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Il Ministero dell'Istruzione e l'istituto scolastico convenivano in giudizio la società di fornitura elettrica per la condanna al risarcimento dei danni subìti a causa dell'interruzione di energia elettrica. In particolare, gli odierni attori sostenevano che a seguito dell'interruzione dell'energia elettrica si erano verificati ripetuti sbalzi di tensione che avevano reso inutilizzabili diverse apparecchiature. Dunque, secondo parte attrice, i danni la responsabilità era da attribuire alla società convenuta ai sensi dell'art. 2050 c.c.; inoltre, la responsabilità della società convenuta ex art. 2043 c.c. poiché non aveva utilizzato tutte le cautele idonee ad evitare il danno. Costituendosi in giudizio, la società eccepiva ogni addebito di responsabilità nei propri confronti, precisando che gli impianti elettrici dell'istituto scolastico erano stati interessati da un'interruzione di energia elettrica programmata che, però, non aveva causato alcun disservizio o danno. Invero, detti impianti avevano ricevuto una tensione irregolare dipesa esclusivamente dagli impianti di produzione fotovoltaico dell'istituto e dalla mancanza dei dispositivi di sicurezza: in caso di sotto tensioni l'assenza dei dispositivi di protezione e di salvamotore implica la valutazione e la conseguente accettazione del rischio da parte del titolare dell'impianto. |
Risultavo incontestato che la zona era stata interessata da un'interruzione programmata di energia elettrica; detta circostanza era stata confermata anche dalla stessa convenuta nella propria comparsa. Senonché, sia parte attorea, che la convenuta allegavano una missiva di quest'ultima da cui emergeva che erano pervenute due segnalazioni di tensione irregolare, e che dall'intervento del personale incaricato era risultato che l'interruzione de qua interessasse l'impianto di produzione della scuola. Tuttavia non era stata adeguatamente fornita la prova dell'entità del danno patrimoniale subito dalla scuola. Ed invero era stato provato solo documentalmente che alcuni materiali presenti nella scuola erano rimasti completamente fuori uso, tra cui stampanti, proiettori, casse acustiche per un importo complessivo di circa 8 mila euro, mentre per altri era stato allegato agli atti un preventivo di riparazione per un importo totale di circa 3 mila euro, senza però nemmeno il supporto di una perizia di parte comprovante l'entità dei danni subiti ed il loro collegamento causale con l'interruzione dell'energia elettrica per cui è causa. Premesso ciò, osserva il Tribunale che la fattura commerciale emessa dal soggetto incaricato della riparazione della cosa danneggiata, come il relativo preventivo di spesa, in quanto documento redatto da un terzo e in assenza di contraddittorio, non può costituire prova dell'ammontare del pregiudizio economico verificatosi nella sfera giuridica del danneggiato, ma può assumere eventualmente valenza probatoria a condizione che sia accompagnata dalla prova del relativo pagamento o sia confermata in giudizio dal suo autore (Cass. civ., sez. VI, 20 luglio 2015, n. 15176; Cass. civ., sez. VI, 12 febbraio 2018, n. 3293). Tanto premesso, non vi era prova agli atti che il materiale fuori uso fosse stato effettivamente acquistato e sostituito dalla scuola, né che si era proceduto alle riparazioni oggetto del preventivo di spesa in atti. Né alla predetta carenza probatoria poteva sopperire una liquidazione equitativa del danno alla quale si può procedere solo quando è difficile fornire la prova del danno nel suo preciso ammontare, ma non era questo il caso di specie. Per le ragioni esposte, la domanda è stata rigettata. |
In generale, si osserva che l'erogazione dell'energia elettrica alle case è un servizio effettuato da soggetti detti distributori di energia. Queste compagnie sono proprietarie delle reti elettriche e quindi responsabili dei guasti; ogni utente paga - mensilmente - in bolletta una somma per il fatto di utilizzare la rete per la sua fornitura di energia. Si tratta di uno di quegli addebiti non connessi direttamente alla quantità di energia effettivamente consumata ma che costituiscono una percentuale non irrilevante dell'intera fattura. Per queste ragioni, un'interruzione nell'erogazione di energia è un episodio di disservizio, o di mancato rispetto di un livello di servizio atteso. Non tutte le interruzioni determinano, tuttavia, il diritto ad ottenere un risarcimento. Ebbene, in riferimento alla vicenda di Catanzaro, si osserva che la fattispecie viene inquadrata nell'alveo normativo dell'art. 2050 c.c., atteso che la disciplina della responsabilità per l'esercizio di attività pericolose è applicabile anche in ipotesi di attività di carattere tecnico, consistenti nella produzione e fornitura di energia elettrica (Cass civ., sez. III, 12 dicembre 2019, n. 32498). In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha delineato i presupposti della responsabilità della società erogatrice di energia elettrica nel caso in cui si verifichino interruzioni di fornitura oppure sbalzi di frequenza o di tensione, precisando che si tratta di responsabilità discendente dall'esercizio di un'attività pericolosa, superabile solo offrendo la prova liberatoria indicata dall'art. 2050 c.c., ossia l'aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno (Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2007, n. 11193). La responsabilità ex art. 2050 c.c. si configura, infatti, come responsabilità oggettiva (Cass. civ., sez. III, 21 febbraio 2020, n. 4590), prescindendo dall'accertamento della colpa dell'autore del danno e fondandosi su una presunzione, con la conseguenza che l'onere della prova dell'esenzione da responsabilità è a carico dell'esercente l'attività pericolosa. Quest'ultimo, come detto, può vincere tale presunzione solamente provando che l'evento dannoso non si sarebbe potuto evitare mediante l'adozione delle misure di prevenzione che le leggi dell'arte o la comune diligenza imponevano, non rilevando, peraltro, la semplice prova dell'imprevedibilità del danno. Grava, invece, sul danneggiato la prova del nesso eziologico tra l'esercizio dell'attività e l'evento, oltre che dell'esistenza del danno e della sua entità, che non può ritenersi in re ipsa e non può dirsi coincidente con l'evento, poiché il danno ristorabile deve essere una conseguenza dell'evento stesso e soprattutto deve essere quantificato. In definitiva, alla luce dell'orientamento giurisprudenziale:
Ciò porta alla considerazione che l'attività di fornitura e gestione dell'energia elettrica costituisce attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c., pertanto, qualora uno sbalzo di tensione provochi danni agli elettrodomestici dell'utente, a quest'ultimo spetta il risarcimento del danno patrimoniale. In tal caso, però il danneggiato deve dimostrare sia l'evento che i danni. |
Tribunale di Catanzaro, sez. II Civile, sentenza 4 maggio 2023, n. 719
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con atto di citazione del 16.07.2018, notificato in data 24.07.2018, il Ministero dell’Istruzione e l’Istituto comprensivo di (omissis) convenivano in giudizio la società E. S.p.A. per la condanna al risarcimento dei danni subiti, quantificati in € 11.134,17, a causa dell’interruzione di energia elettrica a partire dal 07.04.2016, nella zona in cui è ubicato l’Istituto scolastico di (omissis).
In particolare gli odierni attori hanno dedotto che a seguito dell’interruzione dell’energia elettrica si sono verificati ripetuti sbalzi di tensione che hanno reso inutilizzabili diverse apparecchiature.
A fondamento della domanda hanno allegato la sentenza n. 1049/17 del Giudice di Pace di Catanzaro che accoglieva la domanda di risarcimento del danno avanzata dal Sig. D. G., proprietario della casa antistante l’istituto scolastico odierno attore, il quale ha riportato analoghi danni alle apparecchiature elettriche a seguito dell’interruzione per cui è causa.
Hanno dedotto che tutti i danni subiti sarebbero stati provocati dall’interruzione di energia elettrica e che la responsabilità sia da attribuire all’E. S.p.a. ai sensi dell’art. 2050 c.c.
Hanno precisato che la responsabilità per attività pericolose è oggettiva e prescinde dall’accertamento della colpa dell’autore del danno, poiché l’art. 2050 c.c. presuppone la sussistenza di un nesso eziologico tra l’esercizio dell’attività e l’evento dannoso.
La responsabilità in questione può essere esclusa solo laddove la convenuta non dimostri di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.
In subordine hanno chiesto di accertare e dichiarare la responsabilità della società convenuta ex art. 2043 c.c. poiché non ha utilizzato tutte le cautele idonee ad evitare il danno .
Pertanto hanno chiesto il riconoscimento della responsabilità ex art. 2050 c.c. della società convenuta e il risarcimento del danno quantificato in € 11.134,17 o in subordine la condanna della medesima ai sensi dell’art. 2043 c.c. con vittoria di spese e competenze del giudizio.
Si è costituita in giudizio la E. S.p.a. contestando ogni addebito di responsabilità nei propri confronti.
Preliminarmente ha precisato che gli impianti elettrici dell’istituto scolastico in data 07.04.16 sono stati interessati da un’interruzione di energia elettrica programmata che, però, non ha causato alcun disservizio o danno.
In particolare ha rilevato che detti impianti hanno ricevuto una tensione irregolare che è dipesa esclusivamente dagli impianti di produzione fotovoltaico dell’istituto e dalla mancanza dei dispositivi di sicurezza.
Ha specificato che in caso di sotto tensioni l’assenza dei dispositivi di protezione e di salvamotore implica la valutazione e la conseguente accettazione del rischio da parte del titolare dell’impianto.
Ha rilevato che rientra tra le misure di ordinaria diligenza il comportamento dell’utente di dotarsi di dispositivi di sicurezza che sono a carico dello stesso.
Ha, inoltre specificato che è onere degli attori provare la responsabilità della convenuta e il nesso eziologico.
Ha aggiunto che in tema di responsabilità aquiliana per i danni cagionati da attività pericolose ex art. 2050 c.c. o da cose in custodia la responsabilità dell’agente incontra il limite del caso fortuito.
Per ciò che attiene al quantum ha rilevato la sproporzione tra il danno lamentato e la breve durata dell’interruzione della fornitura.
Pertanto ha chiesto il rigetto della domanda attorea e la condanna di quest’ultima al pagamento della somma di € 3.000,00 ex art. 96 c.p.c., il tutto con vittoria di spese e competenze di giudizio.
Ritenuta la causa documentalmente istruita e rigettata la richiesta di prova testimoniale avanzata dalla convenuta, il mutato giudice istruttore ha rinviato la causa per la precisazione delle conclusioni e a seguito di un differimento e due rinvii per la precisazione delle conclusioni disposte da questo giudicante, la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 19/01/2023 con la concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per lo scambio di comparse conclusionali e memorie di replica.
2. Tanto premesso la domanda deve essere rigettata per le ragioni di seguito evidenziate.
Parte attorea lamenta di aver subito dei danni all’interno del proprio istituto a causa dell’interruzione di energia elettrica del 07/04/2016 e dei giorni successivi invocando, nella causazione di tali eventi, la responsabilità esclusiva di E. Spa a cui chiede il risarcimento dei danni subiti.
Giova preliminarmente inquadrare la fattispecie de qua nell’alveo normativo dell’art. 2050 c.c., atteso che la disciplina della responsabilità per l’esercizio di attività pericolose è applicabile anche in ipotesi di attività di carattere tecnico, consistenti nella produzione e fornitura di energia elettrica (cfr. Cass Civ., 12.12.2019, n. 32498).
In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha delineato i presupposti della responsabilità della società erogatrice di energia elettrica nel caso in cui si verifichino interruzioni di fornitura oppure sbalzi di frequenza o di tensione, precisando che si tratta di responsabilità discendente dall’esercizio di un’attività pericolosa, superabile solo offrendo la prova liberatoria indicata dall’art. 2050 c.c., ossia l’aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno (cfr. Cass. Civ., sent. n. 11193 del 2007).
La responsabilità ex art. 2050 c.c. si configura, infatti, come responsabilità oggettiva (cfr. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 4590 del 21/02/2020), prescindendo dall’accertamento della colpa dell’autore del danno e fondandosi su una presunzione, con la conseguenza che l’onere della prova dell’esenzione da responsabilità è a carico dell’esercente l’attività pericolosa. Quest’ultimo, come detto, può vincere tale presunzione solamente provando che l’evento dannoso non si sarebbe potuto evitare mediante l’adozione delle misure di prevenzione che le leggi dell’arte o la comune diligenza imponevano (cfr. Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 16637 del 05/07/2017), non rilevando, peraltro, la semplice prova dell’imprevedibilità del danno.
Grava, invece, sul danneggiato la prova del nesso eziologico tra l’esercizio dell’attività e l’evento, oltre che dell’esistenza del danno e della sua entità, che non può ritenersi in re ipsa e non può dirsi coincidente con l’evento, poiché il danno ristorabile deve essere una conseguenza dell’evento stesso e soprattutto deve essere quantificato.
Dunque, alla luce dei principi di diritto delineati, solo quando il danneggiato avrà compiutamente assolto al proprio onere probatorio, spetterà al convenuto fornire la prova liberatoria dimostrando di aver adottato tutte le misure necessarie per evitare il danno.
Ciò posto risulta incontestato che in data 07.04.2016 la zona in cui è ubicato l’Istituto Comprensivo è stata interessata da un’interruzione programmata di energia elettrica; detta circostanza è stata confermata anche dalla stessa convenuta nella propria comparsa.
Senonché, sia parte attorea (cfr. all. n. 4), che E. s.p.a. (cfr. all. n. 2) allegano una missiva di quest’ultima da cui emerge che nei giorni 13 e 14 aprile 2016 sono pervenute due segnalazioni di tensione irregolare, e che dall’intervento del personale incaricato è risultato che l’interruzione de qua interessasse l’impianto di produzione della scuola.
Parte convenuta ha allegato inoltre, al proprio fascicolo (cfr. all. n. 1), la scheda tecnica di intervento in cui testualmente si legge: “è stato riscontrato che nei giorni dal 07.04.16 al 15.04.16 gli impianti che alimentano anche la fornitura del cliente sono stati interessati da una interruzione programmata sugli impianti MT, nonché da due errate segnalazioni cliente al N.V. (omissis) (guasto cliente)”.
Inoltre E. S.p.a. ha anche allegato (cfr. all. n. 6) i ticket di segnalazione aperti dall’istituto in cui nelle note testualmente si legge “guasto cliente nella scuola elementare”, “lamentano danni trattasi di guasto cliente”, e alla voce guasto segnalato “disservizio BT tensione irregolare” e “disservizio BT anomalia GM”.
Pertanto, nel caso di specie risulta incontestato che la zona in questione in data 07.04.2016 è stata interessata da un’interruzione di energia elettrica.
Tuttavia non è stata adeguatamente fornita la prova dell’entità del danno patrimoniale subito dalla scuola.
Ed invero è stato provato solo documentalmente che alcuni materiali presenti nella scuola sono rimasti completamente fuori uso, tra cui stampanti, proiettori, casse acustiche (vedi elenco allegato al fascicolo di parte attorea) per un importo complessivo di € 8.118,000, mentre per altri è stato allegato agli atti un preventivo di riparazione per un importo totale di € 3.016,17, senza però nemmeno il supporto di una perizia di parte comprovante l’entità dei danni subiti ed il loro collegamento causale con l’interruzione dell’energia elettrica per cui è causa.
Peraltro gli attori non hanno chiesto di provare per testi il danno subito e le riparazioni effettuate, né hanno chiesto l’espletamento di una CTU volta a dimostrare il nesso causale tra l’interruzione dell’energia elettrica ed i paventati danni.
Orbene, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale da cui non vi sono ragioni per discostarsi, la fattura commerciale emessa dal soggetto incaricato della riparazione della cosa danneggiata, come il relativo preventivo di spesa, in quanto documento redatto da un terzo e in assenza di contraddittorio, non può costituire prova dell’ammontare del pregiudizio economico verificatosi nella sfera giuridica del danneggiato, ma può assumere eventualmente valenza probatoria a condizione che sia accompagnata dalla prova del relativo pagamento o sia confermata in giudizio dal suo autore (si vedano in tal senso Corte di cassazione n. 15176 del 2015 e Corte di cassazione n. 3293 del 2018 in tema di efficacia probatoria della fattura commerciale e Corte di cassazione n. 11765 del 2013 e Corte di cassazione n. 26693 del 2013 in tema di efficacia probatoria del preventivo di spesa).
Tanto premesso giova ribadire che non vi è prova agli atti che il materiale fuori uso sia stato effettivamente acquistato e sostituito dalla scuola, né che si sia proceduto alle riparazioni oggetto del preventivo di spesa in atti.
Né alla predetta carenza probatoria può sopperire una liquidazione equitativa del danno alla quale si può procedere solo quando è difficile fornire la prova del danno nel suo preciso ammontare, ma non è questo il caso di specie.
Ne consegue che la domanda non può trovare accoglimento.
3.Non sussistono nel caso di specie i presupposti delineati dalla giurisprudenza di legittimità per l’applicazione del terzo comma di cui all’art. 96 c.p.c. , richiesta dalla convenuta ove si consideri che: “la responsabilità processuale aggravata ai sensi dell'art. 96, 3 co., c.p.c., a differenza di quella di cui ai primi due commi della medesima norma, non richiede la domanda di parte né la prova del danno, ma esige pur sempre, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell'ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l'infondatezza o l'inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate; peraltro, sia la mala fede che la colpa grave devono coinvolgere l'esercizio dell'azione processuale nel suo complesso, cosicché possa considerarsi meritevole di sanzione l'abuso dello strumento processuale in sé, anche a prescindere dal danno procurato alla controparte e da una sua richiesta, come nel caso di pretestuosità dell'azione per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, ovvero per la manifesta inconsistenza giuridica o la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione (in tal senso Cass. Civ. Sez. VI - 2 Ord., 14/10/2021, n. 28226).
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate ai sensi del D.M. n. 147/2022, come in dispositivo, con la precisazione che in base al valore della controversia è stato applicato lo scaglione compreso tra € 5.200,00 ed € 26.000,00 nei valori medi, con esclusione della fase istruttoria che si è svolta solo in forma documentale.
2023
P.Q.M.
Il Tribunale di Catanzaro, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e difesa respinte:
- rigetta la domanda attorea formulata dal Ministero dell’istruzione dell’Università e della Ricerca in persona del Ministro p.t. e dall’Istituto Comprensivo di (omissis) n.2 in persona del Dirigente scolastico p.t.;
- condanna il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca in persona del Ministro p.t. e l’Istituto Comprensivo di (omissis) n.2 in persona del Dirigente scolastico p.t. in solido fra loro a rifondere in favore di E. S.p.a. in persona del legale rappresentate p.t. le spese del presente giudizio che liquida in complessivi € 3.397,00 per compensi professionali, oltre al rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.