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10 maggio 2023
Responsabilità civile e assicurazioni
Esclusa la responsabilità dell’Enel per i danni causati da un’interruzione programmata di energia elettrica
La fattura commerciale emessa dal soggetto incaricato della riparazione della cosa danneggiata non può costituire prova dell'ammontare del pregiudizio economico verificatosi nella sfera giuridica del danneggiato.
di Avv. e Giornalista pubblicista Maurizio Tarantino
Il caso

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Il Ministero dell'Istruzione e l'istituto scolastico convenivano in giudizio la società di fornitura elettrica per la condanna al risarcimento dei danni subìti a causa dell'interruzione di energia elettrica. In particolare, gli odierni attori sostenevano che a seguito dell'interruzione dell'energia elettrica si erano verificati ripetuti sbalzi di tensione che avevano reso inutilizzabili diverse apparecchiature. Dunque, secondo parte attrice, i danni la responsabilità era da attribuire alla società convenuta ai sensi dell'art. 2050 c.c.; inoltre, la responsabilità della società convenuta ex art. 2043 c.c. poiché non aveva utilizzato tutte le cautele idonee ad evitare il danno. Costituendosi in giudizio, la società eccepiva ogni addebito di responsabilità nei propri confronti, precisando che gli impianti elettrici dell'istituto scolastico erano stati interessati da un'interruzione di energia elettrica programmata che, però, non aveva causato alcun disservizio o danno. Invero, detti impianti avevano ricevuto una tensione irregolare dipesa esclusivamente dagli impianti di produzione fotovoltaico dell'istituto e dalla mancanza dei dispositivi di sicurezza: in caso di sotto tensioni l'assenza dei dispositivi di protezione e di salvamotore implica la valutazione e la conseguente accettazione del rischio da parte del titolare dell'impianto.

Il diritto

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Risultavo incontestato che la zona era stata interessata da un'interruzione programmata di energia elettrica; detta circostanza era stata confermata anche dalla stessa convenuta nella propria comparsa. Senonché, sia parte attorea, che la convenuta allegavano una missiva di quest'ultima da cui emergeva che erano pervenute due segnalazioni di tensione irregolare, e che dall'intervento del personale incaricato era risultato che l'interruzione de qua interessasse l'impianto di produzione della scuola. Tuttavia non era stata adeguatamente fornita la prova dell'entità del danno patrimoniale subito dalla scuola. Ed invero era stato provato solo documentalmente che alcuni materiali presenti nella scuola erano rimasti completamente fuori uso, tra cui stampanti, proiettori, casse acustiche per un importo complessivo di  circa 8 mila euro, mentre per altri era stato allegato agli atti un preventivo di riparazione per un importo totale di circa 3 mila euro, senza però nemmeno il supporto di una perizia di parte comprovante l'entità dei danni subiti ed il loro collegamento causale con l'interruzione dell'energia elettrica per cui è causa. Premesso ciò, osserva il Tribunale che la fattura commerciale emessa dal soggetto incaricato della riparazione della cosa danneggiata, come il relativo preventivo di spesa, in quanto documento redatto da un terzo e in assenza di contraddittorio, non può costituire prova dell'ammontare del pregiudizio economico verificatosi nella sfera giuridica del danneggiato, ma può assumere eventualmente valenza probatoria a condizione che sia accompagnata dalla prova del relativo pagamento o sia confermata in giudizio dal suo autore (Cass. civ., sez. VI, 20 luglio 2015, n. 15176; Cass. civ., sez. VI, 12 febbraio 2018, n. 3293).

Tanto premesso, non vi era prova agli atti che il materiale fuori uso fosse stato effettivamente acquistato e sostituito dalla scuola, né che si era proceduto alle riparazioni oggetto del preventivo di spesa in atti. Né alla predetta carenza probatoria poteva sopperire una liquidazione equitativa del danno alla quale si può procedere solo quando è difficile fornire la prova del danno nel suo preciso ammontare, ma non era questo il caso di specie. Per le ragioni esposte, la domanda è stata rigettata.

La lente dell'autore

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In generale, si osserva che l'erogazione dell'energia elettrica alle case è un servizio effettuato da soggetti detti distributori di energia. Queste compagnie sono proprietarie delle reti elettriche e quindi responsabili dei guasti; ogni utente paga - mensilmente - in bolletta una somma per il fatto di utilizzare la rete per la sua fornitura di energia. Si tratta di uno di quegli addebiti non connessi direttamente alla quantità di energia effettivamente consumata ma che costituiscono una percentuale non irrilevante dell'intera fattura. Per queste ragioni, un'interruzione nell'erogazione di energia è un episodio di disservizio, o di mancato rispetto di un livello di servizio atteso. Non tutte le interruzioni determinano, tuttavia, il diritto ad ottenere un risarcimento. 

Ebbene, in riferimento alla vicenda di Catanzaro, si osserva che la fattispecie viene inquadrata nell'alveo normativo dell'art. 2050 c.c., atteso che la disciplina della responsabilità per l'esercizio di attività pericolose è applicabile anche in ipotesi di attività di carattere tecnico, consistenti nella produzione e fornitura di energia elettrica (Cass civ., sez. III, 12 dicembre 2019, n. 32498). In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha delineato i presupposti della responsabilità della società erogatrice di energia elettrica nel caso in cui si verifichino interruzioni di fornitura oppure sbalzi di frequenza o di tensione, precisando che si tratta di responsabilità discendente dall'esercizio di un'attività pericolosa, superabile solo offrendo la prova liberatoria indicata dall'art. 2050 c.c., ossia l'aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno (Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2007, n. 11193). La responsabilità ex art. 2050 c.c. si configura, infatti, come responsabilità oggettiva (Cass. civ., sez. III, 21 febbraio 2020, n. 4590), prescindendo dall'accertamento della colpa dell'autore del danno e fondandosi su una presunzione, con la conseguenza che l'onere della prova dell'esenzione da responsabilità è a carico dell'esercente l'attività pericolosa. Quest'ultimo, come detto, può vincere tale presunzione solamente provando che l'evento dannoso non si sarebbe potuto evitare mediante l'adozione delle misure di prevenzione che le leggi dell'arte o la comune diligenza imponevano, non rilevando, peraltro, la semplice prova dell'imprevedibilità del danno. Grava, invece, sul danneggiato la prova del nesso eziologico tra l'esercizio dell'attività e l'evento, oltre che dell'esistenza del danno e della sua entità, che non può ritenersi in re ipsa e non può dirsi coincidente con l'evento, poiché il danno ristorabile deve essere una conseguenza dell'evento stesso e soprattutto deve essere quantificato.

In definitiva, alla luce dell'orientamento giurisprudenziale:

  • il convenuto deve fornire la prova liberatoria dimostrando di aver adottato tutte le misure necessarie per evitare il danno;
  • il danneggiato deve provare il nesso eziologico tra l'attività e l'evento.

Ciò porta alla considerazione che l'attività di fornitura e gestione dell'energia elettrica costituisce attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c., pertanto, qualora uno sbalzo di tensione provochi danni agli elettrodomestici dell'utente, a quest'ultimo spetta il risarcimento del danno patrimoniale. In tal caso, però il danneggiato deve dimostrare sia l'evento che i danni.