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4 maggio 2023
Responsabilità civile e assicurazioni
L’istituto delle suore è responsabile anche nel caso in cui i bambini non rispettano i divieti comandati dal regolamento
L'istituto risponde dei danni riportati dai bambini quando le suore, pur presenti in aula, non vigilano circa il regolare e sereno svolgimento delle attività ricreative dei minori.
di Avv. e Giornalista pubblicista Maurizio Tarantino
Il caso

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Tizio e Caia citavano in giudizio l'Istituto delle Suore (scuola materna) al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subìti dalla loro figlia Mevia, la quale nel mentre partecipava assieme ad altri bambini alle attività ludico-sportive ivi organizzate, cadeva bruscamente in terra riportando una “frattura scomposta omero sx”, tanto da venire ad essere ricoverata nel nosocomio cittadino e lì poi, sottoposta con urgenza ad intervento chirurgico. Da qui, pertanto, la domanda risarcitoria. Costituendosi in giudizio, l'Istituto delle Suore, negava ogni propria responsabilità, sostenendo, per contro, l'accidentalità della caduta, non prevenibile, né prevedibile, sul presupposto per cui la bambina, contravvenendo al divieto di correre, - divieto, che l'istituto precisava, era stato imposto a tutti i bambini fin dal primo giorno dell'esperienza formativa- correva, invece, per il salone, finendo col rovinare in terra, scegliendo, così, autonomamente di porre in essere un comportamento che in maniera del tutto imprevedibile ed imprevenibile e per questo eccezionale, mettendo a repentaglio la sua incolumità fisica. 

Il diritto

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A seguito dell’istruttoria di causa era emerso che il giorno dei fatti, la piccola nel mentre si trovava affidata all’istituto e che lì giocava, subiva una caduta rovinando al suolo. La circostanza alla stregua della quale l’istituto non aveva adottato le opportune cautele di controllo e vigilanza lo si desumeva oltre che dalla generica e a tratti contraddittoria ricostruzione dei fatti offerta dallo stesso istituto convenuto, dalla circostanza per cui al momento della caduta, nonostante la presenza di 15 bambini (di età non superiore verosimilmente ai 10 anni) c’era una sola suora ad occuparsi di loro, a vigilare su di loro, mentre le altre due suore erano in altra stanza, e questo mentre sull’istituto incombeva l’onere precipuo di vigilare adeguatamente sui minori lì presenti. Anche movendo dalla ricostruzione di parte convenuta, secondo cui la bambina, violando il divieto di non correre, aveva d’un tratto iniziato a correre, comunque le insegnanti pur presenti in aula non aveva adeguatamente vigilato circa il regolare e sereno svolgimento delle attività ricreative dei minori. Quindi vi erano precisi profili di colpa, non essendo state predisposte misure precauzionali da considerarsi adeguate alla situazione, non potendo ritenersi tali i divieti comandati a bambini di 9 anni di non correre, mancando, per converso, di vigilare adeguatamente al fine del sereno svolgimento delle attività ludiche e ricreative dei minori. In tema, come sottolineato in giurisprudenza, la responsabilità della scuola e del personale scolastico per i danni da autolesione provocati dall’alunno, durante l’orario scolastico e/o in una recita, è di tipo contrattuale ex art. 1218 c.c.; la fonte di tale responsabilità risiede, per la scuola, nel contratto stipulato tra genitore e istituto scolastico e, per il personale scolastico, nel c.d. contatto sociale (Cass. civ. sez. III, 22 settembre 2015, n. 18615). 

In conclusione, la domanda risarcitoria è stata accolta.

La lente dell'autore

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La responsabilità civile nasce come responsabilità di determinati soggetti - minori, interdetti, allievi, apprendisti - verso i terzi, che si estende rispettivamente ai genitori, tutori, precettori e maestri d'arte, delineandosi così una ipotesi di responsabilità per il fatto altrui, e cioè per il fatto illecito compiuto da quel determinato soggetto in danno di un terzo. Viceversa, nel particolare caso di autolesione dell'allievo, il precettore è chiamato a rispondere verso il medesimo per un fatto illecito proprio, consistente nel non aver impedito, violando l'obbligo di vigilanza, che venisse compiuta la condotta autolesiva; da quanto sopra esposto consegue che tale fatto illecito proprio non è riconducibile alla previsione dell'art. 2048 comma 2 c.c. Nel caso di danno arrecato dall'allievo a se stesso, appaia più corretto ricondurre la responsabilità dell'istituto scolastico non già nell'ambito della responsabilità extracontrattuale, con conseguente onere per il danneggiato di fornire la prova di tutti gli elementi costitutivi del fatto illecito di cui all'art. 2043 c.c., bensì nell'àmbito della responsabilità contrattuale, con conseguente applicazione del regime probatorio desumibile dall'art. 1218 c.c. Infatti, l'accoglimento della domanda di iscrizione e la conseguente ammissione dell'allievo determina l'instaurazione di un vincolo negoziale in virtù del quale, nell'ambito delle obbligazioni assunte dall'istituto, deve ritenersi sicuramente inclusa quella di vigilare anche sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo nel tempo in cui fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a sé stesso. Premesso ciò, nel caso di danno arrecato dall'incapace (nella specie una bambina) a sé stesso, la responsabilità del sorvegliante e della struttura nella quale l'incapace è ammesso (nella specie un asilo nido comunale) va ricondotta non già nell'ambito della responsabilità extracontrattuale, ai sensi dell'art. 2043 c.c., bensì nell'ambito della responsabilità contrattuale, ai sensi dell'art. 1218 c.c. (Cass. civ., sez. III, 18 luglio 2003, n. 11245). Il legittimato attivo della richiesta di risarcimento danni ex art. 1218 c.c. è l'alunno infortunato, o, nel caso in cui lo stesso sia minore, coloro che esercitano su di lui la patria potestà. Il legittimato passivo, invece, è l'ente scolastico. Nel caso di scuole pubbliche, lo stesso è identificabile nel Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Nel caso di enti privati, invece, il legittimato passivo coincide con l'ente proprietario della scuola, come nel caso in esame. A quest'ultimo proposito, per la costante giurisprudenza la prova della non imputabilità dell'inadempimento deve essere piena e completa, non essendo sufficiente una generica prova della diligenza del debitore, ma risultando necessaria la dimostrazione della assenza, sotto qualsiasi profilo, di colpa, e cioè la dimostrazione del caso fortuito e della forza maggiore (Cass. civ., sez. lav., 17 maggio 2002, n. 7214). In definitiva, in caso di danno cagionato dall'alunno a sé stesso, ma anche in caso di danno cagionato all'alunno per responsabilità ascrivibili a difetto di vigilanza o di controllo degli organi scolastici, le responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante hanno natura contrattuale, atteso che, quanto all'istituto, l'instaurazione del vincolo negoziale consegue all'accoglimento della domanda di iscrizione, e, quanto all'insegnante, il rapporto giuridico con l'allievo sorge in forza di "contatto sociale".