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La Terza sezione Civile della Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 28889 del 18 ottobre 2023 è intervenuta su un tema complesso, ma soprattutto insidioso dal punto di vista processuale: l'opposizione avverso l'estratto di ruolo per contestare la mancata notifica della cartella. |
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Secondo la ricorrente, i Giudici di merito avrebbero violato e/o falsamente applicato gli articoli 615 e 617 cod. proc. civ. anche in relazione all'art. 2697 cod. civ. poiché, in ogni caso, l'opposizione proposta era un'opposizione all'esecuzione dal momento che aveva ad oggetto l'esistenza della notifica dell'atto esattoriale e non riguardando la regolarità formale della notificazione. |
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La seconda questione affrontata dalla Suprema Corte è stata la forma e soprattutto i termini per la proposizione dell'opposizione avverso l'estratto di ruolo.
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Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza (ud. 3 maggio 2023) 18 ottobre 2023, n. 28889
Svolgimento del processo
1. H.W. ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 17498/20, del 7 dicembre 2020, del Tribunale di Roma, che – decidendo sul gravame dalla stessa esperito avverso la sentenza n. 17865/18, del 25 maggio 2018, del Giudice di pace di Roma – ha dichiarato inammissibile l’opposizione proposta dalla medesima contro l’estratto del ruolo, acquisito il 7 luglio 2017, relativo alla cartella esattoriale n. (omissis), della quale era stata contestata, dall’allora opponente, l’avvenuta notificazione.
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente che, interrogati gli archivi del concessionario alla riscossione ed avuta contezza dell’esistenza, a suo carico, di una posizione debitoria, ella proponeva opposizione avverso il suddetto estratto.
Costituitosi in giudizio il solo Comune di Roma, essendo rimasto contumace l’agente per la riscossione, l’adito giudicante dichiarava inammissibile l’opposizione.
Esperito gravame, il giudice di appello – sempre nella contumacia dell’agente per la riscossione – dichiarava inammissibile “ab origine” l’opposizione, sul rilievo che la stessa, prima dell’inizio dell’esecuzione (con il pignoramento), dovesse essere proposta entro venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo.
3. Avverso la sentenza del Tribunale capitolino ha proposto ricorso per cassazione la W., sulla base – come detto – di un unico motivo.
3.1. Esso denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione degli artt. 615 e 617 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ.
Evidenzia, in primo luogo, la ricorrente che il giudice di appello ha ritenuto l’opposizione “inammissibile sin dal primo grado”, ma con motivazione diversa da quella resa in prime cure.
Difatti, mentre il Giudice di pace aveva ritenuto di per sé inammissibile l’opposizione contro l’estratto del ruolo, il Tribunale, sulla scorta di quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (ovvero, richiamando Cass. Sez. Un., sent. 2 dicembre 2015, n. 19704), ritenuta – in linea generale – l’ammissibilità del mezzo, ha tuttavia concluso per l’intempestività dello stesso, attesa l’inosservanza del termine di cui all’art. 617 cod. proc. civ.
Difatti, essendo stata la cartella “notificata senz’altro il giorno dell’acquisizione dell’estratto del ruolo, ossia il 7 luglio 2017”, nella specie risultava violato il termine di venti giorni, di cui alla norma suddetta, essendo stata l’opposizione presentata solo il 20 gennaio 2018.
Assume, tuttavia, la ricorrente che l’opposizione – in quanto volta a contestare la legittimità dell’iscrizione a ruolo per mancanza di un titolo legittimante – andava, invece, qualificata come opposizione all’esecuzione, ex art. 615 cod. proc. civ. (è richiamata, sul punto, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 2 settembre 2020, n. 18256). Sottolinea, infatti, la W. che le sue contestazioni “hanno sempre avuto ad oggetto”, in realtà, “l’esistenza della notifica dell’atto esattoriale”, non riguardando “la regolarità formale della notifica della cartella”, così investendo “l’esistenza del titolo esecutivo stesso”, donde la necessità della riconduzione della sua iniziativa al disposto dell’art. 615, e non dell’art. 617, cod. proc. civ.
4. Sono rimaste solo intimate Roma Capitale (nuova denominazione del Comune di Roma) e l’Agenzia delle Entrate e Riscossione.
5. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
6. La ricorrente ha deposito memoria, insistendo per l’ammissibilità della proposta impugnazione – non preclusa, ella assume, dallo “ius superveniens” costituito dall’art. 3-bis del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215 – e per il suo accoglimento.
Motivi della decisione
7. Il ricorso – che è ammissibile, per le ragioni di seguito illustrate – va rigettato.
8. Non osta, infatti, all’ammissibilità del ricorso il recente arresto con cui le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato – sulla base di una concezione “dinamica” dell’interesse ad agire, ex art. 100 cod. proc. civ. – l’applicabilità, anche nei giudizi pendenti relativi ad opposizioni avverso estratti di ruolo, dello “ius superveniens” costituito dal citato art. 3-bis del decreto-legge n. 146 del 2021, convertito con modificazioni dalla legge n. 215 del 2021, norma che ha limitato la possibilità di immediato ricorso alla tutela giurisdizionale contro l’estratto del ruolo (si tratta di Cass. Sez. Un., sent. 6 settembre 2022, n. 26283, Rv. 665660-01).
8.1. La norma sopravvenuta – nell’introdurre il comma 4-bis nel testo dell’art. 12 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e dunque nel subordinare la possibilità di diretta impugnazione del ruolo e della cartella di pagamento, che si assume invalidamente notificata, alla condizione di dimostrare che dall’iscrizione a ruolo possa derivare un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, oppure per la riscossione di somme dovute dai soggetti pubblici o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione – opera, come detto, anche nei giudizi già pendenti, giacché “plasma l’interesse ad agire”, dal momento che “stabilisce quando l’invalida notificazione della cartella ingeneri di per sé bisogno di tutela” (così Cass. Sez. Un., sent. n. 26283 del 2022, cit.).
Ne consegue, pertanto, che colui il quale abbia “illo tempore” proposto opposizione avverso l’estratto del ruolo è onerato – di regola (fatta salva l’ipotesi di cui si dirà, sussistente nel caso di specie) – dalla dimostrazione del perdurare del proprio interesse ad agire, e con esso, dunque, della persistente ammissibilità della propria azione, ciò che nel giudizio di legittimità potrà fare, o meglio, è onerato dal fare, “mediante deposito di documentazione ex art. 372 cod. proc. civ.” (così Cass. Sez. Un., sent. n. 26283 del 2022, cit.).
8.2. Tuttavia, l’onere in questione non sussiste – tal è, appunto, l’eccezione di cui si diceva (correttamente richiamata dall’odierna ricorrente nella propria memoria) – allorché l’ammissibilità dell’opposizione, e dunque dell’azione esercitata, sia stata già espressamente riconosciuta dal giudice di appello. Ciò è quanto accaduto nel caso di specie, se è vero che la sentenza qui impugnata – muovendo dalla premessa secondo cui il “giudice di prime cure non appare condivisibile quando
afferma che l’estratto del ruolo non sia impugnabile”, e dunque riconoscendo sussistere l’interesse ad agire della W. – ha escluso l’ammissibilità dell’opposizione solo in ragione della sua intempestività.
Sotto questo profilo, dunque, deve darsi seguito al principio affermato in un recente arresto di questa Corte e secondo cui, in caso “di impugnazione dell’estratto di ruolo, l’applicabilità, anche nei giudizi pendenti, dell’art. 12, comma 4-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto con l’art. 3-bis del d.l. n. 146 del 2021, convertito con l. n. 215 del 2021), e della configurazione assunta dall’interesse ad agire in virtù della norma sopravvenuta, rilevante, secondo una concezione dinamica, fino al momento della decisione, trova il suo limite nell’espresso giudicato interno sulla sussistenza dell’interesse”, donde “la inidoneità dello «ius superveniens» a superare il giudicato formatosi sull’ammissibilità dell’azione esercitata, e quindi della sussistenza dell’interesse ad agire, espressamente riconosciuta dal giudice di appello” (Cass. Sez. 3, ord. 14 febbraio 2023, n. 4448, Rv. 666744-01).
9. Ancorché ammissibile, il ricorso non è, però, fondato, dato che, nel caso di specie, l’opposizione all’estratto del ruolo non andava proposta – come assume, invece, il ricorrente – a norma dell’art. 615 cod. proc. civ.
9.1. Invero, ancora di recente, questa Corte ha ribadito l’impugnabilità dell’estratto di ruolo, e ciò “in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato, unitamente all’atto successivo notificato, non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale l’indicato soggetto passivo dell’obbligazione sia comunque venuto legittimamente a conoscenza altrimenti e, quindi, non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacché l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 7 marzo 2022, n. 7353, Rv. 664474-01, che richiama Cass. Sez. Un., sent. 2 ottobre 2015, n. 19704, Rv. 636309-01).
Nondimeno, si è anche rammentato come la portata di questo principio “sia stata successivamente precisata nel senso che deve trattarsi di un’opposizione recuperatoria, ovvero che recupera, senz’attendere la conoscenza di ulteriori atti, la tutela avverso l’atto, ossia la cartella, invalidamente notificato, e in ragione di questa invalidità non (ancora) conosciuto” (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 7353 del 2022, cit., che richiama pure Cass. Sez. 6-Lav., ord. 25 febbraio 2019, n. 5443, Rv. 652925-01, pronuncia in cui, peraltro, si equiparano l’invalida notifica e – fattispecie, quest’ultima, dedotta nel caso che si esamina – l’assenza di notifica).
Ciò posto, quindi, “qualora si sia di fronte a un’opposizione soggetta a termini”, l’interessato “dovrà evidentemente far valere le proprie ragioni impugnandole nella finestra temporale ammessa”, essendo, invece, utilizzabile lo strumento dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ. quando “si deducono fatti estintivi quale la prescrizione, dalla commissione del fatto” e, perciò, “facendo valere la mancata notifica del verbale di accertamento solo come mancanza di atti interruttivi” (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 7353 del 2022, cit.).
Più esattamente, il rimedio dell’opposizione all’esecuzione può essere legittimamente azionato “ove l’allegazione di omessa notifica della cartella di pagamento sia strumentale alla deduzione di fatti estintivi del credito relativi alla formazione del titolo”, oppure “per far valere fatti estintivi del credito successivi alla formazione del titolo e quindi alla notifica della cartella di pagamento, al fine di far risultare l’insussistenza del diritto del creditore di procedere a esecuzione forzata”, (Cass. Sez. 6-5, ord. 20 dicembre 2021, n. 41226, non massimata). È, pertanto, solo in questi casi – tra i quali non rientra quello presente, visto che la ricorrente assume di aver contestato, unicamente, “l’esistenza della notifica dell’atto esattoriale”, ma non di aver posto questioni, diverse da tale contestazione, relative all’insussistenza del credito – che il vizio di notificazione “è deducibile, senza limiti di tempo, in applicazione dell’art. 615 cod. proc. civ.” (cfr., tra le più recenti, Cass. Sez. 6-2, ord. 24 ottobre 2022, n. 8655, non massimata).
Resta, pertanto, fermo che “il termine di decadenza di venti giorni previsto dall’art. 617 cod. proc. civ.” è riferibile a tutte le “contestazioni relative al quomodo della esecuzione forzata e non a quelle che investono, per un verso, la debenza del credito” ovvero, “per altro verso, il diritto del creditore a procedere in executivis” (Cass. Sez. 6-5, ord. n. 41226 del 2021, cit.; in senso conforme anche Cass. Sez. 6-2, ord. 5 maggio 2022, n. 14323, non massimata).
In conclusione, va ritenuta corretta la statuizione di inammissibilità dell’opposizione, per intempestività della stessa, effettuata dalla sentenza impugnata.
10. Nulla va disposto quanto alle spese del presente giudizio, essendo rimasti solo intimati l’Agenzia delle Entrate e Riscossione e Roma Capitale.
11. A carico della ricorrente, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.