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La prima sezione civile della Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 23244 del 31 luglio 2023 torna ancora una volta sul delicato tema della procura alle liti affrontando il caso della procura con sottoscrizione illeggibile. E ciò affrontando gli aspetti che potremmo definire di diritto sostanziale (e, cioè, quando è valida la procura) sia quelli di diritto processuale (e, cioè, come e quando può essere sanata una procura alle liti invalida). Nel caso di specie, infatti, era accaduto che, nel giudizio di appello, la Corte di appello, in accoglimento dell'eccezione di controparte formulata in sede di comparsa di costituzione e risposta, avesse dichiarato inammissibile l'appello perché la sottoscrizione in calce alla procura a margine dell'atto di citazione in appello era illeggibile e il nome del legale rappresentante della società appellante non era indicato nella procura stessa né emergesse dal contenuto dell'atto. Inoltre – avevano proseguito i giudici di merito - nonostante l'appellata avesse tempestivamente rilevato tali carenze nella comparsa di costituzione e risposta, l'appellante non aveva indicato il nome della persona che aveva apposto la firma illeggibile, limitandosi a produrre, unitamente alla comparsa conclusionale, la visuracamerale storica della società ma senza indicare, nella predetta comparsa, il nome del legale rappresentante della stessa. Quella produzione documentale era stata ritenuta, peraltro, tardiva perché aveva seguito varie udienze dopo la formulazione dell'eccezione da parte della parte convenuta in appello. |
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Per quanto riguarda il primo aspetto del complesso tema e, cioè, quello della validità della procura alle liti, la società ricorrente aveva prospettato la tesi secondo cui la Corte di appello avrebbe violato o falsamente applicato gli articoli 83 e 156 c.p.c. per aver dichiarato la nullità della procura apposta a margine dell'atto di citazione in appello in ragione dell'illeggibilità della sottoscrizione apposta in calce alla stessa senza, tuttavia, considerare che, in realtà, il nome del legale rappresentante della società appellante era desumibile dall'atto stesso e dai documenti di causa. Orbene, per la prima sezione in caso di procura rilasciata dal legale rappresentante di una società «la procura speciale alle liti rilasciata, per conto di una società esattamente indicata con la sua denominazione, con sottoscrizione affatto illeggibile, senza che il nome del conferente, di cui si alleghi genericamente la qualità di legale rappresentante, risulti dal testo della stessa, né dall'intestazione dell'atto a margine od in calce al quale sia apposta, ed altresì priva, nell'uno o nell'altra, dell'indicazione di una specifica funzione o carica del soggetto medesimo che lo renda identificabile attraverso i documenti di causa o le risultanze del registro delle imprese, è affetta da nullità relativa». In questo contesto l'illeggibilità della sottoscrizione è irrilevante «solo quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della procura stessa o dalla certificazione d'autografia resa dal difensore, ovvero dal testo di quell'atto, ovvero quando detto nome sia con certezza desumibile dall'indicazione di una specifica funzione o carica, che ne renda identificabile il titolare per il tramite dei documenti di causa o delle risultanze del registro delle imprese». Del resto, «la certificazione del difensore nel mandato alle liti in calce o a margine di atto processuale riguarda … solo l'autografia della sottoscrizione della persona che, conferendo la procura, si fa attrice o della persona che nell'atto si dichiara rappresentante della persona fisica o giuridica che agisce in giudizio, e non altro, con la conseguenza che deve considerarsi essenziale, ai fini della validità della procura stessa, che in essa, o nell'atto processuale al quale accede, risulti indicato il nominativo di colui che ha rilasciato la procura, facendosi attore nel nome proprio o altrui, in modo da rendere possibile alle altre parti e al giudice l'accertamento della sua legittimazione e dello ius postulandi del difensore». |
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Per quanto riguarda il secondo aspetto del complesso tema e, cioè, quello della sanatoria della procura invalida, la società ricorrente aveva contestato ai giudici di merito di aver errato nel momento in cui, dopo aver rilevato l'illeggibilità della sottoscrizione della procura, non avevano concesso un termine per la rinnovazione della procura stessa ai sensi dell'art. 182 c.p.c.. Sul tema la Suprema Corte ha ricordato come la controparte possa tempestivamente opporre ai sensi dell'art. 157, comma 2, c.p.c. la nullità (relativa) della procura. Per effetto di quella contestazione, la parte diviene onerata dell'integrazione con la prima replica della lacunosità dell'atto iniziale, mediante chiara e non più rettificabile notizia del nome dell'autore della suddetta sottoscrizione, difettando la quale, così come in ipotesi di inadeguatezza o tardività di tale integrazione, si verifica l'invalidità della procura e l'inammissibilità dell'atto cui essa accede. Peraltro, non occorre «a tal fine assegnare, ai sensi dell'art. 182 c.p.c., un termine di carattere perentorio per provvedere, giacché sul rilievo di parte l'avversario è chiamato a contraddire ed attivarsi per conseguire la sanatoria, in mancanza della quale la nullità diviene insanabile». |
Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza (ud. 23 giugno 2023) 31 luglio 2023, n. 23224
Svolgimento del processo
1.1. La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello che la T.S. s.r.l. aveva proposto avverso la pronuncia con la quale il tribunale di Lanciano, in data 23/1/2012, aveva accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta dalla T.B. s.r.l. dichiarando che nulla era dovuto all’istante dalla società opponente e dalla chiamata in causa M. s.r.l..
1.2. La corte, in particolare, ha ritenuto che, come eccepito dalla società appellata nella comparsa di costituzione e risposta, la sottoscrizione in calce alla procura a margine dell’atto di citazione in appello non fosse leggibile e che il nome del legale rappresentante della società appellante non era indicato nella procura stessa né emergeva dal contenuto dell’atto in questione.
1.3. La società appellante, del resto, ha proseguito la corte, nonostante l’appellata avesse tempestivamente rilevato tali carenze nella comparsa di costituzione e risposta, non ha indicato il nome della persona che ha apposto la firma illeggibile, limitandosi a produrre, unitamente alla comparsa conclusionale, la visura camerale storica della società ma senza indicare, nella predetta comparsa, il nome del legale rappresentante della stessa.
1.4. L’integrazione in esame, pertanto, dev’essere ritenuta tardiva poiché compiuta solo con la comparsa conclusionale, dopo lo svolgimento di varie udienze, tra cui quella di precisazione delle conclusioni, e, comunque, insufficiente, per la mancanza della chiara indicazione della persona che ha sottoscritto la procura con firma illeggibile.
1.5. La corte, quindi, ha ritenuto che la procura era nulla e che l’atto di citazione in appello, a margine del quale la stessa era stata apposta, era, pertanto, inammissibile.
2.1. La T.S. s.r.l. con ricorso notificato il 23/4/2019, ha chiesto, per due motivi, a cassazione della sentenza della corte d’appello, dichiaratamente non notificata.
2.2. La T.B. s.r.l. e la M. s.r.l. hanno resistito con controricorso e depositato memoria.
2.3. Con atto del 24/4/2020, è intervenuto in giudizio il Fallimento della T.S. s.r.l., dichiarato con sentenza del 10/12/2019.
Motivi della decisione
3.1. Con il primo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 83 e 156 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha dichiarato la nullità della procura apposta a margine dell’atto di citazione in appello in ragione dell’illeggibilità della sottoscrizione apposta in calce alla stessa senza, tuttavia, considerare che, in realtà, il nome del legale rappresentante della società appellante era desumibile dall’atto stesso e dai documenti di causa.
3.2. Con il secondo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 156, 182 e 183 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha dichiarato la nullità della procura apposta a margine dell’atto di citazione in appello senza aver, tuttavia, concesso, come invece previsto dall’art. 182, comma 2°, c.c., un termine per la rinnovazione della procura stessa.
4.1. I motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati. La corte d’appello, infatti, a fronte dell’incontestata mancanza di una sottoscrizione leggibile in calce alla procura ad litem rilasciata per la proposizione da parte della T.S. s.r.l. dell’atto (di citazione in) appello, ha, in sostanza, ritenuto che: - innanzitutto, mancavano tutti i possibili elementi sostitutivi di tale carenza, poiché il nome del legale rappresentante della società appellante non era indicato né nella procura stessa né emergeva dal contenuto dell’atto in questione; - in secondo luogo, non rilevava l’integrazione tardivamente operata solo con il deposito, unitamente alla comparsa conclusionale, della visura camerale storica della società, tanto più che la stessa comparsa non conteneva l’indicazione del nome del legale rappresentante della stessa.
4.2. La sentenza impugnata, così giudicando, si è senz’altro attenuta ai principi ripetutamente affermati in sede di legittimità, secondo cui, in effetti, la procura speciale alle liti rilasciata, per conto di una società esattamente indicata con la sua denominazione, con sottoscrizione affatto illeggibile, senza che il nome del conferente, di cui si alleghi genericamente la qualità di legale rappresentante, risulti dal testo della stessa, né dall’intestazione dell’atto a margine od in calce al quale sia apposta, ed altresì priva, nell’uno o nell’altra, dell’indicazione di una specifica funzione o carica del soggetto medesimo che lo renda identificabile attraverso i documenti di causa o le risultanze del registro delle imprese, è affetta da nullità relativa, che la controparte può tempestivamente opporre ai sensi dell’art. 157, comma 2°, c.p.c., onerando, così, l’istante d’integrare con la prima replica la lacunosità dell’atto iniziale, mediante chiara e non più rettificabile notizia del nome dell’autore della suddetta sottoscrizione, difettando la quale, così come in ipotesi di inadeguatezza o tardività di tale integrazione, si verifica l’invalidità della procura e l’inammissibilità dell’atto cui essa accede (Cass. SU n. 25036 del 2013; Cass. n. 16634 del 2017).
4.3. Invero, l’illeggibilità della firma del conferente la procura alla lite, apposta in calce o a margine dell’atto con il quale sta in giudizio una società esattamente indicata con la sua denominazione, è irrilevante solo quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della procura stessa o dalla certificazione d’autografia resa dal difensore, ovvero dal testo di quell’atto, ovvero quando detto nome sia con certezza desumibile dall’indicazione di una specifica funzione o carica, che ne renda identificabile il titolare per il tramite dei documenti di causa o delle risultanze del registro delle imprese: in assenza di tali condizioni e in difetto di menzione di alcuna funzione o carica specifica, allegandosi, come nel caso in esame, genericamente la qualità di legale rappresentante della società appellante, si determina una nullità relativa, che la controparte può opporre con la prima difesa, a norma dell’art. 157 c.p.c., facendo così carico alla parte istante d’integrare, con la prima replica, la lacunosità dell’atto iniziale, mediante la chiara e non più rettificabile notizia del nome dell’autore della firma illeggibile, sicché, ove difetti, sia inadeguata o sia tardiva detta integrazione, si verifica l’invalidità della procura e l’inammissibilità dell’atto cui accede (Cass. SU n. 4810 del 2005; in seguito, Cass. n. 14190 del 2011; Cass. n. 4199 del 2012; Cass. n. 21205 del 2013; Cass. n. 7179 del 2015; Cass. n. 16634 del 2017; Cass. n. 28203 del 2018; Cass. n. 8930 del 2019).
4.4. La certificazione del difensore nel mandato alle liti in calce o a margine di atto processuale riguarda, d’altra parte, solo l’autografia della sottoscrizione della persona che, conferendo la procura, si fa attrice o della persona che nell’atto si dichiara rappresentante della persona fisica o giuridica che agisce in giudizio, e non altro, con la conseguenza che deve considerarsi essenziale, ai fini della validità della procura stessa, che in essa, o nell’atto processuale al quale accede, risulti indicato il nominativo di colui che ha rilasciato la procura, facendosi attore nel nome proprio o altrui, in modo da rendere possibile alle altre parti e al giudice l’accertamento della sua legittimazione e dello ius postulandi del difensore: in difetto di queste indicazioni, la procura, ove la firma apposta sia illeggibile, deve considerarsi priva di effetti tutte le volte che il vizio formale abbia determinato l’impossibilità di individuazione della sua provenienza e, perciò, di controllo (anche aliunde) dell’effettiva titolarità dei poteri spesi. Ne consegue che, quando la sottoscrizione illeggibile, in caso di mandato conferito da una società, sia apposta sotto la menzione della carica sociale, in una procura priva dell’indicazione del nominativo del soggetto che la rilascia, e tale nominativo non possa neppure desumersi dall’atto al quale la procura medesima accede, pur ritenendosi che il soggetto astrattamente titolare del potere rappresentativo possa essere indirettamente identificabile attraverso le risultanze del registro delle imprese o con altro mezzo, rimane, in ogni caso, indimostrata l’effettiva provenienza della sottoscrizione dal predetto soggetto, poiché la certificazione dell’autografia, da parte del difensore, non si riferisce anche alla legittimazione e non può di per sé consentire l’individuazione indiretta della persona fisica che ha firmato dichiarandosi dotata del potere di rappresentanza senza indicare il proprio nome, con la configurazione, in definitiva, della nullità dell’atto processuale cui accede siffatta procura (Cass. n. 7765 del 2021; Cass. n. 13018 del 2006).
4.5. Infine, nel caso in cui l’eccezione di radicale nullità di una procura ad litem di una parte processuale sia stata tempestivamente proposta dall’altra, la prima deve produrre immediatamente la documentazione all’uopo necessaria, non occorrendo a tal fine assegnare, ai sensi dell’art. 182 c.p.c., un termine di carattere perentorio per provvedere, giacché sul rilievo di parte l’avversario è chiamato a contraddire ed attivarsi per conseguire la sanatoria, in mancanza della quale la nullità diviene insanabile (Cass. n. 22564 del 2020). In tema di rappresentanza nel processo, invero, qualora una parte sollevi tempestivamente l’eccezione di difetto di rappresentanza, sostanziale o processuale, ovvero un vizio della procura ad litem, è onere della controparte interessata produrre immediatamente, con la prima difesa utile, la documentazione necessaria a sanare il difetto o il vizio, senza che operi, come invece pretende la ricorrente, il meccanismo di assegnazione del termine ai sensi dell’art. 182 c.p.c., prescritto solo per il caso, qui non ricorrente, di rilievo officioso (Cass. n. 29244 del 2021; conf. Cass. n. 7589 del 2023).
5. Il ricorso dev’essere, quindi, respinto.
6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
7. La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese di lite, che liquida in €. 6.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese legali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.