesa risarcitoria esperita dall'attrice nei riguardi dell'Amministrazione comunale in relazione ai danni subiti in conseguenza della caduta nella quale sia incorsa scivolando rovinosamente a terra su una lastra di ghiaccio formatosi per effetto di una forte nevicata. In tal caso non è ravvisabile il rapporto di causalità fondamentale ai fini dell'addebitabilità del fatto alla responsabilità dell'ente. L'intrinseca pericolosità del manto stradale e la gelata caduta per effetto delle rigide temperature, interrompe il dinamismo causale del danno sino ad escludere la responsabilità del custode ai sensi dell'art. 2051 c.c. Ne consegue pertanto che l'abbondante nevicata e la temperatura rigida, dovevano indurre l'attrice ad ipotizzare la formazione del ghiaccio e quindi a prestare maggiore attenzione, esclude ogni forma di responsabilità dell'ente pubblico (Trib. Milano 14 gennaio 2011, n. 432).