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Tizio e Caia citavano in giudizio l'Istituto delle Suore (scuola materna) al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subìti dalla loro figlia Mevia, la quale nel mentre partecipava assieme ad altri bambini alle attività ludico-sportive ivi organizzate, cadeva bruscamente in terra riportando una “frattura scomposta omero sx”, tanto da venire ad essere ricoverata nel nosocomio cittadino e lì poi, sottoposta con urgenza ad intervento chirurgico. Da qui, pertanto, la domanda risarcitoria. Costituendosi in giudizio, l'Istituto delle Suore, negava ogni propria responsabilità, sostenendo, per contro, l'accidentalità della caduta, non prevenibile, né prevedibile, sul presupposto per cui la bambina, contravvenendo al divieto di correre, - divieto, che l'istituto precisava, era stato imposto a tutti i bambini fin dal primo giorno dell'esperienza formativa- correva, invece, per il salone, finendo col rovinare in terra, scegliendo, così, autonomamente di porre in essere un comportamento che in maniera del tutto imprevedibile ed imprevenibile e per questo eccezionale, mettendo a repentaglio la sua incolumità fisica. |
A seguito dell’istruttoria di causa era emerso che il giorno dei fatti, la piccola nel mentre si trovava affidata all’istituto e che lì giocava, subiva una caduta rovinando al suolo. La circostanza alla stregua della quale l’istituto non aveva adottato le opportune cautele di controllo e vigilanza lo si desumeva oltre che dalla generica e a tratti contraddittoria ricostruzione dei fatti offerta dallo stesso istituto convenuto, dalla circostanza per cui al momento della caduta, nonostante la presenza di 15 bambini (di età non superiore verosimilmente ai 10 anni) c’era una sola suora ad occuparsi di loro, a vigilare su di loro, mentre le altre due suore erano in altra stanza, e questo mentre sull’istituto incombeva l’onere precipuo di vigilare adeguatamente sui minori lì presenti. Anche movendo dalla ricostruzione di parte convenuta, secondo cui la bambina, violando il divieto di non correre, aveva d’un tratto iniziato a correre, comunque le insegnanti pur presenti in aula non aveva adeguatamente vigilato circa il regolare e sereno svolgimento delle attività ricreative dei minori. Quindi vi erano precisi profili di colpa, non essendo state predisposte misure precauzionali da considerarsi adeguate alla situazione, non potendo ritenersi tali i divieti comandati a bambini di 9 anni di non correre, mancando, per converso, di vigilare adeguatamente al fine del sereno svolgimento delle attività ludiche e ricreative dei minori. In tema, come sottolineato in giurisprudenza, la responsabilità della scuola e del personale scolastico per i danni da autolesione provocati dall’alunno, durante l’orario scolastico e/o in una recita, è di tipo contrattuale ex art. 1218 c.c.; la fonte di tale responsabilità risiede, per la scuola, nel contratto stipulato tra genitore e istituto scolastico e, per il personale scolastico, nel c.d. contatto sociale (Cass. civ. sez. III, 22 settembre 2015, n. 18615). In conclusione, la domanda risarcitoria è stata accolta. |
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La responsabilità civile nasce come responsabilità di determinati soggetti - minori, interdetti, allievi, apprendisti - verso i terzi, che si estende rispettivamente ai genitori, tutori, precettori e maestri d'arte, delineandosi così una ipotesi di responsabilità per il fatto altrui, e cioè per il fatto illecito compiuto da quel determinato soggetto in danno di un terzo. Viceversa, nel particolare caso di autolesione dell'allievo, il precettore è chiamato a rispondere verso il medesimo per un fatto illecito proprio, consistente nel non aver impedito, violando l'obbligo di vigilanza, che venisse compiuta la condotta autolesiva; da quanto sopra esposto consegue che tale fatto illecito proprio non è riconducibile alla previsione dell'art. 2048 comma 2 c.c. Nel caso di danno arrecato dall'allievo a se stesso, appaia più corretto ricondurre la responsabilità dell'istituto scolastico non già nell'ambito della responsabilità extracontrattuale, con conseguente onere per il danneggiato di fornire la prova di tutti gli elementi costitutivi del fatto illecito di cui all'art. 2043 c.c., bensì nell'àmbito della responsabilità contrattuale, con conseguente applicazione del regime probatorio desumibile dall'art. 1218 c.c. Infatti, l'accoglimento della domanda di iscrizione e la conseguente ammissione dell'allievo determina l'instaurazione di un vincolo negoziale in virtù del quale, nell'ambito delle obbligazioni assunte dall'istituto, deve ritenersi sicuramente inclusa quella di vigilare anche sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo nel tempo in cui fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a sé stesso. Premesso ciò, nel caso di danno arrecato dall'incapace (nella specie una bambina) a sé stesso, la responsabilità del sorvegliante e della struttura nella quale l'incapace è ammesso (nella specie un asilo nido comunale) va ricondotta non già nell'ambito della responsabilità extracontrattuale, ai sensi dell'art. 2043 c.c., bensì nell'ambito della responsabilità contrattuale, ai sensi dell'art. 1218 c.c. (Cass. civ., sez. III, 18 luglio 2003, n. 11245). Il legittimato attivo della richiesta di risarcimento danni ex art. 1218 c.c. è l'alunno infortunato, o, nel caso in cui lo stesso sia minore, coloro che esercitano su di lui la patria potestà. Il legittimato passivo, invece, è l'ente scolastico. Nel caso di scuole pubbliche, lo stesso è identificabile nel Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Nel caso di enti privati, invece, il legittimato passivo coincide con l'ente proprietario della scuola, come nel caso in esame. A quest'ultimo proposito, per la costante giurisprudenza la prova della non imputabilità dell'inadempimento deve essere piena e completa, non essendo sufficiente una generica prova della diligenza del debitore, ma risultando necessaria la dimostrazione della assenza, sotto qualsiasi profilo, di colpa, e cioè la dimostrazione del caso fortuito e della forza maggiore (Cass. civ., sez. lav., 17 maggio 2002, n. 7214). In definitiva, in caso di danno cagionato dall'alunno a sé stesso, ma anche in caso di danno cagionato all'alunno per responsabilità ascrivibili a difetto di vigilanza o di controllo degli organi scolastici, le responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante hanno natura contrattuale, atteso che, quanto all'istituto, l'instaurazione del vincolo negoziale consegue all'accoglimento della domanda di iscrizione, e, quanto all'insegnante, il rapporto giuridico con l'allievo sorge in forza di "contatto sociale". |
Tribunale di Pisa, sez. Civile, sentenza 26 aprile 2023, n. 612
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con atto di citazione che in calce reca la data del 10.09.2015 G.L. e L.B. chiamavano a comparire avanti all’intestato Tribunale l’Istituto Suore di (omissis) Scuola Materna “(omissis)” al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti dalla loro figlia, S., (al tempo minore d’età) il 30 luglio 2013. Allegavano, specificamente, che S., iscritta, alla data anzidetta ai “(omissis)” organizzati dall’istituto convenuto, giocando, o meglio, nel mentre che partecipava assieme ad altri bambini alle attività ludico-sportive ivi organizzate, cadeva bruscamente in terra ... riportando una “frattura sovracondiloidea scomposta omero sx e frattura a legno verde 1/3 medio diafisi ulnare”, tanto da venire ad essere ricoverata nel nosocomio cittadino e lì poi, sottoposta con urgenza ad intervento chirurgico. Da qui, pertanto, la domanda risarcitoria approdata ora qui innanzi che si sostanziava nella richiesta di un risarcimento complessivo di euro € 18.768,54, comprensivo delle spese mediche sostenute (per € 1.608,00), e al quale si sarebbe dovuta aggiungere una regolamentazione delle spese di lite favorevole a loro istanti. Con comparsa datata 26.11.2015 si costituiva ritualmente in giudizio l’Istituto Suore di (omissis) Scuola Materna “(omissis)” (da qui in avanti, per brevità, anche solo Istituto), contestando in fatto e in diritto la pretesa attorea, negando ogni propria responsabilità, sostenendo, per contro, l’accidentalità della caduta, non prevenibile, né prevedibile, sul presupposto per cui la bambina, contravvenendo al divieto di correre, - divieto, che l’istituto precisava, era stato imposto a tutti i bambini fin dal primo giorno dell’esperienza formativa, ... - correva, invece, per il salone, finendo col rovinare in terra, ... scegliendo, così, autonomamente di porre in essere un comportamento che in maniera del tutto imprevedibile ed imprevenibile e per questo eccezionale aveva messo a repentaglio la sua incolumità fisica. Argomentava, quindi, la propria difesa deducendo di avere adottato in via preventiva tutte le misure disciplinari ed organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo ... , ciò nondimeno, chiedeva e otteneva l’autorizzazione a chiamare in causa la compagnia che l’assicurava per eventi di tal fatta, UNIPOLSAI S.p.A., che, accettando il contraddittorio, confermava la copertura assicurativa dell’Istituto, aderendo, nel merito alle contestazioni dell’istituto proprio assicurato, ascrivendo ogni responsabilità alla minore stessa. Sulle ragioni delle parti così come brevemente compendiate, si radicava il contraddittorio e si dava corso all’istruttoria del caso, acquisendo al fascicolo di causa la documentazione versata in atti dalle parti costituite, escutendo i testi ammessi ed espletando una CTU medico legale sulla persona della piccola S.. All’esito, dopo taluni differimenti dovuti al carico del ruolo e all’emergenza epidemiologica SARS Covid - 19, sulle conclusioni come rassegnate telematicamente, la causa passava in decisione e veniva decisa per il tramite della presente sentenza. -.-.-.-.- La domanda risarcitoria di parte attrice deve trovare accoglimento per i motivi appresso indicati. Va premesso che, sulla base di quanto sopra esposto e confermato dalle dichiarazioni testimoniali, l’evento dannoso per cui è causa deve considerarsi conseguente ad una condotta autolesiva dell’allora minore S. B.. Nel caso in esame non può farsi riferimento all’astratta applicabilità dell’art. 2048, comma 2, c.c.: infatti, la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 9346/02, risolvendo il contrasto giurisprudenziale relativo proprio alla ipotesi dei danni che l’allievo abbia procurato a se stesso, ha statuito che, in tale ipotesi, non è invocabile la presunzione di responsabilità posta dall’art. 2048, comma 2, c.c.; in particolare, la Suprema Corte ha evidenziato, in maniera del tutto condivisibile, come l’interpretazione letterale della citata norma comporti l’inequivoco riferimento al danno cagionato dal fatto illecito dell’allievo lesivo di un terzo; tale scelta legislativa si giustifica in quanto l’art. 2048 c.c. è concepito come norma di "propagazione" della responsabilità in quanto, presumendo una culpa in educando o in vigilando, chiama a rispondere genitori, tutori, precettori e maestri d’arte per il fatto illecito cagionato a terzi da quel determinato soggetto, sottoposto alla loro attività in educando o in vigilando. La responsabilità civile nasce, quindi, come responsabilità di determinati soggetti - minori, interdetti, allievi, apprendisti - verso i terzi, che si estende rispettivamente ai genitori, tutori, precettori e maestri d’arte, delineandosi così una ipotesi di responsabilità per il fatto altrui, e cioè per il fatto illecito compiuto da quel determinato soggetto in danno di un terzo. Viceversa, nel particolare caso di autolesione dell’allievo, il precettore è chiamato a rispondere verso il medesimo per un fatto illecito proprio, consistente nel non aver impedito, violando l’obbligo di vigilanza, che venisse compiuta la condotta autolesiva; da quanto sopra esposto consegue che tale fatto illecito proprio non è riconducibile alla previsione dell’art. 2048 comma 2 c.c. Sempre la motivazione delle citate Sezioni Unite precisa utilmente come, nel caso di danno arrecato dall’allievo a se stesso, appaia più corretto ricondurre la responsabilità dell’istituto scolastico non già nell’ambito della responsabilità extracontrattuale, con conseguente onere per il danneggiato di fornire la prova di tutti gli elementi costitutivi del fatto illecito di cui all’art. 2043 c.c., bensì nell’ambito della responsabilità contrattuale, con conseguente applicazione del regime probatorio desumibile dall’art. 1218 c.c. Infatti, l’accoglimento della domanda di iscrizione e la conseguente ammissione dell’allievo determina l’instaurazione di un vincolo negoziale in virtù del quale, nell’ambito delle obbligazioni assunte dall’istituto, deve ritenersi sicuramente inclusa quella di vigilare anche sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso. Per quanto concerne questa ipotesi, la Suprema Corte di Cassazione ha evidenziato che: “La responsabilità della scuola e del personale scolastico per i danni da autolesione provocati dall’alunno, durante l’orario scolastico e/o in una recita, è di tipo contrattuale ex art. 1218 c.c.; la fonte di tale responsabilità risiede, per la scuola, nel contratto stipulato tra genitore e istituto scolastico e, per il personale scolastico, nel c.d. contatto sociale.” (Cass. Civ. Sez. III, 22/09/2015, n. 18615). E, nel dettaglio: “Nel caso di danno arrecato dall’incapace (nella specie una bambina di tre anni) a sè stesso, la responsabilità del sorvegliante e della struttura nella quale l’incapace è ammesso (nella specie un asilo nido comunale) va ricondotta non già nell’ambito della responsabilità extracontrattuale, ai sensi dell’art. 2043 c.c., bensì nell’ambito della responsabilità contrattuale, ai sensi dell’art. 1218 c.c.” (Cass. Civ., Sez. III, 18/07/2003, n. 11245). Il legittimato attivo della richiesta di risarcimento danni ex art. 1218 c.c. è l’alunno infortunato, o, nel caso in cui lo stesso sia minore, coloro che esercitano su di lui la patria potestà. Il legittimato passivo, invece, è l’ente scolastico. Nel caso di scuole pubbliche, lo stesso è identificabile nel Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Nel caso di enti privati, invece, il legittimato passivo coincide con l’ente proprietario della scuola, come nel caso in esame. Per quanto poi riguarda l’onere probatorio, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell’istituto scolastico, l’attore dovrà, quindi, soltanto provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre sarà onere della parte convenuta dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa alla stessa non imputabile, secondo il dettato dell’art. 1218 c.c. A quest’ultimo proposito, per la costante giurisprudenza la prova della non imputabilità dell’inadempimento deve essere piena e completa, non essendo sufficiente una generica prova della diligenza del debitore, ma risultando necessaria la dimostrazione della assenza, sotto qualsiasi profilo, di colpa, e cioè la dimostrazione del caso fortuito e della forza maggiore (cfr. Cass. 7214/02, 10126/00, 7604/96). Passando all’esame della fattispecie concreta, anche a non volere considerare la contraddittoria ricostruzione inziale della compagnia, terza chiamata in causa, prontamente contestata dallo stesso istituto e poi rinnegata anche dalla compagnia medesima e tale per cui la piccola S. sarebbe caduta su un giocattolo lasciato lì in terra, inciampando sullo stesso, alla luce degli esposti principi giuridici, è emerso che, la teste, T.A., escussa all’udienza del 7 giugno 2017, nella qualità di insegnante della minore, riferiva quanto segue: ... ... ... il giorno dei fatti vi erano 3 suore presenti e 15 bambini ... Al momento della caduta vi era presente con i bambini una suora, io ed una altra suora eravamo in quel momento assenti, eravamo nella stanza accanto. È dunque emerso che S. nel mentre che si trova affidata all’istituto e che lì giocava subiva una caduta rovinando al suolo. La circostanza alla stregua della quale l’istituto non abbia adottato le opportune cautele di controllo e vigilanza lo si desume oltre che dalla generica e a tratti contraddittoria ricostruzione dei fatti offerta dallo stesso istituto convenuto, dalla circostanza per cui al momento della caduta, nonostante la presenza di 15 bambini (di età non superiore verosimilmente ai 10 anni) c’era una sola suora ad occuparsi di loro, a vigilare su di loro, mentre le altre due suore erano in altra stanza, e questo mentre sull’istituto incombeva l’onere precipuo di vigilare adeguatamente sui minori lì presenti. Anche movendo dalla ricostruzione che parte convenuta e terza chiamata in causa fanno secondo cui la bambina, violando il divieto di non correre, abbia d’un tratto iniziato a correre, delle due l’una: 1) o le insegnanti pur presenti in aula non hanno adeguatamente vigilato circa il regolare e sereno svolgimento delle attività ricreative dei minori 2) o le insegnanti non erano presenti nella stanza nel momento ricreativo omettendo il necessario controllo dei bambini. Sulla base del suddetto quadro probatorio - confermato anche dalle dichiarazioni rese dall’altra teste escussa, suor K. (si veda verbale udienza del 12.07.2017), la quale ha dichiarato che S. si è alzata e ha cominciato a correre - si ritiene che parte convenuta non abbia assolto all’onere probatorio impostole dall’art. 1218 c.c., emergendo anzi precisi profili di colpa addebitabili alla stessa, non essendo state predisposte misure precauzionali da considerarsi adeguate alla situazione, non potendo ritenersi tali i divieti comandati a bambini di 9 anni di non correre, mancando, per converso, di vigilare adeguatamente al fine del sereno svolgimento delle attività ludiche e ricreative dei minori. Parte convenuta deve, pertanto, essere condannata a risarcire, per intero, i danni causati alla minore, S. B.. Per quanto riguarda il danno conseguente alle lesioni riportate, ci si riporta alle conclusioni della CTU medico-legale della dott.ssa M.B. cui il Tribunale ritiene di prestare adesione poiché immune da vizi e congruamente motivata, la quale - con motivazioni condivisibili - concludeva ritenendo che risultava ... più che plausibile il nesso di causa tra criteriologia ed efficienza lesiva dell’evento e il trauma diagnosticato il Pronto Soccorso e che al momento del fatto in causa, non erano note preesistenze traumatiche degne di nota o che in qualche modo abbiano, allora, potuto contribuire al verificarsi della patologia traumatica ... precisando che ... la bambina, studente al momento dell’evento traumatico, ha seguito un iter clinico adeguato e la patologia traumatica è guarita clinicamente in 185 giorni. In questo lungo periodo di convalescenza la B. si è vista ridurre la capacità di eseguire le attività di ordinaria esistenza, al 100% per 35 gg, al 75% per 30 gg, al 50% per 20 gg e i restanti 100 gg al 25% e che le lesioni riportate in seguito all’evento traumatico, sono attualmente guarite e residuano postumi permanenti nella percentuale del 7% (sette per cento), ancora chiarendo (a proposito dell’incidenza che il sinistro successivamente occorso alla giovane, in data 13 maggio 2015, ha poi avuto sull’eventuale accertata invalidità della perizianda e sullo stato e condizioni attuali della stessa) che ... gli eventi traumatici che hanno interessato lo stesso distretto osseo (arto superiore sinistro) sono quindi tre. Fortunatamente, la giovane età e l’assenza di patologie ossee preesistenti, hanno contribuito alla guarigione di gran parte delle lesioni riportate in seguito alle fratture e gli esiti permanenti riscontrati, sono di lieve/moderata entità (micropermanenti). Sicuramente i due successivi traumi hanno inciso negativamente sulla funzionalità dell’arto sinistro della B.. Ma il primo trauma, quello per cui è in causa, risulta comunque essere stato di una incidenza lesiva maggiore degli altri due e l’unico interessante anche l’omero. Pertanto è verosimile affermare che gli esiti permanenti riscontrati e valutati nella misura del 7%, sono di fatto quelli che la B. avrebbe avuto in assenza dei successivi traumi. Da qui, pertanto, la superfluità di qualsivoglia altra acquisizione e/o accertamento istruttorio sul punto (come, invece, richiesto anche in sede di scritti conclusionali da parte convenuta e terza chiamata in causa). Con riferimento all’integrità psicofisica è stato, dunque, riconosciuto un danno permanente pari al 7% di guisa che è dovuto il risarcimento del c.d. danno biologico, inteso quale menomazione dell’integrità psico-fisica della persona in sé e per sé considerata, riconducibile di conseguenza a tutte le funzioni naturali afferenti al soggetto danneggiato ed aventi rilevanza non solo economica, ma anche biologica e relazionale; tale danno è necessariamente sussistente, quale evento immanente al fatto illecito produttivo di una lesione dell’integrità biopsichica del danneggiato (Cass. civ. 3563/96), ed è comprensivo di altre figure di danno, quali il danno da riduzione della capacità lavorativa generica, il danno alla sfera sessuale, il danno estetico e, soprattutto, il danno alla vita di relazione (Cass. civ. 15859/00, 8599/01, 3266/03, 3868/04); va riconosciuto come danno alla salute sulla base dell’art. 32 Cost., in conformità a quanto statuito dalla sentenza 184/86 della Corte Costituzionale, la cui risarcibilità consegue al disposto dell’art. 2059 c.c. secondo le recenti pronunce 8827/03 e 8828/03 della Cassazione e 233/03 della Corte Costituzionale, per le quali nel concetto di danno non patrimoniale rientra non solo il danno morale (come in base alla precedente interpretazione giurisprudenziale), ma anche tutti i danni derivanti dalla lesione di diritti di rango costituzionale inerenti alla persona - danni in tal modo non più ricondotti al c.d. “tertium genus” rispetto al sistema bipolare del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. In definitiva, in considerazione di tutte le circostanze della vicenda concreta (entità dei postumi, natura delle lesioni, durata dell’inabilità, età, condizioni personali e sociali del soggetto leso), il risarcimento del danno subito dall’istante può essere, sulla base della Tabella elaborata dal Tribunale di Milano, utilizzabile come indice di riferimento nella valutazione equitativa del danno, partitamente individuato nella seguente misura, espressa in termini monetari già rivalutati all’attualità: Tabella di riferimento 2022-2023 Età del danneggiato alla data del sinistro 9 anni Percentuale di invalidità permanente 7% Punto base danno permanente € 870,97 Giorni di invalidità temporanea totale 35 Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 30 Giorni di invalidità temporanea parziale al 50% 20 Giorni di invalidità temporanea parziale al 25% 100 Indennità giornaliera € 50,79 CALCOLO del RISARCIMENTO: Danno biologico permanente € 11.583,90 Invalidità temporanea totale € 1.777,65 Invalidità temporanea parziale al 75% € 1.142,78 Invalidità temporanea parziale al 50% € 507,90 Invalidità temporanea parziale al 25% € 1.269,75 Totale danno biologico temporaneo € 4.698,08 TOTALE GENERALE: € 16.281,98 Si ritiene che, nella specie, non sussistano i presupposti per procedere ad una personalizzazione del danno, mediante l’aumento in termini percentuali della somma riconosciuta a titolo di danno biologico. Sul punto, giova osservare che, nella sentenza a sezioni unite numero 26972/2008, la Corte di Cassazione ha affermato che il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge, i quali si dividono in due gruppi: le ipotesi in cui la risarcibilità è prevista in modo espresso (fatto illecito integrante reato) e quello in cui la risarcibilità, pur non essendo prevista da norma di legge ad hoc, deve ammettersi sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., per avere il fatto illecito vulnerato in modo grave un diritto della persona direttamente tutelato dalla legge. Inoltre, per quanto attiene alla prova del danno, le SS.UU. hanno ammesso che essa possa fornirsi anche per presunzioni semplici, fermo restando però l’onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto da cui desumere l’esistenza e l’entità del pregiudizio (cfr. Cass. sez. un. 26972/2008 e da ultimo sez. un. n. 3677/09). Nella specie la domanda non può, sul punto, trovare accoglimento, in quanto il fatto lesivo non integra neanche astrattamente gli estremi di un reato ed, inoltre, l’allegazione operata dagli attori si rivela generica, essendosi la parte limitata a domandare il risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza dell’evento lesivo, tenuto conto della particolare gravità delle lesioni riportate dalla minore e dei postumi alla medesima derivati dagli eventi traumatici di causa .... Inoltre, l’entità dei postumi residuati alla minore induce ad escludere che quest’ultima abbia potuto patire un pregiudizio ulteriore rispetto a quello rappresentato dalla compromissione della sua integrità fisica. Pertanto, sommando gli importi innanzi indicati, il pregiudizio sofferto da S. B. ammonta ad euro 16.281,98, oltre a spese mediche per euro 1.608,00, per un totale pari ad euro 17.889,98, cui va condannata l’Istituto convenuto, l’Istituto Suore di (omissis) Scuola Materna “(omissis)”. All’importo sopra indicato di euro 16.281,98 deve, poi, aggiungersi il lucro cessante, consistente nel pregiudizio subito dal danneggiato per la ritardata corresponsione di quanto ad esso dovuto a titolo risarcitorio. Il danno così liquidato, già valutato all’attualità senza necessità di ulteriore rivalutazione, appare idoneo a ristorare unicamente il pregiudizio subito dall’attrice con riferimento al cd. danno emergente, cioè alla concreta lesione subita per effetto dell’atto illecito del responsabile dell’incidente. Nella liquidazione del danno cagionato da illecito aquiliano, inoltre, in caso di ritardo nell’adempimento, deve, altresì, tenersi conto del nocumento finanziario (lucro cessante) subito dal soggetto danneggiato a causa della mancata tempestiva disponibilità della somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento, la quale, se tempestivamente corrisposta, avrebbe potuto essere investita per ricavarne un lucro finanziario (si ricordi, infatti, che, come previsto dall’art. 1219 c.c. annovera le obbligazioni da fatto illecito tra quei particolari tipi di obbligazioni in cui la mora è in re); tale danno, invero, ben può essere liquidato con la tecnica degli interessi, con la precisazione, tuttavia, che detti interessi non debbono essere calcolati né sulla somma originaria, né su quella rivalutata al momento della liquidazione, dovendo gli stessi computarsi, piuttosto, o sulla somma originaria progressivamente rivalutata, anno per anno, ovvero in base ad un indice di rivalutazione medio (cfr., in tal senso, ed ex multis, Cass. SS. UU., 17 febbraio 1995, n. 1712, nonché Cass. 10 marzo 2000, n. 2796). Orbene, per ottenere l’effetto pratico del riconoscimento degli interessi calcolati sulla somma rivalutata in base ad un indice di rivalutazione medio, il Tribunale reputa opportuno condannare il convenuto al pagamento, ed in favore della parte attrice, degli interessi, al tasso legale previsto dall’art. 1284 c.c., dalla data dell’evento dannoso (30.07.2013), sull’importo di euro 16.281,98 e, quindi, anno per anno, ed a partire dal 30.07.2013, fino al momento della pubblicazione della presente decisione, sulla somma di volta in volta risultante dalla rivalutazione sulla base degli indici ISTAT (FOI) di quella sopra appena indicata, sempre in base all’indice ISTAT con divieto di anatocismo. Dal momento della pubblicazione della presente sentenza e fino all’effettivo soddisfo, infine, dovranno essere corrisposti, sulla somma totale sopra liquidata a titolo risarcitorio, gli ulteriori interessi al tasso legale suddetto, ai sensi dell’art. 1282 c.c., posto che, al momento della pubblicazione della sentenza, l’obbligazione risarcitoria, che ha natura di debito di valore, si trasforma in debito di valuta, con conseguente applicabilità degli istituti tipici delle obbligazioni pecuniarie in senso stretto, sulla somma globale composta da capitale, rivalutazione e coacervo degli interessi maturati fino alla pubblicazione della sentenza (cfr., in tal senso, Cass. 3 dicembre 1999, n. 13470; Cass. 21 aprile 1998, n. 4030). Dal momento della presente sentenza e sino all’effettivo soddisfo, infine, con la trasformazione dell’obbligazione di valore in debito di valuta, dovranno essere corrisposti, sulla somma totale liquidata all’attualità con la rivalutazione a titolo di danno emergente, ulteriori interessi al tasso legale, ex art. 1282 c.c. (cfr., in tal senso, Cass., 3 dicembre 1999 n. 13470; Cass., 21 aprile 1998 n. 4030 ). Sulla somma di euro 1.608,00 riconosciuta agli attori a titolo di rimborso di spese mediche vanno poi aggiunti gli interessi al tasso legale, ex art. 1282 c.c. dal momento della presente sentenza e sino all’effettivo soddisfo. Ciò detto, occorre, poi, soffermarsi sulla domanda di manleva spiegata dall’Istituto convenuto nei confronti della Unipol Assicurazioni S.p.A., chiamata in causa a seguito di apposita istanza ex art. 269 c.p.c., stante la sussistenza della polizza assicurativa. La domanda è fondata. Invero, l’ente scolastico convenuto ha prodotto copia della polizza assicurativa n. (Omissis), in corso di validità al momento del verificarsi dell’infortunio occorso alla minore S. B.. Pertanto, in accoglimento della domanda proposta da parte convenuta, la Unipol Assicurazioni S.p.A. va condannata a tenere indenne l’Istituto si quanto quest’ultimo sia tenuto a pagare, in favore degli odierni attori, a titolo di capitale, interessi e spese processuali, in forza della presente sentenza. In ordine alla disciplina delle spese processuali, esse seguono la soccombenza, tanto nel rapporto tra attori e convenuto principale, quanto in quello tra quest’ultimo e terza chiamata in causa. Infatti, è evidente che, qualora Unipol avesse provveduto a liquidare il danno direttamente in favore degli odierni attori, come ad essa richiesta dall’Istituto scolastico prima dell’instaurazione del giudizio, il presente giudizio non sarebbe stato instaurato. La liquidazione viene operata come in dispositivo, in considerazione della somma liquidata in favore della parte attrice. Sempre a norma dell’art. 91 c.p.c., le spese di CTU, come liquidate in corso di causa, vanno poste a definitivo carico dell’Istituto di Suore convenuto.
P.Q.M.
Il Tribunale di Pisa, nella persona della. dott.ssa S.s., definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al numero 4413 r.g. dell’anno 2015, ogni contraria istanza e deduzione disattesa, così provvede: - DICHIARA l’esclusiva responsabilità dell’Istituto Suore di (omissis) Scuola Materna “(omissis)”, in persona del legale rappresentante pro tempore, per i danni sofferti S. B. e, per l’effetto, in accoglimento della domanda, condanna il suddetto istituto, al pagamento, in favore della parte attrice, della somma di euro 16.281,98, oltre agli interessi come meglio indicati in parte motiva nonché al pagamento della somma ulteriore di euro 1,608,00 a titolo di rimborso di spese mediche oltre interessi legali dalla data della presente pronuncia al soddisfo; - in accoglimento della domanda di manleva dispiegata dal convenuto istituto, CONDANNA Unipol Assicurazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, a tenere indenne l’Istituto Suore di (omissis) Scuola Materna “(omissis)”, in persona del legale rappresentante pro tempore, delle somme che quest’ultimo sia tenuto a versare, in favore della parte attrice, a titolo di capitale, interessi e spese processuali, in forza della presente sentenza; - CONDANNA l’Istituto Suore di (omissis) Scuola Materna “(omissis)”, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese di lite in favore della parte attrice, che liquida in euro 5.077,00 per compenso professionale, oltre a tutte le spese generali (15% sul compenso totale), oltre Iva e CPA come per legge; - CONDANNA Unipol Assicurazioni S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore dell’Istituto Suore di (omissis) Scuola Materna “(omissis)” delle spese processuali, che liquida in euro 5.077,00 per compenso professionale, oltre a tutte le spese generali (15% sul compenso totale), oltre Iva e CPA come per legge; - PONE DEFINITIVAMENTE A CARICO dell’Istituto Suore di (omissis) Scuola Materna “(omissis)” le spese della CTU liquidate come da separato decreto del 10.07.2019 e a verbale d’udienza dell’11.10.2018 Pisa, 26 aprile 2023.