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19 maggio 2023
Civile e processo
Restituzione delle somme indebitamente riscosse dalla banca
Grava sul correntista che agisce in giudizio per la restituzione di quanto indebitamente riscosso dalla banca l'onere di dimostrare, nella sua precisa entità, l'appostazione in conto di somme non dovute.
di Avv. e Giornalista pubblicista Maurizio Tarantino
Il caso

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Tizio conveniva in giudizio la Banca, chiedendo, sulla scorta di una perizia di parte, la condanna della convenuta alla ripetizione della somma, previo accertamento dell'applicazione, nel corso del rapporto di conto corrente, di oneri illegittimi e di interessi ultralegali, contestando, in particolare: l'applicazione di interessi ultralegali in assenza di pattuizioni scritte e di interessi anatocistici; la nullità della commissione di massimo scoperto; l'illegittimità dello ius variandi applicato dalla banca. Chiedeva, quindi, la ripetizione delle somme indebitamente pagate per assenza di valida causa, previa ammissione di C.T.U. contabile, oltre alla condanna della banca, a titolo di risarcimento del danno, per la violazione delle norme in tema di trasparenza. Costituendosi in giudizio, la Banca eccepiva in via preliminare la nullità della citazione e l'inammissibilità della domanda per mancata estinzione del rapporto al tempo della notifica della citazione, nonché la prescrizione di tutte le rimesse solutorie anteriori al decennio antecedente la notifica dell'atto di citazione.

Il diritto

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Il C.T.U. ha provveduto a ricalcolare gli oneri illegittimi riscontrati soltanto per il periodo non coperto da prescrizione, non rinvenendo fino al 2008 alcuna apertura di credito, e ritenendo quindi prescritte tutte le rimesse a pagamento di oneri illegittimi in quanto tutte solutorie, accertando l’avvenuto pagamento, mediante rimesse solutorie, di importi superiori a tutti gli oneri illegittimi applicati. Inoltre, il tecnico incaricato, negli allegati alla perizia, ha indicato i limiti di affidamento risultanti dagli estratti conto, individuando quindi le rimesse effettuate oltre il limite del fido di fatto concesso. A tal fine ha considerato sia il saldo risultante dagli estratti conto depositati sia quello frutto del ricalcolo, come precisato nel quesito. Nella prima ipotesi di calcolo sviluppata in base ai dati degli estratti conto, ha quindi accertato che tutte le rimesse dell’opponente erano state effettuate extra fido, con conseguente prescrizione di tutte le rimesse effettuate fino al 2004 e aveva eliminato dal conteggio tali oneri non ripetibili in quanto prescritti, con conseguente ricalcolo mediante rettifica di quelli accertati per il periodo successivo. Per quanto riguarda la capitalizzazione degli interessi, il C.T.U. ha eliminato l’anatocismo fino alla data di stipula del nuovo contratto di conto corrente con espressa autorizzazione della capitalizzazione con pari periodicità, non avendo rinvenuto alcuna precedente approvazione della capitalizzazione da parte dell’opponente. Come infatti chiarito a più riprese dalla giurisprudenza, per i contratti anteriori alla delibera CICR 9 febbraio 2000, è necessaria la specifica approvazione della clausola di applicazione dell’anatocismo con pari periodicità, circostanza né allegata né provata dalla banca mediante produzione di tale pattuizione. In conclusione, la domanda di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c. è stata quindi accolta per il minore importo richiesto, con condanna della banca alla restituzione di tale somma, oltre interessi al saggio ex art. 1284, comma 4, c.c. dalla domanda al saldo. Difatti, il saggio d'interessi previsto dall'art. 1284, comma 4, c.c., trova applicazione alle obbligazioni restitutorie derivanti da nullità contrattuale (Cass. civ. 3 gennaio 2023, n. 61: nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto inapplicabile la disposizione alla domanda di ripetizione di indebito proposta dal correntista per la restituzione delle somme illegittimamente trattenute dalla banca, in forza delle clausole di un contratto di conto corrente dichiarate nulle). È stata invece rigettata la domanda di risarcimento del danno non essendo stato adeguatamente provato in alcun modo alcun ulteriore pregiudizio patrimoniale patito dall’opponente.

La lente dell'autore

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In caso di azione di ripetizione di indebito è onere del correntista, qualora sia allegata l’avvenuta stipula formale del contratto, la produzione in giudizio dello stesso e di tutti gli estratti conto dall’inizio del rapporto fino all’estinzione, al fine di verificare l’illegittimità degli oneri di cui chiede la ripetizione. Invero, nei rapporti di conto corrente bancario, il cliente che agisca per ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate in presenza di clausole nulle, ha l'onere di provare l'inesistenza della causa giustificativa dei pagamenti effettuati mediante la produzione del contratto che contiene siffatte clausole, senza poter invocare il principio di vicinanza della prova al fine di spostare detto onere in capo alla banca, tenuto conto che tale principio non trova applicazione quando ciascuna delle parti, almeno di regola, acquisisce la disponibilità del documento al momento della sua sottoscrizione così Cass. civ. 13 dicembre 2019 n. 33009). Dunque, grava sul correntista che agisce in giudizio per la restituzione di quanto indebitamente riscosso dalla banca l'onere di dimostrare, nella sua precisa entità, l'appostazione in conto di somme non dovute, successivamente oggetto di riscossione da parte dell'istituto di credito: ove il correntista non provveda a produrre gli estratti conto dall'inizio del rapporto, dando così integrale dimostrazione degli addebiti e delle rimesse che siano stati operati, non può pretendere l'azzeramento del saldo debitorio documentato dal primo degli estratti conto utilizzabili per la ricostruzione del rapporto di dare e avere tra le parti, dovendo l'accertamento giudiziale prendere le mosse proprio da tale evidenza contabile (App. Torino 8 giugno 2022, n. 625). In tale circostanza, l'azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell'ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Infatti, nell'anzidetta ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell'esecuzione di una prestazione da parte del "solvens" con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell'accipiens (Cass. civ., sez. I, 18 aprile 2023, n. 10294).