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5 maggio 2023
Civile e processo
Escluso il diritto di ripetizione delle spese di ristrutturazione dell’immobile della convivente
La volontarietà del conferimento è idonea ad escludere il diritto alla ripetizione di quanto spontaneamente pagato, in quanto essa sia spontaneamente indirizzata ad avvantaggiare il soggetto in cui favore viene effettuato il conferimento.
di Avv. e Giornalista pubblicista Maurizio Tarantino
Il caso

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Tizio aveva intrattenuto una relazione sentimentale con Caia, dalla quale era nata la piccola Mevia, motivo per cui nell'anno 2013, aveva deciso di andare a convivere con Caia nell'immobile di cui la stessa era comproprietaria insieme alla madre e al fratello. Poiché Caia aveva deciso, sin dall'anno 2012, di ristrutturare la propria abitazione, Tizio era stato coinvolto nella relativa spesa, stante la costituzione del nucleo famigliare. Aveva dunque chiesto diversi prestiti e contribuito all'acquisto del materiale necessario. Tizio precisava che, malgrado l'esborso economico sostenuto per la ristrutturazione dell'immobile, lo stesso aveva comunque continuato a collaborare per il mantenimento del nucleo famigliare. Successivamente, nell'anno 2016, conclusasi la relazione con Caia, aveva effettuato un'operazione di consolidamento debiti al fine di ridurre l'ammontare della rata mensile; Caia aveva continuato a vivere nell'immobile di sua proprietà, unitamente alla figlia, alla di lei madre e con un altro figlio, avuto da un'ulteriore relazione. Premesso ciò, secondo l'attore, durante la convivenza, si era verificato in favore della sig.ra Caia un sensibile spostamento patrimoniale, costituito dall'aver ottenuto dal proprio convivente diverse somme di denaro destinate alla ristrutturazione dell'immobile di proprietà esclusiva della stessa, ove ella abitava anche con la madre. Tale incremento patrimoniale, ad avviso dell'attore, era privo di ragione giustificatrice. Costituendosi in giudizio, Caia, invece, evidenziava che le somme in questione erano state elargite spontaneamente dall'attore in adempimento dei doveri di solidarietà e reciproca assistenza che legano i componenti della famiglia di fatto e che in quanto tali rappresentavano adempimenti di obbligazioni naturali ex art. 2034 c.c. irripetibili. 

Il diritto

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In argomento, giova ricordare che l'azione di arricchimento, i cui principi sono senz'altro applicabili ad un dissolto rapporto di convivenza more uxorio, ha come presupposto la locupletazione di un soggetto a danno dell'altro che sia avvenuta senza giusta causa, sicché non è dato invocare la mancanza o l'ingiustizia della causa qualora l'arricchimento sia conseguenza di un contratto, di un impoverimento remunerato, di un atto di liberalità o dell'adempimento di un'obbligazione naturale. E', pertanto, possibile configurare l'ingiustizia dell'arricchimento da parte di un convivente "more uxorio" nei confronti dell'altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza - il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto - e travalicanti i limiti di proporzionalità e di adeguatezza (Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2009, n. 11330). Premesso ciò, nel caso in esame, a parere del giudicante, i conferimenti di denaro che l'odierno attore aveva pacificamente effettuato sul conto della convenuta erano stati senz'altro volontari. Inoltre, la circostanza che l'attore aveva diversamente contribuito al menage familiare aveva trovato solo parziale conferma nella documentazione bancaria depositata dall'attore; gli estratti conto ed i bonifici riguardavano, infatti, solo gli anni 2015 e 2016, mentre la convivenza era senz'altro iniziata prima. In relazione a tali anni, peraltro, l'attore aveva documentato spese senz'altro destinate al menage familiare per poche migliaia di euro. Ciò appurato, l'importo di 34 mila euro riversato sul conto della di Caia non appariva un contributo esorbitante rispetto alle condizioni economiche delle parti, ma proporzionato alle stesse e alla durata della convivenza, specie a partire dal novembre 2012, quando era nata la figlia della coppia. Ed invero, pur tenendo conto degli ulteriori esborsi documentati con gli estratti conto ed i bonifici depositati, l'importo complessivamente conferito dall'attore si attestava poco sopra ai 600 euro mensili.
Per queste ragioni, il giudicante ha ritenuto di rigettare la domanda di parte attrice condannandola alla liquidazione delle spese di lite.

La lente dell'autore

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In argomento, in diverse occasioni, i giudici di legittimità hanno affrontato la questione dell'indebito arricchimento in relazione ai conferimenti di denaro destinati alla costruzione della casa che doveva essere la dimora comune, effettuati da uno dei due partner in vista della instaurazione della futura convivenza, atteso che la volontarietà del conferimento non era indirizzata a vantaggio esclusivo dell'altro partner - che se ne era giovato dopo scioglimento del rapporto sentimentale in ragione della proprietà del terreno e del principio dell'accessione - e pertanto non costituiva né una donazione né un'attribuzione spontanea (Cass. civ., sez. II, 16 febbraio 2022, n. 5086). La Corte di cassazione ha spiegato che la volontarietà del conferimento è idonea ad escludere il diritto alla ripetizione di quanto spontaneamente pagato, in quanto essa sia spontaneamente indirizzata ad avvantaggiare il soggetto in cui favore viene effettuato il conferimento, ovvero in quanto essa sia una volontaria attribuzione patrimoniale a fondo perduto in favore di una determinata persona, che il conferente intende sostenere o aiutare economicamente in una sua attività o iniziativa, o esigenza. Laddove, invece, come dedotto nella specie dall'attore, il conferimento di denaro sia destinato per la ristrutturazione della casa che doveva essere la dimora comune, non può dirsi che il conferimento sia stato effettuato in favore esclusivo del partner; al contrario, in tal caso il conferimento è finalizzato alla costruzione di un futuro comune. A questo proposito, altra giurisprudenza ha escluso che i conferimenti connessi alla realizzazione della casa fossero riconducibili nell'alveo delle obbligazioni naturali sulla base di due ordini di considerazioni: perché i due all'epoca erano solo fidanzati ma non ancora conviventi e quindi non formavano ancora una famiglia di fatto - pertanto non sussisteva alcuna obbligazione naturale che giustificasse la non ripetibilità di quei conferimenti; perché si trattava di esborsi consistenti, che si collocavano oltre la soglia di proporzionalità ed adeguatezza rispetto ai mezzi di ciascuno dei partners. Era stato accertato in fatto che essi erano ben superiori al normale tenore di vita dell'attrice, proprio perché finalizzati non ad una liberalità e non al normale contributo alle spese ordinarie della convivenza, ma a realizzare quella che avrebbe dovuto essere la casa della coppia, i conferimenti, cioè, si collocavano al di sopra della soglia che il giudice di merito deve individuare nel rispetto dei principi di proporzionalità ed adeguatezza (Cass. civ., 25 gennaio 2016, n. 1266). In definitiva, in situazioni simili, occorre dunque verificare se all'applicabilità delle norme sull'ingiustificato arricchimento sia d'ostacolo la disciplina delle obbligazioni naturali: è necessario, cioè, stabilire se le somme erogate non siano ripetibili perché effettuate in adempimento di una obbligazione naturale, tali essendo le prestazioni patrimoniali di uno dei conviventi more uxorio quando hanno come effetto esclusivo l'arricchimento del partner e sussiste un rapporto di proporzionalità tra le somme sborsate e i doveri morali e sociali assunti reciprocamente dai conviventi.